Un blog creato da Steve22966 il 24/02/2008

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VANNI NOVARA PREMIATO DALLA SUA CITTÀ

Era ora! Finalmente Vanni Novara è stato premiato dal suo comune. Venerdì 27 settembre 2013, nell'ambito dei festeggiamenti dei SS Cosma e Damiano, il maestro è stato premiato dalle mani del sindaco Vincenzo Barrea, con una targa di cristallo.



Vanni Novara, torinese di nascita ma borgarese di adozione ha finalmente ottenuto un premio dal suo paese di residenza che si è ricordato di avere "in casa" un maestro dell'arte.

 
 
 
 
 
 
 

VANNI NOVARA "IL RISVEGLIO" 5 GENNAIO 2012

La già ricca bacheca dell'artista borgarese Vanni Novara si arricchisce di un nuovo prestigioso alloro. All'hotel Royal di Torino, nell'ambito della XXX edizione del concorso pittorico "il Centenario" (che Novara aveva conquistato lo scorso anno), il borgarese ha vinto il "Premio del Trentennale" con l'opera "Carnaval a Las Palmas", una tela caratterizzata dalle inconfondibili marcature tonali che hanno fatto del pittore, torinese di nascita ma borgarese di adozione, una delle figura di maggior spicco nel contesto del panorama contemporaneo.

E proprio sulla base di questi elementi ha portato a casa un secondo alloro: Novara, infatti, è stato anche insignito del premio
"Immagini del Piemonte", conferitogli alla presenza di esponenti del mondo dell'arte, del giornalismo e delle istituzioni, rappresentate dal vice presidente del Consiglio regionale Roberto Placido e dall'assessore alla Cultura del Comune di Torino Marziano Marzano. "Novara, con la sua lodevole perseveranza, è l'esempio tangibile che, quando ci si dedica all'arte con convinta determinazione e assidua sintonia per quella che è la propria interiorità - si legge sulla motivazione - si perviene a traguardi che sembravano irraggiungibili".

 
 
 
 
 
 
 

VANNI NOVARA - L'ARTE IN DONO AL COMUNE

BORGARO - Che la gente bussi alla porta del Comune per ottenere qualcosa, sia esso un servizio, o un sostegno, o un intervento dell'Amministrazione, è cosa decisamente... comune. Più raro è il fatto che qualcuno bussi alla portadel Comune per dare qualcosa. Come ha fatto il pittore Vanni Novara, che ha donato al Comune di Borgaro una delle sue opere intitolata "Vagando nel tempo". La cerimonia di consegna è avvenuta giovedì 20 gennaio, alla presenza del vicesindaco e assessore alla Cultura Fabrizio Chiancone, dell'assessore Federica Burdisso e del capogruppo Giuseppe Ponchione. Il dipinto di Novara, pittore di rango nazionale ed internazionale, sarà presto collocato in una sede idonea "Che consenta a coloro che entreranno in Comune di poterlo ammirare - ha spiegato il vicesindaco Chiancone - Anche perché, non dimentichiamolo, Novara è un'eccellenza del nostro territorio. Conosco, e apprezzo, la sua arte da tempo, per cui questo dono risulta ancora più gradito. Anche perché, come succede per l'arte, è un dono destinato a durare nel tempo. Le Amministrazioni passeranno, ma questo quadro continuerà a fare bella mostra di sé in Municipio".

"L'arte trasmette grandi valori e aiuta a vivere, rendendo la vita più bella. Come indole, mi sento portato alla cordialità impegnata quanto a trasmettere le mie sensazioni tramite le tele da me anticipatamente preparate con cura particolare - ha invece commentato Novara, illustrando poi ai presenti il senso della sua opera - Non voglio parlare delle grandi peculiarità che sono le luci, le trasparenze, i colori, ma do voce al dipinto, che ha lo stesso titolo del mio libro, pubblicato nel 2009. Un titolo che, almeno in parte, si riferisce a un mio viaggio nel Sahara di qualche tempo fa. Nella parte centrale del dipinto, infatti, è sviluppata la zona montuosa dell'Africa del Nord, con strisce verdi che rappresentano i percorsi nelle sabbie desertiche e con la vipera cornuta, chiamata "sette passi" dalle popolazioni locali. Ai lati del percorso, alla sinistra, rappresento il mondo con il suo collegamento ombelicale, con relativa cellula cordonale, con altre piccole parti d'organismi viventi ingranditi, insieme della nostra esistenza. Un angolo di felicità è rappresentato dagli aquiloni in volo, trasportati dal vento, nell'infinità dello spazio. Sul lato destro si insinua la costruzione galattica inserita in un movimento che scandisce il passare del tempo nello spazio, lancette rivolte verso l'alto, l'etere, l'universo infinito".
LUIGI BENEDETTO 
Il Risveglio 27.01.2011

 
 
 
 
 
 
 

VANNI NOVARA PENSIERI

Il rapporto che ho con l'arte, come pittore, non è sempre lineare e condivisibile in un filone trasparente, perchè le mie opere variano continuamente nella ricerca interiore del mio subconscio, seguendo costantemente gli stati d'animo che mi si presentano o attraversano improvvisamente e imprevedibilmente i meandri della mia mente.

Attraverso l'intensità della materia colore, sulla tela trovo la massima espressione della vita, la natura e le sue dimensioni, la continua ricerca si manifesta  con i pennelli, ma la prediletta è sempre la spatola. Essa è il veicolo più importante.In questa continua ricerca elaboro le mie idee, i miei pensieri, la mia calma, la mia irruenza interiore e i miei sensi. Avviene così uno scambio di comunicazione che va ad emozionare, cerco di penetrare nella visione globale di chi si avvicina all'opera esposta, in questo caso fa propria quell'emozione che scaturisce dalla tela.

 
 
 
 
 
 
 

VANNI NOVARA XXIX "IL CENTENARIO"

Domenica 28 novembre 2010 negli eleganti saloni dell'Hotel Royal di Torino si é tenuta la cerimonia conclusiva della XXIX Edizione del Concorso Artistico "Il Centenario" nell'ambito della quale Vanni Novara, artista torinese ma da anni residente a Borgaro, ha conseguito il Primo Premio Assoluto nella Sezione "Pittura" con l'evocativa tela dal titolo "Sguardo dall'infinito".

Concomitantemente egli é stato insignito del Premio "Ennio Morlotti" di cui in tale circostanza ricorrevano i cento anni della nascita, avvenuta a Lecco nel 1910 appunto. La motivazione, che ha accompagnato il conferimento dell'ambìto e prestigioso riconoscimento, ha evidenziato le peculiarità della sua attività creativa, così come di seguito riportato: "Vanni Novara é un pittore dall'indiscutibile eclettismo, che ha letteralmente bruciato le tappe, essendosi tuffato con ardore nella trattazione del colore. E ad accompagnare la sua qualificata produzione ( che attualmente rappresenta l'arte italiana a Cuba ), sono stati pubblicati due libri dal titolo Una storia tra luci ombre e colori e Vagando nel tempo, ospitati tra le Collane delle Edizioni Pentarco di Torino, il primo nel 2006 ed il secondo nel mese di dicembre dello scorso anno".

 
 
 
 
 
 
 

ULTIMI COMMENTI

 
 
 
 
 
 
 

VANNI NOVARA A CUBA

Ad arricchire un curriculim artistico oltremodo pieno di significative presenze e prestigiosi riconoscimenti, nel corso del 2010 Vanni Novara ha potuto annoverare la propria presenza, in qualità di protagonista oltre che di unico rappresentante italiano del settore, all'interno della XVII Edizione della Romeria de Mayo, Festival Mondiale della Gioventù Artistica, tenutasi ad Holguin, Cuba, durante la prima settimana del mese di maggio.Alla manifestazione, in cui é intervenuto il maestro Juan Carlos Anzardo oltre che il pittore Julio Méndez Rivero nella veste di Vicepresidente dell'Unione degli Scrittori ed Artisti Cubani, nonché membro del Parlamento dell'Avana, ha fatto seguito la donazione da parte di Novara di alcuni dei suoi lavori pittorici, unitamente ai due volumi autobiografici da lui illustrati "Una storia tra luci, ombre e colori" e "Vagando nel tempo", i quali andranno a costituire la dotazione iniziale della "Casa Garibaldi" ad Holguin, primo mattone di un ponte ideale fra l'Italia e Cuba, realizzato anche grazie alla fervida ed alacre collaborazione del compositore Ernesto Balice, mediatore fra l'artista torinese e le istituzioni holguinere.
Prima di venire esposti permanentemente nella suddetta Casa della Cultura Italiana a Cuba, essi saranno oggetto di una Mostra itinerante che vedrà in tutti i municipi della provincia di Holguin i luoghi deputati ad accoglierli, con la prospettiva di instaurare un tanto proficuo quanto stabile gemellaggio fra i due Paesi.

 
 
 
 
 
 
 

PENSIERI...

Ci sono due modi per vivere la vita: uno come se tutto fosse un miracolo, l'altro come se niente fosse un miracolo.
Balla come se nessuno ti stesse guardando. Canta come se nessuno ti stesse ascoltando.
Ama come se non fossi mai stato ferito. Vivi come se il paradiso fosse in terra.

Si dice che gli amici si possono contare sulle punta delle dita...beh..tu sei una delle mie dita. Gli amici li tengo nel cuore, quello vero, quello fatto di emozioni e sentimenti. Gli amici sono le dita della mie mani, li porto sempre con me, non ho bisogo di imprigionarli dentro un gelido spazio.
Non c'è mai un perchè a un ricordo. Arriva all'improvviso, così senza chiedere permesso.
E non si sa mai quando se ne andrà. L'unica cosa che sai e che purtroppo tornerà di nuovo.
Vorrei tanto essere un soffio d vento per potere entrare nel tuo corpo, muovermi liberamente nei tuoi pensieri, sfiorare la tua anima, posarmi nel tuo cuore e rimanerci per sempre.

Forse non è giusto correre dietro qualcosa che non avrai mai ma a volte illudersi che qualcosa possa esistere davvero è la cosa migliore che si possa fare.
Ognuno di noi è come la Luna, ha un lato oscuro che non mostrerà mai a nessuno.

 
 
 
 
 
 
 

LINKIN PARK

Chester Bennington
voce, chitarra

Mike Shinoda

voce, chitarra,
tastiere, sintetizzatore

Brad Delson
chitarra

Rob Bourdon
batteria

Joseph Hahn
giradischi, tastiere,
sintetizzatore, campionatore,
mixer


Dave "Phoenix" Farrell
basso, violino

 
 
 
 
 
 
 

DEBOLE...

Sono un po' di solitudine, un po' di irriverenza, un sacco di lamentele ma non posso evitare il fatto che tutti vedano queste cicatrici.
Sono quello che io voglio che tu voglia, quello che io voglio che tu senta ma è come se non importasse ciò che faccio.
Io non posso convincerti a credere che questa sia la realtà così lascio perdere, guardandoti girare le spalle come sempre, guardare da un'altra parte e fingere che io non esista.
Ma resterò qui perchè tu vuoi ciò che io ho.
Non riesco a sentirmi come prima, non girarmi le spalle, non sarò ignorato.
Il tempo non guarirà questa ferita, non più, non girarmi le spalle, non sarò ignorato.
Sono un po' insicuro un po' diffidente perchè tu non capisci che io faccio ciò che posso ma a volte non sono chiaro, dico quello che tu non vorresti mai dire e non ho mai avuto un dubbio.
E' come se non importasse ciò che faccio, io non posso convincerti ad ascoltarmi almeno una volta così lascio perdere, guardandoti girare le spalle come sempre, guardare da un'altra parte e fingere che io non esista.
Ma resterò qui perchè sei tutto quello che ho.
Non riesco a sentirmi come prima, non girarmi le spalle, non sarò ignorato.
Il tempo non guarirà questa ferita, non più, non girarmi le spalle
Non sarò ignorato
No! Stammi a sentire, adesso devi ascoltarmi che ti piaccia o no.
In questo momento stammi a sentire adesso devi ascoltarmi che ti piaccia o no...in questo momento. 

 
 
 
 
 
 
 

FOURBACK

FOURBACK sono una band vicentina consolidata ma in continua evoluzione.
Le caratteristiche che li differenziano dalle tradizionali Beatles bands sono la ricerca di interpretazione e sound in chiave rock delle hits del quartetto di Liverpool nel periodo di Amburgo e nella Beatles-mania, senza dimenticare le carriere solistiche di John Lennon con la Plastic Ono Band e di Paul McCartney con i Wings.
Da quattro anni hanno un contratto con Believe Digital, leader europeo nella distribuzione musicale digitale.

 Costituiti nel 1995, la prima formazione ha subito messo in luce le sue caratteristiche peculiari: sound affiatato, ritmica incalzante e calore genuino, riproponendo il repertorio dei Beatles al Cavern Club di Liverpool e allo Star club di Amburgo, brani classici firmati dai grandi nomi del Rock and Roll: Elvis Presley, Chuck Berry, Little Richard, Larry Williams, Carl Perkins...
Tra il 1996 ed il 2001 numerosi concerti nei pubs di Triveneto e Lombardia e la partecipazione a manifestazioni nazionali (Beatles day (Bs), Lennon memorial Concert (Pv), sanciscono definitivamente le qualità interpretative dei FOURBACK.
Nel 2002 il repertorio si va ad arricchire di canzoni marcatamente beatlesiane.
I primi anni di intensa attività portarono alla produzione di due album da studio autoprodotti: FOURBACK (1998) dove interpretano al meglio il repertorio R&R del primo periodo dei Beatles e BACK TO LIVERPOOL (2002) dove il gruppo si cimenta con le canzoni dei Fab Four.
Quando il gruppo conquista un'ottima credibilità come cover band, batterista e chitarrista solista abbandonano la band.
La rinascita arriva nel 2005: a Luca Boskovic Bonini e Davide Brunello si aggiungono due nuovi musicisti Nino Dell'Arte, chitarrista solista e Nicola Castegnaro, batterista di grande esperienza.
La nuova formazione dimostra un notevole affiatamento già dalle prime esibizioni live.
In poco tempo il repertorio ritorna ai vecchi splendori ampliandosi di nuove e potenti canzoni.
Ha inizio così una seconda vita con grandi spettacoli LIVE e progetti ambiziosi.
Nel 2006 i Fourback consolidano un progetto a lungo meditato: si propongono come LENNON/McCARTNEY TRIBUTE BAND, diventando l'unica band europea dedicata a John e Paul.
La nuova produzione rispecchia il percorso artistico intrapreso: un viaggio musicale attraverso le tre decadi più significative della storia della musica ROCK.
Il tour estivo "John and Paul Beautiful years" proposto dalla band dei Fourback ha visto il gruppo esibirsi in locali e piazze d'Italia raccogliendo entusiasmo e consensi da parte del pubblico.
La band, ha cosi deciso di registrare la performance di chiusura del tour in un bellissimo contesto all'aperto sito nella provincia di Vicenza, l'area verde di Pascoletto. La suggestiva cornice ha registrato un'ottima affluenza di pubblico, oltre 4000 persone, rendendo lo show dei FOURBACK ancora più caldo ed entusiasmante. Parte dei questo concerto memorabile è ora disponibile nell'album "ROCK SHOW !!!"
La filosofia della band è sempre stata quella di proporre i classici brani dei Beatles, di John Lennon e Paul McCartney con un "vestito" colorato di rock, allontanandosi e differenziandosi dalla classica esecuzione pop-beat delle numerosissime cover band dedicate.

