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Perfidie di Stefano Torossi

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Se l'Arcivescovo di Costantinopoli...

 

  IL CAVALIER SERPENTE

    Perfidie di Stefano Torossi

    18 novembre 2013

SE L'ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI...


Martedì 12, si inaugura (forse contro la sua volontà) una mostra di Fausto Delle Chiaie, un pittore di settant'anni, onesto, naif e spiritoso che vola alto. L'hanno intitolata "Fuori Luogo". Azzeccatissimo. Normalmente Delle Chiaie espone le sue opere sul marciapiede di Piazza Augusto Imperatore, e vive, appunto fuori luogo, da eremita, in una catapecchia a Sgurgola senz'acqua né luce. Non lo fa (crediamo) per una consapevole scelta filosofica o per una sciocca ricerca della presunta innocenza originaria. No, di sicuro neanche ci pensa, e comunque non se ne cura. Per lui conta l'arte, e il resto no. Alla vernice della mostra una signora voleva comprargli un disegnino e gli ha chiesto quanto. Il povero artista è piombato nella disperazione: non sapeva cosa rispondere, finché è arrivato il gallerista a salvarlo. Niente soldi, che appunto non chiede, ma anche niente confort, cibo decente, igiene. Semplicemente non insegue questi beni e, come succede, loro non inseguono lui. Ne fa a meno e non vuole altro. Ecco il perché della nostra parentesi in prima riga.

Quindi è un saggio. O uno sciocco?


Nuova Consonanza. Giovedì 14 alla Sala Casella della Filarmonica di Roma. "Doppio dittico per i 50" (anni dell'istituzione). Una serata piacevole, ed è abbastanza inconsueto usare questo aggettivo per definire un concerto di musica contemporanea. Solo voci con un unico intervento di percussioni. Un paio di opere dei vecchi fondatori dell'associazione (Guaccero e Macchi, ovviamente fuori discussione) e due di giovani: Grimaldi e Ronchetti. Ok, con qualche riserva sull'ultimo brano "3e32 Naufragio di terra" dedicato dall'autrice al terremoto dell'Aquila, a nostro parere incongruamente condito da un lungo gospel a bocca chiusa e concluso con un'invocazione a God in inglese, interventi che ci sono sembrati poco abruzzesi. Forse la Ronchetti pensava a un terremoto a Harlem...

La Sala Casella è un bel capannone molto accogliente e sempre scaldato da una simpatica atmosfera familiare. E come in ogni famiglia, anche qui c'è lo zio un po' tocco. In questo caso è l'assistente di scena. Una specie di Paperino che non ne fa una giusta. Già qualche serata fa lo avevamo notato aggirarsi capitombolando fra microfoni e leggii, con il pubblico già in sala, tutto vestito di bianco, splendente in mezzo ai musicisti rigorosamente in nero. Stavolta, a metà concerto, fra un brano e l'altro, mentre il direttore si sbracciava disperato per chiedere l'accensione di un faro sul proprio leggio, è arrivato caracollando dopo un bel po' e prima ha chiesto: "Lo vuole spento?" indicando il faro, che spento lo era già, dato che ne era stata reclamata l'accensione, poi, quando ha finalmente capito, se n'è andato borbottando: "Ma questa non l'avevamo provata".

Come dicevamo, simpatica atmosfera familiare. E non intendiamo niente di ironico.


Domenica 17, perseverando nella nostra missione di sostenitori di Nuova Consonanza, ci siamo catapultati alla Festa d'Autunno: un'intera giornata di commemorazioni e sperimentazioni musicali, teatrali e figurative di NC, ospitata come ogni anno a Villa Aurelia sul Gianicolo. Sede di rappresentanza dell'American Academy e storico relitto della battaglia fra garibaldini e francesi nel breve e sfortunato tentativo della Repubblica Romana a metà ottocento. Distrutta dalle cannonate, poi ricostruita e splendidamente arredata, la villa ha molte sale una più bella dell'altra, un grande giardino e soprattutto una terrazza magnifica su Roma. Serata ancora tiepida e romantica luna piena.

Dentro, una folla di studenti, musicisti, appassionati, e niente pubblico generico, di quelli che vanno ai concerti così, per passare il tempo, ma qualificato e attento. Questo ha reso tutta la giornata divertente e stimolante. E' chiaro che otto ore di musica contemporanea sono sufficienti a spezzare la schiena a chiunque. Anche noi, benché sostenuti da qualche bicchiere di ottimo cesanese offerto per l'occasione da un'azienda vinicola di Olevano Romano, a un certo punto abbiamo alzato bandiera bianca. Ciò non ci impedisce di reiterare, come in passato, il nostro sostegno totale a questa iniziativa del tutto speciale in una città pigra come Roma, quindi ancor più meritevole.


       Infantilizzazione. Eccolo finalmente l'aggancio al titolo dell'articolo, che sembrava una scemenza. Perché si tratta di una parola che butta sullo scioglilingua (Se l'Arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostantinopolizzasse... ecc. ecc.). Dunque, l'infantilizzazione è una cosa seria, anzi, tragicomica, di cui, un po' generalizzando, vi portiamo un paio di esempi.

Il primo: a Verona quest'estate per uno spettacolo all'Arena, abbiamo visto girare per Piazza Bra un trattorino camuffato da locomotiva con al traino quattro o cinque piccole carrozze. Insomma, un trenino alla Disney, ma pieno di adulti schiamazzanti e, appunto, infantiliti, che avevano accettato, per di più a pagamento, di farsi portare in un giro turistico da cretini mentre avrebbero potuto benissimo farlo da esseri pensanti, per il bel centro storico della città. (I villaggi vacanze o le crociere, che sono il peggio del peggio come estrema manifestazione di infantilizzazione, li diamo per scontati).

Il secondo: i funerali, ai quali ultimamente (troppo spesso) siamo invitati. Di fronte a questo evento che ci fa tutti uguali, c'è sempre qualche prete che invita gli addolorati non ad affrontare da adulti la inevitabile realtà della morte, ma a cercare rifugio fra le braccia della mamma celeste, o a consolarsi con risibili ipotesi dei nostri cari che ci guardano e ci proteggono da lassù, di colleghi che dirigono il coro degli angeli o di sassofonisti che suonano con Charlie Parker fra le nuvole.

In questo modo noi cattolici infantilizzati dall'addestramento a scaricare il peso del lutto fra le braccia della mamma (celeste) non cresciamo mai. Vedere come invece, nella chiesa protestante, non c'è nessuna mamma che perdona; ognuno è responsabile delle proprie azioni. Allora sì che, costretti a trottare, ci si fa le ossa per la vita vera.



                                                 






 

 
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