Creato da ornellaornella65 il 09/12/2008

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"Moana odiava il sesso ed era sieropositiva"

Foto di ornellaornella65

 Paolo Villaggio, ospite ieri sera al Chiambretti Night di Italia 1, ha ricordato la pornostar Moana Pozzi, prematuramente scomparsa, nello spazio Moana's story. L’attore ha rivelato: "Un giorno eravamo al Ritz di Madrid, in una suite. Moana va in bagno e torna solo con gli slip indosso. Mi guarda e fa: 'Io con te l’amore non lo farò mai. Ti voglio molto bene. Sono sieropositiva'. È stata una frase - ha raccontato Villaggio - che mi ha molto colpito. L’ho abbracciata e lei si è commossa".

Le rivelazioni di Villaggio "La cosa più curiosa di Moana Pozzi era che odiava il sesso". E ancora: "Era completamente frigida. È una cosa abbastanza triste: faceva un mestiere che in realtà odiava. La sua frigidità - ha svelato l'attore - l’ha portata a fare con una certa rabbia questo mestiere, l’ha fatto con poca gioia. Sinceramente lei non ha capito qual era la strada giusta per raggiungere la felicità. Per lei, nata in un quartiere povero, era fare soldi in qualunque modo, anche rischiando l’infelicità". 

 
 
 

Anche gli scrittori scoprono la class action per difendere i loro diritti

Foto di ornellaornella65

Gli editori italiani interessati hanno tempo fino al 5 maggio per accettare i compensi forfettari predisposti da Google (il più grande motore di ricerca sul web) per i diritti d'autore sui testi digitalizzati e quindi utilizzati o utilizzabili dai naviganti della Rete. Questa offerta è il frutto della paura che una class action, minacciata dai più grandi editori americani, possa mettere in ginocchio l'azienda informatica diretta da Erich Schimdt. Saggi, racconti, testi scientifici ma anche romanzi che da tempo sono consultabili on line grazie al programma «book search» di Google verranno pagati. Con una somma forfettaria, ma pagati. La notizia arriva dalla Siae che si è calata nel ruolo di ambasciatore presso gli editori italiani. La Siae riferendo la direzione di Google ha chiesto alle società di tutto il mondo che amministrano i diritti d'autore e quindi anche alla Siae, di divulgare la notizia affinché gli scrittori e gli editori che potrebbero essere coinvolti nella transazione abbiano concreti elementi conoscitivi e di valutazione per poter decidere personalmente se aderire o meno.
L'accordo transattivo prevedere tra l'altro un rimborso di sessanta dollari per ogni titolo digitalizzato. Secondo la a Siae sono più di un migliaio i titoli italiani presi tra quelli disponibili nelle biblioteche americane, compresi vari best-seller nostrani. Tra quelli che soni stati già digitalizzati e resi disponibili su Google compaiono il politologo Angelo Panebianco, lo storico Ernesto Galli della Loggia, il sociologo Francesco Alberoni, il linguista Tullio De Mauro, il filosofo Gianni Vattimo, lo scrittore Tiziano Terzani e il giurista Stefano Rodotà. Numerosi anche i giornalisti, tra questi Indro Montanelli, Sergio Romano e Giorgio Bocca. Sono in rete anche numerosi esponenti del mondo politico italiano tra cui Romano Prodi, Giuliano Urbani, Giuliano Amato, Arturo Parisi, Giulio Andreotti e Giovanni Spadolini. Tra i libri digitalizzati di Google figura anche il vocabolario della lingua italiana Zingarelli. Alla lettera inviata ai suoi associati, la Siae ha anche allegato le regole da seguire concretamente per aderire alla transazione. La Siae spiega che «la transazione, se approvata dal Tribunale, autorizzerà Google a eseguire la scansione di libri e contenuti di libri protetti da copyright negli Stati Uniti e a gestire un database elettronico di libri. Tramite un registro dei diritti dei libri, stabilito dalla transazione, Google pagherà ai possessori dei diritti il 63% di tutti i guadagni provenienti da tali usi».
Il motore di ricerca inoltre, prosegue la Siae, «pagherà 34,5 milioni di dollari per costruire e finanziare le operazioni iniziali del «Registro» e per i costi di amministrazione della notifica e della transazione nonché un minimo di 45 milioni di dollari per i pagamenti in contanti agli aventi diritto dei libri e dei contenuti che Google sottopone a scansione prima della scadenza dell'eventuale rinuncia alla transazione». La Classe di Transazione include tutte le persone, in tutto il mondo, che possiedono un interesse di copyright Usa su qualsiasi libro o contenuto. I libri non incudono periodici, scritti personali, spartiti e opere di pubblico dominio i governative.
Gli editori e gli scrittori interessati, come scrive la Siae, hanno a disposizione quattro possibilità: possono restare nell'ambito della transazione e quindi vincolati dalle regole stabilite dal tribunale, opporsi alla transazione o commentarla (entro la già citata data del 5 maggio), rinunciare alla transazione e mantenere così il diritto di citare in giudizio Google individualmente (rinuncia che deve essere formulata per iscritto sempre entro il 5 maggio), presentare una rivendicazione per un pagamento in contanti.

