San Francesco di Assisi

fratello Sole e Sorella Luna

Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. (Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi)

 

SINDONE

 

La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sacra Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia. Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia. Come sia giunta, la Sacra Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito. La Sacra Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sacra Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione. La Sacra Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers. Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, Gautier IV de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sacra Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino. Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento. La "pista templare" sostiene che la Sacra Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia. In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia. Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sacra Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578. La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la Sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.

 

IN FEDE

 

ANTICA SEDE

 

Nel  1102, il Re di Gerusalemme Baldovino II, concesse hai cavalieri di Cristo la custodia del Tempio di Salomone e la residenza nel  monastero fortificato di Nostra Signora di Sion situato a finaco al Tempio, con il passare degli anni il numero dei cavalieri aumentò, cosicchè dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsaa. A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Cavalieri di Cristo a Cavalieri del Tempio di Gerusalemme". 

 

 

GOFFREDO DI BUGLIONE

BALDOVINO I

 

templari in Terrasanta

 

 

  


 

 

 

Il Krak dei cavalieri , così chiamato, imponente ancor oggi nonostante i millenni, sorge su un colle di 750 metri , conquistato nel 1109 da Tancredi di Antiochia; fu ceduto in seguito all’ordini cavallereschi. È un castello quasi senza fine, robusto; solo lo spessore della prima cerchia di mura è di 24 metri, la seconda cerchia domina la prima ed infine vi è un robusto mastio che controlla tutte e due; in pratica compongono il krak tre castelli costruiti uno sull’altro ed indipendenti tra loro. Il Krak era considerato il castello più grande tra le tante fortezze -forse il più bello del mondo-, nella valle della Becaa. Il suo nome in arabo significa dunque fortezza, “Karak”, cardine della difesa del porto di Tripoli e della valle d Becaa, inserito come un anello in una collana tra le cui maglie splendevano i castelli della Santa Milizia Templare.
 La fortezza KARAK come la chiamavano gli arabi-. KARAK è un palindromo, cioè una parola che si legge uguale sia da Occidente, sinistra a destra, che da Oriente, destra a sinistra. In sumero significa ‘anima (KA) Sole (sia RA che AR)’. KAR è la ‘forza dell’anima’ [Il nome Carlo ß KAR LU ‘soggetto forza’ comprova].

 

templari lungo la via Francigena

 
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente. La causa dell'espansione dei Templari in Italia è da ricondurre a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese (Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l'imbarco verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni templari in Outremer. L'espansione dell'Ordine (tra la seconda metà del XII secolo sino alla fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in primo luogo le località costiere per poi procedere verso l'entroterra. Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno 150 insediamenti appartenenti all'Ordine del Tempio, di questi meno di un terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola.
La maggiore concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di Puglia ove, tra l'altro, avevano diverse sedi. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia "precettorie" o "mansioni" a seconda della loro importanza, mentre in Francia prendevano il nome di "Commanderies". Anche in Puglia l'espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a penetrare all'interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle fertili pianure della Capitanata nell'entroterra garganico e della Murgia in Terra di Bari.I Cavalieri Templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi ospizi per l'accoglienza dei pellegrini. Grazie all'intervento dei pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese, anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è soprattutto alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae, con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite nell'ambito delle mansiones, composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi che percorrevano l'Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta con le domus con annessi degli hospitales.

 

Templari in Puglia

Castel del Monte

All'interno del cortile c'era una vasca ottagonale monolitica che serviva per contenere l'acqua; sotto il cortile vi era una cisterna grandissima. Su cinque delle otto torri c'erano cinque cisterne pensili collocate proprio su quelle torri dove c’erano i servizi igienici. Le cisterne raccoglievano l’acqua e quando erano troppo piene c’era un troppo pieno che scaricava fuori. Il terrazzo del castello è fatto a dorso d’asino: l’acqua che scorreva verso l’esterno riempiva queste cisterne, l’acqua che scorreva verso l’interno riempiva la cisterna situata sotto. Ciò dimostrerebbe che Castel del Monte non è un castello di difesa ma un edificio costruito come un Tempio.Fedeico II, Ordina la costruzione del castello nel gennaio del 1240 e muore nel 1250: c'erano dieci anni di tempo per terminare la costruzione del castello. Alla costruzione del castello hanno lavorato maestranze altamente qualificate come dimostrato dalla costruzione architettonica che è un gioiello di matematica. Le pareti del piano superiore erano tutte rivestite di marmi preziosi che sono stati rubati assieme a sculture e bassorilievi. In quel momento storico particolare in Puglia vi era una presenza molto massiccia dei Cavalieri Templari, i monaci guerrieri i quali erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese. La Puglia era una delle dieci province dei Cavalieri Templari disseminate dal centro Europa fino al medio Oriente e in più la Puglia a quel tempo era la cerniera tra oriente e occidente.

