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Post N° 79

Post n°79 pubblicato il 21 Aprile 2007 da frickpeace

LETTERA IMMAGINARIA DI TITTI PINNA (di Celia Sanchez)

Non mi chiamo Silvia nemmeno Farouk e forse, alcuni di voi, non sanno nemmeno quale sia il mio vero nome.
Forse, alcuni di voi, non sanno nemmeno che sono stato sequestrato.
Non ho amici importanti, non conosco giornalisti, né editori, né giudici, né ex sequestratori.
Sono Titti Pinna, Giovanni Battista Pinna e sono stato sequestrato, a Bonorva, il 19 Settembre 2006.
Sono in mano ai banditi, sono prigioniero, non sono più un uomo libero.
C’è silenzio intorno a me, un silenzio assordante.
Qualche elicottero l’ho sentito sorvolare sulla mia testa, ma poi... nulla più.
Non sento voci sarde che reclamano la mia liberazione. Nemmeno italiane.
Dovrei essere, mio malgrado, protagonista di telegiornali, e quotidiani... ma non lo sono.
Così mi dicono.
Vi siete dimenticati di me e questo è più doloroso della prigionia stessa.
Come fa un uomo qualunque ad essere liberato?
Come fa un uomo qualunque a reclamare la sua liberazione?
Io certo non posso, ma voi potete farlo per me.
Qui non ci sono telecamere e non siamo in Afghanistan o in Iraq. Non posso fare appelli strappalacrime e dare ultimatum. Non ho da barattare altre vite o altre liberazioni in cambio della mia.
Qui Gino Strada non c’è, ci dovrebbe essere il Governo Italiano, ma non c’è nemmeno quello.
Qui attorno a me il niente e il vuoto assoluto.
Non sono ricco, ma suppongo che i miei risparmi e quelli della mia famiglia, siano già stati posti sotto sequestro, il blocco dei beni... lo chiamano.
Quindi, oltre al sequestro della mia libertà, anche quello del mio denaro.
So, che quando sono stato rapito, si sono mobilitati in tanti, dalla mia Bonorva fino al Santo Padre.
Appelli che smuovono solo l’aria che passa in quel momento.
Gli appelli devono invece smuovere coscienze e omertà, ma non durano mai abbastanza.
Gridate sardi per la mia liberazione, sempre, costantemente e comunque.
Io voglio tornare a casa.
Se la mia famiglia non può pagare il riscatto, paghi per me lo Stato.
O la mia vita non vale abbastanza?
Pensavo, che le classifiche di serie, fossero solo per le squadre calcistiche e per i tornei sportivi, invece, mi rendo conto, che anche per le vite umane si fanno ordini, elenchi, classificazioni.
Sì, non sono nessuno, sono un essere umano qualunque, un uomo, un figlio di Dio, un cittadino sardo e italiano, a cui è negata la libertà, e questo dovrebbe bastare.
La mia famiglia è sola.
La mia famiglia “non appartiene”, la mia famiglia è.
Una famiglia di lavoratori onesti, non siamo amici di nessuno, siamo persone qualunque, rispettose e rispettabili.
Qualche altro sequestrato prima di me, ha raccontato di essersi liberato da solo, a qualcun altro, è stato tagliato l’orecchio.
Io non mi libererò da solo, né invieranno pezzi del mio orecchio a chicchessia. Io non sono ricco, la mia famiglia non lavora con “i grembiulini”, noi siamo allevatori, non conosciamo emissari, editori, ex banditi che potrebbero aiutarci.
Sono solo Titti Pinna, un uomo qualunque, solo e onesto, a cui è stata tolta la libertà.
Sono solo Titti Pinna, un uomo che potrebbe essere vostro padre, vostro fratello, vostro amico, vostro figlio.
Sono solo Titti Pinna e voi dopotutto avete il dovere di essere UOMINI.
Perché le vittorie e le liberazioni passano anche attraverso l’abbattimento dei muri dell’omertà e del silenzio.
Sono solo Titti Pinna e voglio tornare ad essere un uomo libero.

HO VOLUTO PUBBLICARVI QUESTA LETTERA IMMAGINARIA,CHE CI E' PERVENUTA QUALCHE GIORNO FA',PERCHE VISTA DA UNA PROSPETTIVA DIVERSA,SPESSO DIMENTICATA O MEGLIO IGNORATA ,LA PRIGIONIA DI TITTI.
Barbara.

 
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