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Perfidie di Stefano Torossi

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La manifestazione del Mistero Romano

 

                                                    IL CAVALIER SERPENTE

                                     Perfidie di Stefano Torossi

                                            11 novembre 2013

               LA MANIFESTAZIONE DEL MISTERO ROMANO


Concerto di apertura, Festival di Nuova Consonanza, domenica 3 novembre. Ce l'hanno fatta, malgrado le difficoltà di cui parlavamo due settimane fa. L'attesa era grande e la Sala Petrassi messa a disposizione da Musica per Roma perfetta per l'occasione (e piena). Ottimo il PMCE, Ensemble Contemporaneo del Parco della Musica, diretto da Marco Angius. Due omaggi: al defunto Franco Evangelisti e al vivo e vegeto Salvatore Sciarrino.

"Die Schachtel" di Evangelisti, è uno di quei pezzi in cui gli esecutori vanno avanti a forza di piripipì con il piffero, o barabang col tamburo. O tirano fuori versacci dalla bocca e sibili dal bocchino (del sax). Sperimentazione sui suoni, senz'altro, e valida per l'epoca. Oggi datata, come i nastri magnetici con rumori di traffico e conto alla rovescia di un lancio spaziale. Vere e proprie ingenuità da infatuazione futuristica. Anche l'"Aspern Suite" di Sciarrino è piena di ricerche sonore altrettanto ardite, ma molto più gustose (e più attuali). Flauti che sfiatano invece di suonare, soprani che mormorano romantiche, incongrue barcarole, tutto piano piano. Magari quaranta minuti sono un po' lunghi, però con un innocente pisolino in mezzo filano via che è un piacere. Insomma, hai voglia a criticare, è sempre roba interessante.

Rimani ancora a lungo con noi, NC!


Lunedì 4, Santa Maria Sopra Minerva, l'unica chiesa gotica di Roma, anche se poi l'hanno tutta imbellettata di un pesante make up barocco. Quarto concerto del XII Festival Internazionale di Musica Sacra. In programma "Mysterium", oratorio di Nino Rota. Potrebbe essere l'occasione per rimangiarci la sensazione che da sempre ci dà la musica "seria" di Rota: qualcosa che arriva quasi in cima alla scala, ma poi non ce la fa.

L'invito dice ingresso libero, ed ecco subito la prima mezza sòla. Ci sono ancora dei posti, ma non sono a disposizione, ci vuole un biglietto. Ma come? Qui c'è scritto ingresso libero. Si, però invece ci vuole il biglietto. Va be', rimaniamo in piedi (poi abbiamo scoperto che i banchi riservati erano per i sostenitori, per gli amici, per i monsignori, ecc.). Per fortuna in una chiesa grande come quella si può anche passeggiare, e ce n'è di belle cose da vedere.

Come Dio (siamo pur sempre a casa sua) vuole, la musica attacca. Grande orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, nutritissimo coro, e in più le voci bianche. C'è tutto quello che serve. E bisogna dire che l'orchestra è trattata bene, così come le voci. La scrittura è sapiente, l'esecuzione ottima. Timpani, gran cassa, perfino le campane (a un certo punto fa capolino anche un sorprendente tema western, e ci è parso di intravedere Michele Lacerenza alla tromba su sfondo del Gran Canyon). Eppure, malgrado tutti i potenti mezzi a disposizione, la musica non decolla.

Comunque la nostra rimane un'impressione personale, ancora una volta confermata, ma sempre in attesa di essere smentita. "Quasi fino in cima alla scala, ma poi non ce la fa".


"Lelio swing", mostra di memorabilia di e su Lelio Luttazzi. Mercoledì 6 ai Mercati Traianei, una location che ha poco a che fare, è chiaro, con lo swing degli anni 60/70. Eppure l'abile illuminazione e la scenografia di bacheche e poster riescono a trasformare i muri rustici di quel centro commerciale di venti secoli fa in una cantina dei nostri anni giovanili. Merito di Cesare Bastelli, organizzatore (quasi) unico di tutta la faccenda. Ha curato lui l'allestimento, è andato in giro fra mercatini e collezionisti a recuperare oggetti, foto e dischi (pare che Luttazzi fosse uno che non conservava neanche un vecchio francobollo: tutto buttato, con grande disperazione di storici e biografi).

La stampa ha naturalmente parlato dell'evento. E qui, visto che siamo stati così buoni fino ad ora, lasciateci dire la nostra. Che è sulla pigrizia del cronista: una volta inventato un nome legato al personaggio, quel personaggio se lo porta addosso per l'eternità. Così Luttazzi è diventato il Giovanotto Matto, Sordi sarà per sempre l'Albertone Nazionale, poi abbiamo il Molleggiato, il Califfo e via banalizzando, mai un briciolo di fatica e fantasia per trovare qualcosa di nuovo.


L'Associazione Italiana di Psicoanalisi ha un presidente che si chiama Adolfo Pazzagli. Non aggiungiamo altro, ma ai lettori non sfuggirà il risolino che ci gorgoglia in fondo alla gola al semplice abbinamento fra ruolo e cognome. Ecco, l'abbiamo detto; adesso possiamo andare avanti.

 Sabato 9 al MACRO, Museo d'Arte Contemporanea di Roma, organizzato da Simona Argentieri e dall'AIPsi, un incontro su "Il Pregiudizio". I professori, che conoscono a menadito le vie della mente, devono essere all'oscuro di quelle della tecnologia, perché molti erano i microfoni a disposizione, ma nessuno capace di farli funzionare. E niente tecnici nei dintorni: è sabato. Drizzando le orecchie abbiamo seguito l'intervento dell'amica Simona, di grande interesse e con frequenti gustose ciliegine, come il caso citato di una sua paziente negra, che non "sapeva" di esserlo fino a che cominciò a ricevere i primi insulti razziali. E proprio vero: uno non si rende conto di chi è fino a che qualcuno dall'esterno, bene o male, glielo manifesta.

Noi, nella pausa spuntino, ancora una volta siamo stati colpiti dalla manifestazione del mistero romano: perché in una struttura bellissima, modernissima, e certo anche costosa da gestire, come il MACRO (e con pragmatica coerenza in tutti gli altri musei della città), il ristorante è scadente, male organizzato, oppure chiuso proprio di sabato (mentre il giorno di riposo dei musei è il lunedì). E il bar, dove ci siamo rifugiati, anch'esso allestito magnificamente con un bancone simile a un'astronave, è lasciato in mano a due imbranati garzoni, del tutto all'oscuro di cosa siano gestione e servizio in un locale pubblico. Nel frigo quattro tramezzini scamuffi e due pizzette in stato di rigor mortis.

Neppure quando, come in questo periodo, mancano i soldi e ci sarebbero le strutture per arrotondare un po', qualcuno ci prova. Il problema è che bisogna pensare. E, ancora peggio, lavorare.

 

 

                                        

 

 

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Babula il 11/11/13 alle 10:49 via WEB
Sono sconcertata. Hai visto molte manifestazioni di tutte molto argutamente hai osservato il meglio e il peggio ma sembra che tutto quello che c'č in giro sia molto medio. Certo, se i referenti della cultura pensano alle loro beghe personali non hanno tempo per pensare ai poveri morti artisti che strisciano invece di volare.
(Rispondi)
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