 
 
 
 
 
 
 

FOURBACK - CD













 
 
 
 
 
 
 

IO...UCCIDO

"Forse il denaro non da' la felicità ma, aspettando che la felicità arrivi, è un bel modo di passare il tempo."
"Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male."
"L'uomo è uno e nessuno.
Porta da anni la sua faccia appiccicata alla testa e la sua ombra cucita ai piedi e ancora non è riuscito a capire quale delle due pesa di più. Qualche volta prova l'impulso irrefrenabile di staccarle ed appenderle a un chiodo e restare lì, seduto a terra, come un burattino al quale una mano pietosa ha tagliato i fili.
A volte la fatica cancella tutto e non concede la possibilità di capire che l'unico modo valido di seguire la ragione è abbandonarsi a una corsa sfrenata sul cammino della follia. Tutto intorno è un continuo inseguirsi di facce e ombre e voci, persone che non si pongono nemmeno la domanda e accettano passivamente una vita senza risposte per la noia o il dolore del viaggio, accontentandosi di spedire qualche stupida cartolina ogni tanto."

 
 
 
 
 
 
 

DETTI E RIDETTI...

L'amore è una forza selvaggia.
Quando tentiamo di controllarlo ci distrugge.
Quando tentiamo di imprigionarlo ci rende schiavi.
Quando tentiamo di capirlo ci lascia smarriti e confusi.
(P.Coelho)

Sii sempre come il mare che
infrangendosi contro gli scogli
trova sempre la forza di riprovarci.
(J.Morrison)


Gli Angeli lo chiamano gioia celeste.
I Diavoli lo chiamano sofferenza infernale.
Gli Uomini lo chiamano amore.
(H.Heine)

Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e,
quel che forse sembrerà più strano,
ci vuole tutta la vita per imparare a morire.
(Seneca)


Se un uomo parte con delle certezze finirà con dei dubbi;
ma se si accontenta di iniziare con qualche dubbio,
arriverà alla fine a qualche certezza.
(F.Bacone)

L’uomo è condannato ad essere libero:
condannato perché non si è creato da se stesso,
e pur tuttavia libero, perché,
una volta gettato nel mondo,
è responsabile di tutto ciò che fa.
(J.P.Sartre)


Se esiste un uomo non violento,
perché non può esistere una famiglia non violenta?
E perché non un villaggio?
Una città, un paese,
un mondo non violento?
(Gandhi)

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
(M.Medeiros)

 
 
 
 
 
 
 

LA TORRE NERA...

Quando l'amore lascia il mondo, tutti i cuori si fermano.

Dì del mio amore e dì loro del mio dolore
e dì loro della mia speranza che ancora vive.
Perchè è tutto quello che ho ed è tutto ciò che chiedo.


La parola mai è quella a cui tende l'orecchio Dio
quando vuole farsi una risata.

 
 
 
 
 
 
 

IL VIAGGIO...

Talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai.



Ogni uomo, anche quando è solo,
ha comunque la sua anima come compagna di viaggio.

 
Ogni persona che passa nella nostra vita è unica.
Lascia un poco di sé e
si prende un poco di noi.

 
 
 
 
 
 
 

AMICIZIA...

L'amicizia è come l'amore
non si può riprodurre a comando
ma quando passa o quando la distruggiamo,
lascia un grande senso di vuoto...

Non c'è deserto peggiore che una vita senza amici.
L'amicizia moltiplica i beni e
ripartisce i mali.

 
 
 
 
 
 
 

 

 

Riparte la sonda Rosetta, obiettivo: cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko

Post n°609 pubblicato il 26 Gennaio 2014 da Steve22966
 

Tra poco suonerà la sveglia per Rosetta. Dopo un sonno durato 31 mesi la sonda dell'Esa, lunedì, tornerà in funzione per riprendere il suo lungo viaggio cominciato ben dieci anni fa. Ancora 9 mln di km la separano dal suo obiettivo: la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, che raggiungerà ad agosto 2014. Se tutto andrà secondo le aspettative, la missione, nella quale sono protagonisti di primo piano la tecnologia, i ricercatori e le aziende italiani, potrebbe essere un'impresa storica per lo studio delle origini del Sistema solare e della vita sul nostro pianeta. Rosetta non è da sola. Il suo compito è anche quello di dare un passaggio a Philae, il lander che dovrà atterrare sul suolo di questo 'sassolino', grande circa 5x3 km, per studiarne la composizione. Quello di Philae sarà il primo atterraggio in qualche modo controllato sul nucleo di una cometa e avverrà a novembre, segnando un evento storico per l'esplorazione spaziale (l'unico precedente è Deep impact, una sorta di 'missilè sparato dalla Nasa su Tempel 1 e il cui pulviscolo fu studiato dalla sonda a 10mila km di distanza). Il piccolo laboratorio sarà inoltre il primo ad effettuare studi 'in loco', sul nucleo di uno di questi fossili spaziali.
Rosetta è stata lanciata nel 2004, in sette anni ha compiuto cinque orbite attorno al Sole, due flyby su Terra e Marte necessari per acquisire velocità grazie all'effetto fionda gravitazionale. Ha sorvolato due asteroidi, Steins e Lutetia. Due anni e mezzo fa, durante tragitto verso l'orbita di Giove, è stata messa in ibernazione perché troppo lontana dal Sole. I nomi con cui sono stati battezzati la sonda madre e il lander danno l'idea di quello che ci si aspetta da loro. Come la stele di Rosetta e l'obelisco di Philae hanno permesso la decifrazione dei geroglifici, così gli scienziati ora sperano di trovare la chiave per fare chiarezza sulle origini del Sistema solare. E, con un po' di fortuna, anche fornire una conferma in più alla teoria della Panspermia, secondo la quale gli elementi e le molecole che hanno dato origine alla vita sulla Terra sarebbero arrivati dallo spazio (forse da Marte) proprio a seguito della collisione con una cometa: trovare carbonio e amminoacidi, è questo, anche se non ufficialmente, uno degli obiettivi della missione. 
Il 20 gennaio gli scienziati dell'ESA che lavorano alla missione si riuniranno dunque all'Esoc (il centro europeo per le operazioni spaziali di Darmstadt, in Germania) in ascolto del primo 'sbadiglio', uno 'spike' o picco del segnale, che Rosetta lancerà per far capire che è di nuovo operativa ed è pronta a riaccendere i motori.
Il progetto è partito nel 1993 assieme a Francia e Germania. Ha giocato un ruolo significativo l'apporto della scienza e della tecnologia italiane, con l'Asi e l'Inaf, le università di Padova e Napoli e alcuni importanti partner dell'industria tecnologica. L'avvicinamento a 67P comincerà a maggio, quando Rosetta inizierà le manovre di allineamento a circa 2 mln di km di distanza. A luglio inizieremo a vederla da vicino. Entrerà in funzione Virtis (Visible and infrared thermal imaging spectometer), uno degli 'occhi' di Rosetta. È uno spettrometro elettromagnetico montato sul modulo spaziale, essenziale per la buona riuscita dell'atterraggio: "Non si sa ancora com'è fatta la cometa - spiega Elisa Nichelli dell'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali - quindi Virtis fornirà immagini, in luce visibile e all'infrarosso termico, per aiutarci a stabilire il punto ideale dove atterrare". Virtis è indispensabile anche per i dati scientifici che saprà ottenere, anche da questo dipende il successo della missione: "È composto da due strumenti - spiega Fabrizio Capaccioni dell'Iaps, Prime investigator di Virtis, cioè responsabile scientifico - uno dei quali, il mapper, è stato costruito in Italia. Non servirà solamente per visualizzare la superficie, ma fornirà immagini con una risposta spettrale a diverse lunghezze d'onda, come una camera a 800 colori. Questo permetterà di scoprire la composizione di nucleo e chioma". Anche dai suoi dati gli scienziati cercheranno i mattoni della vita. Costruito da Selex Galileo, gruppo Finmeccanica, Virtis è un vero successo del knowhow italiano. Il suo gemello è montato sulla sonda Venus Express, che ha immortalato i poli e le tempeste su Venere. E un modello è a bordo di Dawn (in orbita attorno all'asteroide Vesta e ora diretta verso Cerere) sul quale è stata montata solo la camera italiana. Accanto a Virtis c'è anche Giada (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) un 'prodottò Inaf e dell'Università di Napoli realizzato da Selex: una specie di bilancia di precisione che raccoglierà in un imbuto le particelle provenienti dalla cometa e dalla coda. Analizzandone le proprietà fisiche e dinamiche: la dimensione, il peso, la velocità e la presenza di materiali granulosi e gassosi.
L'altro dispositivo a bordo dell'orbiter è invece Osiris (tutti nomi ispirati all'Egitto), la camera grandangolare, progettata e sviluppata dall'Università di Padova, che fornirà forse tra le immagini più affascinanti della missione. Ad agosto 2014 ci sarà finalmente l'incontro: Rosetta entrerà in una specie di orbita attorno alla cometa. Le immagini dettagliate permetteranno di orientare il modulo e 'prendere la mira': "Il lander non ha un proprio sistema di propulsione, verrà sparato come un proiettile e si aggrapperà con degli arpioni alla superficie, evitando così di rimbalzare a causa della bassa forza di gravità", racconta Raffaele Mugnuolo dell'Asi. Qui entreranno in azione altri strumenti per lo studio sul campo: "Anche il trapano del lander che bucherà il suolo fino a 20 cm di profondità, è di fattura italiana - continua Mugnuolo - realizzato dalla Tecnospazio, ora assorbita in Selex Galileo". Il "drill" raccoglierà campioni che poi saranno analizzati dagli strumenti. Philae dopo l'atterraggio avrà poche ore, al massimo un paio di giorni, quanto lo consentiranno le batterie principali, per effettuare i test più importanti sul suolo. Esaurite le batterie, l'energia sarà fornita da pannelli solari made in Italy, capaci di garantire la potenza necessaria anche a grandi distanze dal Sole. Il contatto avverrà infatti a circa 500 mln di km dalla stella. Anche il loro apporto sarà però limitato. L'Esa stima che Philae potrà lavorare per non più di quattro mesi, trasferendo i dati a Rosetta che li trasmetterà a noi. Rosetta, Philae e 67P da quel momento viaggeranno insieme fino al perielio (il punto più vicino al Sole).
A rendere delicata la sfida che attende l'Esa e Rosetta è proprio riuscire a mantenere il contatto, non lasciarsela sfuggire: "L'attrazione gravitazionale sarà bassissima - sottolinea Capaccioni - quindi da terra saranno necessarie continue correzioni della traiettoria della sonda madre per rimanere a una distanza inferiore ai 30 km dalla superficie. Potremo basarci praticamente solo sulle immagini della camera. Cioè navigheremo a vista". Una caccia continua. E a rendere la missione ancora più 'impossibile' ci sarà anche la chioma. Avvicinandosi al Sole, le particelle del nucleo sublimeranno formando la lunga coda: "I pannelli solari di Rosetta, hanno una superficie di 70 mq. L'effetto vela potrebbe disturbare e rendere difficile mantenere la traiettoria. Questa è in assoluto la cosa mai tentata, la più ardua e sottrarrà tempo anche all'analisi dei dati". È forse una delle missioni più rischiose intraprese da Esa.
L'incertezza sul mantenimento della traiettoria e sulla chioma si sommano all'incognita di quanto potrà durare il lavoro di Philae sul suolo: "Se saremo bravi e fortunati riusciremo a farlo atterrare in un punto con una buona esposizione alla luce del Sole, comunque la durata prevista è di non più di quattro mesi" conclude Capaccioni.
Rosetta invece resterà attiva, alle calcagna di 67P per un altro anno, studiando le trasformazioni che avverranno durante l'avvicinamento al Sole. Dopo aver raggiunto il perielio previsto per agosto 2015, il termine della missione è previsto per dicembre.
67P/Churyumov-Gerasimenko tornerà nello spazio profondo dal quale riemergerà tra circa sei anni e mezzo assieme a Philae , ancora aggrappato alla sua superficie, ormai divenuto inservibile, e senza Rosetta, che forse, in un ultimo slancio, sarà fatta allontanare deliberatamente per studiare gli effetti del vento solare sul nucleo della cometa.

