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Perfidie di Stefano Torossi

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Duemiladodici - Ultime notizie

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

    31 dicembre 2012

     DUEMILADODICI - ULTIME NOTIZIE


 

I giovani per i giovani. Un bel piccolo festival coordinato da Paolo Damiani, ospitato dal dipartimento di jazz del Conservatorio di S. Cecilia, che ha visto quattro concerti di studenti jazzisti di vari istituti italiani. Ogni concerto con un ospite di prestigio. Noi eravamo all'ultimo, il pomeriggio del 12/12/12. Sala dei Medaglioni, felicemente gremita di studenti, troppo ristretta per la bisogna (bene, perché per un concerto jazz è meglio stipati che comodi) e accessoriata di una porta con maniglia e cardini molto cigolanti. Buon trio di voci, buon quintetto strumentale. Superfluo parlare di Damiani e dell'ospite Luca Aquino, tromba. Ci ha colpito il chitarrista Gianluca Figliola, studente sensibile, buona tecnica e cuore, e soprattutto tenera vittima della sindrome del chitarrista jazz. Che si manifesta con la completa perdita di controllo dei muscoli dell'espressione durante la performance. Per cui, mentre il solista suona tutto intento (naturalmente se non canta), i suoi lineamenti in libertà si deformano in smorfie grottesche o allarmanti, la bocca formula silenziose vocali, le narici si dilatano e le sopracciglia vanno su e giù a stantuffo. Esilarante ma naturalmente innocuo. Fa solo sorridere un po'.

 

Nuova Consonanza. Penultimo concerto, dedicato all'organo antico nella musica contemporanea. 12/12/12, sera. Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, un edificio di proporzioni nobili; per noi la chiesa più elegante di Roma. Architettura rinascimentale perfetta, tutta bianca e grigia, niente ori o affreschi, solo le linee armoniose degli archi. Con improvvise apparizioni di cappelle e altari che più barocchi non si può. Eppure, proprio grazie a questo equilibrio, l'eccesso presente in piccole dosi previene la nausea da indigestione che talvolta, in altri luoghi, colpisce per l'esagerazione. In questa chiesa c'è un po' di tutto, dalla tomba del Marchese del Grillo a quella del Borromini. C'è anche un tabernacolo contenente una reliquia, il piede di Maria Maddalena (non si capisce se il destro o il sinistro), con una lapide che dice: "Il primo piede a essere entrato nel sepolcro di Cristo risorto".

Il grande organo è inerpicato in cima alla facciata interna, con accesso attraverso una minuscola scaletta a chiocciola scavata nel muro. Solista, il virtuoso Luigi Celeghin, fantasioso esecutore, collaudatore, ispettore di organi antichi e moderni, e uomo spiritosissimo. Ci ha fatto sorridere perché prima del concerto lo abbiamo visto controllare se si era messo le scarpe a pianta stretta. Ci ha ricordato che un organista suona anche con i piedi, e siccome i tasti della pedaliera sono piuttosto vicini, guai a indossare scarpe grosse. Sarebbe come pretendere di fare Chopin con i guantoni da boxe.

Ha eseguito la sua "MI3", una composizione che inizia sommessa, cresce, cresce fino a un rombo sovrannaturale, che solo un organo, ancora più di un'orchestra, riesce a sostenere, per poi tornare alla quiete primordiale. Bellissimo, emozionante effetto, sapientemente previsto dal compositore, consapevole, proprio per il suo mestiere di organista, della magia dei riverberi sonori fra le volte di una chiesa.

Che dire del resto del programma? Ci sembra opportuno riproporre un nostro vecchio uovo avvelenato sull'argomento: "...una riflessione sull'organo, e la facciamo con il massimo rispetto, soprattutto per gli amici organisti. E' uno strumento che ti toglie il fiato, perché lui stesso non lo prende mai. Gli archi respirano a ogni su e giù del braccio, gli ottoni e i legni per bocca dei loro suonatori, solo l'organo non ne ha bisogno. E così, con tutta la sua maestà, dolcezza e potenza, ci mette in affanno, per empatia fisiologica".

Se questo capita con Bach, figurarsi con gli autori contemporanei in programma stasera: Clementi, Capurso, De Pirro. Infatti, siamo rimasti in apnea tutto il tempo, con il fuggevole sollievo di un sospiro quando la sirena di un'ambulanza in transito sul vicino Corso Vittorio si è inserita a pieno titolo portando una ventata di melodia (!) nel brano di Kurtag. Pensate un po'.


Anche il Cavalier, pur essendo Serpente, ha un cuore. In questo momento addolorato. Perché è successo che subito dopo questo concerto, il nostro caro amico Luigi Celeghin è morto! Pensate la fragilità del nostro stare qui. Ha finito di suonare, ha raccolto i meritati applausi, è tornato a casa con i suoi, e senza nemmeno accorgersene se n'è andato. Tutto finito. Ma in gloria.

 

 

                                     

 
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