 

RE RUGGERO II

Jolly Roger". La tradizione vuole che questo vessillo venisse utilizzato anche a bordo delle navi dei "Poveri Soldati di Cristo e del Tempio di Salomone", come i Templari erano conosciuti originariamente. I Templari combattevano le loro battaglie anche in mare, abbordando ed affondando le navi nemiche: di qui l'analogia coi Pirati e l'adozione della bandiera col teschio e le ossa, la bandiera usata da  re Ruggero II di Sicilia (1095-1154). Ruggero era un famoso Templare e di una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti, quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate.sempre legata ai Cavalieri Templari. La notte del 13 Ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, in gran segreto, 18 galee templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dov'era pronta una flotta templare. I Templari, segretamente avvertiti del tranello teso nei loro confronti dal Re Filippo il bello di Francia, avevano portato in salvo il loro Tesoro e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Durante il viaggio in mare, i Templari superstiti si riunirono in consiglio per decidere sotto quale segno avrebbero navigato, non potendo più utilizzare la classica croce rossa in quanto ormai bandita. Al termine, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate, con il fondo mutato in nero in riferimento al colore delle vele.

 

 

Portogallo tomar

ORDINE SUPREMO del CRISTO

 E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. L’ Ordine venne creato da Dionigi I re del Portogallo ( 1279 - 1325) e dedicato a Cristo, riunendo in tale Ordine tutti i cavalieri del Tempio ( templari ) . Alla nuova istituzione rimase la stessa regola dei Templari, quella Cistercense, come parimenti identici restarono il mantello e la croce patente di rosso, con la sola aggiunta di una piccola croce latina di bianco, caricata sulla prima, in cuore. L’Ordine ebbe l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni XXII il 14 marzo 1319, riservando lo stesso Papa anche alla Santa Sede, oltre che ai Sovrani portoghesi, la facoltà di conferire tale ambitissima distinzione cavalleresca. L’Ordine, con la destinazione di tutti i beni dei cavalieri del Tempio presenti in Portogallo e con lo scopo di difendere il Regno d’Algarve contro gl’infedeli scrisse, nella penisola iberica stupende pagine di eroismo e di gloria, nella dura e sanguinosa lotta contro i Mori. La sede originaria dell’istituzione cavalleresca era situata a Castro Marino, nell’Algarvia ed in seguito venne invece spostata a Tomar, nel vecchio convento dei templari, ribattezzato Monastero del Cristo, per meglio respingere gli assalti dei Mori. Il Sommo Pontefice Eugenio IV ( 1431 - 1455 )

 
Creato da: knighttemplar il 18/05/2008
RICERCHE STORICHE

 

 
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Il mistero della tomba di San Francesco

Post n°130 pubblicato il 26 Novembre 2010 da knighttemplar

 

