Creato da: tasteinmen il 12/01/2006
Avventure di un tranquillo single metropolitano, diviso tra metro, autostrade, discoteche e viaggi interessanti

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By night

Post n°9 pubblicato il 20 Gennaio 2006 da tasteinmen
 
Tag: VM18
Foto di tasteinmen

domenica 15 gennaio 2006

Riesco ad alzarmi per fare colazione. Poi approfitto per fare un salto in centro per lo shopping...
Non so se farmi martoriare ancora in un hammam o se... Passo davanti al cine e alle 10.30 è già aperto e rimango ad osservare la gente che entra.
Il flusso è costante, decido di entrare. Ho solo un'ora prima di rivedere L. Faccio un paio di ricognizioni, giusto per non rimanere fedele troppo a lungo.
Riesco perfino a beccarmi degli improperi e delle minacce da qualcuno che non ci sta, ma chi se ne frega, tanto non capisco una mazza.
Ripenso alla teoria delle mani. Purtroppo mi è capitata la prova 0: mani sottili e lunghe, cazzo grosso e voglioso.
Mi è comunque rimasto il feticismo delle mani grosse da spalatore, che lasciano presagire chissà quale ben di dio.
All'ora convenuta scatto verso l'appuntamento con L. E' bello e sorridente. E' vestito ancora come ieri. Vuole andare in albergo, io vorrei uscire.
Ci amiamo con confidenza. Mi annusa, mi chiede se mi sono lavato... Vorrei rispondere CERTO, e dovresti farlo anche tu.
Improvvisiamo qualcosa tra coccole baci e carezze. Poi decido che è il caso di uscire.
Prendiamo un taxi fino all'imbarcadero, metto della musica turca nel lettore e saliamo sul traghetto.
Le nostre prime foto insieme, le lunghe esposizioni sulla bandiera che sventola a poppa, i gabbiani e l'Asia che avanza.
Facciamo un giro al mercato, mangiamo qualcosa ma si sta veramente male dal freddo.
Non vediamo l'ora di tornare in città. La corsa in traghetto dura meno del solito, la nostra giornata sta per finire. Gli vedo un'ombra malinconica sul viso mentre io scatto foto al tramonto e lui si fuma la solita sigaretta.
Ha freddo, vorrei scaldarlo. Andiamo in taxi per far prima, lo trascino da Starbucks per un caffè caldo. Parliamo passandoci il dizionario biligue.
Vorrei comprargli qualcosa, un paio di scarpe nuove, della musica, Hammam di Ozpetek ma non vuole nulla. Ha preso solo la mia t-shirt bianca.
Io ho preso la sua. Almeno potro' lavarla.
Torniamo in camera. Il receptionist non si stupisce di nulla o non ha capito che ci sono solo io in quella stanza.
Apro l'acqua della doccia, ci spogliamo e ci annusiamo. Poi ci buttiamo sotto il getto caldo, insieme.
Insapono la sua testa, me ne prendo cura come fosse il mio bambino, gli insapono il petto, poi il sesso. Mi eccita.
Ora mi lava lui. Il rito del lavaggio diventa un gioco erotico. Facciamo l'amore con lui che cerca di penetrarmi, ma gli concedo solo di sfregarsi tra le mie cosce.
Il sapone elimina ogni attrito, è eccitatissimo. Si volta e mi chiede di scoparlo.
Lo spazio è poco, l'equilibrio è precario. Mi insapono la mano destra e inserisco il pollice lasciando le altre dita tra le gambe, ad afferargli le palle.
Lo scopo con le dita. Premo in giù sulla prostata. Lui si agita, lo accarezzo, lo sfioro, si masturba forsennatamente. Stantuffo e ruoto il pollice, sono convinto di vedere i brividi sulla sua schiena.
Inarca la testa all'indietro passandomi la lingua e viene a potenti getti sulla tenda della vasca.
Rilavo il mio cucciolo e lo consolo. Gli avvolgo un asciugamano caldo e lo accarezzo asciugandolo.
Ci sdraiamo a letto, siamo sotto le lenzuola e le coperte. Siamo nudi e ci coccoliamo. Spengo la luce. Sono teso.
Avrei voglia di andar fuori, di stare solo. Apro il mio martini rosso, lascio che lo beva dalle mie labbra. Sto attento alle dosi. Forse sbaglio, ma in un attimo lo sento delirare.
Non smette di dirmi che mi ama e che si ammazza se vado via. Non vuole tornare dai suoi, vuole rimanere da me.
Io non ho nessuna voglia ORA di dormire. O di dormire con lui. Mi annoio e dimentico anche quanto mi piaceva scoparlo mentre mi si sedeva a cavalcioni, buttando gli occhi al cielo nel momento in cui mi sentiva entrare.
Dimentico che gli cingevo i fianchi con le ani per aiutarlo a muoversi avanti e indietro, su e giù.
Dimentico la mie mani che stringo il suo petto e accarenzano il suo ventre. Dimentico che mi ricorda l'amore con M.
Mi rivesto stizzito. Si riveste. Ci baciamo e si va via.
Lo metto su un autobus e finalmente mi risento libero.
Forse non ci rivedremo più, ora ho voglia che sia ancora la mia vacanza.
Giro per la città di notte, tra gli scorci più belli e luminosi. Scatto foto notturne, catturo scie di auto e taxi.
Entro nel Pera Palace, faccio scricchiolare il parquet esattamente come tanti prima di me lo hanno fatto.
Immagino le valigie arrivate con l'Orient Express, Agatha che siede lì davanti alla vetrina ad ammirare il Bosphoro e a raccontare del suo Ercule.
Il bancone del bar sembra uscito da un quadro impressionista, non reggo all'emozione. Non mi va di essere osservato in preda ad una sindrome di Stendhal.
Esco nel freddo della notte, assaporo gli ultimi profumi.
Mentre vado verso l'hotel sento chiamare il mio nome. E' A. Immagino nel suo piccolo cuore e nella sua piccola mente, il trionfo di avermi ritrovato.
Immagino la speranza di poter passare un momento di intimità con me, di potermi baciare e stringere, di poter essere posseduto.
Sono più stronzo di ciò che mi aspettassi. Fischietto e lo ignoro. Come se non lo avessi mai conosciuto.
Non nego che mi sento attratto, ma voglio che impari che qualcosa è andato storto.
Si scusa per l'altra sera, giura di non conoscere il cocainomane che ci/mi ha aggredito.
Immagino che mi abbia pensato in tutto questo tempo, da quando sono fuggito su per le scale non avrà fatto altro che pensare a me e maladire lo svitato.
Faccio la faccia da duro. Gli dico chiaramente che non ha fatto né ha detto nulla per difendermi. Che ha lasciato che tutto si rovinasse.
Ora, gli dico, ripasseremo di lì e cosa succede se lo rivediamo? Che questa volta chiamo io la polizia, visto che IO sono il turista e IO non faccio nulla di male, anzi.
E VOI mi date fastidio e mi importunate. Quindi sarete VOI ad essere portati via.
Ha gli occhi tristi, le orecchie basse. Vorrei tenerlo stretto e dire che fa niente, rimani abbracciato a me che ora ci pensa lo zio a fati divertire.
Invece questa volta lo zio rinuncia. Lo saluto duramente. Gli dico "alla prossima". Se ne va barcollando. Povero A.

 
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