Repubblica.it - Matteo Marini 17.01.14

 
 
 

Il gigante addormentato: c'è buco nero "spento" al centro Via Lattea. E potrebbe risvegliarsi

Post n°608 pubblicato il 24 Gennaio 2014 da Steve22966
 

C'é un mostro che si nasconde al centro della nostra Galassia. Un gigantesco buco nero da 4 mln di masse solari, che sta attraversando una insolita fase di quiescenza.
Ma secondo gli astronomi questo gigante addormentato potrebbe risvegliarsi presto, e per questo motivo lo spiano continuamente con telescopi a terra e nello spazio.
Ed è proprio durante una di queste campagne osservative che un team di astronomi ha scoperto sei intensi brillamenti nei raggi X, catturati dal telescopio spaziale Swift. Le osservazioni, discusse in un articolo apparso su The Astrophysical Journal, aiutano a far luce sui meccanismi responsabili dei brillamenti X. La stessa serie di osservazioni ha permesso anche di far luce su una nuova stella di neutroni molto vicina al buco nero, presentata in un’altra pubblicazione sulla stessa rivista.
Queste due scoperte, annunciate la settimana scorsa al 223° meeting dell’American Astronomical Society nei pressi di Washington, aiutano a studiare meglio il buco nero supermassivo al centro della Via Lattea, confrontandolo con i suoi “cugini” al centro delle altre galassie. Guardando in cielo la striscia bianca della Via Lattea, che identifica il piano della nostra Galassia, è facile riconoscere un rigonfiamento nella costellazione del Sagittario. In quella zona di cielo si trova infatti il nucleo della Galassia, e gli astronomi sanno da anni che lì si annida un buco nero supermassivo, la cui posizione è identificata da una sorgente di onde radio chiamata Sgr A*.
Pur trovandosi a circa 26 mila anni luce da noi, questo buco nero è però molto più vicino degli altri buchi neri supermassivi noti, che si trovano al centro di galassie distanti mli di anni luce. Il centro Galattico è quindi una regione di cielo molto interessante da tenere sotto controllo, ed è a questo scopo che un team di astronomi coordinato da Nathalie Degenaar dell’Università del Michigan ha condotto una campagna osservativa di sei anni utilizzando il telescopio spaziale per raggi X Swift. Ma, a differenza di altri buchi neri supermassivi, quello al centro della Via Lattea è in una fase quiescente, e solo ogni tanto fa sentire la sua presenza tramite emissione di raggi X.
“Date le sue dimensioni, questo buco nero supermassivo è circa un mld di volte più debole di quello che dovrebbe essere - ha commentato Degenaar, - sebbene ora sia sedato, è stato molto attivo nel passato e produce ancora regolarmente brevi brillamenti di raggi X”.
Per catturare questi flash di raggi X, nel 2006 Swift ha iniziato ad osservare regolarmente la regione di Sgr A*, compiendo brevi esposizioni di 17' a distanza di alcuni gg. Durante questa campagna osservativa, condotta con lo strumento X Ray Telescope (XRT) di Swift, sono stati osservati sei eventi particolari, durante i quali l’emissione di raggi X dal centro Galattico è aumentata di un fattore 150 per circa 2h.
Tenendo conto della durata delle singole osservazioni, gli autori hanno stimato che questi brillamenti si ripetono ogni circa 5-10 gg. Ma secondo gli astronomi, il più bello deve ancora venire. Nel 2002 è infatti stata scoperta una nube di gas, di massa pari a circa tre volte la Terra, in rapido avvicinamento al buco nero.
Questa nube, denominata G2, avrà presto un incontro ravvicinato con questo buco nero, che potrebbe persino distruggerla con il suo intenso campo gravitazionale. Già nel 2009 gli astronomi hanno osservato i primi segni di questa interazione, mostrando che le fortissime forze di marea del buco nero stanno già deformando la nube. Le simulazioni mostrano che gli effetti principali di questo “incontro ravvicinato” saranno nella prima metà di quest’anno. Se la nube venisse completamente distrutta ed inghiottita dal buco nero, potremmo assistere ad un forte aumento di luminosità dal centro Galattico. Cadendo nel buco nero infatti, i frammenti della nube subiranno un forte attrito interno, che scalderà il gas a temperature di mln di gradi, alle quali inizierà a emettere raggi X.
“Gli astronomi in tutto il mondo stanno attendendo con impazienza il primo segnale che questa interazione è iniziata - dice Jamie Kennea della Pennsylvania State University, un altro membro del progetto osservativo, - con il preziosissimo aiuto di Swift, il nostro programma di monitoring potrebbe facilmente fornircelo”.
Alla fine di aprile sembrava proprio che quel segnale fosse arrivato. Gli strumenti di Swift avevano infatti registrato un forte aumento di luminosità X nella regione dove si trova G2. Tuttavia ben presto i ricercatori si sono resi conto che si trattava di un falso allarme, perché il lampo di raggi X non proveniva dall’interazione della nube con il buco nero. Studiando meglio l’emissione di raggi X, gli scienziati hanno però scoperto che l’emissione proviene da una magnetar, un tipo molto raro di stelle di neutroni. Le stelle di neutroni sono prodotte dall’esplosione di una supernova, ultimo atto dell’evoluzione delle stelle di grande massa. Solitamente le stelle di neutroni hanno campi magnetici migliaia di miliardi di volte più intensi del campo magnetico terrestre. Ma, come suggerisce il nome, le magnetar hanno campi magnetici ancora più intensi, migliaia di volte quelli di una normale stella di neutroni. Il nuovo oggetto, denominato SGR J1745-29, si aggiunge all’esigua popolazione delle magnetar, della quale finora si conoscono solo 26 esemplari. Sebbene non sia un segnale proveniente dal buco nero, questa magnetar potrebbe rivelarsi un preziosissimo oggetto per gli astrofisici. SGR J1745-29 ruota infatti su sé stessa ogni 3,76", emettendo impulsi regolari di raggi X e onde radio ogni 3,76". Questa magnetar è quindi un cronometro cosmico incredibilmente preciso, che gli astronomi pensano di sfruttare per mettere alla prova la teoria della Relatività Generale pubblicata da Einstein nel 1916. Secondo la Relatività Generale, la grande massa di un buco nero deforma lo spazio-tempo circostante. Muovendosi a soli 0,3 anni luce dal buco nero, questa magnetar può quindi mappare come varia lo scorrere del tempo intorno a questo mostro celeste e confrontarlo con le previsioni della teoria di Einstein. Il 2014 potrebbe essere un anno cruciale per l’astrofisica, e la campagna osservativa di Swift potrebbe essere di grande aiuto in questo senso, come ricorda Neil Gehrels del NASA Goddard Space Flight Center, che lavora come responsabile della missione: “grazie alla combinazione fra la versatilità del satellite e la sensibilità del suo XRT, Swift è l’unico satellite che può condurre questa campagna”
E, con un po’ di fortuna, potremmo presto vedere il risveglio del gigante addormentato al centro della Galassia.
Repubblica.it - Massimiliano Razzano 16.01.14

 
 
 

Scoperta rara coppia di asteroidi da una classe di studenti

Post n°607 pubblicato il 19 Gennaio 2014 da Steve22966
 

Due asteroidi che orbitano l’uno attorno all’altro nascondendosi. E’ questa l’incredibile scoperta realizzata da studenti di astronomia dell’Università del Maryland. Grazie ad un’esercitazione di classe gli studenti hanno potuto registrare un’anomalia osservando un asteroide. Insistendo nello studio dei dati, grazie all’aiuto dei professori e alla conferma di un astrofilo italiano, gli studenti hanno scoperto la presenza di questa rara coppia di asteroidi che si nascondono l’uno con l’altro orbitando. L’asteroide binario 3905 Doppler si trova nella fascia principale di asteroidi fra Marte e Giove.
La scoperta degli otto studenti della classe della professoressa Melissa Hayes – Gehrke, è stata presentata alla 233° riunione della American Astronomical Society a National Harbor.
“Questa è una scoperta fantastica”, ha detto il Prof. di Astronomia della stessa università Drake Deming, che non era coinvolto nella lezione. “Un asteroide binario con una curva di luce insolita è piuttosto raro. Fornisce un’opportunità senza precedenti per conoscere le proprietà fisiche e l’evoluzione orbitale di questi oggetti.”
3905 Doppler era stato scoperto nel 1984, ma fino ad ora nessuno se ne era occupato in maniera particolare. Il gruppo di studenti se ne è occupato invece durante un esercitazione lo scorso ottobre, osservandolo per 4 notti di seguito. Due squadre di quattro persone, utilizzando via internet un telescopio spagnolo aveva il compito di fotografare variazioni dell’intensità della luce riflessa di ogni asteroide studiato e trasformare le immagini in una curva di luce.
Una curva di luce è un grafico della luminosità di un oggetto celeste nel tempo. Le variazioni di luminosità sono spesso dovute alla forma dell’oggetto: gli oggetti asimmetrici come gli asteroidi producono picchi e depressioni. Misurando il tempo tra le massime  intensità di luce i planetologi possono dire quanto velocemente un asteroide ruoti. La maggior parte degli asteroidi completano una rotazione in poche ore. “Quando abbiamo guardato le immagini non ci siamo accorti che avevamo qualcosa di speciale, perché la differenza di luminosità non è qualcosa che si può vedere con gli occhi “, ha detto Hayes – Gehrke. Ma usando un programma per computer per tracciare la curva di luce,  abbiamo potuto osservare che la luce dell’asteroide di tanto in tanto sbiadiva e diventava quasi nulla. All’inizio le osservazioni erano frustranti perchè non si capiva da cosa potesse dipendere un tale andamento della curva di luce. Ma la professoressa Hayes – Gehrke aveva intuito che poteva trattarsi di un asteroide binario. Un astronomo dilettante in Italia che stava visualizzando 3905 Doppler ha condiviso i suoi dati con gli studenti. Le osservazioni da parte italiana di Lorenzo Franco, hanno confermato che la curva di luce proveniva da un asteroide binario.
I due asteroidi sono probabilmente più o meno a forma di patata e sono butterati da crateri da impatto da colpi provenienti da altri detriti spaziali, ha spiegato Hayes – Gehrke. Il più piccolo è circa tre quarti la lunghezza di quello più grande. Orbitano uno intorno all’altro molto vicini. Ogni orbita dura 51h, un tempo insolitamente lungo. Ora che gli studenti hanno scoperto questa insolita coppia gli astronomi la studieranno approfonditamente.
“Trovare l’asteroide è stato un colpo di fortuna”, ha detto Hayes – Gehrke.
Ma gli studenti hanno poi utilizzato le tecniche di problem solving di un astronomo professionista. Lo scienziato deve passare attraverso una sorta di “lotta” per arrivare ai risultati: questo l’insegnamento più importante di questa lezione, secondo Hayes – Gehrke.

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 09.01.2014

 
 
 

KOI-314c, l'esopianeta gonfio

Post n°606 pubblicato il 15 Gennaio 2014 da Steve22966
 

Continua anche nel 2014 la carrellata di pianeti extrasolari individuati dagli astronomi: il primo di quest’anno si chiama KOI-314c, si trova a circa 200 a.l. di distanza da noi e, secondo gli scienziati, sarebbe una versione più calda e più gonfia del nostro pianeta. Il bizzarro esopianeta presenta infatti una massa che è molto simile a quella della Terra, ma la sua spessissima atmosfera lo rende quasi il 60% più grande del nostro pianeta.
La sua scoperta, annunciata alla 223° edizione del convegno dell’American Astronomical Society, è avvenuta per caso mentre gli scienziati stavano studiando i dati ottenuti dal telescopio Kepler della Nasa alla ricerca di esolune (satelliti naturali che orbitano attorno a pianeti extrasolari): “Quando abbiamo notato le variazioni nelle durate dei transiti, ci siamo resi conto che doveva trattarsi di un pianeta e non di una luna - ha commentato David Kipping dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, principale autore dello studio - “all’inizio eravamo delusi che non si trattasse di un satellite, ma poi ci siamo resi conto che era un risultato straordinario”.
KOI-314c orbita intorno a una nana rossa, una stella piccola e relativamente fredda, ma molto diffusa nell’universo, ed impiega circa 23 gg a compiere un giro completo. Gli scienziati hanno stimato che la sua temperatura superficiale si aggira attorno ai 100°C, probabilmente troppo alta per favorire l’esistenza della vita.
La spessissima atmosfera del pianeta, che si estende per centinaia di km, è composta principalmente da idrogeno ed elio (probabilmente era assai più estesa in passato, ma la maggior parte è evaporata a causa delle radiazioni emesse dalla stella). “Questo pianeta può anche avere una massa simile a quella della Terra, ma sicuramente non gli somiglia - ha aggiunto Kipping, - la sua esistenza prova che non esiste una linea di demarcazione precisa tra i pianeti rocciosi come la Terra e i pianeti costituiti da acqua o da gas”.
KOI-314c non è l’unico oggetto che orbita attorno a questa nana rossa: un secondo pianeta, denominato KOI-314b, compone il sistema, impiegando circa 13 gg ad effettuare una rivoluzione attorno alla stella.
Proprio grazie alla presenza di questo pianeta fratello, gli scienziati hanno potuto calcolare la massa di KOI-314c, tramite una tecnica chiamata variazione dei tempi dei transiti (TTV), che misura come la gravità di un corpo celeste viene influenzata dai movimenti di un oggetto vicino.

Claudia De Luca - Galileo giornale di Scienza - 08.01.14

 
 
 

Piove metallo, nevica sabbia

Post n°605 pubblicato il 12 Gennaio 2014 da Steve22966
 

"Piogge di ferro fuso ed estese nevicate di sabbia rovente sono previste per i prossimi giorni": tranquilli, non si tratta di previsioni del tempo dettate dalle estreme conseguenze dei cambiamenti climatici terrestri, ma della situazione meteorologica di un gruppetto di nane brune recentemente osservate da Spitzer. Analisi compiute dal telescopio della Nasa hanno rivelato la presenza di estese e turbolente formazioni nuvolose intorno a queste "stelle mancate": i risultati degli studi sono appena stati presentati a Washington, al 223° meeting dell'American Astronomical Society.
Le nane brune sono corpi celesti più caldi e massivi dei pianeti, ma non abbastanza massicci da continuare le reazioni atomiche che le renderebbero stelle a tutti gli effetti. Di esse non si pensava certo che fossero luoghi ospitali, ma quando gli astronomi hanno puntato il telescopio Spitzer su 44 di questi oggetti hanno scoperto che la metà mostra chiari segni di perturbazioni imprevedibili e dinamiche.
«Le tempeste sulle nane brune sono più violente e variabili della Grande Macchia Rossa di Giove» spiega Aren Heinze della Stony Brook University di New York, tra gli autori dello studio «si tratta di eventi meteo veri e propri, non genericamente di clima».
Poiché le nane brune ruotano intorno al proprio asse, gli scienziati hanno monitorato i cambiamenti della loro luminosità superficiale per misurare l'irregolarità della loro copertura nuvolosa. Le analisi hanno consentito di elaborare un modello meteorologico che permette di prevedere la nuvolosità, la temperatura e i venti su questi corpi celesti, in modo analogo a come avviene per la Terra.
Per esempio nel sistema di nane brune più vicino alla Terra, chiamato Luhman 16AB (a 6,5 anni luce di distanza nei pressi della stella Alpha Centauri) gli scienziati hanno osservato venti fino a 600 km/h, temperature superiori ai 1200 °C e sistemi nuvolosi che coprivano anche il 50% della superficie della nana bruna.
Una delle tempeste era così grande da coprire, da sola, il 20% di una nana bruna, mentre la Grande Macchia Rossa di Giove copre appena - si fa per dire - l'1% del pianeta.
«La pioggia è troppo calda per essere acqua. Probabilmente qui piove ferro fuso, o silicati (sabbia)» aggiunge Heinze.
Gli scienziati sperano di estendere questo tipo di "previsioni metereologiche" anche agli esopianeti (alcuni tentativi, anche se non sistematici, sono stati compiuti di recente, guarda). Nel frattempo hanno scoperto un altro fatto interessante: alcune nane brune ruotano più velocemente di quanto si credesse. A rallentarle potrebbero essere esopianeti in orbita intorno ad esse e non ancora scoperti.
Elisabetta Intini - Focus.it 08.01.14

