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Carceri Italiane, sai quando entri ma non sai se uscirai....vivo!

Post n°17 pubblicato il 22 Ottobre 2009 da melanieedina
 

Ieri, tra un click e l'altro sono venuta a conoscenza di una vicenda disumana.

Una madre che lotta da ormai oltre un anno per avere giustizia nei confronti del figlio ammazzato in carcere, più precisamente al Marassi di Genova.

Manuel da quel che si legge, era uno come tanti, aveva la ragazza, le serate in discoteca, qualche "cazzata" con gli amici, una dipendenza che però stava cercando di combattere....

Tutto ha inizio per una macchina rubata...

Riporto in breve quel che ho letto in un post dal blog Manuel Eliantonio

>> http://blog.libero.it/MANUELbyMANU/6645420.html <<

____

"Manuel Eliantonio aveva appena compiuto 22 anni il giorno che è stato dichiarato morto, nel carcere di Marassi aGenova, per «dinamica non definita e patologia non identificata» dal medico del carcere. Dal giorno dopo la stampa nazionale racconta di un tossicodipendente deceduto in carcere dopo un’intossicazione da gas butano, sostanza spesso usata dai detenuti per stordirsi, in assenza di altre droghe."

La mattina del 23 dicembre dello scorso anno una macchina con a bordo 5 ragazzi, di ritorno da una nottata in una discoteca di provincia, viene fermata dalla polizia stradale in un autogrill della A6 Torino-Savona.

I fermati vengono obbligati alle analisi, che risultano positive: hanno assunto cannabis, cocaina e anfetamina. Manuel è l’unico dei cinque a reagire al fermo, fino al momento in cui tenta di fuggire dalla presa della polizia con la scusa di dover andare al bagno.

Secondo la versione ufficiale è qui che compie l’ingenuità che lo porterà alla morte.

Viene ripreso immediatamente e a causa di quel tentativo di fuga è l’unico dei 5 a finire in nottata nel carcere di Savona.
L'ACCUSA  e di resistenza e lesioni plurime a pubblico ufficiale.???

Rimane in carcere fino al 16 gennaio, quando gli vengono finalmente concessi gli arresti domiciliari in attesa di giudizio.

Il 25 marzo 2008 è nuovamente arrestato per non aver rispettato gli obblighi di dimora e a quel punto inizia il suo calvario. Nei 4 mesi di carcerazione che passano dal secondo arresto alla sua morte viene trasferito 4 volte.
Dal carcere di Savona viene tradotto a Chiavari, poi a Torino per un’udienza (dove riesce a vedere i suoi familiari), poi di nuovo di passaggio a Chiavari, per finire , il 13 Giugno , nelle celle del carcere genovese di Marassi dove morirà.

Il 20 luglio però, telefona dal carcere alla nonna: durante la telefonata denuncia di essere stato violentemente picchiato, di avere un occhio gonfio e totalmente nero e segni di botte su tutto il corpo. A quel punto la telefonata viene bruscamente interrotta dal centralino del carcere e la sua famiglia inizia a cercare l’avvocato per presentare un’immediata istanza di scarcerazione.

Appena 4 giorni dopo la mamma riceve una lettera con un timbro postale di due settimane prima, le parole di Manuel sono strozzate e sofferenti, quello che scrive è più che chiaro:

«Carissime bamboline mie, mi dispiace che non vi ho fatto avere più mie notizie, ma anche io ho i miei problemi: mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana. Ora ho solo un occhio nero, mi riempiono di psicofarmaci, quelli che riesco li sputo ma se non li prendo mi ricattano. Sono in isolamento almeno 4 giorni alla settimana, è già tanto che ricevo le lettere. Sto mangiando poco.Ho fatto il processo il 4 giugno, mi hanno condannato a 5 mesi e 10 giorni. Facendo i calcoli, con la galera che ho già fatto da dicembre, dovrei essere fuori i primi d’agosto, se Dio vuole.»

