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L'abdicazione e il nuovo regno

Post n°378 pubblicato il 16 Febbraio 2011 da nagel_a


"Sognavo crociate, viaggi e scoperte di cui mancano relazioni, repubbliche senza storia, guerre di religione represse, rivoluzioni di costume, spostamenti di razze e di continenti: credevo a tutti gli incantesimi. [...] Scrivevo silenzi, notti, notavo l'inesprimibile. Fissavo vertigini."
(A. Rimbaud, Una stagione all'inferno)

Ogni uomo riceve in dotazione un regno dalla sua infanzia. Un mondo dischiuso alla meraviglia del suo stupore attraverso la trasfigurazione concessa ai suoi occhi. Questo regno si snoda e si evolve nel corso degli anni, prospera o si accartoccia e avvizzisce, defraudato dalla linfa che lo anima.
Una sola è la colpa grave che ne sancisce la morte: la macchia di tradimento. Perchè abbandonare la fede in quel regno, è disconoscere se stessi. E' dimenticare gli accessi remoti alle radici del proprio essere.
A volte capita di abdicare, coscientemente o meno, alla propria regalità. Sminuendo la corona che ci cingeva cuore e mente. Chiamiamo l'amputazione con il nome maturo e ponderato di passaggio oltre la linea d'ombra. Questo passaggio è la messa in atto della pena capitale per alto tradimento.
Eppure può succedere, inavvertitamente e spesso immeritatamente, che la pena sia eseguita da un boia malaccorto (noi stessi). E che un refolo di quella vita, uno scorcio sull'estensione di quel regno, rimanga sopito e in attesa.
Ecco che allora un nulla, il transito inquieto sulle onde di un lago, un tratto di matita su pagine dimenticate, rispolvera il palazzo abbandonato e riaccende le luci di canti e balli e il latrato dei cani pronti alla caccia. E si ritrova la strada per quel mondo lasciato per tempo nella formalina, per quel regnare a lungo anestetizzato.

Il re spesso concede la grazia.

 

 
 
 
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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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