 
 
 

L'ansia colpisce il petto, il calore dell'amore ci avvolge: è la mappa delle emozioni

Post n°604 pubblicato il 01 Gennaio 2014 da Steve22966
 

Ogni emozione si manifesta in modo diverso sul nostro corpo. Dalla tristezza all'invidia, dalla felicità all'amore: ognuna ci invia segnali in una precisa parte del corpo. Ma è possibile tracciare una mappa di come le emozioni si manifestano nel nostro organismo? Un team finlandese di ricercatori, affiliati all'università di Aalto, ha provato a realizzare la prima topografia corporea delle emozioni.
Le emozioni sono il modo che abbiamo per adattare i nostri stati mentali e corporei ai cambiamenti dell'ambiente intorno a noi. Se per esempio accade qualcosa che percepiamo come un pericolo, nella nostra mente monta un moto di ansia che somatizziamo con un peso sul petto. E' proprio questa sensazione che ci dà la percezione di ciò che stiamo provando.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of The National Academy of Sciences, ha coinvolto 700 individui tra Svezia, Finlandia e Taiwan, in modo da coinvolgere etnie occidentali e orientali e formulare una mappa emotiva universale. I ricercatori hanno provato a indurre degli stati emotivi nei soggetti analizzati e poi hanno chiesto loro di indicare quale parte del corpo veniva attraversata maggiormente da quella emozione. E' emerso ad esempio che l'invidia 'infuoca' il volto, la rabbia si somatizza su petto, pugni e viso, mentre l'amore è avvertito come un calore su tutto il corpo.
"Non abbiamo fatto riferimento a una sensazione specifica, come la sudorazione - spiega Lauri Nummenmaa, il ricercatore che ha condotto lo studio - ma abbiamo incoraggiato i partecipanti a riportare sensazioni nette. Questo è il primo studio del genere: abbiamo deciso per brevità e accuratezza nella localizzazione delle emozioni e ci siamo concentrati sulla forza statistica dei risultati".
Il team di ricercatori non esclude in futuro ulteriori indagini che puntino ad analizzare più nel dettaglio i diversi tipi di sensazione suscitate nel corpo. "L'aspetto più affascinante dei nostri risultati - afferma - è lo strettissimo legame tra corpo e mente; le emozioni non sono solo rappresentate nella mente ma anche direttamente nel corpo. Inoltre è interessante che stati emotivi come la rabbia e la paura siano associati schemi corporei culturalmente universali".
In tutto il mondo il corpo umano reagirebbe quindi allo stesso modo. E per questo suo carattere universale, la creazione di una mappa emotiva potrebbe aprire nuove vie per capire meglio disturbi dell'umore, come depressione e ansia.
La Repubblica.it - 30.12.13

 
 
 

C’è acqua nell’atmosfera di cinque pianeti extrasolari

Post n°603 pubblicato il 22 Dicembre 2013 da Steve22966
 

L'acqua, prezioso liquido legato alla vita, è stata scoperta su altri cinque pianeti extrasolari. Naturalmente non in superficie, che sarebbe un passo avanti gigantesco, ma nell'atmosfera come era accaduto con qualche altro pianeta negli ultimi anni. Ma in questo caso il risultato è stato significativamente diverso. Intanto a compiere l'osservazione sono stati due gruppi del Goddard Space Flight Center della Nasa e dell'Università del Maryland utilizzando la camera a grande campo WFC-3 dello Space Telescope Hubble il quale, nonostante la veneranda età, continua a rivelarsi uno strumento eccezionale.
La differenza con le precedenti osservazioni sta nel fatto che per la prima volta sono state raccolte misure precise rilevando i profili e le densità della molecola nella coltre gassosa con circonda il quintetto celeste (Wasp-17, HD209458b, Wasp-12b, Wasp-19b e XO-1b). Inoltre i dati raccolti così in dettaglio valutando l'attenuazione della luce della stella madre al passaggio del compagno, consentono di effettuare comparazioni utili circa la presenza dell'acqua su diversi tipi di pianeti attorno ad astri differenti nelle caratteristiche.
C'è anche un piccolo mistero o, per lo meno, un elemento che rende più difficile la costruzione degli identikit dei cinque corpi, vale a dire il fatto che appaiono avvolti da un sottile velo di polveri capace di attenuare i segnali dell'acqua. A parte questo dettaglio tutti sono di grossa taglia come il nostro gigante Giove e vicini alla stella, per cui la loro temperatura è estremamente elevata impedendo forme di vita come potremmo pensarle secondo le conoscenze attuali. Ma interessanti sono le conclusioni a cui giungono gli autori delle ricerche pubblicate sulla rivista Astrophysical Journal, affermando che proprio le nuove informazioni raccolte consentono di capire meglio la natura dei pianeti extrasolari, la quale prevede una presenza dell'acqua in modo più consistente di quanto finora si ritenesse. E questo è un dato che rafforza ulteriormente la potenziale esistenza della vita al di fuori del sistema solare.

Giovanni Caprara - Il Corriere 05.12.13

 
 
 

Spazio, è partita la missione Gaia “Collezioneremo un miliardo di stelle”

Post n°602 pubblicato il 20 Dicembre 2013 da Steve22966
 

L'Europa sta per dare al mondo occhi nuovi con cui guardare e comprendere il cielo. Questa mattina, quando l'orologio segnava le 6,12 (le 10,12 in Italia) dallo spazioporto di Kourou, in Guyana Francese, è partita la missione Gaia. A bordo di un razzo Soyuz il satellite realizzato dall'Esa ha cominciato il suo viaggio: un mln e 500 mila km da percorrere per raggiungere il "punto lagrangiano numero 2", una zona di spazio dove l'attrazione gravitazionale della Terra, del Sole e della Luna si annullano, evitando così che i potenti telescopi di cui è dotata Gaia subiscano interferenze. Gaia sarà in posizione tra circa un mese e operativo - dopo la verifica e la taratura dei sistemi - tra cinque.
Gaia ha compiti più che ambiziosi. In cinque anni di vita "collezionerà" oltre un mld di stelle, l'1% di quelle che secondo le ultime stime popolano la Via Lattea. Compirà, cioè, un vero e proprio censimento celeste. Ma non si limiterà a contarle: ogni stella sarà misurata 70 volte nell'arco della missione e Gaia riuscirà a determinarne la posizione, la velocità, la distanza dalla Terra, il colore e la luminosità. Lo farà grazie alla straordinaria fotocamera di cui è dotato il satellite: 106CCD ognuno da 9 mln di pixel per un totale di un mld di pixel. Non scatterà fotografie vere e proprie ma saprà individuare stelle con una luminosità 400 mila volte inferiore agli astri visibili dalla Terra: Gaia ha occhi tanto potenti che sarebbero in grado di individuare una moneta da un euro posata sulla superficie della Luna.
Rilevare posizione, velocità e distanza dalla Terra permetterà di costruire con i dati raccolti da Gaia la prima mappa tridimensionale della Galassia, per comprenderne il passato, il presente e il comportamento futuro. Il compito di lavorare i dati raccolti da Gaia spetterà ai centri di calcolo sulla Terra, uno dei quali, diretto da Mario Lattanzi, si trova a Torino. Ogni giorno Gaia trascorrerà 8h del suo tempo a trasmettere i dati e lo farà alla velocità di una linea Adsl domestica (5 Mbits/sec). Solo che si trova a 1,5 mln di km. Al termine della missione, i dati di Gaia avranno riempito 200 mln di Dvd (o 1000 mln di mln di bytes). Il satellite europeo - realizzato dalla Astrium, filiale europea del colosso Eads - non si limiterà ad osservare solo le stelle: gli scienziati pensano che nei suoi 5 anni di lavoro sarà in grado di individuare e studiare oltre 200 mila nuovi asteroidi e scoprirà 2000 nuovi pianeti delle dimensioni di Giove.
La missione Gaia segna anche il rilancio dell'astronometria, disciplina principe dell'astronomia fino alla scoperta della spettrometria - e i suoi strumenti avranno una precisione tale che saranno utilizzati per nuovi test della Teoria della Relatività di Einstein. "L'enorme catalogo di stelle che realizzerà Gaia - dice Giuseppe Sarri, capo del progetto per l'Esa - sarà il più grande di sempre (la missione Ipparco, sempre targata Esa, negli Anni 90 ne censì tra le 100 mila e il mln a seconda della precisione, ndr) e darà lavoro agli astronomi per decenni".
Varata nei primi Anni Duemila, Gaia costerà in totale un mld di euro, uno per ogni stella, ed è il frutto di uno sforzo congiunto di grandi proporzioni: vi hanno lavorato 50 aziende europee di 15 Paesi e 400 ingegneri. "Siamo molto orgogliosi di Gaia: è il frutto dell'Europa migliore" dice soddisfatto Alvaro Gimenez, direttore Scienza ed esplorazione robotica dell'Esa, mentre Gaia comincia il suo viaggio verso le stelle.
Andrea Chatrian - La Stampa 19.12.13

 
 
 

Una nuova finestra (europea) sull’Universo

Post n°601 pubblicato il 15 Dicembre 2013 da Steve22966
 

L'Universo è sempre un po' in agitazione. Nell'immaginario collettivo (fantascienza a parte) tutti lo immaginano come un oceano infinito senza materia piuttosto statico, tranquillo. Invece, come ci confermano gli scienziati, in esso vengono registrati dagli strumenti astronomici molti fenomeni energetici. Tra questi, c'è quello del plasma caldo negli ammassi di galassie e nei filamenti cosmologici, oltre a ciò che deriva dagli oggetti celesti più estremi che si conoscano, come I celebri buchi neri oppure i lampi gamma, spingendosi fino all'epoca in cui si sono formate le prime stelle dette "supermassicce," a 150 mln di anni dal Big Bang
Secondo gli scienziati infatti, l'Universo è permeato di un plasma caldissimo, che si estende in una sorta di "ragnatela cosmologica" al cui centro risiedono gli ammassi di galassie. I buchi neri, grandi e piccoli, sono l'altra componente fondamentale per comprendere come "funziona" l'universo che noi conosciamo. I primi buchi neri si sono formati dall'esplosione delle prime stelle dell'Universo, circa 150 mln di anni dopo il Big Bang; l'energia espulsa, è in grado di influenzare la formazione e la vita delle stelle e della galassia che lo ospita.
Queste stelle primordiali si sono evolute molto rapidamente: in "solo" un mln di anni dalla nascita hanno esaurito il loro combustibile e sono esplose, formando e poi espellendo nello spazio i primi elementi chimici più pesanti dell'idrogeno e dell'elio, come ad esempio carbonio, ossigeno e ferro, necessari per le generazioni seguenti di stelle, e generando i primi buchi neri dell'Universo.
Il modo di scoprire queste stelle primordiali è osservare e studiare la loro esplosione, che è accompagnata da un lampo di raggi gamma. Per comprendere meglio questi fenomeni straordinari (ma molto frequenti) dell'Universo, le agenzie spaziali progettano da tempo satelliti scientifici, veri e propri osservatori astronomici operanti nello spazio, dove c'è il vantaggio, rispetto ai pur sofisticati strumenti di Terra, di osservare nelle profondità del cosmo al di sopra dell'atmosfera terrestre. Lo Science Program Committee dell'ESA ha selezionato ieri "The Hot and Energetic Universe", ovvero "L'Universo caldo ed energetico" come tema scientifico per la sua prossima grande missione spaziale, il cui lancio è previsto nel 2028, e che per adesso ha il nome "Athena+".L'Italia con INAF, ASI e numerose Università avrà un ruolo determinante nel progetto, sia per la parte scientifica che per lo studio del concetto di satellite e dei suoi strumenti. 
La data può apparire lontana, ma per realizzare missioni di tale importanza, molto spesso sono necessari anni: basti pensare al nuovo telescopio spaziale "Webb", il successore dell'"Hubble", il cui progetto è partito dieci anni fa, e che non verrà lanciato prima del 2016. "L'Italia è ai vertici dell'eccellenza mondiale nell'astronomia X e Gamma" - afferma Giovanni Bignami, presidente dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) - "e gli scienziati italiani, in particolare quelli del nostro Istituto, saranno la componente fondamentale nella realizzazione della missione, sia per la parte scientifica sia per lo studio del concetto di satellite e dei suoi strumenti. Questo progetto sarà una colonna portante dell'INAF per i prossimi anni". "Ci resta ancora tanto da scoprire in questo campo e per riuscirci - conclude Bignami - è necessario un nuovo telescopio spaziale che sia dotato dei più avanzati ritrovati tecnologici nel settore della ricerca astrofisica. Dispositivi che, una volta realizzati, potranno fornire un importante ritorno, con applicazioni in ambiti ben diversi dal campo della sola ricerca spaziale".
"L'enorme flusso di radiazione in raggi X prodotta dal lampo gamma ci permetterà letteralmente di radiografare la materia che lo circonda e quindi determinare la distanza e la composizione chimica, il segno di riconoscimento delle stelle primordiali dalle generazioni seguenti" - spiega Luigi Piro dell'INAF-IAPS di Roma, il coordinatore del team italiano della proposta per il concetto di missione chiamato Athena+.
"Athena+ risponde alle caratteristiche necessarie ma è importante continuare a lavorare con la comunità di astrofisica dei raggi X per consolidarlo - prosegue Piro - Il grande telescopio spaziale in raggi X avrà bisogno di uno specchio di grande area e rivelatori per raggi X di nuova concezione che funzionino a temperature molto basse, cioé i soli strumenti in grado di misurare con grandissima precisione l'energia e la posizione di ogni singolo fotone X. Questo tipo di strumento è estremamente complesso e vede uno sforzo congiunto a livello europeo e internazionale. L'Italia è stata tra i primi Paesi a sviluppare questa tecnologia ed è leader nel settore, grazie all'impegno dei ricercatori dell'INAF, delle Università, del CNR e il supporto dell'ASI"
"Oggi si è senza dubbio fatto un passo fondamentale, scegliendo il tema scientifico dell'Universo caldo ed energetico, nella pianificazione delle due future grandi missioni che continuano la costruzione dei pilastri del programma obbligatorio dell'ESA, chiamato Cosmic Vision, e che seguono la selezione della prima già selezionata, JUICE dedicata ai satelliti ghiacciati di Giove e ora già in fase di progetto" - dice Enrico Flamini, dell'ASI. "Oggi, con voto unanime da parte di tutte le Delegazioni, non abbiamo approvato una specifica missione, ma un tema scientifico che tuttavia si basa su studi e sviluppi condotti negli ultimi anni e che hanno visto una larga fetta degli astrofisici spaziali italiani dare il loro sostanziale supporto di competenza". "Una competenza - aggiunge Flamini - che si è sviluppata e consolidata soprattutto grazie ad alcuni programmi dell'ASI come Beppo-Sax e Agile. La selezione della missione in grado di rispondere al tema scientifico selezionato oggi avverrà tra poco meno di un anno per un lancio che avverrà nel 2028. Oggi abbiamo anche individuato il tema scientifico della astronomia gravitazionale da considerare per la successiva terza missione di questa classe, il cui lancio sarà nel 2034"
ANTONIO LO CAMPO - La Stampa 01.12.13