Il 25 luglio alle 9.25  arriva quella maledetta telefonata da Marassi

“abbiamo una brutta notizia da darle, suo figlio è deceduto ma lei è inutile che viene qui che non c’è più”.

"Ho chiuso la comunicazione e sono partita subito per Genova, diretta verso l’obitorio del San Martino. Nel mio cuore speravo in uno sbaglio di persona, pregavo non fosse lui. Non me l’hanno fatto vedere subito, poi sono riuscita ad entrare. Ho trovato mio figlio con una maglietta non sua, che gli stava molto piccola, completamente coperto di lividi su tutto il corpo, con delle chiare tracce di sangue che dal naso salivano verso la fronte e i capelli."

Un ragazzo che ha sbagliato e che stava pagando con la privazione della libertà. Perchè ridurlo così? chi non ha mai sbagliato nella vita? La legge detta che la pena deve tendere al recupero del detenuto. Manuel era un ragazzino, aveva tutta la vita davanti a sè ma lo Stato al quale era affidato non ha saputo nè recuperarlo nè mantenerlo in vita. Una vita stroncata, sua madre che lo piange, altre vite segnate per sempre. Non ci sono parole. Addio Manuel.

____

Non conoscevo Manuel, "purtroppo" l'ho conosciuto ieri tramite questo blog, che dire....stupita e amareggiata!

Non conoscevo questa realtà delle carceri, non sapevo che esistessero esseri umani, che poi di umano hanno ben poco, coinvolti in atti così bestiali...magari solo per sentirsi più virili...

Di storie come queste in Italia, si legge, ce ne sono parecchie, quasi all'ordine del giorno ma per me leggere una cosa simile per la prima volta è stato impressionante!

Approfondendo l'argomento si arriva a leggere di medici delle carceri "corrotti" o medici "rassegnati" che compilano le cartelle cliniche del "pestato" omertosamente.

Ma anche - fortunatamente - di medici che si sono dimessi per lo schifo che c'è!

Quindi a questo punto quello che ieri si pensava anormale oggi è normale!

I pestaggi da parte degli agenti "organizzati in apposite squadrette"  è la normalità!

Imbottire di psicofarmaci un ragazzo di appena 22 anni, che creano comunque dipendenza con un elevato rischio fatale e poi dire che il ragazzo era tossicodipendente è la normalità.

Ammazzare di botte, nel vero senso della parola, un ragazzo cui la colpa è stata, magari, una parola in più o un no in più perchè non c stava ai ricatti e poi dire che è deceduto in seguito ad un’intossicazione da gas butano...è la normalità!

Nessuno può decidere sulla vita altrui, ma spesso qualcuno se lo dimentica e magari con un manganello e una divisa addosso si sentono degli Dei!
Magari per gioco, magari per assecondare quella loro parte egocentrica e MAGARI sono loro a dover stare dietro le sbarre!

Il problema poi è che non se ne parla!!!
I TG mi dicono che cosa indossano le "premiere dame"! Quanti giri di hula hop fa la Obama! Quante tette ha pinco pallo!! Ma ci rendiamo conto?
E se se ne parla, si fa in un talk show, di appena 20 minuti!
Meno male che c'è internet e l'informazione può girare!!

Ma dico io che Italia è venuta fuori?

Che vive di reality, escort e lerciume vario ma nasconde i reati della polizia...dello Stato!

Nessuno, finora, sta pagando per la morte di Manuel e chissà di quante altre vite spezzate omesse.


Ora un pensiero va alla mamma di Manuel :

"Cerca di non abbandonare mai la speranza di far riposare in pace Manuel, vedrai che se anche viviamo in un mondo ingiusto se lotti riuscirai ad avere giustizia! O almeno credo..
(e se poi non sarà qui, l'avrai nella vita eterna dove ci sarà davvero il giudizio, ma questa volta quello Divino!)

Un abbraccio!"













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