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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi di Aprile 2012

Azzardiamo un parallelo

 

 IL CAVALIER SERPENTE

 Perfidie di Stefano Torossi

  30 aprile 2012

 AZZARDIAMO UN PARALLELO


     27 aprile, prima giornata veramente balsamica della stagione. Si inaugura a Villa Adriana a Tivoli la mostra "Antinoo, il fascino della bellezza". Andiamo. Su due ruote naturalmente, ma la via Tiburtina è un inferno. Traffico congestionato in cui si intrecciano i camion carichi di travertino delle cave e i malati immaginari che vanno alle sorgenti solforose delle Acque Albule. Arrivati alla zona archeologica, hanno cambiato la viabilità, con molte direzioni vietate e ovviamente nessuna indicazione precisa, quindi ci si perde un po' nei viottoli della borgata circostante, ma insomma, poi si arriva. Molti bus zeppi di scolaresche, il cui divertimento in queste occasioni sembra essere principalmente urlare e darsi spintoni. Non vogliamo fare i brontoloni, ma ci colpisce anche il contrasto fra la bellezza solenne delle rovine dove camminiamo e l'orribile panorama di edilizia povera e insensata che ci si affaccia di fronte dal colle di Tivoli. Le robinie sono fiorite e profumano, gli uccellini cinguettano, l'unico bar accanto alla biglietteria naturalmente é chiuso e i bagni del ristorante di fronte, è ovvio, sono in manutenzione da più di un anno. Si tratta della abituale noncuranza italiana per l'arte, che fa dire agli stranieri il solito "Molto pitoresko!"

     Perché i posti sono talmente belli che inefficienze e conseguenti indignazioni sembrano perfino esagerate. Ah, c'è da aggiungere che nel trionfalistico annuncio della mostra che stiamo andando a vedere  era inserita anche la promessa di un nuovo itinerario di visita alla tomba-tempio del giovane favorito. Che naturalmente risulta inaccessibile. A proposito di serietà, avete notato quanto stupore (e quante risatine, anche) provoca in qualsiasi straniero la nostra diffidenza, sacrosanta, di italiani per tutto ciò che è pubblico. Gli orologi per strada. Ce ne fossero due che segnano la stessa ora. Che comunque sarebbe sbagliata. Le paline elettroniche alle fermate dei mezzi. Corse ipotetiche, frequenze facoltative. Come la puntualità dei treni, degli aerei, degli eventi, e comunque tutto quello che dovrebbe rappresentare la civile comunicazione fra il pubblico e il privato.

     La mostra è costruita su Antinoo, il grande amore dell'imperatore Adriano. Ritratto come Osiride, come efebo, come Apollo, e sempre bellissimo e giovane e puro. Bronzi, marmi, cammei. L'arte di questi ritratti raggiunge livelli talmente stratosferici che dopo duemila anni ci lascia basiti dall'assoluta emozione. Che dolore immaginare l'indigestione di bellezza  che dovevano provocare i tanti capolavori della villa. Tutto saccheggiato; nel medio evo solo qualche frammento a caso per costruirci catapecchie e stalle. Di altro i poveri pastori della zona non avevano bisogno. Ma dal rinascimento in poi, complici gli ordini religiosi proprietari dei terreni, la chiesa ha sbranato quel luogo di magia per riutilizzare marmi, statue, perfino mattoni, e il resto se l'è venduto al migliore offerente. Solo una cosa buona hanno lasciato: centinaia di ulivi. Tronchi che hanno quattrocento anni. Sono alberi lenti, ma se gli diamo una crescita di almeno un centimetro l'anno, fanno quattro metri di circonferenza. Monumenti.

     Certo, venti secoli fa erano tempi diversi; le donne, anzi le mogli, specialmente a quelle altezze sociali non erano altro che clausole di contratti. Nessun coinvolgimento amoroso. L'ambivalenza sessuale era assolutamente normale, e qualunque uomo di una qualche importanza aveva oltre alla moglie anche il ragazzo. Ma che un imperatore arrivasse a piangere "come una donnicciola" la morte del suo amatissimo giovane schiavo, e a fargli costruire templi, statue, addirittura divinizzarlo, questo dev'essere stato un bello scandalo. Non tanto, appunto, per l'omosessualità, per la passione, per l'impazzimento, quanto per il fatto che l'uomo più potente del mondo anteponesse al ruolo politico il capriccio per un ragazzino.

