Carpe diem

Lo "shuttle" del futuro? Avrà la forma di un dito e sarà "Made in Torino"


Niente più capsule, né forme simili agli aerei: la navicella spaziale del futuro avrà la forma di un dito. Si chiama Ixv, cioè Intermediate eXsperimental Vehicle, ed è la soluzione che l'Agenzia spaziale europea (Esa) sta studiando per consentire un nuovo modo di rientro dallo spazio. Il capofila del progetto da 160 mln è la Thales Alenia Space, che ha realizzato il modello sperimentale nei suoi laboratori di Torino.Ixv verrà lanciato a ottobre e la sua missione durerà poco più di 100 min: il lanciatore Vega lo porterà in orbita fino a 412 km di quota, poi il veicolo inizierà a scendere verso la Terra, raggiungendo la velocità vertiginosa di 7,7 km/sec. Infine, "planerà" nell'oceano Pacifico anche grazie a un sistema di tre sofisticati paracaduti e rimarrà a galla grazie a quattro "palloni". L'obiettivo è di farlo scendere in un'area di mare di 10 km di diametro e di recuperarlo grazie a una nave. Tutte le operazioni saranno seguite dal Centro di controllo creato a Torino da Altec.I dati che verranno raccolti saranno fondamentali per creare la navicella del futuro. Se tutto andrà per il meglio, questo prototipo dovrebbe diventare la base per i veicoli di domani, che saranno in grado per esempio di recuperare detriti nello spazio e, in prospettiva, anche di consentire alle persone un "comodo" rientro nello spazio. Il viaggio di ritorno è infatti la parte più complessa per le missioni spaziali e finora è stato affrontato in due modi: con una capsula di rientro (tipo l'Apollo o la Soyuz, che viene utilizzata tuttora dai russi) oppure con lo shuttle americano, che però è stato recentemente "pensionato" perché ritenuto troppo costoso. L'obiettivo del progetto IXV è dunque quello di trovare una via di mezzo tra le due soluzioni, una nuova modalità "Made in Europe" che consenta un atterraggio migliore ma che sia al tempo stesso più economico.Thales Alenia Space ha creato il nuovo veicolo in collaborazione con altre 40 imprese europee e ha gestito il 30% ca dei 160 mln messi a disposizione dall'Esa. E'un oggetto molto sofisticato: "Dal sistema di controllo fino ai materiali innovativi che garantiscono una resistenza a temperature elevatissime, - spiega Luigi Maria Quaglino, responsabile del sito torinese di Tas - tutte le tecnologie che utilizziamo corrispondono al più alto livello possibile al momento. Non possiamo permetterci di sbagliare perché nello spazio non si può riparare nulla, dunque non possiamo permetterci guasti, e poi ci troviamo a lavorare in condizioni estreme". Stefano Parola - LaRepubblica.it 21.03.14