Carpe diem

«Plato», una missione europea a caccia dei nuovi pianeti extrasolari


Fino a qualche giorno fa erano 1.075, tra quelli già confermati e catalogati. Ma nel frattempo, il numero sarà certamente salito. E pensare che prima del 1992 (anno della prima scoperta confermata), ancora non se n'era osservato nemmeno uno, anche se tutti gli astronomi erano più che convinti sul fatto che esistessero. Sono i pianeti detti «extrasolari» o «esopianeti», certamente una delle nuove, affascinanti frontiere della ricerca astronomica. Orbitano attorno ad altre stelle della nostra Galassia, esattamente (o all'incirca) come fanno gli otto pianeti del nostro sistema solare attorno alla nostra stella, il Sole. E chissà se tra quelli che verranno scoperti, non ve ne sia qualcuno in grado di ospitare la vita. La maggior parte di quelli scoperti sono di tipo gassoso (come Giove o Saturno), ma alcuni sono di tipo roccioso, alcuni dei quali battezzati «Super Terre». Tra questi, destano maggiore interesse quelli della cosiddetta «fascia di abitabilità», quella regione a una certa distanza dalla stella, che potrebbe (potenzialmente) permettere al pianeta di ospitare forme di vita, e dove l'acqua liquida potrebbe persistere sulla superficie. Nel nostro sistema solare, ad esempio, nella «fascia di abitabilità» si trovano Marte e il nostro pianeta, la Terra. I primi pianeti extrasolari sono stati scoperti (con la tecnica dell'osservazione del «transito» del pianeta davanti alla propria stella), tramite gli strumenti di alcuni tra i più potenti osservatori a terra. Ma in seguito, con i satelliti e i loro sofisticati occhi elettronici che operano al di sopra dell'atmosfera, è stato possibile scoprirne molti altri. E molti altri verranno scoperti, a ritmo sempre maggiore. Una nuova missione spaziale, tutta europea, è stata prescelta nei giorni scorsi dall'ESA (Agenzia Spaziale Europea), per ampliare notevolmente il numero dei pianeti extrasolari attorno ad altre stelle, e per studiarne le caratteristiche. Battezzata «PLATO» (Planetary Transits and Oscillations of stars - Transiti e Oscillazioni Planetarie delle Stelle), è stata selezionata dal Comitato Programmi Scientifici dell'ESA per far parte del suo programma Cosmic Vision 2015-2025. Il lancio è infatti previsto per il 2024 con un razzo Sojuz dalla base europea di Kourou, in Guyana, per essere «spedita» dallo stadio superiore del razzo russo verso L2, un punto nello spazio, considerato favorevole per la tipologia di osservazioni da compiere, che si trova a 1 mln e mezzo di km dalla Terra. La missione avrà il compito di rispondere a domande fondamentali per gli astronomi: quali sono le condizioni per la formazione dei pianeti e dello sviluppo della vita, e come funziona il Sistema Solare? PLATO farà tesoro delle precedenti missioni che hanno avuto il compito di cercare «esopianeti»; utilizzerà i dati di base dell'osservatorio Kepler della NASA, che ha smesso di funzionare qualche mese fa (dopo aver ottenuto risultanti importanti), dei telescopi terrestri e del prossimo James Webb Space Telescope (il nuovo osservatorio spaziale, "erede" dell'Hubble Telescope della NASA), per studiare in maggiore dettaglio i sistemi solari che gli scienziati determineranno come più "promettenti". Anche i dati provenienti dalla missione GAIA, recentemente lanciata e sempre dell'ESA, forniranno a PLATO le precise caratteristiche di migliaia di sistemi di pianeti extrasolari. Ma a differenza di Kepler, che ha osservato soltanto una porzione di cielo fra le costellazioni della Lyra e del Cigno, PLATO scandaglierà (contemporaneamente) due grandi campi di osservazione, ognuno per un periodo di tre anni, raccogliendo e analizzando la luce da un mln di stelle per sei anni. Il satellite, spiegano i ricercatori dell'ESA, monitorerà le stelle relativamente vicine, controllando i cali nella luminosità mentre i loro pianeti transiteranno di fronte ad esse, bloccando temporaneamente una piccola frazione della luce stellare. Utilizzando