Coniglio mannaro
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Buona accoglienza per il debutto operistico del grande Lorin
tratto da Orwell. Musica difficile, buoni interpreti
ma una straordinaria messa in scena
1984, IL DAY AFTER TOTALITARIO DI MAAZEL TRAVOLGE LA SCALA
di Elena Percivaldi
“La guerra è pace! La libertà è schiavitù! L’ignoranza è forza!”. Ecco la triade che, dall’inizio alla fine, scandisce ridondante il 1984 di Lorin Maazel in questi giorni alla Scala di Milano. Tratto dall’omonimo romanzo di George Orwell, il lavoro in tre atti ha avuto la sua “prima” a Londra nel 2005 e arriva per la prima volta sotto la Madonnina ricoprendo il Piermarini di nubi plumbee e angosciandolo con un clima claustrofobico degno del peggiore manicomio. Il maestro, dal podio, ha diretto magistralmente il suo lavoro grazie a un’orchestrazione eccellente. Un’opera musicalmente difficile e con forti presenze atonali. Che però nel contempo è gran debitore della lezione di Bernstein, come mostrano certi momenti tendenti al musical quali i duetti, gli inni o le canzoni retrò nei tratti più suggestivi.
E forse è proprio questo, nel complesso, il limite di 1984: l’aspirare a fare Bernstein senza però riuscirci, o almeno non del tutto. Certo, Maazel i meccanismi del teatro li conosce eccome. Sa quando spingere sull’acceleratore (i cori finali), stupire con effetti speciali (la bomba che fa strage nella piazza a fine primo atto durante un’impiccagione), allentare la tensione (i duetti amorosi), far fremere lo spettatore di orrore e di sdegno (scene di tortura del terzo atto). Ma mischiare il buon Leonard con Debussy, Sciostakovic, Berg e via novecentando rischia di far smarrire la strada anche a Pollicino, come anche di fargli perdere l’identità senza peraltro trovarne una propria. Ed è quello che, secondo noi, è accaduto a Maazel in questo suo debutto operistico, condannando il maestro, almeno per ora, a rimanere prima un direttore d’orchestra, e poi un compositore.
Il lavoro di Maazel è fedele al romanzo di Orwell fino al parossismo, sintetizzato com’è nei suoi spunti essenziali – il totalitarismo, la follia del Bipensiero (Doublethink), l’assillante utilizzo della Neolingua (Newspeak) che impoverendo i concetti dell’eloquio tramite l’introduzione, per ogni concetto, del suo contrario tramite la sua semplice negazione insterilisce progressivamente fino a renderlo superfluo il pensiero stesso – dal brillante libretto di J.D.McClatchy e Thomas Meehan. Ma riserva ampio spazio – più in verità di quanto non ce ne fosse nel testo originale – all’amore tra i due protagonisti, Winston e Julia: il che permette a Maazel qualche divagazione lirico-melodica che dà tregua all’orecchio e nel contesto non guasta certo.
Tornando allo spettacolo, la cosa più efficace è senza dubbio l’impressionante resa scenica: la regia di Robert Lepage e le scene di Carl Fillion, superlative, hanno evidenziato grazie alla grande pedana rotante che si apriva ora in sala delle adunate, ora in piazza delle esecuzioni, ora in sala delle torture il clima agghiacciante del capolavoro orwelliano, ambientato in una Oceania da Day after retta dal Grande Fratello che fonda il suo potere sulla manipolazione delle coscienze, sull’annullamento del singolo e sul rovesciamento continuo della realtà. A impersonarlo, la perfetta voce fuori campo di Jeremy Irons che, onnipresente sugli schermi, di tanto in tanto irrompe in scena ad annunciare le vittorie nella sempiterna guerra contro il mutante nemico. Gli eloquentissimi costumi di Yasmina Giguère (bambini spie in divisa da Hitlerjügend, i prigionieri di guerra di Eurasia vestiti come i carcerati di Guantanamo) rivestono l’incubo trasferendolo fuori dal tempo e rendendolo tangibile e reale anche per tutti noi.
Buoni tutti gli interpreti: Julian Tovej (Winston), Nancy Gustafson (Julia), Richard Margison (O’Brien), Jeremy White (Parsons), Peter Tantsits (Syme) e soprattutto Iride Martinez (nella duplice veste dell’istruttrice e della donna ubriaca). Insieme agli ottimi cori (anche e soprattutto quello dei bambini: Spie e Prolet), l’apparato rende alto il livello di uno spettacolo che comunque definiremmo, nel complesso, difficile e provante.
Ultime repliche: 8, 10, 14, 17 maggio 2008.
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Un classico assoluto della letteratura medievale. Prefazione di Franco Cardini.
