Creato da coccoystracciatella il 04/01/2010

cazzeggiando...

pensavo che...

 

 

Le nuvole

Post n°170 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da coccoystracciatella
 

 
 
 

Un pò di risate-:)

Post n°168 pubblicato il 03 Febbraio 2011 da coccoystracciatella
 

Teresa Mannino-Zelig

       come dire la verità tra una risata e l'altra...

 
 
 

Rispetto per la vita

Post n°167 pubblicato il 29 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

Ieri è successo un fatto che mi ha fatto pensare.

Avevo appena passato una rotonda stradale con la mia auto...subito dopo c'erano le strisce pedonali.

Le auto prima della mia avevano ignorato le striscie pedonali ed avevano accellerato dopo aver rallentato per seguire la curva della rotonda.

Io mi ero accorta che ,sul marciapiede ,subito dopo la rotonda,davanti alle striscie pedonali,c'era un vecchietto.

Anzi,più che un vecchietto.

A guardarlo bene...tremante con il suo bastone nella mano destra,avrà avuto...cent'anni?

Fattostà che mi son fermata per farlo attraversare...

Lui ha incominciato a camminare...lentissimo...nn finiva più di attraversare la strada...

Ad un certo punto alla mia sinistra si affianca un'altra auto,che nn perde tempo ad usare il clacson.

Lo guardo,cacchio c'è da suonare?

Mi guarda,avrà avuto sui 55 anni,un uomo giacca e cravatta ,faccia incazzata ed ansiosa contemporaneamente...

...nn mi manda mica affanculo?

Cioè,mi ha urlato di tutto,urlava e indicava il vecchietto che nel frattempo stava ancora attraversando,mi fa capire che nn dovevo farlo passare,che qui nn si va più avanti...

...le parole nn le ho capite,avevamo entrambi i finestrini chiusi e il casino dovuto al traffico era molto...ma il senso era quello.

Io lo guardato e l'ho mandato affanculo con il dito...scusate la mancanza di finezza ma quando ci vuole ci vuole.

La cosa mi ha fatto pensare,nn ho delineato bene il pensiero,ma mi è venuto un senso di disagio profondo.

Ho fatto finta dentro di me che quell'uomo tanto incazzato fosse un caso isolato...ma è davvero così?

Voglio dire,ci neghiamo il diritto e dovere di far attraversare la strada ad un vecchietto lentissimo perchè abbiamo fretta?

Ma fretta di che?

Di raggiungere la coda di macchine 50 metri più avanti?

Cioè,mi è sembrata un'enorme mancanza di rispetto verso quel vecchietto,e quello che ho pensato è che in ciò si rifletteva la mancanza di rispetto,la nn conoscenza di ciò che è lentezza,intesa come sapere godere delle piccole cose,perchè la velocità nel voler avere impedisce la lentezza nel godere di quel che si ha...

Ma siamo davvero così? 

 
 
 

le cose non dette

Post n°166 pubblicato il 27 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

le cose non dette

sanno di un cane trovato in una casa mai esistita

sanno di una telefonata mai fatta

sanno di una lettera mai ricevuta

sanno di un libro mai scritto

sanno di un bimbo mai concepito

sanno di un amore rimasto in sospeso

sanno di parole mai sentite

sanno di sguardi sempre evitati

sanno di sguardi inutilmente cercati

sanno di panni sporchi dopo cicli di lavatrici

sanno di rose pigre nello sbocciare

sanno di maestrale

sanno di un regalo andato a male

sanno di un beretto asciutto in mezzo al mare

sanno di quella voce che speri ancora di poter ascoltare

sanno di frasi fatte e convenevoli

sanno di vita vissuta a metà

sanno di ciò che non arriverà 

 Alessia

 

 
 
 

Uomini

Post n°165 pubblicato il 25 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

p04

 
 
 

La favola antica

Post n°164 pubblicato il 22 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

C'era una volta una favola antica
quasi da tutti ormai dimenticata
che continuava a volare nell'aria
aspettando colui
che l'avrebbe di nuovo narrata
era una favola vecchia
un poco svanita
come un barattolo
di aranciata aperta
ma non voleva rassegnarsi
e cercava di "non dimenticarsi"!