 
 
 

Primo Maggio, il giorno di Vasco "Sul palco il mondo che vorrei"

Foto di ornellaornella65

ROMA - In tempi di crisi economica globale, mai come quest'anno il concerto del Primo Maggio assume un significato particolare. Ma l'edizione 2009 di questa festa della musica, che da vent'anni richiama in piazza San Giovanni a Roma decine di migliaia di giovani, sarà un'occasione per assistere, gratis, all'unica esibizione live, di questa primavera, di Vasco Rossi. Sarà lui la star dell'evento, che quest'anno ha per tema "Il mondo che vorrei", proprio dal titolo del suo brano. Blasco torna sul palco del Concertone dopo dieci anni, si esibirà con la sua band per 45 minuti.

Oltre che un ritorno, per il rocker è un momento di gioia e di solidarietà: "Sono passati dieci anni da quanto mi accogliesti tra le tue braccia rock", scrive l'artista in una dedica al Primo Maggio letta oggi in conferenza stampa dall'organizzatore Marco Godano. Per Vasco, "non tira una bella aria". Colpa della crisi ma anche della pesante messa in discussione di alcune "conquiste di libertà e convivenza civili faticosamente raggiunte negli ultimi decenni". Insomma, questo non è certo il mondo che vorrebbe il rocker, che dice di non aver mai gradito il termine "governare": "Sarebbe più corretto dire 'amministrare', dalle mie parti 'governare' s'intende accudire gli animali".

Il suo intento è "portare un po' di gioia", un'occasione per "restituire un po' quello che ha ricevuto". E così, saputo della raccolta fondi per gli orfani delle vittime sul lavoro, ha offerto un contributo personale di 100 mila euro.

"Sarà una bella festa", promette Vasco, che tra qualche giorno inizierà le prove con la band, riunita apposta per l'occasione. E i musicisti Stef Burns e Matt Laugh sono in arrivo dagli Stati Uniti. Ma Godano precisa: "Il primo maggio non è il concerto di Vasco, che con atteggiamento semplice e lineare ha chiesto di venire dopo che lo avevamo cercato negli anni scorsi". "Vasco è un punto di arrivo", aggiunge Sergio Rubino, autore insieme a Paolo Biamonte dell'evento che andrà in diretta su RaiTre.

La conduzione, quest'anno, è affidata a Sergio Castellitto. Che osserva: "Il primo maggio non è un evento tv ma della piazza. La tv è ospite". L'attore vorrebbe chiamare sul palco amici, colleghi e anche un prete. Si fanno i nomi di don Ciotti o don Gallo, entrambi molto vicini a Vasco Rossi. E si sta cercando di portare sul palco uno degli orfani delle vittime sul lavoro. "Il concertone si autopresenta - aggiunge Castellitto - io sarò il filo rosso che terrà insieme i passaggi musicali. Non esiste gesto più politico e sociale dell'arte. Per questo ho accettato".