 
 
 

Quel mostruoso lampo gamma che sfida gli astrofisici. È il lato violento dell'Universo

Post n°600 pubblicato il 08 Dicembre 2013 da Steve22966
 

Quest primavera l'Universo ci ha mostrato il suo lato più violento. Il 27 aprile infatti, gli astrofisici di tutto il mondo hanno osservato uno straordinario lampo di raggi gamma, testimone della violenta morte di una stella. Per seguire il lampo gamma, il più brillante ed energetico mai visto finora, è stato impiegato un vero e proprio esercito di telescopi a terra e nello spazio, fra cui Fermi, Swift e NuSTAR. L'analisi dell'evento, denominato GRB 130427A, ha coinvolto molti ricercatori italiani e prodotto ben cinque articoli scientifici, quattro su Science e uno su The Astrophysical Journal. I lavori, pubblicati ieri, contengono molte sorprese e mettono in luce le debolezze degli attuali modelli teorici.
Finale col botto. I lampi gamma, o Gamma Ray Burst (GRB) in inglese, sono le esplosioni più energetiche dell'Universo dopo il Big Bang. Come suggerisce il nome, si manifestano come potenti lampi di raggi gamma di alta energia, che appaiono nel cielo in istanti e posizioni casuali. Scoperti per caso sul finire degli anni '60, questi fenomeni sono ancora oggi molto misteriosi. Si ritiene che i GRB più brevi siano causati dalla fusione di due oggetti compatti, ad esempio due stelle di neutroni. I più lunghi, come quello del 27 aprile, sarebbero invece prodotti dal collasso di stelle massicce giunte al termine della loro evoluzione. Il collasso darebbe origine a un buco nero e a un getto di particelle che viaggiano a velocità prossime a quella della luce. Poiché la materia espulsa non ha ovunque la stessa pressione, temperatura e densità, le regioni più veloci "tamponano" quelle più lente, creando delle onde d'urto interne. Quando il getto interagisce con il gas dell'ambiente circostante, si creano poi delle ulteriori onde d'urto esterne, che producono un'emissione ritardata, detta in inglese afterglow. Le particelle accelerate dalle onde d'urto interagiscono con i campi magnetici circostanti, producendo raggi X e raggi gamma. Entrambi sono tipi di luce molto più energetici della luce visibile o delle onde radio. Nel caso del GRB 130427A, il segnale luminoso ha poi attraversato miliardi di anni luce per giungere fino a noi il 27 aprile scorso.
Cronaca di una morte non annunciata. In Italia erano le 9:47 del mattino, quando il Gamma-ray Burst Monitor (GBM) a bordo del telescopio spaziale Fermi inviava la prima allerta. Il GBM è una specie di "sentinella spaziale", che può osservare i raggi gamma da quasi tutto il cielo, in modo da scovare immediatamente i GRB. Dopo soli tre secondi, il lampo gamma aveva già battuto ogni record di brillantezza. 
"Gli strumenti a bordo di Fermi - commenta Ronaldo Bellazzini, coordinatore INFN di Fermi - sono stati cruciali per studiare l'emissione di raggi gamma del GRB. Il Large Area Telescope (LAT) realizzato con il contributo decisivo dei ricercatori italiani, ha continuato a rivelare raggi gamma di alta energia per circa 20 ore, mettendo in evidenza persino un fotone da 94 GeV, il più energetico mai osservato da un GRB". Il GeV è un'unità di misura usata per esprimere l'energia in fisica delle particelle e, per dare un'idea, questa energia corrisponde a circa 40 mld di volte l'energia trasportata dalla luce visibile.
Pochi minuti dopo anche Swift, un altro "cacciatore di lampi gamma", iniziava le sue osservazioni "Appena ricevuti gli alert inviati dal satellite mi sono recato al computer per una primissima analisi dei dati" ricorda Alessandro Maselli, post-doc all'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)-IASF di Palermo che fa parte del team italiano di Swift ed è il primo autore di uno dei lavori su Science: "I risultati prodotti, il più importante dei quali è la misura estremamente precisa della posizione dell'afterglow, sono stati rapidamente resi disponibili alla comunità scientifica internazionale".
Ma anche da terra l'attenzione di tutti era rivolta al nuovo GRB. Pochi secondi dopo il primo impulso di raggi gamma, ecco comparire un flash di luce visibile. A scovarlo, i telescopi del progetto Rapid Telescopes for Optical Response (RAPTOR) in Nuovo Messico, dedicati all'osservazione di luce visibile dei GRB. Quell'emissione, discussa in dettaglio su The Astrophysical Journal, è salita fino alla settima magnitudine, diventando così visibile persino con un piccolo binocolo.
Un mistero a raggi gamma. La relazione fra l'emissione ottica e gamma ha lasciato di stucco gli astrofisici. Finora si pensava infatti che la luce visibile fosse legata alle onde d'urto interne, ma la coincidenza con l'emissione di raggi gamma fa pensare piuttosto alle onde d'urto esterne. Ma questa è solo una delle lezioni che abbiamo imparato da quel GRB, come ricorda Patrizia Caraveo dell'INAF-Istituto di Astrofisica e Fisica Cosmica di Milano e responsabile per l'Italia di Fermi-LAT: "L'eccezionale brillantezza dell'evento, unita alla quantità e qualità dei dati raccolti dai diversi osservatori, ha permesso di mettere alla prova le teorie proposte per spiegare questi lampi di emissione, dimostrando che nessuna è in grado di spiegare tutti i dettagli che sono stati osservati".
Le teorie attuali non sono infatti adeguate a spiegare tutti gli aspetti di questi fenomeni, come sottolinea Nicola modei dell'Università di Stanford, che ha coordinato l'analisi dei dati di Fermi-LAT di uno dei lavori su Science: "E' come avere una coperta troppo corta. Se la tirate troppo in su per coprirvi il mento, lasciate scoperte le dita dei piedi. Per il nostro modello standard, se provate a spiegare gli impulsi, fallite nel spiegarne l'energia".
Vicino ma non troppo. Le osservazioni da Terra, guidate dalle informazioni precise sulla posizione del lampo gamma, hanno permesso poi di stimare la distanza dell'evento, pari a circa 3,8 mld di anni luce. Si tratta cioè di un GRB relativamente vicino rispetto ad altri eventi simili. "La vicinanza e la luminosità di questo burst ne fanno un evento unico - commenta Gianpiero Tagliaferri, responsabile e coordinatore della partecipazione italiana a Swift . "La sua vicinanza ci ha permesso di scoprire la supernova associata, cosa non possibile nei GRB di pari luminosità tipicamente scoperti a distanze molto maggiori. Gli altri burst vicini fino ad oggi scoperti ed a cui è stata associata una SN erano molto più deboli. Questo burst ha quindi permesso di confermare che eventi vicini e deboli hanno caratteristiche del tutto simili a quelli più brillanti e lontani, che sono la maggioranza"
Sulla scia del lampo. Come spesso succede in questi casi, è fondamentale studiare come varia l'emissione del GRB con il passare del tempo. "Abbiamo subito capito che si trattava di un evento straordinario e nei giorni successivi abbiamo dedicato tutto il nostro tempo all'analisi dei dati che Swift continuava a raccogliere. L'intensità dell'evento è stata tale da permetterci uno studio eccezionalmente dettagliato della sua emissione nei raggi X, come mai fino ad ora era stato possibile" ribadisce Giancarlo Cusumano, responsabile e coordinatore del team Swift presso l'INAF-IASF di Palermo.
Lo spettacolare lampo gamma di aprile ha segnato anche una "prima" del Nuclear Spectroscopic Telescope Array (NuSTAR), il telescopio per raggi X lanciato l'anno scorso dalla NASA e che vede la partecipazione italiana, soprattutto per la calibrazione e l'interpretazione dei dati. Grazie a NuSTAR, per la prima volta è stato possibile osservare i raggi X di alta energia emessi un giorno dopo l'esplosione.
A lezione dai lampi gamma. Gli eventi come GRB 130427A sono molto rari, probabilmente uno o due ogni secolo, e poterli osservare con tutti questi telescopi è stata un'opportunità unica. Dopo tutto, questi eventi ci permettono di studiare la fisica in condizioni estreme, come ricorda Giacomo Vianello dell'Università di Stanford, che ha partecipato all'analisi e all'interpretazione di tre dei lavori su Science: "Non possiamo creare un'onda d'urto relativistica in laboratorio, quindi non sappiamo davvero cosa succede al suo interno, e questa è una delle principali assunzioni incognite nel modello. Queste osservazioni sfidano i modelli e ci portano ad una migliore conoscenza della fisica". Intanto, la caccia ai lampi gamma continua.
Massimiliano Razzano - La Repubblica 22.11.13

 
 
 

Polo Sud, sta nascendo un vulcano sotto il ghiaccio

Post n°599 pubblicato il 01 Dicembre 2013 da Steve22966
 

Un vulcano sta nascendo sotto un km e mezzo di calotta glaciale, in un altopiano dell'Antartide occidentale chiamato Marie Byrd Land in cui, prima d'ora, non era stata segnalata attività vulcanica recente. La scoperta, annunciata su Nature Geoscience, ha importanti implicazioni sul bilancio di massa della calotta antartica poiché potrebbe spiegare, almeno in parte, le crescenti perdite registrate negli ultimi anni in questa parte del continente ghiacciato.
L'evidenza è arrivata a conclusione di una campagna di rilevamenti sismici finalizzata a studiare l'attività tettonica della crosta continentale sepolta sotto 1-2 km di calotta ghiacciata, coordinata da Amanda Lough, una giovane geologa della Washington University di St. Louis, Missouri. «Si trattava del primo monitoraggio sismico di lunga durata in questa regione»,riferisce la ricercatrice, prima firmataria della pubblicazione scientifica, «grazie al quale ci siamo resi conto che tra il 2010 e il 2011 si sono verificati due sciami caratterizzati da centinaia di scosse leggere, con ipocentri tra 25 e 40 km di profondità e con le frequenze tipiche dei terremoti dpl, quelli causati dall'attività magmatica».
I terremoti dpl, dalle iniziali di deep long period, sono i tremori provocati dai movimenti del magma all'interno dei condotti e si distinguono per le frequenze una decina di volte piu basse rispetto ai terremoti dovuti alle rotture di faglie. Gli sciami sismici con caratteristiche simili, quando sono registrati attorno ai vulcani attivi, spesso preannunciano l'inizio di una nuova eruzione.
Indizi così interessanti hanno spinto Lough e i suoi colleghi a coinvolgere nella ricerca un gruppo di ricercatori dell'Università del Texas specializzati nel rilevamento radar aereo, con il proposito di ricostruire la topografia del terreno sepolto sotto l'enorme spessore di ghiacci. E stavolta è risultato che esistono consistenti depositi di ceneri, anche se non recenti. Insomma, tutto depone a favore di un'attività vulcanica nascosta dai ghiacci, che si è manifestata in passato e che tornerà a riproporsi in futuro.
I ricercatori non ritengono che il riattivarsi del nuovo vulcano subglaciale, a meno di eruzioni di notevole potenza, avrà la forza di bucare più di un km di ghiacci compatti e manifestarsi fino alla superficie; ma sono convinti piuttosto che questi fenomeni abbiano una parte rilevante nello scioglimento della calotta. Secondo i dati pubblicati sull'ultimo rapporto Ipcc, negli ultimi dieci anni il tasso di decrescita della calotta glaciale antartica è passato da circa 30 a 150 mld di tonn per anno. Il problema è ora capire quanta di questa perdita dipenda dal riscaldamento globale e quanta dal calore sprigionato dai vulcani subglaciali.
Franco Foresta Martin - Il Corriere 22.11.13

 
 
 