"Quel che Francesco vuole dire che è inutile andare in Terra Santa per liberare i luoghi santi, che Betlemme può essere ovunque, anche a Greccio, purché Cristo sia nel cuore. Quello che Francesco fa è riaprire gli occhi di questo bambino morto, cioè riaprire nel cuore dei fedeli, quell’amore per gli altri che era assolutamente morto. Quindi l’invenzione del presepio mi sembra sia proprio la risposta di Francesco alle Crociate. L’essenziale non è sconfiggere, uccidere; al contrario, è far rivivere il messaggio di Cristo. Quel che è straordinaria è l’idea che Francesco ha avuto di andare, e per prima cosa parlare con i crociati, poi con gl’infedeli, e predicare in una maniera tutta diversa da quella che la Chiesa di solito faceva, e poi di ritornare cercando di far capire come fosse completamente inutile quello che si stava facendo e che produceva solo odio." Una sola radice condivisa poteva infatti accomunare i due campi avversi: Il Gesù dei Vangeli, e Quello stesso del Corano. Il comune messaggio di "pace e bene", che riunisce i popoli della terra in una sola "Ecumene". Tutti insieme in un'unica civiltà: ieri come oggi, insoluto problema della convivenza pacifica dei popoli. Francesco sapeva molto bene quel che voleva e ciò che faceva. La sua missione di pace sovrastava ogni capacità d'ordinaria comprensione da parte dei fautori della crociata. Elia e Francesco, che poi lo raggiunse, ambedue armati della sola Fede, portavano nel mondo musulmano "la parola sacra d'un Dio universale", messaggio che venne compreso e accettato dal Califfo. Il Sultano del Cairo -come non dice la cronaca richiamata- aveva dimostrato di possedere senz’altro una mente aperta, attenta ai problemi dello spirito, ed era un abile politico, ma era soprattutto "un Maestro Sufi", "un massone d’oriente iniziato all’arte regia", cosa che consentì di creare tra di loro rapprti più intensi, in quanto, secondo molti elementi, sia Franceco che Elia dovevano appartenere o avere forti legami con "la fratellanza massonica". A tal proposito abbiamo trovato un'altra botola, in un libro di recente pubblicazionw "il santo dal Sultano", di John Tolan, ed. Laterza, che parla dell'incontro tra il Sultano e Francesco e di "due bacchette" e di un "corno" d'avorio, regalati dal Califfo a Francesco, oggetti che si trovano nella teca nella "Cappella delle Reliquie" nella Basilica Inferiore". L'autore, a pag 333 del libro citato, riporta il pensiero di Idries Shah, che ritiene che Francesco fosse stato iniziato al sufismo in Francia, e fosse entrato nella tenda come "novizio", uscendone dopo 10 giorni come ";Maestro Sufi". Non fu quindi Francesco a "convertire" il Sultano, come ha cercato di sostebere l'agiografia ufficiale, ma questi a riconoscere le qualità inizitiche di Francesco, a cui trasmettere l'insegnamento del Profeta e dei Grandi Maestri Sufi, come Rumi, le cui poesie assomigliano molto a quelle dell'Assiate. Il Califfo dette a Francesco alcuni simboli, che sono stati considerati dei semplici, anche se un pò strani "regali", ma che in realtà mostravano ai mussulmani d'oriente che Francesco era "Uno di Loro", un Maestro Errante, come i pellegrini Sufi,che avevano l'abitudine di girare per i villaggi, raccontando ai bambini.,che correvano ad accoglierli ,delle storie legate ad un personaggio mitico chiamato "asrudin", che appare come "il fesso del villaggio", che tutti prendono in giro, ma dietro il quale si nasconde un saggio che, attrverso metafore e fiabe, insegnava regole e comportamenti reciproci da seguire per una buona convivenza. Spesso il Maestro Sufi vestiva una tonca piena di toppe colorate per nascondere i buchi e Francesco aveva l'abitudine di girare con "saio pieno di toppe", chiamando a raccolta i suoi frati al suono del corno d'avorio, offertogli dal Califfo d'Egitto, insieme alle bacchette che usano i Muezzin , battendole tra di loro, per invitare al silenzio chi fa rumore durante la predica. Il "Muezzin" è colui che dall'alto dei minareti ricorda ai fedeli musulmani l’appuntamento con le preghiere quotidiane prescritte dal Corano. Cinque volte al giorno, dall’alba fino a tarda sera. Francesco ricevette dal Sultano anche un saio bianco, che lui probabilmente indossava come salvacondotto durante le peregrinazioni