Nel cast, Edoardo Bennato, Caparezza, Nomadi, Bandabardò, Motel Connection, Asia Dub Foundation, Manuel Agnelli degli Afterhours, Cristiano Godano e Gianni Maroccolo dei Marlene Kuntz e un set di talenti della scena underground. A questi nomi si aggiunge quello di Marco Paolini che, anticipa Castellitto, "porterà una testimonianza di quel suo modo teatrale ed emotivo di raccontare" e, forse, si esibirà in un duetto con lo stesso conduttore, che sta "tirando giù insieme agli autori una lista di personaggi e amici che potrebbero venire. Penso, ad esempio, a Pierfrancesco Favino e a molti altri".

La Rai, rivela Godano, "ha proposto di tagliare il budget del 10%. Paradossalmente l'evento continua a faticare. A un mese dal concerto non abbiamo un budget definito. Il Primo Maggio non dovrebbe bussare alle porte di nessuno - conclude - in vent'anni si è conquistato le stellette di quello che rappresenta".

 
 
 

Il ritorno del rossetto rosso «Come nella crisi del '29»

Foto di ornellaornella65

 

L'amore al tempo della crisi? Un rossetto rosso. È già stato. Ed è. Sette donne su dieci non escono di casa senza rossetto e mediamente ne «posseggono» almeno otto di differenti sfumature diverse, vivendo nell'incubo di non trovare più il «numero giusto». Spesso è l'unica eccezione «griffata». Perché? «Indice imprescindibile di certi momenti storici - dice Linda Cantello, inglese, una delle più importanti e influenti make-up artist del momento ora in forze alla Giorgio Armani, in uscita a settembre con la prima collezione - , è un modo facile per tirarsi su. E poi è un gesto nostalgico, carico di poesia». «Labbra sule quali morire »... E sedurre e combattere e governare: Evita, Coco, Sarah, Marylin, Marlene, Rachida o Ranja. Spie e regine, politichesse o divine, mai senza. Dicono gli economisti del fru-fru che un rossetto «consolatorio» non se lo faccia mancare neppure la donna più indebitata del mondo o incasinata depressa... Indice «lipstick», lo ha chiamato Leonard Lauder, ex chairman di Estée Lauder, nel vedere di quanto erano aumentati dopo l'11 settembre.
Come d'altronde era già successo negli anni della Grande Depressione, fra il '29 e il '33. E poi nel Dopoguerra, quando non c'era nulla e tutto da ricostruire. «Io preferisco pensarlo come il primo vero segnale di voglia di ripresa interpreta Linda - perché comunque scegliere colori accesi per le labbra ha psicologicamente anche altri significati. Sicurezza, passione, determinazione. Perché è vero ci si sottopone al giudizio degli altri. Chi non lo osa è perché ha paura di mettersi in gioco. Non c'è donna che stia bene con un rossetto rosso ma è facile che lei non ci senta. C'è un segreto per superare la "vergogna": osare e poi non guardarsi mai allo specchio. Ecco. E poi su mica si resta incinta con un rossetto rosso sulle labbra anche se mia nonna ci terrorizzava così!». A che età cominciare? «Per assurdo le ragazze si truccano tanto ma non ne avrebbero bisogno... Buffo? Vero. Io dico venti, venticinque anni. E poi sino a quando ci sentiamo: conosco donne di una certa età che non rinuncerebbero mai al loro lipstick»

Donna di gran temperamento Linda, fra le sue mani sono passati i più bei volti degli ultimi trent'anni. Il viso più incredibile da truccare? «Kate Moss, è come argilla che si plasma come tu vuoi». L'impossibile? «Rachel Welch! Mi chiamò a New York da Londra, solo per un po' di ombretto sulle palpebre... Era terribile». Labbra rifatte? «Ne vedo tante, troppe. A Los Angeles soprattutto. Sono orribili. Generazioni di donne tutte uguali, senza età e senza personalità. Non capisco perché non si accorgano dei disastri della chirurgia estetica ». Il suo primo make-up? «A 13 anni ». E dopo quarant'anni, Linda, è ancora qui che, con entusiasmi contagiosi, racconta di quel signore che «a 62 anni continua a mettere a punto (su se stesso, sì ndr), incredibili spazzolini per il maschera. L'ultimo brevettato, il numero tremila, l'ho sperimentato io».

 

 
 
 

"I Cesaroni" simbolo dell’Italia?

