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Il campo

Post n°476 pubblicato il 22 Gennaio 2012 da nagel_a


Era fredda l'aria. S'infilava tagliente tra le vie strette, radente sui muri nudi e sui ballatoi in legno.
Tra le vecchie case, improvviso e inaspettato, un piccolo campo. Deserto come le vie. Abbandonato come le orbite vuote delle finestre. Quattro file di meli. Alberi non potati dai rami protesi a intricarsi in un aereo labirinto. Spogli di foglie, ma ancora vestiti di frutti. Avvizziti, spenti: mele dimenticate dagli uomini, fortunato banchetto di merli.
Altre mele erano a terra, il picciolo ormai sfiancato, rotolate lungo il pendio. Sul suolo gelato e chiuso a offrire inutile nutrimento. Il cielo gravido, sotto quella preghiera di rami e io in piedi, a mani aperte, a interrogarne il silenzio.

Certi luoghi perdono i loro connotati fisici per confondersi con quelli astratti di un paesaggio interiore. E i risvolti conosciuti si tramutano negli spazi indistinti delle mappe, terra di leoni e gorgoni. Si uniscono la quieta certezza nei confini della propria pelle e la terribile fame di mani e occhi, indifendibili ponti, insaziabili ricercatori inquieti.

 

 
 
 
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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