in Palestina insieme al corno d'avorio attacato alla cintola. Ed in questo suo peregrinare per i luoghi santi sembra che abbia aperto la strada agli altri confratelli per fondare i conventi e gli ospizi francescani sul Monte Sion, a Gerusalemme, a Betlemme, a Nazareth ed al Santo Sepolcro, la cui custodia è fin da quel lontano 1220 affidata appunto ai francescani, come conferma del resto l'ambasciatore francese in Palestina, il famoso scittore francese Chateubriand, che nelle sue "memorie d'oltretomba", racconta di aver trovato dei documenti originali che confermerebbero la fondazione del convento a quel periodo storico e la loro nomina a custodi. Chateubriand a quanto riferisce John Tolan a pag. 296 del libro citato, riceve dai francescani, che lo ospitavano nel loro Convento "un onore che non aveva né domandato, né meritato". Nel suo libro "Memorie d'oltretomba" Chateubriand evoca spesso il nome di Francesco "mio Patrono in Francia e mio albergatore al Santo Sepolcro, che visitò" (ed, Longanesi, Milano vol.3, pag.483), ma riferisce di un'incredibile iniziazione ai "Cavalieri del Santo Sepolcro" (1122), eseguita con la spada di "Goffredo di Buglione" dal custode francescano dei Luoghi Santi, l'unico che a cui è riconosciuto il diritto ad introdurre nuovi membri nell Ordine. Secondo l'ambasciatore francese in Palestina gli venne data l'investitura a Cavaliere - guardiano del Luoghi Santi con un rito che può essere accostato secondo John Tolan a quello al quale aveva partecipato Nompar de Caumont nel 1419 e anche ad altri occidentali, come il console inglese nel 1856, a cui venivano mostrate anche gli speroni di Goffredo di Buglione, conservati ancora oggi nella Chiesa del S. Sepolcro a Gerusalemme. L'Ordine dei Francescani ha quindi nel suo seno dei veri cavalieri del Santo sepolcro fin dalla fondazione del Convento nel 1218 ad ora di Frate Elia, appositamente inviato in Palestina a tale scopo e che preparò la sua venuta non certo per convertire, ma per ottenere il rispetto e la tutela dei Luoghi Santi, compito assolto per oltre 700 anni., cosa del resto confermata non solo da diversi autori francescani e non, che sostengono che il Sultano Malik al Kamil aveva dato la custodia dei Luoghi Santi in occasione della visita del Santo. Gli stessi legami di spirito iniziatico doveva averli certamente anche Federico II, che nel 1228-29 portò a temine la missione di pace di frà Francesco e di frà Elia riuscendo a ottenere, senza spargimento di sangue, la cessione di Gerusalemme, Betlemme e Nazareth, grazie a un abile accordo politico e diplomatico con al-Kamil, che pure sollevò in entrambi i fronti una tempesta d'indignazione nel mondo arabo, ma anche in quello crociato, tanto da costringere Federico II a intervenire drasticamente con la forza delle armi, impiegate contro gli alleati e non contro gli acerrimi avversari di sempre, cosa che dovrebbe far riflettere. Queste sono "le analisi al contrario", che non si ritrovano certo nella storiografia ufficiale, perché gli avvenimenti, appunto, vengono sempre letti e interpretati "nel verso giusto", quello dei "vincitori", ma che, se ri-letti nel modo corretto, quasi sempre forniscono nuovi elementi decisamente discordanti dalla "verità" propugnataci dagli storici. Soprattutto forniscono indizi importanti sui "reali rapporti" instauratisi tra Francesco, Elia e il Califfo d’Egitto, e poi con lo stesso Federico II. Se infatti si esaminano da un’altra prospettiva i rapporti instaurati da Francesco e da Elia con Federico II e con il sultano di Egitto Malik el-Kamil, si comprende che si trattò di un vincolo intimo e profondo, di un rapporto di amicizia e di fratellanza spirituale ed esoterica, che li teneva profondamente ed indissolubilmente uniti tra di loro, come abbiamo cercato di mettere in evidenza negli altri capitoli dedicati a questo emblematico "rapporto diverso, troppo diverso", da quello "raccontatoci" dalla agiografica storiografia ufficiale. Troppe sono, infatti, "le coincidenze" che stanno a indicare come Francesco non fosse solamente "il poverello" di Assisi, né Elia semplicemente uno "scomunicato" e Federico II "l’Anticristo dell’Apocalisse". Il Calzolari, nel libro da tempo sparito ed introvabile, fa giustamente notare che:

