Creato da nagel_a il 27/12/2008

la finestra

gli scenari dell'anima

 

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Brandelli

Post n°418 pubblicato il 11 Giugno 2011 da nagel_a


Sai quale veste indossa la disperazione quando assiste la tua insonnia? Quale silenzio si frange sulle sponde della notte mentre il lenzuolo è scudo al buio? Quanto è fondo il vortice dei pensieri quando non si trovano risposte e le domande sono echi vuoti? Con quanto fragore assorda le orecchie il rimbombo di una voce ormai spenta?

E' bastata una domanda, una semplice richiesta, un nulla in un contesto di niente. Affiorano alghe imprigionate dal fango e tingono l'acqua di scarlatti ricordi. Nello spazio della memoria si atrofizza il tempo, una cicatrice che contrae i giorni e tutto sta di nuovo lì, vivido e bruciante, livido e tagliente a mutilare entusiasmi, a scarnificare speranze.
Finite le notti di pianti e ombre azzurre allo specchio. Divelti i sogni sul fare del giorno. Affondati negli strati più fondi della pelle, le parole, le carezze, i baci. Non ti chiedo più quali sogni sognare, omino delle nanne, in quali viaggi immaginari librare il tuo tappeto.
Ora sogno ad occhi aperti e tu rimani prigioniero di una domanda, semplice richiesta, nulla in un contesto di niente.

 

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Commenti al Post:
lightdew
lightdew il 11/06/11 alle 15:41 via WEB
...se vuoi..se puoi..adesso.
 
 
nagel_a
nagel_a il 13/06/11 alle 21:31 via WEB
traslata carezza, ancora più dolce e lieve stasera :)
 
only4words
only4words il 11/06/11 alle 17:19 via WEB
:| destino da indomite, incurabili sognatrici.
 
 
nagel_a
nagel_a il 13/06/11 alle 21:32 via WEB
sto lavorando sull'"incurabile" :))
 
beth_el
beth_el il 11/06/11 alle 21:34 via WEB
A volte basta una telefonata, una lettera, un incontro, per scoprire quanto si è stati sciocchi e facile la felicità. Spesso, sempre, si resta imprigionati noi stessi nei nostri stessi pensieri: si fanno domande e si danno risposte anche per conto di chi potrebbe dare altre risposte, e fare altre domande. Creando altri sogni, altre musiche. A volte invece si cede alla vanità della propria romanzata solitudine, pur di non toccare, e farsi toccare, dalla vita. Così ti auguro pianti ombre baci e carezze, veri, non sogni o desideri. Vita da mordere, che altro?
 
 
nagel_a
nagel_a il 13/06/11 alle 21:38 via WEB
eppure credo che proprio in quel periodo riaffiorato ho cominciato a mordere la vita, come dici tu... solo non avevo difese: scudi di fantasia e lame di parole spuntate, le mie strategie erano semplici narrazioni destinate al naufragio nelle ore notturne. il romanzo c'era finchè la realtà non giungeva ad essere ciò che il mio desiderio e la mia immaginazione chiedevano e ho sofferto dello scarto. da quella sofferenza in poi ho iniziato a conoscermi.. ben venga.. solo non è stata indolore la conoscenza e se fino a qualche anno fa "rimuovevo" dalla memoria le cose sgradite ora non riesco più a farlo (difesa naufragata) e devo fare i conti con le cicatrici che a volte si arrossano ancora...
 
   
beth_el
beth_el il 14/06/11 alle 09:12 via WEB
"Non più, donne gentili, / non più sospiri e pianti / gli uomini furon sempre / bugiardi ed incostanti: / un piede sulla sponda / e l'altro in mezzo all'onda. / Donne, di tanto lutto / non c'è ragione alcuna: / fu così senza scampo / da che splende la luna / da che l'estate ha foglie / e serpi la terra accoglie."
 
     
nagel_a
nagel_a il 14/06/11 alle 10:41 via WEB
.. lo so.. spesso faccio Molto rumore per (un) nulla...
 
basilicojamaicano
basilicojamaicano il 14/06/11 alle 21:05 via WEB
Io non so se le ultime due righe del post siano un giustificare a te stessa o a chi l’ha subita, una scelta fatta, o se non siano magari dirette a chi potrebbe male interpretare oggi la tua sofferenza per un passato ancora “troppo” presente, o tutte e tre le cose insieme. Posso però dirti che a mio avviso non ce n’era bisogno Chi abbia sofferto almeno una volta nella vita, per ciò che poteva essere e non è stato o per il modo in cui le cose sono andate o per l’ineluttabilità di una scelta che spesso è di sopravvivenza o egoismo o di mille e mille motivi e circostanze ancora, sa bene che un nonnulla risveglia il dolore. E non importa che questo sia arrivato per scelte proprie o altrui e subite: quando arriva fa male. Fa male di un dolore violento e devastante che stempera nel tempo, quando lo si subisce; fa male di un rimorso strisciante e persistente lungo le stagioni, quando dolore si infligge. Chi di questo, almeno una volta nella vita, abbia sofferto, sa cos’è e sa che non c’è nulla di sbagliato in esso; sa che è solo sintomo di umana (e bella, a mio avviso) debolezza.
 
 
nagel_a
nagel_a il 04/07/11 alle 21:35 via WEB
è come entrare in una stanza e trovare una scacchiera abbandonata, una partita a scacchi inconclusa e mettersi a posizionare perfettamente ogni pezzo nel centro esatto di ogni quadrato, senza sbavature, senza asimmetrie nè pendenze. Il taglio dell'alfiere, il muso del cavallo, il merlo della torre: tutto a combinarsi, a "incastrarsi" perchè una volta richiusa la porta, l'immagine di una scacchiera disordinata non torni ad assillare, a scompigliare l'ordine del giorno... (forse hai ragione, chi giudica con il dito lungo, non sa della materia del suo giudizio)
 
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"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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