sottoilsette

Wrong turn


Questo piccolo racconto partecipa al gioco letterario "Incipit" promosso da Writer, che consiste nello scrivere un racconto partendo dallo stesso inizio. Il link per il gioco (con le sue poche piccole regole) lo trovate qui: Piccola premessa per il mio pezzo: ho violato una delle regole (i 5000 caratteri totali), per cui automaticamente rischio la "squalifica". Onestamente, non me sento di rimettere mano al pezzo, ma spero che Writer mi perdonerà. Se no, pazienza (le regole son regole, lo sapevo da prima). Diciamo che almeno ho fatto frullare le dita ;-)   E Gianni la amava troppo per non cogliere questa occasione. Aveva messo da parte i soldi per mesi, cercando di farle quella sorpresa per il compleanno che lei proprio non voleva festeggiare. Se la ami tanto, dovrai insistere – gli aveva detto Pietro – l’ultima cosa che vorrà sarà festeggiare, o qualunque cosa gli assomigli. Te l’avevo detto che era una pessima idea - le disse lei come a sottolineare le discussioni che avevano avuto sull’argomento nelle ultime settimane. Che poi non erano le uniche. Ma che comunque rappresentavano tutto il dialogo che c’era tra di loro, ormai. Se lo dici tu - le rispose senza alcuna intonazione, voltandosi dall’altra parte. Tornare indietro o andare avanti, si domandava in continuazione, e intanto cercava di sembrare meno preoccupato di come realmente si sentiva. Avanti, si disse. Avanti. La prima cosa che vide fu un tronco, al di là del parabrezza infranto. Anche se la prospettiva gli sembrava incredibile, assurda. A fatica ruotò il collo per guardare alla sua destra, spaventato di quello che avrebbe potuto vedere. Anna era immobile, silenziosa, al di là della portata del suo braccio che non riusciva a muovere, anche lui con una prospettiva illogica. Forse era il dolore, ma non poteva muoversi, respirava a fatica. Fuori. E al freddo. La foto di Paolo, che aveva sempre con sé. Non te ne andare, è troppo presto. La foto sembrò fermarsi, nonostante il vento forte, per un attimo. Solo per un attimo. Poi volò via. Scomparendo nel buio. Poi chiuse gli occhi. Gianni ritornò in sé. Era ancora incantato da quella immagine da cartolina che aveva davanti gli occhi. Si massaggiò il braccio ingessato e finì di bere la sua cioccolata calda. Bevi, bevi, che poi vedi i fantasmi. Io non mi metterei a guidare i camion se poi il pieno lo fai tu invece del mezzo – ribatté la signora unendosi ai due al tavolo. - Ancora… io stavo venendo qui quando, per rimanere sveglio dopo… un goccetto, ho tirato giù il finestrino per prendere un po’ d’aria fresca e… non mi va a piantarmisi sulla faccia una foto? Ma da dove diavolo veniva, mi son detto! Ho inchiodato la belva e mi sono guardato intorno. Ho visto un piccinin  che indicava verso la scarpata e mi son detto Dio Bono, ma chi va in giro a quest’ora a piedi! Mi sono avvicinato ed era solo un albero con un ramo piegato… alla luce dei fari  sembrava chissà che… mi stavo per rimettere a guidare e non mi vedo nella direzione indicata da… da quel ramo una patente, e più in là una banconota da cento? A quel punto mi son detto qui c’è qualcosa di strano e ho guardato meglio. E ho visto le tracce di un incidente. Ho preso la torcia e l’ho puntata dabbasso. E ho visto l’auto di questo poareto qui. A quel punto ho chiamato il soccorso alpino e li han portati in ospedale. Gianni guardò la foto di suo figlio trattenendo a stento una lacrima.