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Perfidie di Stefano Torossi

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Muffa e fuffa

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

25 novembre 2013

MUFFA E FUFFA


22 novembre. Giornata intensa per il nostro argomento della settimana: mostre, mostrine e mostricciattole. Con supplemento del giorno dopo.

Ore 18: muffa, vera muffa con solide basi storiche e borghesi; una muffa sicura di sé che emerge vivace anche da sotto una spessa coperta di cultura.

Palazzo Primoli, alla fine di Via Zanardelli, di fronte al ponte, con il Palazzaccio sull'altro lato del Tevere. A una seconda entrata dell'edificio c'è il museo Napoleonico. Ma a noi interessa il Museo Mario Praz. Praz, letterato, famoso anglista e traduttore, ma soprattutto collezionista bulimico e ossessivo, e anche appassionato di ricamo, specialmente di piccolo punto (non nel senso che lo collezionava, era lui stesso a ricamare. Ci sono spalliere e centrini confezionati da lui). Il Museo non è altro che casa sua, dove lui morì ultraottantenne, e l'occasione è la mostra "Gusto Romantico" organizzata dalla GNAM per esporre le opere ottocentesche della collezione Marabottini, altro raccoglitore maniaco, quasi ma non proprio allo stadio di Praz, e suo amico nonché rivale nella caccia agli oggetti.

La mostra, che riempie alcune stanze dell'appartamento, è carina: ritratti di maniera molto piacevoli, paesaggi descrittivi e dettagliati, arredi. Ma quello che è ci interessa, più della mostra, è l'appartamento, rimasto, a quanto dichiara la guida, come quando lo abitava lui.

Luci fioche, pareti dipinte di giallo, verdino, rosso pompeiano, e: (attenzione) uccellini impagliati sotto campane di vetro, ventagli incorniciati, miniature, dagherrotipi, profili in silhouette, santini, madonnine, piccoli busti, orologi, bronzetti, cere, cartapeste, diorami, fermacarte, soprammobili, strumenti musicali, tabacchiere, calamai, cuscini, sedie, poltroncine, lettini, divanetti (aiuto!) e tutto, proprio tutto, in quantità strabordante, tanto che a un certo punto uno non ce la fa più perché rischia l'asfissia sotto la polvere e la muffa degli anni, dell'accumulo, e di quella patologia nota con il nome di collezionismo. Così il fascino artistico di queste cose, ognuna bella per conto suo, ma stomachevoli se inghiottite tutte insieme, va a farsi benedire.


Sotto l'acqua, ore 19, verso Via Margutta, meravigliosa per la sua aria solitaria e nobile anche se si trova a un passo da turisti e traffico di Piazza di Spagna, e famosa per essere la strada degli artisti e dei loro studi. Crediamo che ormai di artisti ne siano rimasti pochi da quelle parti, ma alcune vecchie gallerie resistono. In una di queste, la "One piece art", mostra di fotografie di Pino Settanni, morto troppo presto, e giustamente noto per i suoi ritratti fotografici di personaggi dello spettacolo e della cultura, tutti presi con sciarpa rossa al collo.

La gallerista, bellona anni sessanta intrattiene quattro o cinque anziani infreddoliti (non smette di piovere dalla mattina) assisa su una specie di trono nella saletta troppo piena anche di opere che non c'entrano con la mostra in corso; e tutto sembra una caricatura dei bei tempi di Novella Parigini, quando la strada era un movimentato centro d'arte, e non, come oggi, un fossile neanche valorizzato da un ente turismo che non capisce quello che di vendibile ha in mano. La mostra? Piccole foto di luoghi che magari in un formato più grande avrebbero figurato meglio. Poche e male esposte. Forse semplicemente un pretesto per fare salotto in un pomeriggio uggioso.


Via verso ancora un'altra destinazione. Sono quasi le 20, l'ora giusta. Mai andare troppo presto. Qui, niente muffa, ma fuffa. Fulcro di mondanità, presenzialismo e probabilmente anche molto denaro: è la Gagosian Gallery a Via Crispi. Uno stanzone ellittico immenso, perfetto per esporre grandi pezzi come questi, ma, proprio per la sua forma, condannato da un riverbero dei suoni sulle pareti curve, il soffitto e il pavimento senza protezione, che lo trasformano, appena c'è un po' di gente in un calderone di echi e rimbombi. E di gente ce n'è parecchia, e molto scicchettosa, all'inaugurazione della mostra di Tatiana Trouvé: "I cento titoli in 36.524 giorni". I nomi a effetto, specie se incomprensibili, sono obbligatori per eventi di genere modaiolo. In questo caso abbiamo anche l'aggravante di due righe dell'artista riportate sul programma: "Nella mia visione il razionale e l'irrazionale, la mente e i sensi, si mescolano sempre. Mi piace lasciare che scivolino uno nell'altro e diventino complementari anziché opposti". Roba nuova, eh?

Malgrado la fuffa, quadri e sculture sono belli, anche se quasi tutti "Senza titolo" (e allora il logo della mostra che significa?), il servizio dei custodi impeccabile, l'atmosfera frizzante, e non c'è neanche bisogno di parlare, tanto, nel calderone di frastuono, non ci si sente.


Per non farci mancare niente, l'indomani, tutti al La.Vi., Latteria & Vineria, nome casareccio che nasconde un locale molto giovanilistico e trendy a Via Tomacelli. In mostra parecchie belle fotografie di Vito Vinci, astratte e descrittive, appese in alto alle pareti e ignorate dalla folla di ragazzi del sabato pomeriggio occupati giustamente a bere, mangiare e rimorchiarsi immersi in un bum bum tecno da far paura. Loro neanche le guardano, e hanno ragione, perché la gestione si è accuratamente astenuta dal segnalare in qualsiasi modo la presenza di opere d'arte nel locale.

Ce ne siamo andati un po' frastornati dal suono, dall'ottimo Falanghina bevuto e dalla domanda: "Ma, perché le espongono se poi non lo dicono a nessuno?"


 

                                           

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Babula il 28/11/13 alle 02:00 via WEB
Caro Cavaliere, spero che sabato mattina verrai con il tuo serpente anche nel nostro nuovo spazio. Non č modaiolo, anzi č un piccolo occulto clandestino luogo dove facciamo (tutte 'e cose).Soprattutto troverai del buon vino. Non mancare, questa volta non la scampi devi avvelenare anche noi.
(Rispondi)
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