Parlava di una bambina bionda
che non voleva dormire da sola
e la sua mamma poverina
doveva starle sempre vicina
un giorno venne una bella signora
tutta vestita di luce viola
prese la mamma per la mano
e la portò lontano, lontano

la bimba pianse 100 sere
poi

si stancò
e si addormentò
Quando il mattino
la venne a svegliare
con un bellissimo raggio di sole
vide la mamma poverina
che sotto un albero dormiva
e la signora vestita di viola
disse "non devi più avere paura...
di restare sola"

C'era una volta una favola antica
quasi da tutti ormai dimenticata
che continuava a volare nell'aria
aspettando colui che l'avrebbe
di nuovo narrata
era una favola vecchia
era poco svanita
come un barattolo
di aranciata aperta
e per non essere dimenticata
diventò vera...
diventò! oh oh oh!
.... la vita!

(Vasco Rossi-La favola antica)

 
 
 

Porc...

Post n°163 pubblicato il 20 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 
Tag: porci

Prima di tirare un porco...

                              pensateci bene!!!

@@@@@@@@@@@@@@@ retifico:

La lista nn era completa!!!

                                 ahahahahahahahah-:)))

 
 
 

Articolo di Libero sulla psichiatria

Post n°162 pubblicato il 16 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

Malati? Solo agli occhi dei dottori. Viaggio nei reparti psichiatrici. Video 

Sabato 15.01.2011 16:23

 

Dieci giorni di extra-ordinaria follia, a cui ho assistito all'interno di un reparto ospedaliero di Psichiatria. Raccolgo notizie e dati, da cui ricavo che i “malati” ragionano, i medici urlano e prescrivono ad ognuno almeno 4 pastiglie al dì, farmaci che inducono in uno stato di pericolosa dipendenza, così al terzo giorno di terapie l'effetto si vede: ogni “malato” è disorientato e sbaglia camera, ma non urla né piange, tante salme dormienti che non disturbano...

In un altro ospedale la Psichiatria è mista. Uomini e donne nello stesso spazio, forse per legge appena ristrutturato con file di lucine colorate, spie dei vari impianti accese giorno e notte. Chi c'è entrato associa l'immagine alla pista di un aeroporto. In un altro reparto ancora, i medici si riuniscono in una stanza da cui vedono attraverso un vetro antisfondamento l'interno di una camera. Dalla camera si vede la stanza dove gli psichiatri decidono - mentre sanno di essere visti - il nome del paziente da dimettere, che viene scritto su una lavagna. Nella camera con vista sugli psichiatri i “malati” si accalcano contro la vetrata per scrutare le espressioni di chi ha in mano i loro giorni. L'edificio è circondato da una cancellata. La cancellata è protetta da una recinzione. Alla sommità della recinzione c'è una rete che chiude lo spazio verso il cielo, agganciata con cavi alla facciata. La rete impedisce che qualcuno scappi arrampicandosi sugli alberi. Dev'essere un postaccio, se prevedete che esseri umani tramortiti da psicofarmaci diventino scimmioni così disperati da lanciarsi dall'alto della cancellata rischiando l'osso del collo. Siamo in una regione governata dalla sinistra.

Entrare in un reparto psichiatrico è più facile di quel che s'immagini. Ho ricevuto informazioni e verificato. Età tra i 30 e 60 anni. Le “malate” più anziane vengono tutte dimesse prima delle altre nello stato evidente in cui sono state ricoverate. Classe sociale: bassa. Solitudine tra familiari distratti, o anagrafica dopo la morte dei genitori. Anni di cure. Perché ritornano? La terapia non stava approdando a nulla. Qualche parente, non troppo paziente, alza il telefono e sollecita un nuovo ricovero per un depresso, noioso, molto noioso.

 Imparo che una una volta che una persona è stata “malato” psichiatrico - non necessariamente psicotico, problemi alimentari o depressione bastano – per qualunque motivo cerchi cure al pronto soccorso dal computer salta fuori il nome associato alla Psichiatria ed il “malato” sarà ricoverato lì. Succede anche a D. Stava acquistando una ricarica telefonica, le sue gambe hanno ceduto. Sola. Il tabaccaio ha chiamato l'ambulanza. D. avverte i volontari della pubblica assistenza di aver assunto un farmaco che, tra gli effetti collaterali, provoca il tremore. I militi si occupano di trasporto, le rispondono che lo dirà al medico dell'ospedale. Al pronto soccorso nessuno le crede e si prende la responsabilità di tenerla in osservazione. Chiedono se c'è posto nel reparto donne della Psichiatria. Funziona così. Rifletto sul pregiudizio che il “malato” psichiatrico deve subire la coercizione a vita.