     Saltiamo i duemila anni e abbassiamo il livello. Di molto. Azzardiamo un parallelo fra il divino Antinoo e una certa Ruby Rubacuori. Anche qui, sempre con le dovute proporzioni, abbiamo un riccone, vittima di sé stesso che mette a rischio la faccia (e alla fine, non essendo un imperatore romano, la perde) per una poveraccia, che naturalmente non ha colpa di essere oggetto di cupidigia. Bugie, abusi, improntitudine; nessun rispetto per la dignità, sua e del suo ruolo.

     Forse noi siamo fissati sul concetto di stile, che ci pare un elemento indispensabile per dare dignità alle nostre azioni. Sarà, ma riconosceteci che proprio da questo nostro parallelo azzardato emerge l'abisso che separa i marmi meravigliosi che raccontano la favola di Antinoo, dalle foto in discoteca che nutrono il gossip sulla mezzacalzetta. Questa è la squallida differenza.


                                               


 

 
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Piatto ricco

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

        23 aprile 2012    

   PIATTO RICCO

 

OGMM. Ufficialmente la sigla significa Orchestra Giovanile Monte Mario. Si mormora che in realtà stia per Orchestra Geneticamente Molto Modificata.  Non siamo riusciti ad acchiappare il suo fondatore Alfredo Santoloci per chiedergli chiarimenti prima del bel concerto di domenica 15 aprile a S. Maria sopra Minerva. Poi non ce n’è stato più bisogno. Lo abbiamo capito da soli ascoltando la suite N.1 per violoncello di Bach affidata al sax baritono solo (fra l’altro molto bene eseguita con momenti nel registro medio in cui sembrava proprio di sentire il fruscio dell’arco) o l’adagio del concerto di Marcello, dove l’oboe era invece (anche qui con ottimi risultati) un sax soprano. Ecco, l’idea della modifica genetica crediamo sia questa, e funziona. Sono ragazzi, e qualche volta l’insieme non è precisissimo, in più l’acustica di una grande chiesa non contribuisce a migliorare il suono. Comunque, livello buono, e geniali gli stravolgimenti strumentali.

 

Lunedì sedici, alla sala Puccini del Circolo Ministero dei Trasporti, Giuliano Montaldo incontra Ennio Morricone. Divertente, istruttivo confronto con il chiacchierone, irrefrenabile narciso, Montaldo, il quale, rifiutando il microfono, racconta aneddoti, canta in russo finto,  fa imitazioni e ci regala due o tre osservazioni interessanti sul difficile rapporto fra regista e musicista in un film. Testuale: “Il regista quando va in studio con il suo musicista è sempre sorpreso da quello che sente per la prima volta”. “Molto probabile”, ribatte Morricone che, pur avendo il microfono in mano, lo usa poco, “ecco perché io ho sempre pronto il pezzo di riserva”. Presenti il quartetto Ialsax, con Maio pianista e Macchi, soprano. Musiche bellissime, quelle di cui si è parlato, ma poi, quando si passa al programma, ecco che viene fuori la fissazione di Morricone, la musica assoluta (cioè quella non destinata a commentare le immagini). E mentre la musica che il maestro fa per il cinema è davvero sempre ad alto livello. L’altra, ci dispiace, no.

 

Presentazione in Campidoglio. Roma, giovedì 19 aprile.

Ai piedi della stupefacente cordonata di Michelangelo che sale al nostro modesto municipio, con a sinistra la scalinata dell’Ara Coeli, e a destra la via delle Tre Pile, alziamo gli occhi a mirare tanta meraviglia, e rischiamo la pelle,  perché proprio in quel punto attraversato da migliaia di turisti, e dove convergono veri torrenti di traffico, non c’è un semaforo. Ah, la nostra vocazione turistica, con quale lungimiranza è percepita dall’amministrazione comunale! A sinistra dell’artistica salita, piccola curiosità, nel prato accanto al monumento a Cola di Rienzo cresce turgido uno dei due ombù della città (l’altro è al Gianicolo). L’ombù è un arbusto gigante che assomiglia un po’ al baobab e viene dall’Argentina. Quello sul Gianicolo è stato regalato a Roma, insieme al faro, dagli italiani emigrati laggiù. Di questo, non sappiamo niente.

