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insofferenza

Post n°444 pubblicato il 14 Settembre 2011 da nagel_a


Non mi piacciono gli strascichi, come le estati troppo lunghe, gli inverni che non muoiono. Le cose devono evolvere e, ad un certo punto, finire.
Un progetto dovrà chiudersi una volta giunti a un prestabilito grado di definizione. Diversamente la pietra pomice avrebbe da limare per l'intera vita, poichè l'occhio di oggi sarà, se pur impercettibilmente, diverso dall'occhio di domani.
Mi rendono inquieta le transizioni quando già ho previsto l'esito. Quella parentesi di incertezza, di stasi tra uno stadio e l'altro, porta a nudo i miei fili.
Forse per quel margine di intangibilità e di impotenza di fronte agli eventi non ancora accaduti. Per quella scheggia impazzita che può intromettersi nell'ingranaggio alterando ritmo e risultati.
E io rimarrei lì, allora, con il bicchiere vuoto sotto il torchio sterile.

 

 
 
 
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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