Uno psichiatra conferma: “Ha ragione, esiste lo stigma della Psichiatria”. Ragiono: se i medici lo sanno, lo chiamano “stigma” - e gli psichiatri dovrebbero usare sempre parole appropriate -, perché si compiacciono di un marchio che nell'antichità s'imprimeva sulla fronte ai delinquenti o agli schiavi? Il significato, che non sfugge ad uno che di lavoro fa lo psichiatra, è spregiativo. Un segno distintivo, caratteristico. Se lo sapete... perché non far progredire la vostra intelligenza al fine di cancellare lo “stigma”?

Quando il “malato” viene trasportato alle ore 23 la psichiatra E.T., reperibile a casa, entra in reparto lamentandosi a voce alta di essere dovuta venire per convalidare un ricovero. E' intuitivo che persone insicure e fragili restino turbate nella notte dalle urla di un medico. Di fatto la convalida significa firmare moduli, lo specialista se ne va prima che la “malata” sia fisicamente in reparto. Il sabato mattina è peggio: pochi i medici di turno, tutti gli infermieri litigano tra loro: la sigla PDR diventa ossessiva, si deduce che c'entrano i turni di lavoro e la prenotazione della vacanza a Sharm di una collega. Dopo quattro ore la prenotazione si fa, e chissenefrega della reperibilità. Tutto il reparto è stato costretto ad ascoltare e non esulta. La “malata” I. osserva: Qui non si danno pensiero di parlare a voce bassa sapendo che ci sono persone che non stanno bene in salute. Quid pro quo, dottore?

Chi è sano sta al di qua o al di là dei vetri antisfondamento? Qui siamo in uno Stato con le frontiere chiuse come porte e finestre, dove tutto il potere è nella mente dei medici. Tra le “malate” non ci sono criminali. Forse tentano di esserlo, immaginano di esserlo. Nessuna è nata criminale, è stata resa “malata” da anni di sistematiche violenze psicologiche o fisiche, o entrambe. Ascolto le loro storie nei rari momenti, poco prima della manciata di farmaci, in cui nel corpo resta forza per parlare. Dentro sono morte. Il loro problema è che hanno bisogno di trarre più divertimento dalla vita.

 Se cerchi il dialogo, gli specialisti di Qui lo sfrutteranno dicendo che tu hai perso la sanità mentale. La “malata” B. m'illumina: i medici Qui vogliono vedere che sei sottomessa. B. è arrivata di notte con lo “stigma”. Dal giorno della morte della sorella, sua madre ripete che vuole morire. B. è diventata bulimica ed anoressica. Da dieci anni è in cura nello studio di una psichiatra che lavora Qui. B. non voleva venire in ospedale, i vigili urbani l'hanno gettata di peso a spintoni nel reparto di Psichiatria con un TSO, sigla del terribile “Trattamento sanitario obbligatorio”. Trascorre una notte nella camera chiusa a chiave dall'esterno, all'indomani il TSO di B. viene trasformato dai medici in “ricovero volontario”.

Nella mente degli psichiatri “ricovero volontario” ha un significato contorto. Il “malato” ragiona: ho firmato per entrare, dovrei poter firmare per farmi dimettere. Gli psichiatri rispondono: no, tu hai firmato affidandoti a noi, quindi lo decidiamo noi quando puoi andartene. E decidono: non sei ancora pronta. L'oppressione psicologica provoca regressione infantile. Bisogna chiedere qualsiasi cosa, come bambine insicure. Più spesso è un mendicare. Le domande vanno ripetute, ricordate. Medici ed infermiere hanno altri pensieri.

 

Non ho un'adeguata preparazione in materia. Me la farò uscendo da Qui. Al cinema “malate” e psichiatri hanno una vitalità che nella realtà manca. All'inizio pensavo che le “malate” restassero a letto perché non esiste altro modo per trascorrere le giornate. Scordatevi i momenti di ricreazione in “Ragazze interrotte”, con Angelina Jolie e Winona Ryder. Efficace una battuta: “Certo che, portarci a prender il gelato con un metro di neve, viene da dubitare chi sia il vero suonato qui”.

