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IL GEMELLAGGIO CON CINISI

L’idea del Gemellaggio non era del tutto nei nostri piani, ma quando il Direttore Responsabile de “Il Melograno” trovò per caso un giornalino omonimo nella lontana Sicilia, pensò di mettersi in contatto con il loro direttore nel Giugno 2009.
Arrivò dopo pochi giorni la risposta da Davide Serughetti  in cui presentava l’intera redazione; gli stessi sono saliti nella ridente città di Savona nel Maggio 2010.
Da quel momento in poi le redazioni partirono con un cammino comune, sia di fede che di crescita in ambito giornalistico, con incontri fissi a cadenza mensile in loco e due volte l’anno con la reciproca visita delle redazioni sia a Cinisi che a Zinola.

 

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Editoriale Dicembre 2011 »

La crisi delle C perdute

Post n°3 pubblicato il 01 Gennaio 2012 da soszinola
 

La crisi delle C perdute
di Athy


Quante volte abbiamo letto su cellulare, su computer e si, anche se carta, qualcosa che assomigliava a “K kasino gg! Ma era 1 fikata!” o perché no… Anche di peggio. Questo, di certo, è ancora capibile, ma quando cominciano a diventare cose molto più elaborate, allora arriva il disastro e si, allora sentiamo –o almeno io lo sento- il richiamo delle C e dell’italiano che sta andando alla malora. Una lingua che, ormai, sta perdendo la sua identità e, di certo, non ci si può opporre. Ma tutto ciò da dove nasce?
C’è chi afferma che, con molta probabilità, è nato con l’arrivo e la scoperta dei messaggi via cellulare. Altri che, invece, possa essere nato con l’arrivo dei Social Network che noi tutti, bene o male, conosciamo almeno di nome o per sentito dire. Non è un problema recente questo, è un problema che è nato anni fa e che, in qualche modo, continua a “deturpare” il nostro modo di esprimerci. Pensate a cosa potrebbe mai succedere se le “k” si insediassero nei temi scolastici, sarebbe di certo qualcosa di altamente preoccupante, specie se si accettasse questo modo di scrivere. Ma è proprio  che ci stiamo dirigendo. La stessa parola “per” ha assunto un altro significato, un altro “modo” per essere scritta, sempre più spesso: il “moltiplicato”, ovvero il “x” dell’operazione. Molto immediato vero? Del resto è proprio questo lo scopo del linguaggio, cosiddetto, “sms”: usare meno lettere possibili per esprimere un concetto. Pigrizia? Io non credo. Forse poca voglia di chiedersi che cosa, effettivamente, siano le parole, “violentandole” nel modo che più ci aggrada, senza tener conto di altro.
Le vocali piangono troppo ultimamente, con i nostri “cm” o i nostri “xk”. Parole che, se si osservano con occhio critico, non vogliono dire fondamentalmente niente ma che, ormai, tutti –o quasi- riescono ad intuire, talmente tante le volte che, almeno una volta, sono passate sotto il nostro sguardo! Persino i libri hanno titoli che utilizzano questo linguaggio “sporco” e “poco chiaro”. Sintomo, questo, che la società si sta lentamente sfasciando o, forse, che non c’è più controllo verso le nuove generazioni che prendono il sopravvento. Il che potrebbe essere un bene, certo, se adeguatamente controllato limitatamente. Ma, invece, è un male se si “importano”, nei modi di scrivere e parlare, certe oscenità per il nostro amato amico Italiano.
Alle volte, mi chiedo, che cosa direbbe se fosse davvero vivo: come si sentirebbe nel vedere come i suoi figli e le sue figlie vengono completamente distrutte da una generazione e un mondo irrispettoso. O, forse, sarebbe meglio chiedersi come reagirebbero i grandi scrittori e letterati di una volta a leggere un libro che, come titolo, ha un “6 tt x me”. Io credo che, obiettivamente, si rivolterebbero nella tomba o, come
minimo, scapperebbero a gambe levate.
Sono catastrofica? Non credo, anche se molti potrebbero dire “è solo che così è più veloce comunicare”. Non ci sarebbe nulla di male nel rispondere in questo modo, anche io potrei darvi ragione: qualche anno fa “comunicavo” anche io in quel modo. Un bel “tt bn?” non ha di certo mai ucciso nessuno, vero? Beh, la mia necessità di eliminare questo linguaggi è sorta quando, scrivendo, mi sono resa conto che provavo molto di più scrivendo una frase completa, ricca di significato, ricca di punteggiatura, piuttosto che un misero quanto incolore “tt bn”. Perché le parole sono vive, comunicano davvero, si animano quando qualcuno le legge. E’ qualcosa di automatico, di naturale come vivere. Chi non riesce a leggere davvero ciò che si nasconde dietro le parole, allora, può rimanere ad un incolore “tt ok?” che, però, non avrà mai lo stesso significato, la stessa potenza, di un “E’ da un po’ che non ci sentiamo, stai bene?”. Perché le parole sono preziose e, soprattutto, sono nostre.
 


L'articolo è stato pubblicato sul Melograno di Settembre 2011, anche se è stato scritto da un membro dell'SOS.

 
 
 
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