una griglia di 34 piccoli telescopi separati e macchine fotografiche, cercherà i pianeti attorno ad oltre un mln di stelle sparse per oltre metà della volta celeste. Non solo: la missione investigherà persino sull'attività sismica delle stelle, permettendo uno studio dettagliato delle stelle che ospitano ogni pianeta scoperto, compresa la sua massa, raggio ed età. Una volta accoppiate con le osservazioni della velocità radiale eseguite al suolo, le misurazioni di PLATO permetteranno di ottenere il calcolo della masse e del raggio, e da questi risalire alla densità, che fornirà indicazioni sulla composizione. La missione identificherà e studierà migliaia di sistemi esoplanetari, con l'enfasi sulla scoperta e la caratterizzazione dei pianeti simili alla Terra e delle super-Terre che si trovino all'interno della zona abitabile delle loro stelle: "PLATO, con la sua abilità unica nel cercare i sistemi simili a quello Sole-Terra, verrà sviluppato sull'esperienza accumulata in diverse missioni europee, comprese CoRot e CHEOPE" - dice Alvaro Giménez, Direttore dell'Esplorazione Scientifica e Robotica dell'ESA - "Le sue scoperte aiuteranno a collocare l'architettura del nostro Sistema Solare nel contesto degli altri sistemi planetari". PLATO ha vinto una gara, dove erano in competizione altre missioni scientifiche, con obiettivi rilevanti: EChO (Exoplanet CHaracterisation Observatory), LOFT (Large Observatory For x-ray Timing), MarcoPolo-R (per raccogliere e riportare un campione da un asteroide vicino alla Terra) e STE-Quest (Space-Time Explorer and QUantum Equivalence principle Space Test). Questa nuova missione va ad aggiungersi alle Solar Orbiter ed Euclid, che sono state scelte nel 2011 come prime missioni di classe M dell'ESA. La Solar Orbiter sarà lanciata nel 2017 per studiare il Sole e vento solare da una distanza inferiore a 50 mln di km mentre Euclid (con notevole contributo industriale italiano di Thales Alenia Space), che sarà lanciato nel 2020, si concentrerà su energia oscura, materia oscura e struttura dell'Universo. Non mancherà per PLATO il contributo italiano, finanziato dall'ASI. Sono quasi un centinaio gli scienziati italiani, in gran parte dell'INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), che lavorano alla progettazione della strumentazione e alla preparazione scientifica della missione in tutta la penisola, da Padova a Catania, Milano, Firenze, Palermo, Torino, Napoli, Roma. È italiano anche un segmento del centro elaborazione dati, curato dall'ASDC, il centro per i dati scientifici dell'ASI. La missione è anche frutto dell'eccellenza italiana nel campo della ricerca in ottica, e fornirà opportunità all'industria italiana del settore. Anche l'elettronica di bordo sarà in parte made in Italy, grazie all'esperienza italiana nel campo dei sistemi elettronici per lo spazio. "PLATO potrà dirci quali, tra le stelle che osserverà, potrà ospitare sistemi solari simili al nostro. Ci fornirà la completa comprensione dell'architettura di questi sistemi solari, e di dove possa essere presente la vita" - spiega Giampaolo Piotto, docente di Astronomia all'Università di Padova, e membro del Team Scientifico di PLATO e responsabile della selezione delle stelle che verranno osservate. "La comunità italiana è entusiasta per le opportunità fornite da questa missione - dice Isabella Pagano, dell'Osservatorio Astrofisico di Catania e coordinatrice per l'INAF del progetto - Siamo molto attivi nello studio degli esopianeti, abbiamo in corso un progetto ambizioso con lo spettrografo HARPSN al telescopio Nazionale Galileo, e stiamo preparando la missione del satellite CHEOPS, dell'ESA, che verrà lanciata nel 2017 per caratterizzare esopianeti noti". "PLATO - aggiunge - sarà cruciale per progredire nella fisica degli esopianeti e nella fisica stellare. Ed è l'occasione per molti giovani studiosi per lavorare a un progetto ad ampio respiro e di lungo termine assieme ai loro colleghi europei". La Stampa - Antonio Lo Campo 27.02.14