Post n°41 pubblicato il 27 Marzo 2009 da ornellaornella65
 
Foto di ornellaornella65

Da una parte Il Domenicale, settimanale dellutriano, dall’altra il Secolo d’Italia, quotidiano di An. Generalizzando un po’, le due anime del Pdl, Forza Italia e Alleanza nazionale, che oggi celebrano il loro epocale sposalizio. In mezzo, a dividerli, i Cesaroni, la famiglia allargata della fiction Mediaset ambientata alla Garbatella, guardacaso proprio il quartiere del ministro giovane di An Giorgia Meloni (come sempre si ricorda quando si parla dell’ambientazione romana della fiction).

Che succede mai? Una piccola frattura culturale sul terreno pop, un guizzo di polemica forse per marcare le differenze tra i due partiti, come già si intravedeva nella contrapposizione amichevole, sulla Stampa di qualche giorno fa, tra Angelo Crespi (giustappunto il direttore del Domenicale) e Pietrangelo Buttafuoco a proposito dei diversi patrimoni culturali dei due partiti prossimi alla fusione (più sofisticato il primo, più popular il secondo con un «pantheon» in cui trovano posto Rino Gattuso, Marco Masini, Lando Buzzanca...).

Per farla breve, il Domenicale stronca ferocemente la serie tv di casa Mediaset: «Una fiction dove c’è poco da ridere» è il sommario del pezzo in prima pagina di Giuseppe Romano. Il settimanale culturale fondato da Dell’Utri punta l’indice contro lo stile di vita della famiglia, il cosiddetto metodo Cesaroni, «ovvero - scrive il Domenicale - il tentativo di mescolare le carte in maniera da fregare gli avversari o le avversità. Una vera e propria apologia dell’italiano che si arrangia anche a costo di commettere ingiustizie e reati». Sintesi: i furbetti del quartierino televisivo.

Proprio quel realismo da commedia all’italiana però che ha fatto dire, anche ai più impettiti critici tv, che i Cesaroni «raccontano l’Italia», con la scrittura impietosa ma autentica dei film di Alberto Sordi, Dino Risi, Monicelli. Ve lo meritate Alberto Sordiiii! Ecco, secondo il Secolo d’Italia il disprezzo del Domenicale per la fiction Mediaset ricorda quello di Nanni Moretti per l’italianità, bonariamente cialtrona, dei personaggi di Sordi. Insomma, siete snob come la sinistra morettiana, la cultura della destra è quella pop, televisiva, che parla come mangia (e diamo una cifra: l’ultima puntata dei Cesaroni ha fatto il 29.19% di share, 7 milioni e passa di audience...). Il giornale di An ha risposto l’altro giorno con un articolo-commento che stronca la stroncatura degli «alleati» del Domenicale. «L’arte di arrangiarsi come ingrediente fondamentale dell’italianità - scrive il Secolo d’Italia - è un filo conduttore della commedia all’italiana fin dai tempi di Totò che cercava di vendere la fontana di Trevi, un pilastro della comicità che nessuno ha mai pensato di bollare come diseducativo. Il metodo Cesaroni non è solo un modo per schivare le avversità ma anche un guizzo creativo, geniale, inusuale per rendere accettabile il disagio, per trasformare l’infelicità, per non cedere alla disperazione. I rimproveri da fare ai Cesaroni sono perciò gli stessi da fare agli italiani».

Insomma la famiglia tv della Garbatella (nella foto una delle «figlie», Alessandra Mastronardi) come rappresentazione della famiglia media (reale) italiana, che deve fare i conti con le crisi interne (matrimoni che si sfasciano, convivenze tra figli di padri e madri diverse) e le incombenze tipiche del ceto medio-basso: pochi soldi, tanti problemi e le astuzie italiche per venirne a capo. Lo spiegò bene il Cesarone Claudio Amendola: «Un sacco di gente ci guarda in tv e dice: “Succedono le stesse cose a casa mia”».

Non è la prima volta che i Cesaroni finiscono in politica. Due anni fa l’Unità aveva provato ad arruolarli a sinistra, con un articolo dell’ex portavoce di Veltroni. Dimenticandosi che se gli italiani forse si rispecchiano nei Cesaroni, da tempo la sinistra ha smesso di rispecchiarsi negli italiani. Si smarcò persino Amendola, elettore vip di Rifondazione...

 
 
 

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