« In una notte persiana. | Michael e Madeleine. » |
Post n°28 pubblicato il 08 Agosto 2013 da lo_scemo_del_paese
La stanza era illuminata solamente dalla luce argentea della luna piena,l ’uomo entrò trattenendo un sorso di saliva che, come un evaso che è stato catturato, non voleva ritornare in quella golaprigione. Una lampadina che pendeva dal soffitto attaccata ad un vecchio portalampade in ceramica ondeggiava a mezz’aria come uno di quei trapezi a cui l‘uomo era ormai abituato e descriveva una traiettoria leggermente ondulata che, sommata all’argentea luce dei raggi lunari, dava quasi una sensazione vertiginosa. La donna lo guardò con occhi bassi e la sua pelle candida rifletteva i raggi del satellite come il vetrino di un orologio riflette la luce solare, l’uomo era allo stesso tempo impacciato e complice, impacciato per l’infinita eccitazione e complice di quel pudore che la donna esternava pur trasmettendo una voglia ed un desiderio infiniti. -Vuoi qualcosa da bere?- Chiesse la donna con voce soffice e strozzata da una sensazione che non provava da lunghissimo tempo e l’uomo senza dire una parola, forse per paura che il suono della sua voce potesse far trasparire quella sensazione di smarrimento che avvertiva, si versò un dito di Jack Daniel’s evitando di incrociare lo sguardo di lei che sentiva ormai sua come una qualunque parte del suo goffo corpo. Tutto dopo il primo sorso si svolse in quella penombra da mille e una notte, la donna lo avvolse in un abbraccio che gli fece mancare il respiron e lui, con una sinuosità di cui aveva dimenticato di essere dotato, andò con le labbra a cercare quelle di lei mentre le sue mani accarezzavano quel corpo fantasticamente grande che pareva non finire mai. Le mani della donna allora sbottonarono la patta dei pantaloni dell’uomo avvolgendo con dolcezza e timida sensualità quel sesso che bramava ogni attenzione che gli venisse dedicata. L’uomo,così preso da quella donna-angelo-diavolo, senza fermarsi a pensare, con un movimento simile a quello di una biscia, si divincolò e fece sprofondare il suo viso, leggermente macchiato di trucco, tra quelle cosce che sembravano due immensi cuscini di seta, ; e più sprofondava e più cresceva la sua eccitazione; e più aumentava quell’eccitazione e più l’uomo cercava di affondare il viso, per un attimo aveva pensato e desiderato di sprofondare completamente fin dentro quel sesso caldo e generoso che ora si schiudeva sotto le sue labbra come un bocciolo si schiude all’aria di un’alba maggese. Il corpo della donna era scosso da dolcissimi e violenti brividi che la facevano godere fino a farla commuovere, le provocavano delle sensazioni che per un lunghissimo tempo erano state assopite sotto tutta quella carne che adesso stava avvolgendo il corpo magro e leggermente scolpito dell’uomo. Ora l’uomo era pronto; pronto per entrare finalmente dentro quella grotta; pronto finalmente per esplorare quella caverna; pronto per impossessarsi di quel tesoro che per tanto tempo aveva immaginato suo tra applausi e fischi. Non esisteva più niente per lui, ormai c’era solo la donna, quella donna i cui occhi lo guardavano bramosi di lussuria; quella donna le cui mani cercavano affamate ogni parte del suo corpo; quella donna la cui anima pura era scappata cedendo il posto all’altra parte della luna. Il momento era arrivato con una dolcezza che solo un uomo della sua sensibilità poteva avvertire, si appoggiò addosso alla donna e fece scivolare la sua virilità all’interno di quell’antro umido e caldo allo stesso tempo e senza allontanare lo sguardo da quello di lei iniziò a a farla completamente sua. Era molto più bello di tutto quello che l’uomo aveva immaginato nella sua vita, era ancora più meraviglioso di tutti i sogni meravigliosi che lui avesse fatto. Si sentiva forte, potente, invincibile, quella meravigliosa donna-casa era sua. L’amava. La venerava, ma soprattutto finalmente la possedeva, voleva che quell’istante non fisse mai, vedeva negli occhi della donna tutta la voluttà e il desiderio di chi desidera ed è desiderato e con mesta fierezza si rendeva conto che l’artefice di quella meravigliosa e dolcissima giostra di sensi era lui. La donna dal canto suo non riusciva a ricordare l’ultima volta che si fosse sentita così donna, tutto il suo passato era svanito nello stesso istante in cui l’uomo l’aveva baciata, adesso sarebbe anche potuta morire, non gli importava, non gli importava, non gli importava di niente, voleva solo sentire l’uomo che la inondava di piacere e la riempiva d’amore, lo voleva, lo voleva più di qualunque cosa avesse desiderato in tutta la sua misera e onesta vita, voleva solo lui, nient’altro che lui, semplicemente lui. L’uomo si lasciò andare in una tempesta che come una valanga travolse ogni parete di quella grotta, e più si lasciava andare e più si sentiva morire, e più si sentiva morire e più era disposto a lasciarsi andare, ogni spasmo era una gioia e un dolore, gioia per quelle meravigliose sensazioni e dolore per il rammarico che anche un altro istante di felicità se ne andava e travolto da una tormenta che proveniva dalla parte più profonda di quell’antro fino a qualche ora prima a lui sconosciuto. Si sentì quasi morire di piacere e spinse ancora più forte che poteva, fino a quando non crollò su quel corpo-nave che lo avvolse completamente. Epilogo. L’uomo e la donna si svegliarono illuminati da un timido raggio di sole che entrava nella stanza e si posava tra le immense mammelle di lei, tutto era svanito con le luci del mattino, ora potevano tornare alla realtà, ora potevano rientrare in quei panni che per una immensa notte avevano abbandonato, ora lentamente, si rivestivano e si incamminavano verso quel tendone che li aveva fatti incontrare e innamorare,ora potevano ritornare ad essere semplicemente il clown e la donna cannone. |
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