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« Messaggio #16Sull'origine ed evoluzi... »

L'origine della metrica di Minkowski

Post n°18 pubblicato il 28 Dicembre 2007 da Dave_Tiongreis
 

 

Nel seguito esamineremo 1) la ragione per cui lo spazio-tempo fisico manifesta il comportamento espresso dalle trasformazioni di Lorentz e come ha origine la metrica di Minkowski, 2) la differenza tra lo spazio-tempo fisico e l'etere per quanto riguarda la misura delle distanze, e 3) la relazione che esiste tra le coordinate fisiche e quelle dell'etere, con la sua implicazione per quanto riguarda la velocità della terra rispetto all'etere.

Nei blog precedenti abbiamo prendemmo già in considerazione alcuni degli aspetti che andremo qui a considerare, ma con il minimo uso di formule matematiche. Ora tratteremo tali aspetti in maggior dettaglio, usando gli appropriati strumenti matematici.

1) Origine della metrica di Minkowski

Lo studio della ragione per cui il tempo si dilata nel passare da un sistema di riferimento inerziale ad uno in moto con velocità costante rispetto al primo ha mostrato che sembra ragionevole pensare che ciò che cambia non è la lunghezza del tempo (infatti una trasformazione puramente ipotetica non può cambiare le durate dei tempi), ma la sua unità di misura, la quale è proporzionale ai periodi associati alle particelle elementari.

Infatti, se prendiamo in considerazione un tempo t e un periodo T associato ad una particella elementare e li sottoponiamo ad una trasformazione di Lorentz, essi mutano in accordo con le seguenti leggi: t' =  γ, T' = T / γ, dove γ = 1 / √(1 – v2 / c2). Di conseguenza, T'  t' = T  t. Scegliendo T come unità di tempo, comprendiamo che t non è altro che il numero di oscillazioni lungo la propria direzione spazio-temporale, mentre τ = t  T rappresenta il corrispondente intervallo di tempo invariante.

Per quanto riguarda la parte spaziale, consideriamo una sbarra (o una lunghezza d'onda) di lunghezza L, posta parallela alla direzione del moto. Come la velocità del suo sistema aumenta, la sua lunghezza appare accorciata secondo la legge L' = L / γ. Se un estremo giace nell'origine del sistema di riferimento e l'altro ha coordinate x1, per effetto di un cambiamento del riferimento la relazione tra la nuova coordinata e la vecchia è la seguente x1' = x1  γ. Sebbene in termini di coordinate la lunghezza della sbarra aumenti, il prodotto λ =  x1 rimane lo stesso quale che sia la velocità del sistema di riferimento. Perciò L rappresenta la naturale unità di misura lungo la direzione spaziale.c = 1):

Questi ragionamenti lasciano capire che lo spazio-tempo fisico manifesta il suo strano (minkowskiano) comportamento per il fatto che i tempi e le distanze sono misurati in base a periodi e lunghezze d'onda, i quali agiscono da unità di misura e le cui lunghezze sono dipendenti dalla direzione nello spazio-tempo lungo cui sono misurate, ossia, dalla velocità del sistema in cui è eseguita l'osservazione.

Se si considera un periodo T ed una lunghezza d'onda L, è possibile disegnare la figura che segue, la quale rappresenta tutti i valori che T ed L possono assumere quando la velocità varia da -c a c (nel disegno le unità di spazio e di tempo sono scelte tali che


L'immagine sopra riportata, raffigurata nel sistema di coordinate fisico, è invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz. Infatti, nell'ottenerla non ci si è riferito ad alcun particolare sistema di riferimento (è da notare che non ci sono onde muoventesi lungo la direzione spaziale della figura, in quanto non esistono particelle note che si muovano più velocemente della luce).

2) L'etere e le distanze fisiche

I ragionamenti sopra esposti costituiscono la base per l'accettazione dell'etere, caratterizzato dall'ordinaria metrica euclidea, le cui onde provvedono le unità di misurazione del mondo fisico. In altre parole, in un sistema di riferimento ortonormale il quadrato della distanza tra due punti P e Q aventi coordinate xP e xQ è dato dalla ben nota formula di Pitagora:

d 2  = (xQ0 – xP0)2 + (xQ1 – xP1)2  + (xQ2 – xP2)2  + (xQ3 – xP3)2 ,

ossia, usando la più compatta notazione tensoriale,

d2  = eμν (xQμ – xPμ) (xQν – xPν),

dove eαβ è l'ordinario tensore metrico euclideo.

In termini delle coordinate fisiche yP e yQ, il quadrato della stessa distanza è dato da:

d2  = (yQ0 - yP0)2 - (yQ1 - yP1)2  - (yQ2 - yP2)2  - (yQ3 - yP3)2 ,

e, in notazione tensoriale,

d 2  = ημν (yQμ - yPμ) (yQν - yPν),

dove ηαβ è il tensore metrico di Minkowski.