Entriamo nel Salone dell’Arazzo uno dei meravigliosi ambienti di questa sede comunale che è anche un museo. L’evento. Si presenta l’Archivio Nazionale del Jazz, eccellente progetto di un archivio in rete, il più ampio possibile, che raduni e renda consultabili le innumerevoli collezioni private di materiale sul jazz: dischi, nastri, film, partiture, che finché rimangono sugli scaffali di musicisti e collezionisti servono a poco. Se raggiungibili, diventano un tesoro. Attenzione sull’Italia, con estensioni all’Europa e al mondo. Anima dell’iniziativa è il nostro decano del jazz, Adriano Mazzoletti (decano non in quanto decrepito studioso, ma perché crediamo che abbia cominciato a frequentare l’argomento dai primi anni dell’asilo). Sede e strutture del Saint Louis Music School, senz’altro la migliore, più viva ed energetica scuola di musica in Italia. E parliamo di musica vera, non solo muffa da conservatorio; qui gli studenti praticano e sudano tutti i giorni insieme ai compagni. Molti vecchi amici presenti: Pieranunzi, Piana, Tommaso, Podio, Oddi, Giammarco…Fondi privati, quindi doppio merito.

Il valore dell’iniziativa è chiaro, inutile approfondire. Vogliamo salutare l’arguto Mazzoletti che in apertura dice di sé: “Nel 2001 sono andato via dalla Rai, e ho cominciato a lavorare”, e chiude con: “Il jazz è un virus che se ti prende non ti lascia più. Noi siamo portatori sani”. Eccellente ufficio stampa di Giorgia Mileto, che, come bonus aggiunto, è anche bella.

 

20 aprile, Istituto Polacco di Cultura. Rassegna “Suona Francese”, una serie di diverse decine di concerti in tutta Italia. Questo è per clarinetto (Guido Arbonelli) e pianoforte (Giovanni Sorana). Parecchie composizioni in prima assoluta, fra cui due, belle, di autori italiani, Ravinale e Marocchini. Non vogliamo fare i sognatori, ma il concerto era a ingresso libero e ci saremmo aspettati di vedere qualche polacco in sala. Non certo i lavavetri col Tavernello facile, ma qualcuno oltre i funzionari dell’istituto. Niente. Programma ben assortito con brani abbastanza corti da non stremare. Esecutori ad alto livello: il pianista compassato, il clarinettista mattatore. Presenta garbatamente i brani, è buffo ma non ridicolo quando manda baci (rigorosamente in partitura) al pubblico. Si muove con swing mentre suona, dote piuttosto rara fra i clarinettisti classici. Il risultato è ineccepibile. Un concerto serio che ci ha fatto divertire. Siamo fissati noi, oppure questo potrebbe (e dovrebbe) essere un modo di affrontare la musica contemporanea?

 

PS. Tornando a casa siamo passati da Piazza San Silvestro, recentemente e con molte fanfare pedonalizzata e dotata di un restyling radicale. Era tardi, non c’era nessuno e bisogna dire che la grande ellisse della panca di travertino che scontorna lo spazio della piazza è bella. I lampioni, piccoli e ottocenteschi anche. Ci lascia un po’ stupiti l’elemento mobile dell’arredamento: 10 (dicansi dieci) secchioni per l’immondezza disposti in bell’ordine seguendo la curva. Sono quelli di ghisa, non brutti, ma grossi, occupano da protagonisti tutto lo spazio, e comunque sempre contenitori di spazzatura sono. Certo, così la piazza dovrebbe essere più pulita, però…

 

                                       

 
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Volare alto

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

  16 aprile 2012

 VOLARE ALTO


     Gran livello di intelligenze giovedì 12 a Roma Incontra, auditorium dell'Ara Pacis, per la presentazione del libro "2030. La tempesta perfetta". Auto col lampeggiatore fuori, prima; sobrio cocktail in terrazza, dopo. Ma veniamo alle cose serie. Sala gremita, e al tavolo dei relatori i due autori, Speroni e Comin, più Bonanni (Cisl), Conti (Enel), il moderatore Cisnetto e Umberto Veronesi che non ha davvero bisogni di alcuna specifica professionale o politica per essere presentato.