"il nodo occulto che lega queste tre figure è senz’altro lungi dall’essere sciolto in maniera definitiva", anche grazie a coloro -come è avvenuto del resto per Celestino V e per la Basilica di Santa Maria di Collemaggio- che, con innegabile solerzia nel corso della storia, si dettero da fare affinché sparissero documenti e manoscritti, oltre ad oggetti consacrati e importanti e insostituibili reliquie. Per comprendere la vera natura e qualità dei rapporti tra Francesco ed Elia e tra di loro con l’imperatore Federico II e con il Sultano di Egitto Malik el-Kamil, sarebbe indispensabile ricostruire la loro storia e il succedersi degli eventi, distorti e nascosti dopo tanti secoli di oscurantismo e di voluto mimetismo storico (così afferma il Dallari nella suo libro dedicato alla figura di Elia, non a caso intitolato Il dramma Frate Elia, Milano, 1974). Due "cavalieri della Luce", a due veri "guerrieri dell’arcobaleno", sicuramente due "Elefanti Bianchi", come "Malik", l’elefante ricevuto in dono da Federico II da parte del Califfo di Egitto e che, non a caso, portava il Suo nome. In realtà, ne sono trascorsi solamente >800< di anni. Ce ne vorranno sicuramente altri >88< perché questa "verità", difficilmente confutabile, appaia nuovamente nello "Specchio della Storia", permettendo di rileggere con diversa prospettiva ed angolatura "i gesti" compiuti di frà Elia quel 25 maggio 1230, data alla quale, sempre per un caso fortuito, mi unisce un altro legame altrettanto intenso e profondo, ricorrendo l’anniversario della nascita di mia figlia Eleonora, alla cui Tesi di laurea "Corpo, Mente, Cuore, nuove sinergie nella formazione contemporanea" mi sono tanto ispirato nell’articolare questo Sito e con la quale sto lavorando da tempo su un progetto comune > scrivere a due mani un libro "Alla scoperta dell’intuizione", i cui primi indizi, appena abbozzati, sono allegati al capitolo dedicato alla "Massoneria iniziatica" e che vorremmo intitolare, appunto, "Un innocente condannato al carcere a vita". La stessa condanna è capitata a frà Elia, che si è assunto la responsabilità di un delitto mai commesso, facendosi condannare all’esilio e all’oblio, pur di non rivelare dove e perché aveva nascosto "la prova" della sua innocenza. La cosa incredibile è che la sua condanna non verrà mai annullata, perché altrimenti si scoprirebbero i veri responsabili del misfatto storico perpetrato ai Suoi danni. Ciò non ci impedisce di analizzare nuovamente "le nuove prove", riesaminando proprio il significato delle operazioni rituali svolte da frà Elia quel fatidico giorno e di quello, altrettanto simbolico, delle 12 monete d’argento e dei 12 acini d’ambra, dodici come i 12 torrioni semicircolari di pietra rossa che girano tutt’intorno alla chiesa e che si staccano nettamente dalla cortina bianca. Dodici, che non è altro che la somma del "cinque" con il "sette", che, nel linguaggio mistico esoterico, è l’esempio dell’Ordine Cosmico, dove "l’uomo microcosmo" (il cinque) si incontra con "il Cielo Macrocosmo" (il sette) nella visione della Gerusalemme celeste, fornita di 12 porte e di 12 pietre preziose, che sormontano l’entrata. Ma forse il significato più pregnante del messaggio in codice, lasciato ai posteri da frà Elia a sua discolpa, lo chiarisce molto bene frà Prospero Calzolari, anche lui un massone, forse non praticante, ma sicuramente di spirito, come tanti indizi sembrano confermare, non ultimo la scelta di affidare l’introduzione del Suo libro, da noi tante volte richiamato, ad Alberto Cesare Ambesi, fratello anche Lui di provata fede massonica, passato da tempo all’Oriente eterno, i cui scritti ancora oggi, a tanti anni di distanza dal suo distacco terreno, restano sempre di stimolo e di incoraggiamento a proseguire il cammino di conoscenza intrapreso. Ci consenta quindi frà Prospero di riprendere ancora una volta "aquilonicamente" i suoi rilievi:

