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Perfidie di Stefano Torossi

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Lirica, Brasile e nostalgia

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

 16 settembre 2013

    LIRICA, BRASILE E NOSTALGIA

 

10 settembre, Sala Accademica di S. Cecilia. Concorso Lirico Ottavio Ziino. Concerto di gala dei finalisti. Da sempre nutriamo una viva antipatia per i recital canto/piano, specialmente di lirica. L'idea di piazzarci in poltrona ad ascoltare, senza la protezione di scene, costumi e soprattutto del bel suono dell'orchestra non sempre sostituito degnamente dal pianista, degli scalmanati che ci invadono le orecchie con il loro volume sonoro (e spesso invadono anche la scena con quello fisico) non ci entusiasma. Anche perché, per dirla tutta, in queste esibizioni la trasparenza del pianoforte permette l'emersione di una delle iatture peggiori dell'opera: il libretto.

Bene, dopo questa premessa, e per dimostrare la nostra totale mancanza di coerenza, eccoci qui ad ascoltare i concorrenti, in questa bella sala, funestata, come abbiamo già avuto occasione di raccontare, da un impianto di 18 fari potentissimi puntati, invece che dove dovrebbero (leggii, tastiere, podio, ecc.) sulle prime file, anzi direttamente negli occhi degli spettatori. Stasera va un po' meglio perché ce n'è uno fulminato. Non sappiamo di cosa ci incolpano, ma siamo pronti a confessare.

Sorprendente il livello dei cantanti: molto alto. Buono anche il pianista accompagnatore. Un sacco di coreani/e partecipanti (ci dicono che è normale). Nell'insieme, non un saggio di fine corso, ma proprio un bel concerto, con il valore aggiunto del tifo per l'uno o per l'altro. Verdi va bene col suo zum pa pa, Bizet va bene con il suo colore, Rossini va bene con le sue risate, ma quando arriva Puccini, è la melodia pura...


Giovedì 12 al Teatro Studio del Parco della Musica. Festival Jammin' organizzato dal St Louis College of Music. Concerto in due set. E' un evento che avrebbe potuto intitolarsi "Mozart e Salieri", proprio per il confronto. Nel secondo set un decorosissimo Radio Trio: Siniscalco, Smimmo, Zanisi, bravi, precisi, ineccepibili, e un po' noiosi (Salieri). Mentre nel primo, non vogliamo esagerare definendoli toccati dalla Grazia, ma certo c'erano dei veri e propri Mozartini: il duo Natalio Mangalavite, piano e Martin Bruhn, percussioni. Due pieni di capelli e di eleganza, e di leggerezza, e di talento che ci hanno portato su e giù per il loro repertorio, tradizionale e originale, cantando, fischiando e suonando senza mai, davvero mai, un momento di pesantezza, di banalità, o di sciatteria. Un vero piacere per le orecchie, e anche per gli occhi grazie a quel gioco continuo che fanno fra di loro e con noi. D'altra parte il loro show si chiama proprio "Juego".


Dalla squisitezza del piacere acustico alla mozione degli affetti. Stessa sera all'Alexanderplatz, appena riaperto per la stagione. Suona Jimmy Polosa and Friends. Jimmy è stato per un certo tempo, e lo è ancora, pianista dei Flippers, gruppo storico nato nei tardi cinquanta e ancora rampante grazie ai sopravvissuti. Sì, perché molti dei componenti e collaboratori originari se ne sono andati, come direbbe qualche nostro amico new age, a suonare con gli angeli: Max Catalano, Franco Bracardi, Lucio Dalla e, pochi giorni fa, anche Jimmy Fontana. Una strage. Del complesso facevamo parte anche noi; per fortuna siamo ancora vivi (anche se non ci sentiamo tanto bene). Ogni volta che si riuniscono li andiamo a trovare per la nostalgia dei bei tempi andati. E così è stato anche giovedì sera. Come si dice, una rimpatriata.


Chiudiamo la settimana con l'inaugurazione al Parco della Musica, domenica 15, del Festival Brasil! Come previsto, dalla combinazione Italia-Brasile è venuta fuori un bel po' di confusão: incertezza sugli orari, contrasti sull'ubicazione degli eventi, biglietti omaggio spariti, eccetera. Ma poi la giornata è andata avanti con una bella improvvisazione di capoeira, due mostre d'arte da dimenticare (Massimo Listri e Odires Mlaszho), cocktail con prosecco (buono) e polpettine (così così) e finalmente il pezzo forte, il concerto di Toquinho alla Sala Santa Cecilia.

Gran pubblico, ovviamente tutti i brasiliani di Roma. Accanto a noi una signora di colore che ogni dieci minuti estraeva dal corpetto una poppa gigante per allattare un bambino che teneva in braccio (forse mandata dall'ufficio del turismo e del folklore di Bahia?).

Anche in questo evento, frequenti rigurgiti di nostalgia, perché Toquinho ha fatto tutto il suo repertorio che conosciamo e amiamo fin dagli anni sessanta. I brani di Vinicius, Chico, Jobim e altri classici brasiliani. E poi, furbamente, ma bene, ha cantato anche "Roma nun fa' la stupida stasera". Insomma, lui è bravo, simpatico, chiacchiera e presenta con disinvoltura, e soprattutto le canzoni sono una più bella dell'altra. Non ci è tanto piaciuta la svolta rokkeggiante che ha dato agli arrangiamenti, ma questo potrebbe essere dovuto a un nostro attaccamento senile alle prime versioni rimaste in memoria.

Naturalmente, a un certo punto della serata è arrivata implacabile la trascrizione da Bach. Siccome pare sia il pedaggio che uno spettatore deve pagare in ogni concerto di chitarra, ci siamo adeguati. Che altro potevamo fare?



                                         


 

 
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