Impossibili le partite a carte, il Monopoli, le gite in pullman di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Assolutamente vere la forzata consegna delle sigarette in Infermeria, dove saranno razionate, ed il sottofondo sonoro, misto di urla e di una base musicale – nel film un disco in vinile, Qui un canale radiofonico a caso con musica rock e gingles pubblicitari -, che a Jack Nicholson, premio Oscar per l'interpretazione, fa dire: “Io non riesco nemmeno a pensare con tutto questo casino”. Chi fuma lo fa in modo compulsivo. Tira un terzo di sigaretta, la spegne e ne accende un'altra. Questo ambiente alimenta la paura.

Il tempo scorre solo agli orari delle terapie, 7.30-14-21.30, distribuite in Infermeria. Le “malate” mi ringraziano quando parlo coi medici di quel che non pare giusto a me, e neppure a loro, che dicono di avere gli stessi pensieri ma non la forza di esprimerli. I discorsi s'interrompono dopo una o due frasi. Ho provato su di me l'effetto dei farmaci e so descriverlo. Gli psichiatri sono sicuri che soffro di disturbo bipolare, che è una conseguenza di due genitori anafettivi. Dovrei avere violenti sbalzi di umore, che nessuno tra familiari e parenti mi riconosce. Agli specialisti di Qui non importa ciò che hanno da riferire, chiudono l'argomento con “non sono medici”. I medici psichiatri mi riferiscono che tre famosi personaggi “malati” - un attore, un politico, un giornalista - hanno ricevuto per tutta la vita la terapia di litio. Saranno i miei amici al telefono a domandarsi se è davvero necessario: è un farmaco che comporta uso prolungato nel tempo e richiede costanti esami del sangue poiché può essere molto tossico.

Quei “malati” sono davvero famosi, considero che tanto bene sono mai stati. Non mi piace la violazione della loro privacy, anche fosse avvenuta nelle confidenze tra medici in occasione di qualche convegno. Lo scrittore Thomas Harris, autore della saga sullo psichiatra e psicopatico Hannibal Lecter, coglie genialmente il tratto caratteriale rigido di questi specialisti. “Il silenzio degli innocenti”, in cui Jodie Foster interpreta il ruolo dell'agente di polizia Clarice, pone allo psichiatra l'interrogativo: “La sua analisi è chiara. Ma è abbastanza forte da rivolgere su se stesso questa potente intuizione? Che ne dice, perché non si guarda dentro e scrive quello che vede. O devo pensare che le fa paura?”

Il primo farmaco che ho ricevuto al mattino ha rallentato i miei riflessi al punto che mi manca il fiato per emettere suoni, la lingua si arrotola in gola. Con tanta buona volontà mi sono trascinata in Infermeria. Nessuno ha chiamato un medico. A fine pomeriggio non sono in grado di tenere il busto eretto. Supplico che facciano qualcosa. La dottoressa I. L. prescrive una flebo. Solo domandando ricevo l'informazione su che cosa mi stanno iniettando in vena: un antidoto al farmaco precedente. Sto male, ma lei sparisce. Mi dò coraggio concentrando l'attenzione sul flacone appeso, quando 150 ml del contenuto sono nel mio sangue la lingua inizia a distendersi sotto il palato. Ho atteso una giornata affinché fosse possibile.

In dieci giorni gli psichiatri pretendono che il mio cervello funzioni cambiando sette farmaci diversi. Dubito che sia razionale procedere nevroticamente per tentativi. Sul sito info@terzocentro.it - il Terzo Centro di Psicoterapia è stato fondato nel 1996 da un gruppo di psicoterapeuti, tra i quali Antonio Semerari, psichiatra e psicoterapeuta, past president della sezione italiana di Society for Psychotherapy Research - si legge: “La terapia con litio richiede particolari attenzioni dal momento che questo farmaco è potenzialmente molto tossico; innanzitutto prima di iniziare un trattamento è necessario eseguire esami che valutino la funzionalità renale e tiroidea, un elettrocardiogramma con una visita cardiologia, un emocromo con dosaggio degli elettroliti plasmatici.” Il trattamento è iniziato prima degli esami. Voi Qui non sapete che cosa state facendo.

 Benedetta Glori


Il testo è stato raccolto su fatti e persone vere. Per rispetto della Privacy, le iniziali dei protagonisti ed alcuni tratti biografici sono stati modificati al fine di non renderli riconoscibili.

 

 
 
 

Articolo di libero sulla psichiatria:il mio punto di vista.

Post n°161 pubblicato il 16 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

Premessa: nn ho chissà quale esperienza di reparti psichiatrici,posso limitarmi all’esperienza acquisita nel reparto psichiatrico dove son stata più volte ricoverata.