     Cisnetto sfoggia come una sfida orgogliosa il fatto che, anche se si svolge a Roma, il convegno comincerà puntuale. Ed è miracolosamente vero. Ben condotta, l'ora e mezzo dell'incontro affronta l'argomento: ci sarà abbastanza per tutti quando saremo nove miliardi? Il tono è in generale ottimistico. C'è abbastanza petrolio per altri cinquant'anni, e carbone per 150. Chi nasce oggi ha un'aspettativa di vita di 98 anni, uomini, e 102, donne. Gli OGM sono buoni, non bisogna demonizzarli, perché anche un pruno selvatico innestato in modo da produrre pesche, come sanno i contadini da migliaia di anni è un OGM, e nessuno tenta di avvelenare nessun altro. E così via, tenendo presente che mentre la tecnologia vola basso, la scienza invece deve galleggiare più su, ma sempre un po' al di sotto della morale. La trinità laica. Che è necessario fare del male per poter poi fare del bene. Insomma, ce la caveremo se nessuno fa troppe sciocchezze.

     E' chiaro che stiamo schematizzando e condensando anche troppo l'argomento e la sostanza degli interventi, ma il nostro tono lo abbiamo impostato da sempre più sul frivolo che sul serio. E per non smentirci riportiamo la battuta di Veronesi, grande vecchio lucido e intelligente che prende la parola per ultimo. E che, dopo aver lodato il libro presentato, parla delle sue pubblicazioni. "Sì, anche io continuo a scrivere, e il mio ultimo lavoro è il solito libro sul cancro. L'ho fatto su richiesta del mio editore, perché, dice lui, il cancro tira".

 

    Passano ventiquattrore e ci troviamo a un'altra manifestazione di cultura. Questa un po' più romana, nel senso che comincia con un bel ritardo. Si tratta ancora una volta di una presentazione. Un libro sul pittore barocco Angelo Caroselli. Adesso fate attenzione. L'autrice del libro si chiama Daniela Semprebene, ed è allieva e collaboratrice del notissimo restauratore Ottorino Nonfarmale. Non siamo nel Corriere dei Piccoli. Persone vere. Cognomi autentici, tirati giù dal programma, a vostra disposizione se avete dei dubbi.

     Siamo nella Sala Alessandrina dell'Archivio di Stato, una meravigliosa biblioteca costruita dal papa Alessandro VII, un ambiente più piccolo ma meglio affrescato della Biblioteca Angelica, lì vicina, che a sua volta è meno imponente della Vallicelliana del Borromini, che è uguale per sontuosità alla Casanatense, e così via baroccheggiando di papa in papa per tutta Roma. Pubblico vecchio con guizzi di decrepitezza, che all'improvviso si riattizza per l'arrivo di Sgarbi accompagnato da una rossa vistosa in tacchi da dodici e mantellina verde. Ironizzando sul fatto che sul programma appare con la qualifica di moderatore, un po' stretta per il suo personaggio, ci regala 15 minuti di un discorsetto divertente, informato, ben pronunciato e soprattutto con le identità dei suoi bersagli (compreso il sindaco Alemanno) spiattellate davanti a tutti.

     Dopo di che, purtroppo, altri barbosissimi e fiacchi interventi pieni di ehm, mah, beh, che culminano con una tormentosa mezz'ora incautamente affidata a una pseudo attrice che legge un testo di cui evidentemente non capisce neanche una parola, e in più sbaglia tutti i fiati e le pause. Piuttosto di soccombere ci alziamo dalla nostra poltrona in modo insolente e volutamente scortese e tagliamo la corda fra le occhiate indignate, ma anche invidiose di molti che vorrebbero fare come noi.


     Certo, con questa smania di volare alto ci siamo persi parecchie ghiotte occasioni di cultura, diciamo così, diversa, fra cui l'appuntamento "Radical Spritz", in questa stessa giornata, al Settembrini di Roma. E' un negozio di libri, ma anche un ristorante; è enoteca, ma anche bar. Tutte realtà che già si trovano, e anche ottime, in giro. Ma non concentrate sotto un unico tetto come qui. Fra le iniziative di questa istituzione cultural-eno-gastronomica, ci sono i pomeriggi dedicati ai vini e ai cocktail, fra cui appunto lo spritz, tristemente noto per la sua pericolosità fra chiunque sia stato almeno una volta nel Nordest e lo abbia assaggiato (vinbianco più selz più Aperol o Campari). E' talmente buono che di solito dopo il primo ne ordini subito un secondo, perché tanto non fa nessun effetto (subito), e poi ti trovi ciucco senza sapere come e perché. O meglio, un'idea ce l'avresti pure, ma ormai è troppo tardi.