I lupi ora sono più di mille. Ma sempre a rischio

Post n°598 pubblicato il 19 Novembre 2013 da Steve22966
 

Negli anni Settanta i lupi che popolavano gli Appennini erano meno di cento. Talmente pochi da essere considerati a rischio di estinzione. Oggi, secondo stime ufficiali, sono più di mille. Solo in Abruzzo, nei 75 mila ettari di area protetta, vivono oggi una decina di branchi per un totale di circa 80 individui. «Un numero che, in proporzione al territorio, è superiore a quello del parco di Yellowstone», commenta Franco Iezzi, presidente del Parco nazionale della Majella.
Questo risultato nasce da diversi fattori. «Come prima cosa le leggi che hanno reso il lupo una specie protetta, poi l'abbandono da parte degli uomini delle aree montuose, il rimboschimento e l'aumento degli ungulati come i cinghiali di cui questi animali si cibano», spiega Andrea Gazzola, dottore di ricerca in biologia ambientale. Grazie a tutti questi elementi e all'attività continua dei ricercatori, i lupi sono tornati a colonizzare le aree montane del nostro Paese. «A differenza degli orsi e delle linci, infatti, tendono a staccarsi dal territorio di appartenenza per andare in cerca di nuovi spazi e compagni», continua Gazzola. «Questo spiega la loro veloce espansione in Italia: nel 2007 hanno raggiunto la Valle d'Aosta e poi si sono spinti anche oltreconfine fino ai Pirenei e in Germania».
Nell'immaginario collettivo il lupo non gode di buona reputazione. «È un animale dal forte impatto emotivo per l'uomo. È stanziale, vive insieme in branco e mangia molto. Quindi per gli allevatori può rappresentare una vera e propria piaga», afferma l'esperto. Eppure, molto spesso ai lupi si attribuiscono più danni rispetto a quelli che effettivamente causano. «Recente è il fenomeno dei cani rinselvatichiti che predano il bestiame», commenta Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente. «Per questo motivo, accertare le cause del decesso si è rivelato determinante per le strategie di conservazione e di convivenza fra lupi e attività umane».
Per attenuare il più possibile il conflitto con gli allevatori, nel parco della Majella è stato sperimentato il programma europeo Life Wolfnet. Si è istituito una sorta di «Ris» del lupo, costituito da veterinari, biologi e forestali, per accertare i casi di morte e le cause delle predazioni alle greggi. Si è poi provveduto ad accorciare a 60 gg i tempi di indennizzo e, in alcuni casi, a dare nuovi animali agli allevatori in cambio di quelli deceduti. Così, negli ultimi tre anni, sono state restituite oltre 150 pecore predate.
Per fare il punto della situazione all'inizio di novembre a Caramanico Terme, in Abruzzo, sono giunti più di 300 scienziati, veterinari e biologi provenienti da tutto il mondo in occasione del Congresso internazionale sul lupo. «A livello italiano è emersa una grande capacità del sistema dei parchi di tutelare la specie e individuare misure per diminuire i rischi collegati ai lupi, riducendo i conflitti e le morti», commenta Nicoletti. «Per una volta, l'Italia è l'esempio da seguire per gli altri Paesi. Siamo i più bravi e questo grazie all'esperienza che abbiamo accumulato negli anni e che viene soprattutto dalle attività svolte nelle aree protette». I prossimi passi saranno quelli di studiare l'attività di questo animale anche nelle aree del Sud ed elaborare modelli di gestione comuni per le istituzioni e le associazioni dedicate. Inoltre, serviranno leggi comunitarie che vincolino in misura maggiore alla tutela di questo animale che si sta espandendo sempre di più in Europa.
Alice Dutto - Il Corriere 12.11.13

 
 
 

Com’è strano (ma bello) l’Universo che accelera

Post n°597 pubblicato il 10 Novembre 2013 da Steve22966
 

Molte cose sono accadute in 14 mld di anni di storia cosmica. Tuttavia, ne tralascerò alcune: i re, le nazioni e anche i pianeti. 
Di recente - spiegherò il prossimo 3 novembre al Festival della Scienza di Genova - abbiamo scoperto i due terzi dell'Universo. Non sotto forma di stelle luminose e nemmeno dell'invisibile materia oscura, che genera le stelle visibili. La maggior parte del cosmo è una misteriosa «energia oscura», che potrebbe essere una proprietà intrinseca dello spazio vuoto. L'energia oscura produce un'accelerazione cosmica sorprendente che fa sì che l'Universo si espanda. Anche se quest'idea è sorprendente, non è affatto una fantasia: si basa sull'osservazione di stelle che esplodono nelle galassie da una parte all'altra del cosmo stesso.
Così come accade con la materia oscura non sappiamo molto dell'energia oscura: se ne deduce l'esistenza dai suoi effetti sul mondo visibile. Viviamo in una realtà il cui sviluppo e il cui destino si basano sull'equilibrio tra questi due enigmi, materia oscura ed energia oscura. Solo il 5% dell'Universo è materia ordinaria, vale a dire ciò di cui sono fatti la Terra, il Sole, la tavola periodica e il nostro corpo. L'Universo visibile è governato dall'invisibile. Ed è dominato da forze che abbiamo appena iniziato a scoprire e che siamo lontani dal comprendere. Ma l'ignoranza è un'opportunità: studiare il lato oscuro del tutto è una sfida irresistibile per la scienza del XXI secolo.
Nel 2011 il Premio Nobel per la Fisica è stato assegnato a Saul Perlmutter e ai miei ex studenti Brian Schmidt e Adam Riess per «la scoperta dell'accelerazione dell'Universo attraverso le osservazioni di supernovae lontane». Vado a Genova, in occasione del Festival della Scienza, per spiegare questa incredibile e bellissima scoperta.
Il Sole è un cittadino della Via Lattea, molto simile agli altri vortici cosmici di circa 100 mld di stelle. Le stelle hanno una vita molto lunga rispetto alle persone, ma non durano per sempre. La maggior parte, semplicemente, svanisce, anche se alcune hanno una fine esplosiva. Per circa un mese una sola stella che esplode - una supernova - brilla con la luminosità di 4 mld stelle simili al Sole e poi sfuma nell'oscurità.
Sono queste esplosioni a illuminare la via alla comprensione della storia dell'Universo. Misurando la luminosità delle eruzioni, gli astronomi possono calcolare la distanza dalla supernova stessa. La distanza è quanto di più difficile da misurare: una lucciola, un aereo, un pianeta e una stella remota possono avere tutte la stessa luminosità apparente e, quindi, bisogna sapere che cosa si stia guardando e farlo correttamente.
Le supernovae di tipo «Ia» sono i nostri migliori parametri di valutazione, perché sono estremamente luminose e perché, dopo i necessari aggiustamenti empirici da parte degli esperti, hanno una piccola variazione di luminosità. Combinando queste misurazioni di distanza con quelle del moto cosmico, gli astronomi possono tracciare la storia dell'espansione dell'Universo.
Noi non vediamo mai il mondo così com'è, ma vediamo sempre le cose com'erano. La luce, infatti, viaggia alla velocità della luce. Per i poeti è una metafora per «veramente veloce». Ma agli astronomi il procedere della luce attraverso il cosmo appare dolorosamente lento e rende i telescopi insensate macchine del tempo che possono solo sondare la storia cosmica. La luce percorre un «piede» (l'unità di distanza utilizzata negli Usa e che equivale a 30 cm) in un nanosecondo, vale a dire un miliardesimo di secondo.
Nella vita di tutti i giorni gli sfasamenti introdotti dalla velocità della luce sono impercettibili. In ambito astronomico, però, sono molto importanti. Quando guardiamo oggetti distanti, vediamo la luce del passato. Di notte, nella Via Lattea, le luci che si vedono hanno lasciato le stelle da cui emanano da pochi anni o anche da alcune centinaia. La misura massima della Via Lattea è di un centinaio di migliaia di anni luce. Ma la luce che si vedrà stasera, anche quella delle galassie più vicine, è molto più antica. Risale a qualche mln di anni fa. Con i telescopi di oggi, tra cui quello spaziale Hubble, è possibile rilevare la luce proveniente dalle galassie emessa mld di anni fa, gettando così uno sguardo sul tempo in cui l'universo era giovane. È dagli Anni 20 del XX secolo che gli astronomi hanno iniziato ad accumulare le prove che le galassie si stanno allontanando da noi e che quelle più lontane si allontanano più rapidamente. Questo è proprio ciò che ci aspettiamo da un Universo che si estende verso l'esterno in modo uniforme in tutte le direzioni.
Sebbene la maggior parte degli studenti e il corpo docente del mio istituto credano di essere al centro dell'Universo, la scoperta di Hubble non significa affatto che siamo al centro di tutto.
La nostra visione più democratica (e umile) è che in ogni galassia gli astronomi avrebbero sempre lo stesso punto di vista. Un Universo che si estende in tutte le direzioni apparirebbe a ogni astronomo, in ogni galassia, come se le altre galassie si allontanassero: più lentamente quelle vicine e più rapidamente quelle lontane.
L'obiettivo degli astronomi - come me - è scoprire in quale tra i possibili universi viviamo. La storia del nostro sarebbe governata da un tiro alla fune tra la gravità, che cerca di rallentare l'espansione cosmica, e l'energia del vuoto, che con la sua bizzarra pressione negativa ed espansiva cerca di accelerare il processo. Nel corso del tempo l'espansione cosmica diluirebbe la densità della materia, ma l'energia del vuoto rimarrebbe la stessa e, quindi, l'equilibrio tra i due elementi muterebbe. In un primo momento la gravità avrebbe il sopravvento e l'espansione potrebbe rallentare, poi, a un certo punto, la qualità elastica del vuoto prevarrebbe e si tornerebbe all'accelerazione cosmica. L'effetto dell'accelerazione (o della decelerazione) sarebbe visibile sotto forma di deviazioni dalla linea retta nel diagramma di Hubble, ogni volta che guardiamo indietro nel passato.
Se l'Universo rallentasse mentre la luce segue il proprio tragitto, la distanza percorsa sarebbe un po' più piccola di quanto non sarebbe se il cosmo procedesse per inerzia e quindi una supernova apparirebbe un po' più luminosa per via dello spostamento nello spettro verso il rosso. Se invece l'Universo accelerasse, allora la luce dovrà percorrere una distanza extra e una supernova apparirà un po' meno luminosa. Ciò che bisogna fare, perciò, è misurare un numero sufficiente di supernove per capire l'effetto in corso.
Nel '97 il mio ex studente Adam Riess, allora a Berkeley, continuava a chiamarmi, dicendo di aver trovato una «massa negativa». Gli risposi che stava sbagliando. Ma, alla fine, non c'era alcun errore. La «massa negativa» registrata nel suo quaderno è stata il primo segnale che l'Universo non rallenta, come tutti si aspettavano. Sta accelerando. Ed era sorprendente. Era come se, gettando una palla da baseball in aria, questa, invece di descrivere un arco e tornare nel guantone, salpasse verso la stratosfera. Le osservazioni, in effetti, tendevano a confermare l'accelerazione dell'Universo: quello dove l'energia oscura si comporta in modo simile alla vecchia costante cosmologica di Einstein.
Molte prove, e convincenti, indicano un cosmo dominato dall'energia oscura. Le increspature nel bagliore prodotto dal Big Bang suggeriscono un Universo piatto, in cui si sommano la materia oscura e l'energia oscura. E le misure di molti ammassi di galassie forniscono un segnale sulla quantità di materia oscura. Così, quando si combinano tanti elementi di prova distinti, c'è una notevole convergenza su una sola immagine dell'Universo.
L'ignoranza è un'opportunità. Dobbiamo impegnarci a costruire gli strumenti necessari per indagare un cosmo così sorprendente (e strano). Dove solo per il 5% è in forma di elementi chimici. L'altro 95% è qualcosa di diverso, che si trova nel dominio della fisica e dell'astronomia.
Nei prossimi decenni cercheremo di scoprire se l'energia oscura è davvero la costante cosmologica che Einstein ha discusso nel 1917. Ho cominciato a sviluppare alcuni metodi per misurare le distanze cosmiche che utilizzano la luce a infrarossi delle supernove. La prossima generazione di telescopi a terra sarà tarata per scoprirle e il telescopio spaziale James Webb Space Telescope è stato progettato per operare proprio sull'infrarosso e si tratta di una direzione molto promettente per lo studio dell'energia oscura. Abbiamo anche in programma di costruire il più grande telescopio del mondo, il Giant Magellan Telescope, per sondare il passato remoto. Forse ci aspettano altre sorprese e altri Nobel!
Traduzione di Carla Reschia
Robert Kirshner - HARVARD UNIVERSITY - La Stampa 23.10.13

 
 
 

Così muore un esopianeta

Post n°596 pubblicato il 03 Novembre 2013 da Steve22966
 

Un giorno, nel lontano futuro, l'evoluzione del Sole lo porterà a collassare e, probabilmente, ad assumere la forma di una nana bianca, una stella di piccole dimensioni, con una bassa luminosità e un colore tendente al bianco. Quando questo accadrà, l'incredibile attrazione gravitazionale della stella comincerà a strappare via materia ed elementi dai pianeti interni del Sistema solare, assorbendone la massa e accrescendo la propria. Allo stesso modo, secondo Jay Farihi e i suoi colleghi delle Università di Warwick e di Cambridge, la nana bianca GD 61, che si trova a circa 170 anni luce da noi, avrebbe distrutto un esopianeta roccioso e ricco d'acqua, riducendolo a un polveroso disco circumstellare.
La scoperta, illustrata in uno studio pubblicato su Science, mostra per la prima volta come una nana bianca sia in grado di risucchiare e accumulare acqua e materiali rocciosi, entrambi indispensabili per un pianeta considerato abitabile. Tramite il Cosmic Origins Spectrograph montato a bordo dell'Hubble Space Telescope e il Keck Telescope alle Hawaii, Farihi e il suo team hanno analizzato la luce emessa da GD 61 per studiare la quantità di materiali rocciosi che circondano la stella, tra cui ossigeno, magnesio, alluminio, silicone, calcio e ferro. Gli scienziati hanno quindi trovato in particolare una grande abbondanza di ossigeno, una vera e propria firma chimica che indica che i detriti in orbita attorno alla nana bianca devono essere appartenuti a un corpo più grande, probabilmente un esopianeta di almeno 90 km di diametro, che possedeva il 26% in massa di acqua (contro lo 0,023% della Terra) e che orbitava attorno alla stella da prima che essa diventasse una nana bianca.
"Questi due ingredienti, una superficie rocciosa e l'acqua, sono la chiave nella ricerca dei pianeti abitabili esterni al nostro sistema, quindi è estremamente eccitante l'averli trovati insieme, per la prima volta, al di fuori del Sistema solare" ha commentato Boris Gansicke, dell'Università di Warwick.
Lo studio suggerisce inoltre che l'acqua possa effettivamente sopravvivere all'evoluzione di stelle come il Sole in nane bianche, soprattutto se essa si trova al di sotto della superficie. 
Claudia De Luca - Galileo 11.10.13

 
 
 

