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Perfidie di Stefano Torossi

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L'Ultimo Cenacolo

 

       IL CAVALIER SERPENTE

      Perfidie di Stefano Torossi

       26 marzo 2012

      L'ULTIMO CENACOLO


     Cominciamo con il pretesto. Un piacevolissimo concerto, il 12 marzo al Circolo del Ministero dei Trasporti. In programma quattro composizioni di Lucio Gregoretti, un autore di musica contemporanea del quale (l'unico che conosciamo) siamo felici di dire che mai, neanche con una semibiscroma ci ha provocato il minimo sussulto di sgradevolezza, reazione altrimenti piuttosto comune all'ascolto di molti suoi colleghi. Che non citeremo. Quindi, musica bella, esecuzioni impeccabili, durate, prudentemente annunciate nella presentazione dallo stesso autore, confortevoli.

     Notina di colore (bianco). Il factotum della Filarmonica, organizzatrice dell'evento, un giovanotto molto attivo, a cui erano affidate varie incombenze: cameraman, microfonista, spostatore di leggii e trasportatore di sedie non ha mai smesso di sgambettare fra un brano e l'altro con addosso camicia e pantaloni candidi. Un incongruo sparo bianco nel nero severo e omogeneo di pianoforte, leggii, sedie, aste di microfoni, ed esecutori.

     Bene, voltiamo le spalle al palcoscenico e guardiamo il pubblico. Sorpresa. Le non molte sedie della saletta ospitano il gran completo del cinema italiano, vecchia generazione. Da Ugo Gregoretti, ovvio, è il padre, a Ettore Scola, Citto Maselli, Nino Russo, Giorgio Arlorio, e naturalmente le signore. Sui presenti, in alto verso il soffitto, di librano gli spiriti di Vittorio Gassman, Ugo Pirro, Mario Monicelli, Tonino Delli Colli, Furio Scarpelli, Gillo Pontecorvo, e altri, che non hanno fatto in tempo a esserci.

     E' lo squadrone di "Otello".

     Passo indietro e spiegazione.

La boheme. Nei primi anni cinquanta Otello Caporicci, apre una trattoria a Via della Croce, a Roma, e le dà il suo nome. Nasce un'istituzione che diventerà storica. E' il dopoguerra e tutti sono poveri, ma particolarmente poveri sono un gruppo di clienti che riempiono il tavolone sociale. Tutti insieme, e quasi tutti che, dopo aver mangiato e bevuto, non hanno i soldi per pagare. L'oste fa credito. Fra gli spiantati ci sono dei pittori, e quelli lasciano un quadro. Gli altri, gente dello spettacolo, attori, registi, sceneggiatori, per il momento non possono che lasciare promesse per il futuro.

     Questo futuro poco a poco arriva. Molti diventano famosi. Portati dal lavoro in giro per il mondo non ritornano per lunghi periodi.

     La frequentazione della trattoria è un po' una parabola della vita. All'inizio, ancora giovani e poveri, si sta tutti insieme. Pochi soldi e molto bisogno di compagnia, di alimentazione, di confronto. Poi arrivano successo, denaro, riconoscimenti. Elementi che sfaldano il gruppo. Ma basta aspettare, perché con la vecchiaia si replica lo schema, il mondo tende a dimenticare, il successo è ridotto alle commemorazioni, ai premi alla carriera, alle presidenze dei festival. Eccolo il percorso, è questo: da giovane povero a povero vecchio con una più o meno lunga e felice permanenza nella fase di adulto di successo.

     Le figlie di Otello ereditano la trattoria, e qualche anno fa una di loro, Gabriella, per onorare la memoria del padre mecenate, ricrea l'evento: ogni mercoledì sera, il tavolone sociale. E ricomincia tutto. Si riformano il cenacolo e lo squadrone. Di nuovo tutti insieme non più poveri, carichi di onori, meno occhio al futuro ma molte soddisfazioni nel passato. Tutti con gagliardi appetiti, e bollenti spiriti nelle partite a scopone dopo cena. Cattiverie, ricordi. Di tanto in tanto qualche posto a tavola rimane vuoto per l'inevitabile ricambio.

     Naturalmente, a raccontare tutti gli aneddoti non si finirebbe più. C'è già il film "La cena" di Scola che ha detto molto; però...

     Il cinico (e decano di tutti) Monicelli, che una sera si affaccia alla saletta del ristorante, fa una smorfia e, proprio lui, richiude la porta: "Ma qui sono tutti vecchi!".

     Visti una volta a pranzo insieme Lauzi, Dalla e Cocciante. Quando si alzano per andar via, eccoli, tutti e tre della stessa identica bassezza.

     Sentiti Arlorio e Russo dedicare spesso un paio d'ore a cantare a gola spiegata, e con una certa maestria, una selezione completa della canzone napoletana di tutti i tempi.

     Invariabili dopo cena le urla furiose degli irriducibili dello scopone che, durante la partita si insultano come nemici mortali. Poi pace, naturalmente.

    Pittoresca, Silvana Pampanini, ultraottantenne, con una stupefacente torre di capelli cotonati (parrucca?) in testa e la battuta ancora fulminante.

     C'è da dire una cosa: questo simposio rinnovato è ormai quasi l'unica situazione in cui il vecchio (anche se non decrepito) Cavalier Serpente riesce ancora a sentirsi giovane. Una tardiva e non sgradita illusione.


     PS. C'è una domanda che ci facciamo ogni mercoledì e non trova risposta. Dove sono quelli della generazione successiva, i cinquantenni insomma? Perché a queste cene non se ne vede mai nessuno. Avranno un altro posto segreto, oppure non si riuniscono? O magari, proprio perché sono nella fase dell'adulto di successo (l'intervallo fra il giovane povero e il povero vecchio) non hanno tempo per queste cose?

 
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