                                         

 
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Varia umanità - con finale a sorpresa

 

 IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

                     9 aprile 2012                 

    VARIA UMANITA’ - CON FINALE A SORPRESA

 

Arretratezza. Complesso del Vittoriano a Roma. Mostra di Enzo Fiore. Poi cena sulla terrazza del monumento a Vittorio Emanuele. Uno dei punti più alti e più belli di Roma. Le cupole barocche da una parte, il Foro Romano dall’altra, il Colosseo sullo sfondo, cibi squisiti, vini freschissimi, e gabbiani appollaiati a mezzo metro dagli ospiti. Però quando serve, in questo luogo di estetiche delizie, l’unico locale a disposizione è un cesso: porta semisfondata, niente carta igienica, un lago di liquido sospetto a terra. 

Definizioni. Se uno ruba un panino è un ladro, se uno si prende una musica per diffonderla su Internet, è un benefattore dell’umanità. ( da “Abolire la proprietà intellettuale” di M. Boldrin).

Incompetenza? Repubblica del 5 gennaio 2012, articolo sui violini d’autore. Dopo varie prove e audizioni si è dovuto constatare (con stupore, immaginiamo) che molti esecutori, anche di livello, non sanno distinguere il suono di uno strumento cinese da duemila dollari da quello di un Guarneri o uno Stradivari da dodici milioni.

Masochismo. Andare in bici con la pipa in bocca. Ne abbiamo visti di questi sconsiderati. In caso di caduta, tracheotomia fai da te.

Pasqua. Sul retro del bus N.64 (S. Pietro - Stazione Termini), e di altri mezzi, un immenso poster del film ”Buona Giornata” (per via della stagione non è un cinepanettone; sarà una cinecolomba?), con le facce degli attori. De Sica, Abatantuono, Banfi, Salemme e altri minori, immobilizzati tutti insieme con il gusto dei fotoromanzi di anni fa (non quello, bellissimo e realistico-fantasioso dei veri manifesti, disegnati, del cinema) in caratterizzazioni schematiche dei ruoli: il cipiglio al cattivo, la risata al comico, gli occhi sbarrati allo scemo, la boccuccia alla seduttrice. Evidentemente il pubblico (o i produttori, o i distributori) non è ancora padrone del concetto di buon gusto.

Perplessità. Probabilmente ci ripetiamo, ma un fatto continua a stupirci. In chiusura di “Che tempo che fa”, con la complicità sorniona di Fazio, c’è la tiratina comico-satirica di Luciana Littizzetto. A ogni battuta divertente, e ce ne sono parecchie, parte un nitido applauso, preciso in apertura e in chiusura, senza una sbavatura, e solo con qualche risatina. A comando, insomma. Che strano pubblico. Disciplinato; ma questa reazione non sarà un po’ frustrante per un comico?

Sòla o mezza sòla? Il Festival Mondiale dell’Inedito, lanciato con una presentazione al Burcardo, a cui c’eravamo. Promette lettura attenta, esposizione e discussione dei manoscritti, ma non automaticamente la pubblicazione. E fin qui, bravi. Però partecipare costa circa seicento euro per ogni opera. E qui, meno bravi. Anzi, ci pare che l’iniziativa assomigli pericolosamente a quelle piccole case editrici che ti pubblicano gratis, ma solo se ti impegni a comprare tutta la tiratura.

PS. Relatività. Chiudiamo con una miniscenetta fulminea, arguta e inquietante, di Dobrina Gospodinoff, amica, flautista e scrittrice: “Ci eravamo dati appuntamento al ristorante coi compagni di liceo, ma a quanto pare non è venuto nessuno. C’è solo quella tavolata di vecchietti là in fondo alla sala…”


     E con questo neutro ovetto di Pasqua potremmo salutarci qui. Invece sentiamo il dovere di strapazzarvi quest’altro uovo, di Pasquetta e ben più avvelenato, fresco di giornata.

