Creato da elf_8 il 20/10/2007

TITOLIAMO

usque tandem catilina abuteris patientiae nostrae

 

 

Post N° 14

Post n°14 pubblicato il 27 Gennaio 2008 da elf_8

IRRIVERENZA

 

Piero della Francesca, rigoroso nei tratti. Attento che le tinte siano ben distribuite per creare simmetrie di impareggiabile stile. La sua Madonna compenetrata nella maternità divina. Consapevole del peso della sua  missione eppur così terrena, con la mano chiusa a sostenere il fianco dolorante e con l’altra che, carezzevole e morbida, scende verso il ventre ad indicare il suo tesoro.


Scrive il Vasari di Piero della Francesca:

Fu Piero studiosissimo dell’arte e si esercitò assai nella prospettiva, ed ebbe buonissima cognizione d’Euclide; intanto che tutti i migliori giri tirati nei corpi regolari egli meglio che altro geometra intese, ed i maggior lumi che di tal cosa ci siano, sono di sua mano” .

Nulla accade per caso e “Pierino” – come ancora affettuosamente lo chiamano i suoi compaesani – muore il 12 ottobre 1492.

Il 12 ottobre 1492 Colombo avvista le coste americane.

Che quei “giri tirati nei corpi regolari” fossero stati l’illuminata intuizione di Piero del nuovo tracciato geografico?

Qualche secolo dopo Pascarella, magistralmente insolente e sfacciato nella sua "romanità",  scrive:

 

LA SCOPERTA DE L’AMERICA 

 

E quelli? - Quelli? Je successe questa:
Che mentre, lì, frammezzo ar villutello

Cusì arto, p'entrà’ ne la foresta
Rompeveno li rami cor cortello,

Veddero un fregno buffo, co' la testa
Dipinta come fosse un giocarello,
Vestito mezzo ignudo, co' 'na cresta
Tutta formata de penne d'ucello.

Se fermorno. Se fecero coraggio...
- A quell'omo! -- je fecero, - chi sete? –
- Eh, - fece, - chi ho da esse? Sò un servaggio.

E voi antri quaggiù chi ve ce manna? -
- Ah, - je disseero, - voi lo saperete
Quando vedremo er re che ve commanna. -

 

E quello, allora, je fece er piacere
De portalli dar re, ch'era un surtano,
Vestito tutto d'oro, co' 'n cimiere
De penne che pareva un musurmano.

E quelli allora, co' bone maniere,
Dice: - Sa? Noi venimo da lontano,
Per cui, - dice, - vorressimo sapere
Si lei siete o nun siete americano. –


- Che dite? - fecce lui, -  de dove semo?
Semo de qui, ma come so’ chiamati
'Sti posti, - fece, - noi nu' lo sapemo. -

Ma vedi si in che modo procedeveno!
Te basta a dì che lì c'ereno nati
Ne l'America, e manco lo sapeveno.

 Cesare Pascarella (1890)


 

 
 
 

Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 26 Gennaio 2008 da elf_8

Guarini - antagonista del Tasso, tanto quanto suo amico - mostra e svela attraverso versi ironici e malinconici i bagliori rinascimentali con una delicatezza assai particolare e maliziosa chè, ai nostri giorni,  può apparire semplicistica e tenue.

Ma leggendo tra, ed oltre le righe, si manifesta il grande retorico: il Maestro Guarini che, con parole sfrontate ed audaci, conquista e diletta.

 

Caravaggio, spudorato e sanguigno, parla del suo tempo con immagini forti, senza pietà, senza nulla togliere alla cruenza dell’epoca. 
Nutre lo sguardo, mai sazio, con incantevoli balenii di luci ed ombre.
Le scene sono reali, si vivono.
Senza respirare si sente l’odore del pane e del sangue. Il freddo che taglia le labbra nelle mattinate livide dell’inverno che appare.
Il giovane Amore sorride, con le fossette alle guance, in un movimento, classico dell’infanzia,  tenero ed impudico. Le ali nere, quasi a voler fissare l'attenzione sull'ombra di una passione ben più forte della fanciullezza.
Ma Lui, Lui, è pur sempre Amore. Splendido.

Mandorla inzuccherata

Un cibo di fuor dolce e dentro amaro,
donna, voi mi porgeste,
quasi a dir mi voleste:
«Gusta e impara a saper che tale i' sono».
Ma se la donatrice
si de' gustar, come si gusta il dono,
deh perché non mi lice
prima assaggiar quel ch'è dolce in voi?
Ché dolce mi saria l'amaro poi.

(da Rime, XVIII)

 
 
 

Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 25 Gennaio 2008 da elf_8

D'annunzio che fa sentire l'odore dei boschi. Rende l'incantevolezza di Ermione e la fa viva, intrecciata nella bucolicità dell'ambiente. Si respira la pioggia. Si respira la natura quasi fatata. Ammaliante.

Klimt - che vive nella stessa  epoca di D'annunzio ma così distante da lui, così "diverso" - rende con le sue donne filiformi, eteree e pur così carnali, la stessa odorosa magia. Tutto da respirare nel silenzio perfetto dei sensi.

    La pioggia nel pineto 

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani

ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione. 

 
 
 

Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 19 Gennaio 2008 da elf_8
 

Baci...

Dammi mille baci

Godiamoci la vita, o Lesbia mia, e i piaceri d'amore;
a tutti i rimproveri dei vecchi, moralisti anche troppo,
non diamo il valore di una lira.
Il sole sì che tramonta e risorge;
noi, quando è tramontata la luce breve della vita,
dobbiamo dormire una sola interminabile notte.
Dammi mille baci e poi cento,
poi altri mille e poi altri cento,
e poi ininterrottamente ancora altri mille e altri cento ancora.
Infine, quando ne avremo sommate le molte migliaia,
altereremo i conti o per non tirare il bilancio
o perché qualche maligno non ci possa lanciare il malocchio,
quando sappia l'ammontare dei baci.

(Catullo)

 
 
 

Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 18 Gennaio 2008 da elf_8

Canzone

Che giorno siamo noi
Noi siamo tutti i giorni
Amica mia
Noi siamo tutta la vita
Amore mio
Noi ci amiamo e noi viviamo
Noi viviamo e noi ci amiamo
E noi non sappiamo che cosa è la vita
E noi non sappiamo che cosa è il giorno
E noi non sappiamo che cosa è l'amore

Jacques Prevert

 
 
 

GARCIA LORCA

Bordone

Ti vedrò?
Non ti vedrò?

A me importa
soltanto il tuo amore.

Hai sempre il riso di allora
e quel cuore?

 

SEI NELL'ANIMA

 

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