Mi fa ridere l’articolo quando cita il numero di pastiglie.

E’  vero,le pastiglie son 4 o più.Ma ognuna ha un suo effetto.Nn ti danno solo pastiglie per rincoglionirti o farti star buono.Ci sono gli antidepressivi se sei depresso,a cui si possono abbinare gli stabilizzatori dell’umore (che una volta era il litio),perché magari sei sì depresso,ma anche un pochetto “sopra le righe”,e sei tu il primo a star male in questo stato…o gli antipsicotici…ci vuole un po’ di equilibrio emotivo.Poi ,la sera,ci sono le pastiglie per dormire,perché quando stai male mentalmente nn riesci a dormire tanto facilmente,e vi assicuro che dormire è un bisogno primario…ho passato notti dormendo solo 3 ore, una volta ,prima di un ricovero.Sì è vero,allo psichiatrico poi mi han imbottito di sedativi,ma son stata dimessa che ero molto più serena e riposata.

I medici che guardano i pazienti attraverso una vetrata?Ma dai!!! Osservare il quotidiano momento per momento di ogni singolo paziente è compito degli infermieri,che riportano il tutto in cartella,che poi il medico legge e in base a questo valuta se chiamare il paziente a colloquio ,cercando di capire cosa c’è che nn va,placando gli stati d’ansia e di paura del paziente,ed eventualmente modificando la terapia.

I pazienti urlano?Sì,è vero,alcuni passano intere giornate ad urlare,ma è la sofferenza che si portano dentro e che manifestano urlando.In questi casi i pazienti vengono “contenuti”cercando di renderli un po’ più sereni ed obiettivi verso la vita,parlandoci,coccolandoli ecc,e se questo nn funziona gli si dà un sedativo,che li faccia stare un po’ più tranquilli finchè la crisi passa.

Entrare in un reparto psichiatrico è più facile di quanto si pensi?Insomma…io tante volte ho chiesto un ricovero che mi è stato negato perché “deve farcela da sola”…ho pianto,mi son disperata e sentita abbandonata,ma poi ho reagito,e ho visto che se la via più facile era il ricovero,quella più produttiva era confrontarmi con i miei limiti e le mie capacità al di fuori di un reparto di psichiatria,e ce l’ho sempre fatta a passare la crisi…viceversa se la crisi è profonda il ricovero si fa.

Poi l’articolo cita “ragazze interrotte”,film a me molto caro perché spiega esattamente la mia patologia,e anche il rapporto che si crea tra pazienti psichiatrici.Quel film è un po’ riduttivo nel senso che è ambientato negli anni 60,quando ancora  c’erano i manicomi e l’approccio al malato psichiatrico da parte di medici e infermieri era più”diffidente”,più distaccato rispetto a com’è ora….nel frattempo la medicina ha fatto passi da gigante sia nell’ottica del vedere il malato psichiatrico sia nel tipo di farmaci,che nn danno rincoglionimento e dipendenza immediata e duratura sostanzialmente.

Si parla dello stigma del paziente psichiatrico.Quello c’è ,è vero,tra l’altro ne ho parlato più volte con il mio psichiatra,perché l’ho provato sulla mia pelle quando mi han mandata via dal precedente posto di lavoro (a Sidari)una volta scoperto che sono psichiatrica,ma anche per mille altri motivi.La malattia psichiatrica è mal tollerata dalla maggior parte delle persone,che passa da “poveretto,com’è preso” a “se nn stiamo attenti questo amazza tutti”…in entrambi i casi se hai problemi psichiatrici evidenti,la società ti isola.

Scusate lo sfogo,e anche il post che può essere ai più pallosissimo,ma nn vorrei passasse l’idea dello psichiatrico stile manicomio con elettro schock e quant’altro.

Reputo che questo genere di articoli allontani le persone psichiatriche dal farsi curare…io,tra farmaci e psicoterapia ho messo su i cosidetti,nn sono più la ragazzina paurosa,angosciata e indifesa che ero prima di iniziare questo percorso…ecchecazzo!!!!

 
 
 

Carnevale....

Post n°160 pubblicato il 13 Gennaio 2011 da coccoystracciatella
 

 

Si avvicina il Carnevale,ecco qui la storia e le foto delle maschere che più caratterizzano questo evento.