     Sul Fondo di Solidarietà della SIAE, un’istituzione che fino a dicembre scorso garantiva un piccolo assegno mensile ai soci anziani, ora soppressa, Striscia ci ha fatto un bel regalo con il suo servizio del sei aprile! L’avete visto? Montaggio affrettato e rozzo, e pochi risicati secondi a disposizione di un gruppetto di famosi che volevano dire la loro su questo argomento delicato e per molti vitale. Insomma, chiunque ha visto il filmato (il pubblico, e di sicuro qualche artista non proprio preparato, come d’altra parte sappiamo essere la maggior parte dei colleghi) avrà capito poco o niente.

    E non sono certo serviti a chiarire le idee gli interventi di Guardì, confuso sull’attribuzione dell’assegno di professionalità (secondo lui, solo agli autori a reddito basso, mentre, come sappiamo, va, anzi andava, a tutti i soci anziani), di Mirabella, più chiaro, ma gli hanno lasciato dire soltanto che questo assegno non è una pensione. Troppo poco. Anche a Vianello hanno troncato la parola in bocca. Lopez non ha tentato di spiegare niente; si è solo indignato, proprio come ci si poteva aspettare da un artista addolorato (e a lui dobbiamo un grazie per il servizio). Sullo sfondo si intravvedevano anche Magalli e Vaime, testimoni muti (perché?). In più, per come sono stati filmati, i nostri autori avevano l’aria di  un gruppo di disoccupati sorpresi davanti all’ufficio di collocamento.

    Più esauriente l’avvocato Bianchi. Anche lui mutilato, è riuscito comunque a comunicare una cosa importante: che il fondo di cui si parla non è mai costato niente né alla SIAE né agli italiani, ma solo agli stessi associati attraverso una percentuale sui loro diritti, quindi perché sopprimerlo?

   In chiusura (come mai il gran finale proprio a lui?) il Direttore Generale della SIAE, Gaetano Blandini, non solo si salva, ma ci fa pure una bella figura quando scarica la responsabilità della decisione a un giudice dello stato, e promette una soluzione entro aprile. Capito, amici e colleghi artisti? Quello è un tosto manager professionista e, contrariamente ad alcuni messaggi trionfalistici letti su FB, non si è per niente spaventato e non ha mai perso, e crediamo che mai perderà il controllo della situazione.

 

 

                                        

 
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L'asinossi

 

      IL CAVALIER SERPENTE

     Perfidie di Stefano Torossi

   2 aprile 2012

   L'ASINOSSI


  Non è un errore di battitura, è la testimonianza dell'immortalità del somaro, e più specificamente del somaro italico, e se vogliamo proprio entrare nello specifico, del "Cives Somarus Sum".

     I fatti.

   La farsa (involontaria, credeteci) va in scena lunedì 26 marzo al Teatro Quirino, secolare istituzione nel centro storico di Roma; l'orario (ipotetico, intendiamoci), sarebbe le sei e mezzo, in realtà la faccenda comincia alle otto; l'organizzazione (fantascientifica, scommetteteci) fa ridere i polli, oltre ai somari. Per dire: nel vicolo davanti al teatro, auto e moto parcheggiate alla romanesca, da non far passare una sedia a rotelle (poi si capirà perché facciamo questo esempio), e due vigili, sigaretta in bocca: "Aho! Ma nun l'hai chiamato er carro attrezzi?" "Io no, ma nun ce dovevi pensà tu?". Quando siamo usciti, verso le nove e mezzo, i due vigili erano sempre lì, la stessa cicca in bocca, le stesse macchine e moto piazzate nell'identico fantasioso modo.

     Entriamo insieme ai vip, Roncato, Brilli, De Sica, Tognazzi, per assistere all'evento, che è la premiazione dei vincitori del Festival film corto a tema "Un sorriso diverso". Diverso nel senso dell'handicap, e della sedia a rotelle; ecco il riferimento alla difficoltà di accesso. Subito, gli organizzatori, dal palco, si premurano di farci sapere che (testuale): "La diversità colora il mondo che sennò sarebbe grigio". Avremmo voglia di chiedere a qualcuno dei presenti in carrozzina se si rende conto di quanto è fortunato a vivere in questo mondo colorato, invece di quello grigio della gente che va a spasso con le gambe, senza bisogno di ruote.

