Atletica e Parkinson
Atletica leggera e Parkinson« Messaggio #17 | alla dopamina » |
Che cosa è la fantasia Se non un sognar di sognare?
(3)G. D’Annunzio
9° Atipicità
Il dizionario così definisce il
fenomeno:E’ atipico ciò che non presenta
i caratteri propri del tipo consueto
normale. Propongo più sotto di fare un esempio,per cercare di capire meglio il concetto.“In
un processo di distillazione per un prodotto di qualità si raccoglie solamente
il cuore, la parte iniziale e la parte finale del processo vengono
scartate”. Detto così, semplicemente, il concetto serve, per quanto ci riguarda, per
depurare il processo da eventuali
errori. Questa è una tecnica consolidata
nelle ricerche scientifiche e come tale accettata e condivisa da tutti. Qui vorrei precisare
alcune mie personali considerazioni sulla atipicità,partendo dalle affermazioni
più sopra esposte.Capisco e condivido che dati atipici possono
trarre in inganno chi si appresta a ricerche nell’ambito della patologia. Credo
tuttavia che, pur con la dovuta cautela,un’indagine per esplorare l’atipicità
di certi dati valga la pena di essere svolta sempre partendo da questi criteri condivisi. La mia curiosità
induce perciò a chiedermi:
• Perché
avviene questo?
Cioè, come si spiegano queste manifestazioni così diverse della
patologia?
• Si
tratta o no di una forma particolare, della stessa patologia?
È una forma
diversa della patologia
Non è esportabile su altri soggetti questa
attitudine atipica?
Perché permangono gli aspetti
positivi, nel senso che il camminare, il movimento in genere, sono in grado di
garantire il permanere nel tempo di queste superiori capacità , che invece non
si trovano in chi non ha mai esercitato questa disciplina?Mi pare ovvio
constatare che partendo da una superiore base di diversa abilità il processo di
progressiva perdita cinetica (acinesia)
, avrà un decorso diverso a seconda
dei diversi livelli di partenza. Questo, indipendentemente dalle differenti
velocità con cui la malattia procede (Parkinson lento o veloce). Gli effetti dell’allenamento sono reversibili,dopo
pochi giorni senza allenamento si possono dimostrare riduzioni significative
delle capacità prestazionali. È comunque un dato di fatto che se io attuo
questi correttivi, definiti qui genericamente movimenti, ottengo una
migliore risposta al movimento stesso (cammino, bradicinesia); aggiungendo inoltre nella pratica quotidiana esercizi
propiocettivi, potrei raggiungere anche
sensibili miglioramenti posturali. Resta inteso che, così come ogni farmaco ha
una dose minima efficace, anche l’allenamento in una disciplina sportiva
richiede un determinato quantitativo minimo di lavoro perché questo risulti allenante. Inoltre ritengo che la pratica agonistica
dell’atletica leggera protratta per diversi anni(oltre 40)mi abbia favorito .Occorre
cioè monitorare quindi come effetti fisiologici dell’allenamento/riabilitazione
le modificazioni biochimiche:
Modificazioni aerobiche
Modificazioni anaerobiche
Modificazioni alle fibre a scossa
rapida o lenta
Per tutti questi argomenti o aspetti che proporrei di prendere in
considerazione(misure oggettive da me qui ipotizzate) si potrebbero stabilire:
valori,metodi, parametri,sistemi di misura adeguati tali da potersi
confrontare. Per questa serie di dati,credo che sarebbe utile verificare con
misure di correlazioni statistiche l’incidenza ed il peso di ognuno dei fattori
presi in esame .A questi parametri tuttavia credo che si possono aggiungere
nell’indagine sulla patologia anche variabili soggettive quali abitudini di
vita,abitudini alimentari,attività sportiva,interessi,ambienti di
lavoro,impegni,farmaci. Mi sembra di notare che, nell’indagine sul paziente
(anamnesi) non si dia molto peso a quelle che sono le caratteristiche personali
specifiche dell’individuo Nelle visite mediche alle quali mi sottopongo, mi
piace porre in evidenza le mie esperienze personali provocando l’interlocutore
con le mie affermazioni ed esperienze personali. Chi mi conosce ha sentito
diverse volte il mio modo di approcciarmi ad alcune attività. Per l’attività
riabilitativa ho da sempre avuto un’attenzione particolare. Ai riabilitatori
rivolgo spesso questa domanda: Come fate a verificare se la vostra terapia è
stata efficace per il paziente? Chiedete al paziente come va e se ha notato
benefici?Inevitabilmente concordano con me nel constatare che spesso il
paziente con Parkinson è depresso, e tende a sottovalutare ogni intervento, non
riesce a fare valutazioni obiettive.
Quando il paziente al contrario è un entusiasta, un euforico ( come potrei
essere io) può sostenere che il trattamento è stato molto importante,
enfatizzando i benefici. In ambedue i casi non è possibile fare valutazioni
precise sui benefici, perché mancano dati oggettivi.
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