 

"Questi oggetti, pregni di significato, legati alla complessa simbologia ermetico-alchemica, non si esauriscono come tali, anche perché frà Elia fece in modo che la testa del santo poggiasse su una "pietra angolare" che, secondo il simbolismo tradizionale, non è altro, per la sua forma quanto per la sua posizione, che la rappresentazione simbolica del principio che "la pietra d’angolo" deve diventare "la testa d’angolo" che resta l’unica nell’intero edificio e che "trova il suo posto alla fine della costruzione". Concetto espresso dal Salmo 117, il quale recita testualmente: "La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo; ecco l’opera del signore: una meraviglia ai nostri occhi" "e "la pietra angolare", posta da Elia segretamente sotto la testa di Francesco, indica che "il Suo percorso iniziatico si era compiuto," seguendo un itinerario che lo aveva portato a poggiare il capo sull’ "occultum lapidem", sulla pietra angolare, "sull’’ultima pietra", in realtà la prima, secondo frà Elia, che vedeva in Lui "la pietra filosofale", novello Cristo ed Asse del mondo, il quale con il Suo avvento aveva compiuto l’Opera, aprendo il mondo alla nuova "Età delle Spirito", vaticinata da Gioacchino da Fiore, che, secondo i dettami della mistica ebraica, utilizzava "i simboli" come rappresentazione della "Verità". "Se questo è il significato segreto di questa pietra angolare, si comprende meglio il motivo che portò frà Elia a scegliere la località denominata allora "Colle dell’Inferno" come luogo per l’erezione della Basilica ed a cambiarne il nome in "Colle del Paradiso". Dovette certamente avere in mente le parole di Matteo (XVI, 18):"Tu sei Pietro, e su questa pietra costruirò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno su di essa". "Ma l’ispirazione a costruire la Basilica di Assisi sul "Colle dell’Inferno", da Elia poi ribattezzato "Colle del Paradiso", gli fu data dallo stesso Francesco, il quale aveva detto che "un giorno quel colle sarebbe diventato "Ingresso del Paradiso" (vedi P. Benoffi, Compendio di Storia minoritica, Aggiunta, p.355) > "Porta Del Cielo", ovverosia "Ianua Coeli". Una coincidenza o piuttosto un chiaro riferimento "ai tre stadi dell’Opera", secondo una visione per cosi dire "dantesca" (la risalita al Paradiso attraverso Lucifero). "Anche la triplice struttura della Basilica -fa rilevare Calzolari- induce ad identiche conclusioni. Infatti la suddivisione della stessa tra Cripta, Basilica inferiore e Basilica Superiore si ricollega al "cammino iniziatico", che dalla decomposizione della carne conduce, attraverso il graduale processo di purificazione, alla gloria dei cieli a "rivedere le stelle", concetto che riassume in sé il significato esoterico della condizione spazio temporale, in cui si trova l’uomo che deve sperimentare la vita e le sue prove al fine di spogliarsi delle sue impurità terrene e raggiungere la perfezione". Quest’analisi di Calzolari ci consente inevitabilmente di dare una lettura diversa del Francesco tramandatoci da