PSO J318.5-22: un bizzarro pianeta dall’orbita solitaria

Post n°595 pubblicato il 28 Ottobre 2013 da Steve22966
 

Un team internazionale di astronomi ha scoperto un giovane pianeta esotico che non orbita intorno a nessuna stella. Questo pianeta - che ad una prima osservazione sembra del tutto libero di fluttuare nello spazio- è stato battezzato PSO J318.5-22, ha una massa sei volte quella di Giove e si trova soli 80 anni luce dalla Terra. Secondo le prime stime, questo pianeta si sarebbe formato solo 12 mln di anni fa; è un pianeta praticamente neonato. I risultati della ricerca stanno per essere pubblicati su Astrophysical Journal Letters e sono disponibile on line su Arxiv.org.
E' stato possibile identificarlo grazie alla sua firma inconfondibile, una scia di calore molto debole che Pan-STARRS 1 (PS1), un telescopio situato a Haleakala, Maui, è riuscito a catturare. Un confronto con un insieme di dati acquisiti grazie ad altri telescopi delle Hawaii hanno permesso ai ricercatori di comprendere che ha proprietà molto simili a quelle dei giganti di gas che orbitano attorno ad una stella madre. Ma, sorprendentemente, PSO J318.5 -22 è tutto solo nello spazio.
"Non abbiamo mai visto prima un oggetto libero di fluttuare nello spazio che sia simile a questo. Ha tutte le caratteristiche dei giovani pianeti trovati intorno ad altre stelle, ma sta andando alla deriva tutto solo", ha spiegato il Dr. Michael Liu dell'Istituto di Astronomia presso l'Università delle Hawaii a Manoa. "Mi ero chiesto spesso se esistono simili oggetti solitari, e ora ne abbiamo la conferma". Negli ultimi dieci anni, i pianeti extrasolari sono stati scoperti ad un ritmo incredibile, con circa un migliaio di esemplari catturati con metodi indiretti, come l'e oscillazioni della loro stella gemella indotte dal campo magnetico del pianeta. Tuttavia, solo una manciata di pianeti è stata ripresa direttamente, e questi orbitano tutti intorno a stelle giovani (con questo termine si intende che hanno meno di 200 mln di anni).
PSO J318.5-22 è, invece, uno degli oggetti che fluttuano liberamente e che ha la massa più piccola fino ad ora nota. Ma il suo aspetto più singolare è il colore e la produzione di energia. "I pianeti trovati dall'imaging diretta sono incredibilmente difficili da studiare, dal momento che sono proprio accanto alla loro stella che è molto più brillante e ne rende difficile l'individuazione. Visto che PSO J318.5 -22 non è in orbita intorno a nessuna stella, sarà molto più facile studiarlo".
PSO J318.5 - 22 è stato scoperto nel corso di una ricerca volta a studiare le nane brune. Grazie alle loro temperature relativamente fresche, le nane brune sono molto deboli e hanno colori abbastanza sgargianti - sono per lo più rosse. Per aggirare queste difficoltà nelle osservazioni, gli scienziati hanno usato PS1, che scansiona il cielo ogni notte con una macchina fotografica abbastanza sensibile per rilevare le tracce termiche deboli tipiche delle nane brune.
Ma quello che hanno trovato è qualcosa di sensibilmente diverso da una nana bruna: gli spettri infrarossi intercettati con l'Infrared Telescope Facility della NASA e il telescopio Gemini Nord hanno confermato che ha una massa più piccola ed è molto più giovane delle nane brune a noi note. Non solo. PSO J318.5 - 22 ha un colore rosso più acceso di quanto ci si aspetterebbe anche dalla più fredda nana bruna. "Ci descrivono spesso la ricerca di oggetti celesti rari come le nane brune come la ricerca di un ago in un pagliaio. Così abbiamo deciso di cercare all'interno del più grande pagliaio che esiste in astronomia, l'insieme di dati raccolti da PS1, ha precisato Eugene Magnier dell'Istituto di Astronomia dell'Università delle Hawaii e co-autore dello studio.
Eugene Magnier coordina il team di elaborazione dei dati per PS1: per dare un'idea della sua portata, il telescopio produce l'equivalente di 60.000 foto di iPhone ogni notte. Il dataset totale ad oggi è di circa 4.000 terabyte, un numero quasi incredibile. PSO J318.5-22 appartiene ad una collezione di stelle giovani chiamata Gruppo di Beta Pictoris che si è formato circa 12 mln di anni fa. Ma resta ancora molto lavoro da fare: mentre infatti la stella omonima del gruppo, Beta Pictoris, ha un giovane pianeta gassoso gigante che orbita attorno ad essa, resta da capire come si sia formato PSO J318.5-22 e se la sua massa così esigua sia in relazione alla sua condizione, il fatto di non essere in un sistema binario.
Annalisa Arci - Gaianews - 10.10.13

 
 
 

Sardegna: è attivo il più grande radiotelescopio d’Europa

Post n°594 pubblicato il 26 Ottobre 2013 da Steve22966
 

Dopo alcuni mesi di test il nuovo radiotelescopio italiano Srt (Sardinia Radio Telescope), da alcuni giorni ha aperto ufficialmente gli occhi entrando in piena attività. Si tratta di una grande parabola di 64 m di diametro che può muoversi in ogni direzione andando a caccia delle onde elettromagnetiche che gli astri inviano nel cosmo a varie frequenze a seconda della loro natura. Il nuovo radiotelescopio spuntato a nord di Cagliari sotto la guida di Nicolò D'Amico dell'Università di Cagliari, è nato per diversi compiti estendendo l'attività già in corso con questo genere di strumenti dalla stazione di Medicina, vicina a Bologna. Qui, ancora negli anni Sessanta, per iniziativa di Marcello Ceccarelli, un illustre astrofisico dell'università bolognese, nasceva la «Croce del Nord», un complesso di antenne distribuite nella pianura, al quale si aggiungeva poi una parabola di 34 m. Sia queste che il nuovo insediamento fanno parte dell'Inaf (Istituto nazionale di astrofisica). Ma dato l'ingente investimento necessario (intorno a 70 mln di euro) alla sua realizzazione, oltre all'Inaf, hanno contribuito il ministero della Ricerca, la Regione Sardegna e l'Asi (Agenzia spaziale italiana). Tre sono gli scopi per i quali è stata costruita la grande parabola, la più grande d'Europa e la seconda al mondo (in Germania ce n'è una più grande, ma è fissa e quindi ha un uso contenuto). «Il primo - precisa Giovanni Bignami, presidente dell'Inaf, - è indagare regioni profonde dell'universo, ma anche oggetti particolari come pulsar e magnetar, cioè resti di stelle morte in rapida rotazione e con enormi campi magnetici. Inoltre, abbinata ad antenne di altre nazioni, potrà approfondire sia numerosi aspetti degli astri ma anche rilevare gli spostamenti dei continenti sui quali le antenne sono installate e interessanti per le ricerche sui terremoti». Il terzo lavoro che compirà Srt sarà invece di natura spaziale. «Con la nuova parabola potremo far parte delle reti della Nasa e dell'Esa concepite per mantenere i collegamenti con le sonde interplanetarie - precisa Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell'Asianzi, potrà effettuare un lavoro ancora più preciso della grande antenne di Goldstone, in California, perché utilizza frequenze più elevate. Quindi - aggiunge - Srt sarà prezioso soprattutto nelle manovre più complesse che i robot cosmici devono effettuare e nella trasmissione di grandi quantità di dati. A tal fine diventerà quindi efficace nelle future missioni umane, ad esempio verso gli asteroidi». L'Asi ha contribuito per il 20%, una quota corrispondente a un tempo di utilizzo. Infine, anche dalla Sardegna si continueranno le attività già in corso da anni con le antenne bolognesi di Medicina (come accade con altri radiotelescopi sparsi per il mondo) con le quali si scandaglia il cielo alla ricerca di segnali intelligenti. Srt effettuerà trasmissioni con vari significati (ad esempio: la Terra è un pianeta bellissimo) che si stanno valutando verso alcune stelle a partire da epsilon Eridani.
Il Corriere - 04.10.13

 
 
 

Italia e Cina insieme per monitorare le attività sismiche dallo spazio

Post n°593 pubblicato il 13 Ottobre 2013 da Steve22966
 

Studiare i fenomeni di natura elettromagnetica e la loro correlazione con l'attività geofisica per contribuire al monitoraggio dei terremoti dallo spazio è il principale obiettivo scientifico della missione CSES (China Seismo-Electromagnetic Satellite).
Un importante protocollo d'intesa è stato sottoscritto oggi, presso l'Ambasciata Italiana a Pechino, dall'Agenzia Spaziale Italiana e dalla China National Space Administration (CNSA) per avviare una collaborazione in questo particolare settore di ricerca, che vede l'Italia all'avanguardia. Il satellite CSES ospiterà un payload italiano. "L'accordo di oggi si muove in un terreno di ricerca fortemente innovativo - ha commentato a caldo il Presidente dell'ASI, Enrico Saggese - l'unione delle capacità scientifiche dell'agenzia italiana e cinese può portare a più di un risultato positivo". Sarà la CNSA a sviluppare, integrare e testare CSES, mentre il payload italiano sarà progettato e fornito dall'ASI attraverso la collaborazione con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il satellite avrà una vita operativa di cinque anni e il suo lancio è previsto per settembre 2016.
Studi recenti hanno sottolineato la possibile correlazione tra le emissioni elettromagnetiche connesse all'attività sismica della Terra e il verificarsi di perturbazioni nel plasma iono-magnetosferico.
Ricercatori italiani e cinesi collaborano regolarmente dal 2004 per sviluppare la strumentazione di bordo del satellite CSES. Sono coinvolti i gruppi di ricerca italiani dell'INFN, guidati dal Prof. Roberto Battiston dell'Università di Trento (INFN - TIFPA, Trento Institute for Fundamental Phisycs and Application) e cinesi del China Earthquake Administration (CEA). 
"La partecipazione dell'Italia al progetto CSES - ha dichiarato Roberto Battiston, docente presso l'Università di Trento e presidente della Commissione Astroparticelle dell'INFN - prevede la realizzazione di un rivelatore di precisione per la misura degli elettroni che precipitano nell'atmosfera dalle fasce di Van Allen".
"In questo modo - prosegue Battiston - potremo sottoporre a verifica scientifica rigorosa i meccanismi che collegano il nostro pianeta e le sue dinamiche interna al plasma che circonda la terra, con l'obiettivo di sviluppare nuove tecniche per il monitoraggio sismico dallo spazio".
Il contributo tricolore alla missione CSES consiste in uno strumento innovativo per misurare le particelle energetiche che precipitano dalle fasce di Van Allen a seguito di disturbi elettromagnetici. In onore dell'esploratore italiano Matteo Ricci, che con il suo operato creò un ponte tra l'Occidente e la Cina, lo strumento sarà chiamato Li Madou, il nome con cui il gesuita era conosciuto in Cina. A realizzarlo sarà l'INFN, nell'ambito di una collaborazione che vede coinvolti i propri centri e le Università di Trento, Roma Tor Vergata, Perugia e Bologna.
Il satellite avrà a bordo un'ampia gamma di strumenti (magnetometri fluxgate e search-coil, rivelatori di particelle di alta energia, LP-RPA e ion drift meter) atti a rivelare congiuntamente perturbazioni di diversi parametri e grandezze fisiche.
www.asi.it news - 25.09.13

 
 
 

Come ruota il centro della Terra: risolto dilemma che durava da 300 anni

Post n°592 pubblicato il 06 Ottobre 2013 da Steve22966
 

Il nucleo interno solido di ferro e nichel che si trova al centro della Terra ruota verso destra (in direzione est o in senso antiorario) più velocemente del resto del pianeta. Mentre il nucleo esterno liquido (che avvolge quello solido) si muove verso sinistra (in direzione ovest o in senso orario) ma più lentamente. La scoperta, che pone fine a una domanda irrisolta da oltre tre secoli, è di un gruppo di scienziati dell'Università di Leeds, guidati da Philip Livermore.
È la prima volta che gli studiosi sono stati in grado di mettere in relazione in modo preciso i movimenti delle due parti del nucleo del nostro pianeta. Già dal 1692 Edmond Halley, che diede il nome alla famosa cometa periodica, aveva scoperta la rotazione in senso orario (verso ovest) del campo magnetico terrestre. Ora - lo studio è apparso il 16 settembre sulla rivista scientifica Pnas- grazie a sofisticate analisi delle onde sismiche che attraversano il centro della Terra, generate dai terremoti più forti, si è stati in grado di identificare la «super-rotazione» del nucleo interno, più veloce di quello del pianeta nel suo complesso.
Secondo Livermore, i movimenti sono il risultato di un semplice rapporto di azione e reazione. "Il campo magnetico spinge verso est il nucleo interno facendolo girare più velocemente della Terra (che ruota nello stesso senso, ndr). Invece spinge in direzione opposta il nucleo esterno liquido, che quindi si muove verso ovest". Il fatto che il campo magnetico interno della Terra oscilli con un periodo di una decina di anni, implica che anche le forze elettromagnetiche che determinano le spinte delle due parti del nucleo variano nel corso del tempo. Ciò potrebbe spiegare le fluttuazioni nel movimento antiorario del nucleo interno solido, fluttuazioni riscontrate negli ultimi 50 anni e pubblicate in un recente studio apparso su Nature Geoscience. Gli autori dello studio hanno utilizzato per le loro analisi il supercomputer Monte Rosa del Centro nazionale svizzero di calcolo scientifico (Cscs) di Lugano.
Le Scienze - Il Corriere 18.09.13

 
 
 

Su Marte con un serpente robot

Post n°591 pubblicato il 04 Ottobre 2013 da Steve22966
 

l cobra non è un serpente, ma...un robot. Si potrebbe aggiornare così la datata ma ormai proverbiale hit della cantante Donatella Rettore, alla luce delle ricerche che sta svolgendo un laboratorio norvegese nell'ambito di un progetto dell'Agenzia Europea per lo Spazio (Esa). Si tratta proprio di un serpente robot, che si muova agilmente, con le sue spire meccaniche, negli ambienti sabbiosi e insidiosi di altri pianeti. Di Marte prima di tutto.
L'Istituto di ricerca Sintef in Norvegia, presso l'Università locale della scienza e della tecnologia, sta infatti eseguendo uno studio di fattibilità per un progetto che non può non solleticare la fantasia di ogni appassionato di fantascienza che si rispetti. I Mars Rover spediti sul pianeta rosso dalla Nasa si sono spesso imbattuti in difficoltà di spostamento e di esplorazione tra le deserte dune marziane, come accadde allo Spirit impantanato nel 2010 . Per questo, l'Esa ha immaginato di fornire loro un partner che sappia muoversi nell'arena rossa della prossima tappa spaziale dell'uomo. Lo ha annunciato anche il presidente Obama: l'obiettivo di mandare uomini su Marte ha orizzonti che non superano la metà di questo primo secolo del nuovo millennio, e chi poteva precederlo nel suo primo passo su un nuovo, potenzale, paradiso extra-terrestre se non lui, il biblico serpente.
Ancora presto per fare pronostici: "La manovrabilità è una sfida" ha dichiarato Pal Liljeback , ricercatore della Sintef. L'idea è quella di sfruttare una grande rover, in grado di percorrere lunghe distanze, equipaggiato con il un serpente robotico che potrebbe strisciare lungo il terreno intorno al mezzo. "Stiamo esaminando diverse alternative per consentire a un rover e un robot di lavorare insieme - ha dichiarato in un comunicato del Sintef il ricercatore Aksel Transeth - Dal momento che il rover ha una fonte di energia potente, può rifornire il serpente tramite un cavo che si estende tra il esso e il robot. Se il serpente dovesse usare le proprie batterie, sarebbe presto a corto di energia".
Il gruppo di ricerca norvegese non è nuovo a simili idee. Nel 2008 ha riferito di aver progettato un altro serpente robotico lungo 1,5 m, in alluminio, costruito per ispezionare e pulire i sistemi di tubazioni industriali complessi, troppo stretti per esseri umani. Un'idea identica è stata sperimentata dal Robotics Institute della Carnegie Mellon University: un rettile robotico in grado di muoversi attraverso tubi e sistemi di una centrale nucleare, per ispezionare aree irraggiungibili. Il robot, dotato videocamera e luce a LED, è stato testato anche in ambienti di ricerca e salvataggio.
E così il serpente, atavico rivale dell'uomo, potrebbe diventarne il più fedele alleato. Ma i cani, quelli in carne e ossa, non devono temere per il loro primato d'amicizia.
Claudio Leonardi - La Stampa 15.09.13

