Ieri sera, in dieci avevamo 418 anni
Si tiravano dei calci che levavano di sentimento e non per l’aggressività del lottatore, ma perché invece del pallone si coglievano arti a tutto spiano ma nonostante il dolore ci si rideva sempre sopra e ci dicevamo “no, niente, non è nulla!” mentre zoppicando pensavamo a quale tipo di gesso ci avrebbero messo.
Mi piace giocare a calcetto con i colleghi. Per essere un atleta greco (inteso come età biologica), mi muovo bene, il campo lo percorro in quattordici secondi la prima volta, ventotto la seconda, un minuto e venticinque, la terza e con principio di infarto la quarta.
Insomma, me la cavo. I miei compagni di giochi apprezzano molto la mia presenza, adorano soprattutto avermi come avversario .
C’è un aspetto di queste partite che mi ha sempre colpito : la giutizia. Pur essendoci dal giovane fresco d'accademia al minimo dello stipendio fino all'ufficiale con i gradi che arrivano a metà manica, mentre si gareggia tutto si livella...il giovane per la prima volta ti comprende fino in fondo e ti guarda con vero rispetto per l'età mentre tu boccheggiante con le mani appoggiate sulle ginocchia lo guardi correre verso la porta avversaria e sei finalmente felice che qualcuno abbia messo dei pivelli nella tua squadra . Di colpo tutti diventano davvero bravi ragazzi e quando alla fine della partita si va sotto la doccia, miracolo dell’acqua calda, si sentono confessioni che nemmeno davanti al Papa.