Bonaventura, di cui non ci sentiamo di condividere le scelte, anche se motivate e giustificate dal particolare momento storico e dall'assoluta necessità di preservare intatto il movimento francescano, roso dalle divisioni e dall'incompresione del messaggio originale di Francesco, di cui ognuno ormai si credeva capace di interpretare e di seguire l'esempio. Francesco aveva mantenuto volutamente il suo stato laico, non prendendo, come è convinzione di molti, "i voti" e quindi non celebrando messa in qualità di "sacerdote". Si veda in proposito il racconto sulla cerimonia del "presepe". Aveva invece molto probabilmente preso "i voti da templare", comportandosi per tutta la vita da "monaco-guerriero" di pace e non di guerra. Fu il primo e solo fondatore dell 'Ordine del Frati Minori, come De Paynes lo fu per l'Ordine del Tempio, e non a caso ha scelto come simbolo il "Tau" e non la Croce, pur credendo con la stessa dedizione e fermezza in Gesù di Nazareh, tanto da rivivivere sul suo corpo la stessa passione e la stessa "via crucis", primo stimmatizzato d'Italia. Dai suoi atti e comportamenti si desume che seguì un preciso "percorso iniziatico laico", seguendo una metodologia tipica di gruppi esoterici, come comprovano non solo i simboli lasciati sulla pietra, ma sopratutto quelli lasciati da Frà Elia intorno al suo corpo, valutazioni che lasciamo a coloro più preparati ed esperti in materia simbolica. A noi piace terminare questa analisi richiamandoci all’ allegoria del Graal e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Graal deriva da sangraal, ovvero "sangue reale", il sangue che ha il potere di purificare i peccati del mondo e giungere a contatto con le sfere divine. Il sangue, lo spirito di Francesco era certamente "reale" e "purissimo" e per questo andava conservato in "una coppa reale", ma non "d'oro", né di pregiato "cristallo". Frà Elia raccolse questo sangue in una "Coppa di Pietra", perfettamente levigata proprio sotto il Suo "Paradiso", lasciando che i suoi resti mortali continuassero ad essere fonte di quella inesauribile energia divina, di quella potente energia che la santa reliquia continuava a emanare in tutta la Sua intensità, mantenendola indenne da contatti negativi ed impuri. Questa crediamo sia la vera ragione della strenua difesa e del pervicace occultamento di questo magico Sito, anche perché frà Elia aveva mostrato di avere poteri di chiaroveggenza -sapeva leggere il futuro come il più famoso Nostradamus- e molto probabilmente aveva potuto assistere, dal lontano Medioevo, alla mercificazione che sta avvenendo ai resti mortali di un altro povero ed umile fraticello, Sembra proprio che i Frati del Santuario di San Giovanni Rotondo si siano dimenticati il messaggio di San Francesco e di Padre Pio, fondato sulla povertà assoluta e sulla semplicità. Forse avrebbero dovuto prendere esempio da frà Elia e da Papa Gragorio IX, che ne aveva perfettamente compreso la scelta, rispettandola e tutelandola, come tutti gli altri Papi, che lo hanno seguito fino al 1818.