 Arlecchino rappresenta una delle più note ed amate maschere di Carnevale italiane, è di origine bergamasche e le sue origini si possono rintracciare nella figura del "diavolo burlone" delle favole medioevali e in seguito nel "buffone" delle compagnie di comici girovaghi alle corti principesche o fra i saltimbanchi e gli acrobati nelle fiere e nei mercati dei sobborghi. E' un personaggio dal carattere molto stravagante, ingenuo ma ricco di fantasia, ne combina di tutti i colori. Il suo abito è variopinto composto da un corto giubbetto e da pantaloni attillati, entrambi a losanghe e triangoli di tutti i colori. Arlecchino è considerato il più divertente e simpatico tra le maschere di carnevale.

 

Pulcinella è una simpatica maschera di Carnevale italiana, di origine napoletane, portata in teatro per la prima volta nel cinquecento dall' attore Silvio Fiorillo. Rappresenta un personaggio genuino, allegro e generoso che si adatta a far di tutto, ma sempre pronto a tramare e a fare scherzi, non riesce a star mai zitto e difatti è nota l'espressione "è un segreto di Pulcinella",ovvero sta a significare che lo san già tutti. Il vestito di Pulcinella è un largo camice bianco con una cinta nera in vita, larghi pantaloni bianchi e cappuccio bianco in testa, ventre sporgente, scarpette nere e naso ricurvo. Pulcinella è una maschera di Carnevale che rappresenta la denuncia del popolo.

 

Balanzone ovvero il dottor Balanzone è una maschera di Carnevale di origine bolognese. Rappresenta il personaggio che ha studiato, serio, presuntuoso e sapientone. sempre pronto a vantarsi dei suoi titoli. E' rappresentato con una grossa pancia, vestito di nero, porta la toga dei professori dello Studio di Bologna, in testa un cappello a larghe tese, alla cintura un pugnale o un fazzoletto, e sotto braccio un librone. Rappresenta la satira del laureato saccente e pedante.

 

Colombina è una maschera di Carnevale di origine veneziana, fidanzata di Arlecchino, servetta giovane, vanitosa, furba e sbarazzina. E' affezionata alla sua signora, altrettanto giovane e graziosa, Rosaura, e pur di renderla felice è disposta a combinare imbrogli su imbrogli. Colombina indossa una cuffietta in testa e un vestito con ampie maniche a sbuffo ed un grembiule bianco, con una gonna arricciata e le calze di colore rosso.

 

Brighella è una maschera di Carnevale di origine bergamasca. E' un servo ma svolge un' infinità di mestieri. Insolente, bugiardo, attaccabrighe e dispettoso, escogita inganni e prepara trappole solo per il gusto stesso di imbrogliare gli altri. Indossa giacca e pantaloni listati di verde, scarpe nere con i pon pon verdi, mantello bianco con due strisce verdi e maschera nera.

 

Pierrot è una maschera di Carnevale dall' espressione triste. Rappresenta l'innamorato malinconico e dolce, pigro ma intelligente, capace e pieno di buon senso. Viene rappresentato con il volto pallido, una piccola bocca rossa e una classica lacrima che scende sul volto. Indossa una lunga casacca bianca di seta con bottoni neri, larghi pantaloni bianchi e papalina sul capo.

 

Gianduia è una maschera di Carnevale piemontese di origine astigiane, incarna lo stereotipo del piemontese, cordiale e galantuomo, assennato ed incline al bere ed amante della buona tavola. La sua generosità d'animo e l'innato senso di giustizia lo spingono ad essere dalla parte degli oppressi. Dal suo nome deriva la denominazione dei cioccolatini " Gianduiotti". Indossa un costume di color marrone con panciotto sul giallo arancione, cappello in testa e codino all' insù.

 

Pantalone è una maschera di Carnevale di origine veneziana, incarna il ricco mercante avaro, testardo, brontolone e sempre alla ricerca di denaro. Lamenta sempre miseria e si perde in chiacchiere inutili e banali. Rappresenta comunque un personaggio bonario e umano. Il suo vestito viene raffigurato con una cuffia nera in testa, maschera con naso adunco in volto e barba e pizzo all'insù, casacca, pantaloni, calze rosse e un mantello nero sopra

 

...Sarà,ma a me il Carnevale ha sempre messo una gran tristezza...

ricordo i giovedì grasso a Venezia con mia madre,e tutte quelle maschere...

a me mettevano tristezza,come in una rappresentazione teatrale apparentemente allegra ma in realtà tragica...

...nn lo so,nn riesco a vivere l'allegria del carnevale.

E voi come lo vivete il carnevale?

 
 
 

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