Anonimo del X secolo
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A cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
Ed. Il Cerchio, Rimini
pp. 224, euro 18
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NE PARLANO:
GR2 (RAI RADIO 2): INTERVISTA (9 gennaio 2008, ore 19.30) Dal minuto 20' 14''
http://www.radio.rai.it/radio2/gr2.cfm#
ASSOCIAZIONE CULTURALE ITALIA MEDIEVALE
http://medioevo.leonardo.it/blog/la_navigazione_di_san_brandano.html
IL SECOLO D'ITALIA 12 dicembre 2008 p. 8 - SEGNALAZIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2008/12-dicembre/081214.pdf
IL SECOLO D'ITALIA 01 gennaio 2009 p.8 - RECENSIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2009/01-gennaio/090110.pdf
ARIANNA EDITRICE
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23436
GRUPPI ARCHEOLOGICI DEL VENETO, p. 12-13:
http://www.gruppiarcheologicidelveneto.it/VA129.pdf
IRLANDAONLINE:
http://www.irlandaonline.com/notizie/notizia.asp?ID=1231329012
Giornali, siti e altri amici che parlano di me e delle cose che faccio (le recensioni dei miei libri le ho linkate a parte):
http://www.archaeogate.org/classica/pubblicazione/536/elena-percivaldi-gli-ogam-antico-alfabeto-dei-celti-kel.html
http://www.storiaonline.org/mi/rassegna.1.specchio.htm
http://www.filologia.org.br/vicnlf/anais/caderno05-01.html
http://www.irlandaonline.com/notizie/notizia.asp?ID=-1035191989
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7114463&a=2
http://www.bibrax.org/news/news.asp?Guid=3175
http://www.bibrax.org:80/celti_druidismo/ogam.htm
http://www.antikitera.net/libri.asp?ID=222
http://medioevo.leonardo.it/blog/gli_ogam_antico_alfabeto_dei_celti.html
http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/D6330841.html
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=17389
http://www.agensu.it/archivio/articoli/186/gli-ogam-antico-alfabeto-dei-celti
http://www.centrostudilaruna.it/ogam.html
http://medievale.splinder.com/archive/2008-02
http://www.dnetwork.it/forum/viewtopic.php?f=10&t=862
http://www.medievistica.it/index.php?option=com_content&task=view&id=158&Itemid=2
IL MIO INTERVENTO A RADIO RAI nella trasmissione NUDO E CRUDO, in onda su RADIO 1 a proposito di Halloween e dei Celti:
1 novembre, Europa tra sacro e profano
1 novembre, Europa tra sacro e profano. Ne hanno parlato al microfono di Giulia Fossà: Elena Percivaldi, giornalista e studiosa di storia antica e medievale; Flavio Zanonato, sindaco di Padova; Marino Niola, Professore di Antropologia Culturale all'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli; Sonia Oranges, giornalista de 'Il Riformista'; Alberto Bobbio, capo della redazione romana di 'Famiglia Cristiana'; Ennio Remondino, corrispondente Rai in Turchia. La corrispondenza di Alessandro Feroldi sulle politiche dell'immigrazione a Pordenone.
ASCOLTA: http://www.radio.rai.it/radio1/nudoecrudo/view.cfm?Q_EV_ID=230636
ELENA PERCIVALDI, "I Celti. Una civiltà europea", 2003, Giunti (Firenze), pagine 192, euro 16.50
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TRADOTTO IN TEDESCO (ED. TOSA)
ELENA PERCIVALDI, I Celti. Un popolo e una civiltà d'Europa, 2005, Giunti, pagine 190, euro 14.50
***
Elena Percivaldi, GLI OGAM. Antico Alfabeto dei Celti, Keltia Editrice, formato 150x230 -pagine 176, euro 15
brossura, con xx tavole fuori testo in b/n
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L'alfabeto ogamico è un originalissimo modo di scrivere che fu inventato presumibilmente intorno al IV secolo d.C. Il nome "ogam" è stato collegato a quello di un personaggio chiamato Ogme o Ogmios: per i Celti il dio della sapienza. Nella tradizione irlandese del Lebor Gàbala (Libro delle invasioni), Ogma è un guerriero appartenente alle tribù della dea Danu (Tuatha Dé Danann). Un testo noto come Auraicept na n-éces (Il Manuale del Letterato), che contiene un trattato sull'alfabeto ogam, dice: "al tempo di Bres, figlio di Elatha e re d'Irlanda (...) Ogma, un uomo molto dotato per il linguaggio e la poesia, inventò l'Ogham.”
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AISSCA - Associazione italiana per lo studio dei santi, dei culti e dell'agiografia
http://www.flashinlabs.eu/aissca/index.php
Tibet. Land of exile
di Patricio Estay
Skira Editore
pp. 224, euro 39
Volti, cerimonie rituali, frammenti di vita in seno ai templi delineano attraverso la fotografia i segni del ritratto di un mondo in cui le difficoltà morali, il fervore spirituale e la profondità d’animo vanno di pari passo con la gentilezza, l’allegria e l’immensa generosità. Le suggestive immagini in bianco e nero, fortemente spirituali, della prima parte del volume si contrappongono alle intense fotografie a colori dedicate alla realtà di tutti i giorni (centri commerciali, prostitute) pubblicate nella seconda parte. Il libro è introdotto da un accorato messaggio di pace del Dalai Lama che pone l’accento sulla grande forza d’animo con cui il popolo tibetano affronta continuamente ardue prove nel tentativo di continuare a perpetuare l’affermazione delle proprie idee e della propria spiritualità.