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BRAY

 

 

Sceau (SIGILLO) de la baronnie de Bray

La baronnie de Bray s'étend le long d'axes stratégiques comme la Seine, la voie romaine de Sens à Meaux qui permet de passer le pont en marquant le c'ur de la châtellenie de la vallée de l'Oreuse, la limite du comté de Champagne et l'Yonne. Ses barons Henri le Libéral, comte de Champagne, puis Jacques, duc de Savoie, gèrent les territoires autour de dix places principales : Passy, Montigny, Bazoches, Les Ormes, Dontilly, la Villeneuve-du-Comte, Égligny, Vin-neuf, Courlon et Bray-sur-Seine.

 

 

CENNI STORICI SUL MIO CASATO BRAY

 Il casato BRAY-BRAI, cognome sembra essere derivante dal francese (e prima da quello, Celtico). Il nome proviene da diversi periodi storici nei paesi d'Europa. Contea Wicklow, l'Irlanda, vicino a Brayhead. Nelle annotazioni antiche il nome era Bree, preso dal vecchio bri o brigh irlandese, una collina. Questa parola è simile nelle vecchie lingue gaeliche e celtiche; In Inghilterra il nome è trovato applicato alle parrocchie in contee Devon e Berks. Molti città e distretti in Francia impiegano il Bray o certa forma del nome, come: Bray-sur-Somme, Bray-sur-Seine, Bre-Cotes-du-Nord, Bray-La-Campagne, Bray-Calvados e paga de Bray. Ci sono parecchi posti chiamati BRAY in Europa, la città Bray in Inghilterra è in Berkshire sul fiume di Tamigi vicino a Windsor, Bray in Irlanda è sul sud del litorale appena di Dublino in contea Wicklow e ci è un distretto chiamato paga de Bray vicino a Rouen e ad un villaggio Bray vicino a Parigi in Francia in Lilla."La gente normanna„ dal Re", condizioni il nome deriva da un posto denominato Bray vicino ad Evreux, Normandia; Milo de Brai 1064 era signore di Montlhéry a partire dal 1095 sua moglie era Lithuise figlia di Stephes conte di Blois e di Adela della Normandia, figlia di William il conquistatore ed il suo figlio dello stesso nome Milo II de Brai 1118 signore di Montlhéry e di Braye, visconte di Troyes 1096,  il figlio maggiore Trousseau de Brai, signore di Monthléry  sua figlia Elizabeth di Montlhéry nel 1103 sposò Philip, Conte di Mantes, figlio di Philip I della Francia e di Bertrada de Momtfort, parteciparono alla 1^ crociata nel 1096. Nel  1066, sir Guillaume de Brai, successivamente in inglese William de Bray e sir Thomas de Bray, parteciparono alla conquista dell'Inghilterra a fianco del Duca di Normandia William. Sul rotolo nell'abbazia i nomi di coloro che hanno partecipato alla battaglia di  hastings. Al Servizio dei Re d'Inghlilterra dal (1066 - 1485): In un villaggio vicino Berkshire Bray vi è una chiesa del XII secolo costruita da Bray, in cornovaglia. sir Richard Bray cavaliere della giarrettiera e Consigliere al servio di Henry VI e della sua moglie Joan Troughton. Nel Concistoro del 22 maggio 1262 fù nominato Cardinale Guillaume de Bray da Papa Urbano IV . Il casato si stabilì in Puglia in Gravina e nel salento. Nominis reliquiae supersunt planissime, Bibracte Galliae etiam nunc in Bray contrahitur, et non procul hinc Caesar Tamisim cum suis transmisit ...",

 

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Papa Benedictus XVI

Joseph Ratzinger


Il Santo Padre con il Vescovo di Ugento (LE) Mons. VITO DE GRISANTIS in occasione della visita a Santa Maria di Leuca (LE) "de finibus terrae"14 Giugno 2008


 

SIGILLUM MILITUM

 

A Troyes Francia nel 1127, i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine

 

INVESTITURE

 

Nel medioevo il cavaliere veniva istruito nell’uso delle armi; egli era sottoposto a studi che ingentilivano gli animi e di ordine morale. Altre caratteristiche della cavalleria erano: cortesia, difesa della giustizia, appoggio alla debolezza, omaggio alla bellezza, idealizzazione dell’amore come mezzo di elevazione morale. L’incontro con il soprannaturale, secondo le credenze d’epoca, avrebbe completato l’iniziazione del cavaliere.

Iniziazione cavalleresca
La vestizione - com’era chiamata l’iniziazione cavalleresca - era considerata già alla fine del XI -XII secolo con la fondazione degli Ordini un "ottavo sacramento". Il candidato vi si preparava con una notte di veglia in armi nella cappella di famiglia, inginocchiato davanti all’altare. Veniva poi purificato con un bagno rituale, confessato e comunicato. Seguiva una messa solenne, al termine della quale avveniva la vestizione vera e propria, che consisteva nella consegna da parte del sacerdote della spada consacrata, degli speroni, dello scudo, della lancia e delle varie parti dell’armatura, che appunto il giovane indossava.
La cerimonia si concludeva infine con l’accollata o palmata, cioè con un colpo inferto col palmo della mano dal padrino sulla nuca del neofita, o anche di piatto con la spada sulla spalla. Era consuetudine che il colpo fosse di una certa forza, tanto da far vacillare il ricevente.
 
Bisognava alimentare tra i cavalieri rapporti di solidarietà, lealtà, fratellanza, oltre che naturalmente di fedeltà incondizionata. Non importava che la compagnia fosse numerosa; importava che fossero saldi i legami al suo interno e che ne facessero parte, soprattutto, quei pochi vassalli davvero in grado - per valore, potere, prestigio personale - di controllare tutti gli altri.

 

 

RE CRISTIANI

 

 

CATTEDRALI GOTICHE

 

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.

Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.

Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.

Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.

Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura.

 

Francia Parigi

 

 

Notre Dame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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