« In una notte persiana. | Michael e Madeleine. » |
La stanza era illuminata solamente dalla luce argentea della luna piena,l ’uomo entrò trattenendo un
sorso di saliva che, come un evaso che è stato catturato, non voleva ritornare in quella golaprigione.
Una lampadina che pendeva dal soffitto attaccata ad un vecchio portalampade in ceramica ondeggiava a
mezz’aria come uno di quei trapezi a cui l‘uomo era ormai abituato e descriveva una traiettoria
leggermente ondulata che, sommata all’argentea luce dei raggi lunari, dava quasi una sensazione
vertiginosa.
La donna lo guardò con occhi bassi e la sua pelle candida rifletteva i raggi del satellite come il
vetrino di un orologio riflette la luce solare, l’uomo era allo stesso tempo impacciato e
complice, impacciato per l’infinita eccitazione e complice di quel pudore che la donna esternava pur
trasmettendo una voglia ed un desiderio infiniti.
-Vuoi qualcosa da bere?-
Chiesse la donna con voce soffice e strozzata da una sensazione che non provava da lunghissimo
tempo e l’uomo senza dire una parola, forse per paura che il suono della sua voce potesse far
trasparire quella sensazione di smarrimento che avvertiva, si versò un dito di Jack Daniel’s evitando di
incrociare lo sguardo di lei che sentiva ormai sua come una qualunque parte del suo goffo corpo.
Tutto dopo il primo sorso si svolse in quella penombra da mille e una notte, la donna lo avvolse in
un abbraccio che gli fece mancare il respiron e lui, con una sinuosità di cui aveva dimenticato di
essere dotato, andò con le labbra a cercare quelle di lei mentre le sue mani accarezzavano quel corpo
fantasticamente grande che pareva non finire mai. Le mani della donna allora sbottonarono la patta
dei pantaloni dell’uomo avvolgendo con dolcezza e timida sensualità quel sesso che bramava ogni
attenzione che gli venisse dedicata.
L’uomo,così preso da quella donna-angelo-diavolo, senza fermarsi a pensare,
con un movimento
simile a quello di una biscia, si divincolò e fece sprofondare il suo viso, leggermente macchiato di
trucco, tra quelle cosce che sembravano due immensi cuscini di seta,
; e più sprofondava e più
cresceva la sua eccitazione; e più aumentava quell’eccitazione e più l’uomo cercava di affondare il
viso, per un attimo aveva pensato e desiderato di sprofondare completamente fin dentro quel sesso
caldo e generoso che ora si schiudeva sotto le sue labbra come un bocciolo si schiude all’aria di
un’alba maggese.
Il corpo della donna era scosso da dolcissimi e violenti brividi che la facevano godere fino a farla
commuovere, le provocavano delle sensazioni che per un lunghissimo tempo erano state assopite
sotto tutta quella carne che adesso stava avvolgendo il corpo magro e leggermente scolpito
dell’uomo.
Ora l’uomo era pronto; pronto per entrare finalmente dentro quella grotta; pronto finalmente per
esplorare quella caverna; pronto per impossessarsi di quel tesoro che per tanto tempo aveva
immaginato suo tra applausi e fischi. Non esisteva più niente per lui, ormai c’era solo la donna, quella
donna i cui occhi lo guardavano bramosi di lussuria; quella donna le cui mani cercavano affamate
ogni parte del suo corpo; quella donna la cui anima pura era scappata cedendo il posto all’altra parte
della luna.
Il momento era arrivato con una dolcezza che solo un uomo della sua sensibilità poteva avvertire, si
appoggiò addosso alla donna e fece scivolare la sua virilità all’interno di quell’antro umido e caldo
allo stesso tempo e senza allontanare lo sguardo da quello di lei iniziò a a farla completamente sua. Era molto più
bello di tutto quello che l’uomo aveva immaginato nella sua vita, era ancora più meraviglioso di tutti
i sogni meravigliosi che lui avesse fatto.
Si sentiva forte, potente, invincibile, quella meravigliosa donna-casa era sua. L’amava. La venerava, ma
soprattutto finalmente la possedeva, voleva che quell’istante non fisse mai, vedeva negli occhi della
donna tutta la voluttà e il desiderio di chi desidera ed è desiderato e con mesta fierezza si rendeva
conto che l’artefice di quella meravigliosa e dolcissima giostra di sensi era lui.
La donna dal canto suo non riusciva a ricordare l’ultima volta che si fosse sentita così donna, tutto il
suo passato era svanito nello stesso istante in cui l’uomo l’aveva baciata, adesso sarebbe anche
potuta morire, non gli importava, non gli importava, non gli importava di niente, voleva solo sentire
l’uomo che la inondava di piacere e la riempiva d’amore, lo voleva, lo voleva più di qualunque cosa
avesse desiderato in tutta la sua misera e onesta vita, voleva solo lui, nient’altro che
lui, semplicemente lui.
L’uomo si lasciò andare in una tempesta che come una valanga travolse ogni parete di quella
grotta, e più si lasciava andare e più si sentiva morire, e più si sentiva morire e più era disposto a
lasciarsi andare, ogni spasmo era una gioia e un dolore, gioia per quelle meravigliose sensazioni e
dolore per il rammarico che anche un altro istante di felicità se ne andava e travolto da una tormenta
che proveniva dalla parte più profonda di quell’antro fino a qualche ora prima a lui sconosciuto. Si
sentì quasi morire di piacere e spinse ancora più forte che poteva, fino a quando non crollò su quel
corpo-nave che lo avvolse completamente.
Epilogo.
L’uomo e la donna si svegliarono illuminati da un timido raggio di sole che entrava nella stanza e si
posava tra le immense mammelle di lei, tutto era svanito con le luci del mattino, ora potevano
tornare alla realtà, ora potevano rientrare in quei panni che per una immensa notte avevano
abbandonato, ora lentamente, si rivestivano e si incamminavano verso quel tendone che li aveva fatti
incontrare e innamorare,ora potevano ritornare ad essere semplicemente il clown e la donna
cannone.
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