3) Relazione esistente tra le coordinate dell'etere e quelle fisiche

Che relazione esiste tra le coordinate dell'etere xμ e le fisiche yμ ? Consideriamo il caso in cui le coordinate fisiche siano a riposo rispetto all'etere (definiamo fondamentale un tale sistema). Se entrambe le coordinate sono ortonormali, allora esse possono essere fatte coincidere, e in tal caso yμ = xμ.

Supponiamo di sottoporre le coordinate fisiche ad una trasformazione di Lorentz: yμ' = Lμν xν, dove Lμν è la matrice che esprime tale trasformazione. In particolare, se il moto avviene lungo l'asse x1 con velocità v, allora:

y0' = ( x0 + v ∙ x1 / c ) ∙ γ ,

y1' = ( x1 + v ∙ x0 / c ) ∙ γ ,

dove γ = 1 / ( 1 - v2 / c2 ), mentre le altre coordinate rimangono inalterate.

Consideriamo adesso gli assi delle nuove xμ' e richiediamo che siano paralleli a quelli delle yμ'. Naturalmente, essi non sono ortogonali. Tuttavia, richiediamo che le unità di riferimento siano preservate. In tal caso, nell'etere le trasformazioni che corrispondono a quelle delle coordinate fisiche sono semplici rotazioni:

x0' = x0 ∙ cos( θ ) + x1 ∙ sen( θ ),

x1' = x1 ∙ cos( θ ) + x0 ∙ sen( θ ),

dove θ = arctan( v / c ), cos( θ ) = 1 / √( 1 + v2 / c2 ), sen( θ ) = ( v / c ) / √( 1 + v2 / c2 ). Ciascun asse è soggetto ad un'ordinaria rotazione, ma l'una in direzione opposta dell'altra, così che entrambi termini che contengono la funzione sen( θ ) hanno lo stesso segno, positivo o negativo, a seconda della direzione della rotazione.

Espresse in funzione della velocità v, le rotazioni sopra riportate hanno la seguente espressione:

x0' = ( x0 + v ∙ x1 / c ) / √( 1 + v2 / c2 ),

x1' = ( x1 + v ∙ x0 / c ) / √( 1 + v2 / c2 ),

con le inverse:

x0 = ( x0' - x1' ∙ v / c ) ∙ √( 1 + v2 / c2 ) / ( 1 - v2 / c2 ),

x1 = ( x1' - x0' ∙ v / c ) ∙ √( 1 + v2 / c2 ) / ( 1 - v2 / c2 ).

Introducendo queste nelle yμ si ottiene il seguente risultato:

y0' = x0' ∙ γ ∙ √( 1 + v2 / c2 ),

y1' = x1' ∙ γ ∙ √( 1 + v2 / c2 ),

In conclusione, scegliendo appropriatamente gli assi e le unità di misura, in generale esiste la seguente relazione tra le coordinate fisiche e quelle dell'etere:

y0 = x0 ∙ Γ,

y1 = x1 ∙ Γ,

y2 = x2,

y3 = x3,

dove Γ =[( 1 + v2 / c2 ) / ( 1 - v2 / c2 )] e v è la velocità del sistema fisico rispetto a quello fondamentale (cioè, quello dell'etere a riposo).

Lungo la direzione di moto le lunghezze sono dilatate. Un'accurata misurazione dei moti orbitali dovrebbe permettere di determinare la velocità della terra rispetto all'etere.


Qualsiasi altra trasformazione non lascia la forma invariata, ma la deforma in qualche maniera. Di conseguenza, solo le trasformazioni di Lorentz preservano la forma delle equazioni fisiche sotto un cambiamento del sistema di riferimento. Per questa ragione esse sono le sole trasformazioni adatte a cambiamenti di riferimento.

Da parte sua, la sola metrica che è invariante alle trasformazioni di Lorentz è quella minkowskiana. Lo si può verificare considerando una qualsiasi combinazione bilineare delle coordinate e sottoponendola ad una trasformazione di Lorentz. Il requisito affinché la metrica rimanga invariante possiede una sola soluzione: la metrica di Minkowski!

Perciò, poiché esprime la fisica che sottosta alle trasformazioni che coinvolgono il moto, la figura di cui sopra determina sia il tipo di trasformazioni che preservano la forma delle equazioni fisiche che la metrica dello spazio-tempo. Se le onde si comportassero in maniera diversa, sia le trasformazioni di Lorentz, sia la metrica di Minkowski sarebbero prive di significato nel contesto fisico.

Oltre a ciò, possiamo dire che tutti i vettori dello spazio-tempo si comportano come in effetti fanno a motivo di tale forma, ossia tutti i vettori che sono associati in qualche maniera a delle onde dell'etere devono ubbidire alla legge di trasformazione di Lorentz. D'altra parte, ci si aspetta che i vettori che non sono originati da onde dell'etere non debbano essere soggetti a tale legge ma, come nel caso di quelli associati direttamente all'etere, ubbidiscano alle normali leggi che governano le rotazioni.

Questo è un aspetto che deve essere provato da esperimenti del tipo di quello già proposto per la determinazione della velocità della terra rispetto all'etere. Questo argomento è considerato in maggior dettaglio nella terza parte di questo blog.

 
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