    Poi comincia il balletto dei microfoni. Passalo a me, ma non funziona, allora lo riprendo e ti do il mio, adesso ne hai due, sono troppi. Finché, con un tocco di ruspante ribalderia, il presentatore la butta lì: "Pare brutto?", e si infila uno di questi microfoni itineranti nella tasca dei pantaloni. Per tirarlo fuori a ogni occasione e passarlo a questo e a quella. Avete presente la forma dei microfoni senza cavo, quelli che nell'ambiente si chiamano gelati? Un cilindro di una ventina di centimetri, con un rigonfiamento a bulbo a una estremità. Inutile il commento.

     Molti i corti premiati proiettati in formato spot ma chissà perché senza sonoro, variatissime le motivazioni, troppe le assenze o gli scambi dei personaggi che dovrebbero ritirare i premi. Continuamente costretti i presentatori a invocare qualcuno, "C'è"? e poi rimanere ad aspettarlo, spesso invano. E moltissime e confusionarie le presenze di attori, registi o assessori chiamati a leggere di ogni filmato "la sinossi" (ecco dove abbiamo preso il titolo). Un bel bordello, evitabile con un minimo, davvero un minimo di organizzazione.

     Utile e dilettevole lo show acrobatico di due signore spesso avvicendate (pare che la prestazione sia molto faticosa) nel comunicare a gesti ai diversi (veri) fra il pubblico quello che gli altri diversi (fasulli) dicono sul palco.

    Due vallette giovani e graziose ci deliziano gli occhi portando i diplomi ai premiati. Ci hanno rallegrato anche durante la lunga attesa prima dell'inizio mentre giravano in platea nei loro eleganti abiti lunghi e scollati con niente sotto tranne mutande evidentemente troppo strette perché le abbiamo sorprese più di una volta sistemarsi l'elastico con pizzichi furtivi. Stendiamo un velo pietoso su un paio di imitazioni (Asia Argento drogata e Carla Bruni cantante) offerte allo sconcerto del pubblico e, ci è parso, anche degli altri presenti sul palco, da una sedicente attrice o, più probabilmente, un'amica di passaggio.

     Insomma, per sopravvivere, a un certo punto ce ne siamo andati, mentre la faccenda ancora si trascinava penosamente. Il dilettantismo sembra un condimento obbligato di queste occasioni assistenziali e/o istituzionali. Aggiungiamo che poco ci è piaciuto scoprire che fra i diversi a cui era dedicata la manifestazione c'erano anche gli anziani!


    Come risarcimento sabato sera siamo andati a vedere James Taylor all'Auditorium di Via della Conciliazione. Prima le buone notizie. Lo spettacolo è annunciato alle ventuno, e alle ventuno  comincia. Teatro gremito. Pubblico benissimo disposto. Applausi esagerati perfino quando Taylor annuncia l'intervallo. Tutti conoscono i pezzi e alla prima nota già si scatenano. Il tempo lo accompagnano in levare. Le spiritosaggini in inglese sono comprese e apprezzate. Non un'esitazione negli attacchi. Tutto provato e riprovato. Così fanno gli artisti americani; i professionisti, insomma. Potrebbero farlo anche gli italiani ma ci vorrebbe qualcuno di pratico.

     Adesso le notizie cattive. Fa un caldo esagerato. Niente aria condizionata. Troppo presto per la stagione? La temperatura dei concerti è spesso un'incognita, e quasi sempre un disagio. Il prossimo evento a gradazione giusta vi promettiamo di evidenziarlo. L'altra notizia cattiva è l'artista. Fin dagli anni ottanta, noi ci ricordavamo Taylor come uno dei cantanti più noiosi del panorama. Questa sera ci si è confermato il giudizio. La noia è sottile. Le canzoni sono uguali, molte anche nella stessa tonalità. Garbate, prevedibili, ben confezionate e ben cantate. Ma alla quinta non se ne può più. Lui è sobrio, qualche volta moderatamente spiritoso. La sua voce non si, e non ci  emoziona mai. E' elegante, magro, diritto e decorosamente pelato. Immobile quanto basta, e quando cambia chitarra sembra che sposti un fragile vaso di Murano. Insomma, anche da qui, per sopravvivere ce ne siamo dovuti andare prima della fine.


                                     

 
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