 
 
 

Il vento interstellare ha cambiato direzione

Post n°590 pubblicato il 28 Settembre 2013 da Steve22966
 

Al di fuori dei pianeti del sistema solare, oltre le orbite di Nettuno e dei nuovi pianeti nani, soffia un vento particolare, il vento interstellare. Non se ne sa granché, per cui c’è molto interesse a cogliere anche i segni più minuti per cercare di decifrarne le caratteristiche. Quindi è stato bene accolto il risultato ottenuto da un gruppo di astrofisici guidato da Priscilla Frisch, dell’Università di Chicago, mettendo a confronto i dati raccolti negli ultimi quarant’anni.
Il gruppo, come si racconta sulla rivista americana Science, ha scoperto che il vento interstellare ha cambiato direzione, di circa 4-9° negli ultimi quarant’anni. Potrà sembrare poco, ma ogni cambiamento può aprire la strada a significati interessanti.
Il nostro sistema solare vola rapido nella galassia alla velocità di 250 km/sec compiendo un intero giro intorno al centro galattico dal quale dista 28 mila anni luce in 230 mln di anni. Ma nello stesso tempo il corteo planetario è anche immerso in una gigantesca nube interstellare estesa 30 anni luce e gli atomi di questa nube attraversano lo spazio tra i pianeti e l’area di influenza del Sole nota come eliosfera, alla velocità di 23 km/sec; un vero e proprio vento che soffia tra le stelle e formato da atomi di gas. Gli atomi testimoni di questo vento più facili da rilevare sono quelli di elio (atomi neutri di elio).
Gli astrofisici, studiando i dati raccolti da undici satelliti di varie agenzie spaziali impegnati nel sondare le caratteristiche fisiche del cosmo, hanno rilevato una differenza di direzione, in particolare con i rilievi effettuati dalla sonda Ulisse dell’Esa europea tra il 1990 e 2001. Le ultime rilevazioni sono state effettuate dal satelite Ibex (Interstellar Boundary Explorer) della Nasa tra il 2009 e 2011. Gli scienziati fino a ieri pensavano che l’ambiente interstellare fosse abbastanza tranquillo e omogeneo.
Invece l’interazione con l’eliosfera rende tutto più complesso e molto movimentato.
Quindi, come in una turbolenza atmosferica sulla Terra, i venti possono cambiare direzione, anche nel cosmo profondo una turbolenza della nube rende i suoi gas molto dinamici fino a modificarne la traiettoria. Come ciò sia accaduto, ancora non si riesce a spiegare e per questo le indagini continueranno nella convinzione che presto sia possibile trovare la causa. Ma tutto ciò aiuterà soprattutto a conoscere meglio alcuni dei numerosi meccanismi nascosti della stessa Via Lattea, l’isola stellare nella quale noi abitiamo in una zona di confine. E questo è importante perché quanto accade intorno potrebbe influenzare la vita del nostro pianeta.
Quindi è meglio conoscere.
Le Scienze - 11.09.13

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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ERNESTO BALICE

Pare incredibile, però Ernesto Balice è nato in Italia, ha dedicato parte della sua vita alla protezione del patrimonio culturale del suo paese e, quando è andato in pensione, è venuto a Cuba dove ha cominciato a scrivere canzoni che esaltano la bellezza della natura e la gente della "Città dei Parchi" Cubana. Balice ha composto più di sessanta temi, la maggioranza dei quali in spagnolo, il che gli ha permesso di ottenere un posto nella S.I.A.E. e, recentemente, l'incisione di un cd insieme ad artisti di Holguín, che è già in vendita in vari paesi, tra i quali anche Colombia e Canada. “Balisando x 4” è intitolato il disco, presentato questa settimana alla stampa nel Centro di Comunicazione Culturale della provincia di Holguín. Dodici brani autenticamente "holguineros", anche se con ritmi napoletani, cantati da Rodolfo Antonio, Tierra Firme, dal gruppo Bucanero e da quello di Gustavo Márquez, che ha realizzato inoltre la produzione musicale.Oltre alla sua qualità, il disco presenta alcuni aspetti curiosi. Il primo è che tutte le canzoni sono state scritte e pensate in spagnolo, ance se sarebbe meglio dire "in cubano", con la passionalità delle canzoni romantiche e lo "scintillante sale caraibico" che brilla nei pezzi più ritmici, nonostante il quale si percepisca anche come sfondo il marchio della canzone italiana, l'impronta di questa formidabile tradizione che dai tempi del "santiaguero" Pepe Sánchez iniziò a calare nel nostro tessuto musicale. Il secondo aspetto degno di nota è che si tratta del primo disco di un italiano che vive a cavallo tra Torino e Holguín e che ha iniziato a scrivere testi in piena maturità, come successe anche al suo ammirato conterraneo, lo scrittore Giuseppe Tommasi di Lampedusa. Va detto che Balice non aveva scritto mezza parola prima di innamorarsi di Holguín, per le cui strade pedala giornalmente in bicicletta. Un altro aspetto notevole del disco è l'armonia che esprimono congiuntamente le dodici canzoni, tutte interpretate da artisti di Holguín. Oltre agli interpreti già citati in questo articolo, hanno partecipato al disco il bassista e compositore Tony Pérez, Julio Barrera, Gerian Durán, Alexander Martínez ed Emanuele Piscioneri, coautore (insieme a Balice e a Durán) del brano “El pescador”. Emanuele è stato inoltre il patrocinatore del disco. Le foto e il disegno della copertina sono stati realizzati da Stefano Brunello e Marina Stuardi, mentre le pitture dello sfondo appartengono al maestro Vanni Novara.

 
 
 
 
 
 
 

ERNESTO BALICE - CD

BALISANDO X4
cohesion "Bucaneros"
El caballo
Cartica de amor
Natasha
Playa Guardalavaca
Rodolfo Antonio
Amanecer
Y tu
Parque de Holguin
Tierra firme
Esperando
El pescador
Gustavo Marquez y su grupo
Amor penetrante
Estrella fugaz
Sobreviviremos

[][][][][][][][][][][][]

ESTALACTITA
Indira
Quien
Alexey Iniesta
Sueno
Manolo Fonseca
Caprichosa
Marylin
Rodolfo Antonio
Caminando por el mundo
Soledad
Gustavo Marquez y su grupo
Carna...leona
Tiburon
Septiembre
La botella

 
 
 
 
 
 
 

FULL METAL JACKET

Questo è il mio fucile,
ce ne sono tanti come lui ma questo è il mio fucile
il mio fucile è il mio migliore amico è la mia vita
io debbo dominarlo come domino la mia vita.
Senza di me il mio fucile non è niente
senza il mio fucile io non sono niente.
Debbo saper colpire il bersaglio,
debbo sparare meglio del mio nemico
che cerca di ammazzare me,
debbo sparare io prima che lui spari a me e lo farò
al cospetto di Dio giuro su questo credo.


Il mio fucile e me stesso siamo difensori della patria
siamo dominatori dei nostri nemici
siamo i salvatori della nostra vita
e così sia finchè non ci sarà più nemico ma solo pace.
 

 
 
 
 
 
 
 

FRASI DA...FILM

"Facciamo lavori che odiamo per comperare cazzate che non ci servono.
Siamo i figli di mezzo della storia. Non abbiamo la grande guerra nè la depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita...".
 
Brad Pitt (Tyler Durden) - Fight Club

"La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce".
Daniel Radcliffe - Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

"Mamma diceva sempre: devi gettare il passato dietro di te prima di andare avanti".
Tom Hanks (Forrest Gump) - Forrest Gump

"L'ecclesiaste ci dice che c'è un tempo per ogni proposito sotto il cielo.
Un tempo per ridere e un tempo per piangere. Un tempo per patire e c'è un tempo per danzare. C'era un tempo per quella legge, ma ora non c'è più.
Questo è il nostro tempo per danzare, questo è il nostro modo per celebrare la vita. Così è stato nel principio, così è stato sempre e così deve essere adesso".
Kevin Bacon (Ren) - Footloose

"L'infanzia finisce quando scopri che un giorno morirai...".
Brandon Lee (Erik Draven) - The Crow - Il Corvo

"Agonizzanti in un letto, tra molti anni da adesso, siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l'occasione, solo un altra occasione, di tornare qui sul campo ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita ma non ci toglieranno mai la liberta'!".
Mel Gibson (William Wallace) - Braveheart

"Alla fine della storia è solo un lavoro. È quello che facciamo, non quello che siamo. Quello che siamo dipende da noi".
Al Pacino (Walter Burke) - La regola del sospetto

Vengono fuori gli animali più strani la notte: puttane, sfruttatori, mendicanti, drogati, spacciatori di droga, ladri, scippatori.
Un giorno o l'altro verrà un altro diluvio universale e ripulirà le strade una volta per sempre".
Robert De Niro (Travis Bickle) - Taxi driver

"A volte penso che questo sia il nostro vero errore: credere di avere tutto il tempo che vogliamo. Che il tempo in realtà non esista...".
Debra Winger (Kit Moresby) - Il the nel deserto

 
 
 
 
 
 
 

FRASI DA...FILM

"Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare... Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire...".
Rutger Hauer (Roy Batty) - Blade runner

"Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre".
Robin Williams (John Keating) - L'attimo fuggente

Mi piace l'odore del Napalm al mattino. Sapete, una volta bombardammo una collina per dodici ore, quando fu tutto finito andai lassù. Non ci trovammo più niente, nemmeno il cadavere di un fottuto Viet-cong. Ma l'odore, si sentiva quell'odore di benzina, l'intera collina odorava di...di vittoria".
Robert Duvall (Tenente Kilgore) - Apocalypse now

"Devo tenermi la mia angoscia. La devo proteggere. Perchè mi serve: mi mantiene scattante, reattivo, come devo essere".
Al Pacino (Vincent Hanna) - Heat - La sfida

È sempre la stessa storia: è solo quando cominci a temere davvero la morte che impari ad apprezzare la vita. A te piace la vita, tesoruccio?".
Gary Oldman (Norman Stansfield) - Leon

"I giorni divennero settimane, le settimane mesi e un giorno come un altro, mi sedetti e incominciai a scrivere. Questa storia parla di un luogo, di un tempo e di persona, ma che soprattutto parla d'amore, di quell'amore che vivrà per sempre".
Ewan McGregor (Christian) - Moulin Rouge

"Ogni domenica puoi vincere o perdere. La questione è: sei capace di fare entrambe le cose da uomo?".
Al Pacino (Tony D'Amato) - Ogni maledetta domenica

"Il più grande inganno che il diavolo ha fatto all'umanità è stato fargli credere di non esistere".
Kevin Spacey (Verbal Kint) - I soliti sospetti

"Devi stare attenta perchè è come un cane! Se vede qualcosa prova a scoparla,
se non riesce a scoparla prova a mangiarla e se non riesce a mangiarla ci piscia sopra".
Ben Mendelsohn (Malcolm Bench) - Vertical limit

"Sai qual'è la differenza tra mia moglie e una Ferrari? Che la Ferrari non se la fanno tutti".
Mel Gibson (Nick Marshall) - What women want

"Sto seguendo un caso interessante. Ho in analisi due coppie di gemelli siamesi che soffrono di sdoppiamento della personalità. Sto per essere pagato da otto persone in una volta sola".
Woody Allen (Leonard Zelig) - Zelig

 
 
 
 
 
 
 

FIRST IN THE MOON

"Houston, Tranquillity Base here.
The Eagle has landed"

 "That's one small step for a man, one giant leap for mankind."


Foto: www.nasa.gov

"Here men from planet Earth
first set foot upon the Moon

July 1969 A.D.

We came in peace for all mankind".

 
 
 
 
 
 
 

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EZECHIELE 25 - 17


Il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi.
Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà, conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre, perchè egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti.
E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che ti proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli e tu saprai che il mio nome è quello del Signore.
Quando farò calare la mia vendetta sopra di te.

 
 
 
 
 
 
 

AVIDITÀ UMANA...

L'uomo che possiede una cosa
poi ne vorrà due e poi tre
e poi tutte le cose che ci sono sulla terra.
A quel punto avrà in cambio solo la sua condanna,
perchè nessuno può possedere tutto il mondo.

 
 
 
 
 
 
 

MALAGUENA SALEROSA

Que bonitos ojos tienes
debajo de esas dos cejas
que bonitos ojos tienes!
Ellos me quieren mirar
pero si tu no los dejas
ni siquiera parpadear
Malaguena salerosa
besar tus labios quisiera
malaguena salerosa
Y decirte nina hermosa
eres linda y hechicera
como el candor de una rosa
Si por pobre me desprecias
yo te concedo razon
Si por pobre me desprecias
Yo no te ofrezco riquezas
te ofrezco mi corazon
a cambio de mi pobreza
Malaguena salerosa
besar tus labios quisiera
malaguena salerosa
Y decirte nina hermosa
eres linda y hechicera
como el candor de una rosa
Y decirte nina hermosa

 
 
 
 
 
 
 

L'ULTIMA FATICA...

...c'era tutto il significato della solitudine nella sua voce e...tutta la fatica del mondo...quella immobile, senza sudore, che crea una stanchezza contro la quale non c'è riposo.
                                                

 
 
 
 
 

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