Creato da torossis il 08/08/2010
Perfidie di Stefano Torossi

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2012 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

torossisslavkoradiccarmelo.rizzo70minarossi82aristarco7dudeziochiarasanyenrico505tobias_shuffleRavvedutiIn2Sky_Eaglechristie_malryunastella43isolde6antelao63
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Settembre 2012

Einaudi e gli spinelli

 

   IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

     24 settembre 2012

      EINAUDI E GLI SPINELLI


     Stagione Contemporanea. Parco della Musica di Roma, dal 22 settembre. La promozione: impeccabile, il pacchetto: bene incartato; adesso si tratta di aprirlo e andare a vedere il contenuto.  La conferenza stampa di presentazione della Stagione Contemporanea era stata piuttosto moscia, non per il progetto, interessante, o per l'organizzazione del Parco della Musica, puntuale e corretta, ma perché i tre signori al tavolo: Fuortes, amministratore delegato; Regina, presidente; Pizzo, curatore sembravano incapaci di superare con le loro voci la soglia dell'udibile. Un'atmosfera davvero smorzata. Precipitata nel funereo con l'intervento di Einaudi che non ha il dono dell'eloquenza, e neanche quello di una conversazione mediamente vitale. Le sue lente parole escono faticosamente picchiettate di ehm, e beh, e mah soporiferi (continuiamo a pensare che la maggioranza dei musicisti dovrebbe aprire bocca solo per ficcarci dentro uno strumento).

     Per fortuna a un certo punto, sotto un impossibile cappellino appare la frivola Sora Cesira, personaggio fino a quel momento a noi sconosciuto, ma che siamo poi andati a cercare sulla rete, trovando sul suo blog stupri di canzoni e video famosi, di cui lei stravolge i testi e le voci. Alcuni gustosi, alcuni banali. Il problema è forse che, una volta trovata una formula, o le si rimane fedeli, e bisogna essere dei geni per non diventare noiosi, o la si cambia appena comincia a mostrare la corda. Non riusciamo a capire in che modo possa mescolarsi a questa vicenda senza fare impazzire la maionese, ma tutto è da vedere e da sentire, e staremo bene attenti al momento.

     Si comincia il 22 settembre con The Elements di Ludovico Einaudi, prima assoluta. Anche se ci eravamo ripromessi di non farlo, alla fine siamo andati. Accomodati in una buona poltrona di platea, ci troviamo di fronte al solito dilemma: riconoscenza per l'invito degli amici dell'ufficio stampa, o sacra tutela della nostra opinione? Nessun dubbio: siamo grati agli amici, ma, come sempre, ecco il nostro pensiero viscerale e libero.

     Il primo colpo d'occhio è magnifico. La Sala Santa Cecilia dell'Auditorium è un'immensa caverna, arcaica per i legni che la foderano tutta, moderna per i ponti sospesi dei fari e le curve fonodinamiche delle superfici. Scenografia essenziale ed elegantissima, con la sapiente esposizione di ogni percussione esistente, più qualcuna che ci è parsa inventata per l'occasione (più tardi ascolteremo anche lastre di metallo fatte vibrare nell'acqua). Cinque grandi sfere traslucide sospese (che poi vedremo salire e scendere dai cavi e illuminarsi di luci candide) e cinque solisti, quattro percussionisti della PMCE più Robert Lippok, pilota dell'elettronica. Tutti in nero, su fondo nero, con i loro strumenti scuri o incendiati di bagliori metallici sotto i fasci bianchissimi dei fari. Festosa l'atmosfera di attesa di un evento che sa già di buona riuscita. Poco a poco il teatro si riempie di un bel pubblico ben disposto. Schizzo di colore romanesco quando un burino si affaccia dalla galleria e a gola spiegata chiama un suo omologo in platea: "Aho! Poi se n'annamo a cena!" Non siamo allo stadio, ma loro non lo sanno.

     Buio in sala, sapiente riaccendersi graduale di poche luci bianche in tutto quel nero ed ecco che, mentre intuiamo i cinque compagni di avventura, nero su nero, ai loro posti sul fondo, entra Ludovico Einaudi (e qui scusateci se ci ripetiamo ancora una volta sul tema dell'abbigliamento, nostra fissazione, inteso anche come rispetto per il pubblico) con addosso la solita giacchetta, la solita maglietta, i soliti jeans a cavallo basso sformati; e va a sedersi al gran coda piazzato con la tastiera, e quindi la schiena e la pelata del pianista rivolti dritti verso il pubblico. L'abbiamo visto dirigere i solisti rimanendo seduto al piano, ma crediamo che questo lo puoi fare anche se stai di traverso.

     Comodi nel nostro sedile ci lasciamo andare all'ascolto, e a un certo punto, circa a metà della faccenda (che in tutto durerà un'ora e mezza) abbiamo la sensazione che ci manchi qualcosa. La musica va, molto rarefatta, molto ripetitiva, priva di filo melodico o di sviluppo armonico, anche se ricca di qualche bella sonorità, e noi a nostra volta riandiamo a un nostro momento in India, esattamente trentanove anni fa, sulle rive del Gange, al tramonto, mescolati a un gruppo di fricchettoni figli dei fiori ad ascoltare per ore e ore il sitar di qualche Ravi Shankar del posto, convinti di essere a un passo dall'illuminazione. Poi ci siamo resi conto che la scalata verso l'immenso non dipendeva dalla musica, ma dal forte quantitativo di spinelli (se non peggio) consumato durante l'ascolto.

     Ecco cosa ci manca in Sala Santa Cecilia: un bello spinello! Peccato, perché dopo questa raggiunta consapevolezza ci siamo trovati ad affrontare altri tre quarti d'ora di suoni rarefatti, ripetitivi, privi di filo melodico e di sviluppo armonico, ma senza nessun supporto psicotropo.

     Applausi deliranti, standing ovation, richiesta di bis, concessi, e fuoruscita di pubblico felice.

     E noi, che dire? Non vogliamo certo sostenere che se una composizione non contiene melodie, armonie a contrappunti non ci piace, anzi, le novità, ma quelle vere, che provano a scardinare il sistema ci entusiasmano, ci irritano, ci seminano la testa di dubbi, comunque ci fanno pensare.

     Anche la musica di Einaudi ci ha fatto pensare, ma solo agli spinelli sul Gange.



                                       

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Tango, moda e pane casereccio

 

  IL CAVALIER SERPENTE

    Perfidie di Stefano Torossi

       17 settembre 2012

       TANGO, MODA E PANE CASERECCIO

 

     Tango! 11 settembre al Parco della Musica, presentazione del Festival Buenos Aires Tango, una specie di concorso fra i migliori ballerini arrivati appositamente dall'Argentina. L'evento presentato è grande e sarà di sicuro entusiasmante per gli appassionati; la riunione di presentazione invece è piccola e informale, quasi una festicciola fra amici. Il coordinatore che racconta il programma con sonoro accento sudamericano si chiama Varchausky, un cognome non propriamente ispanico, riscattato dal nome Ignacio. La famosissima (in Argentina) cantante, star dell'evento, Maria Graña, è identica a Platinette, povera donna. Il tutto si ravviva inaspettatamente con l'esibizione estemporanea di due fratelli ballerini, maschi (non pensate a male, ci avvertono loro stessi, è una rispettabile vecchia tradizione) che improvvisano un tango fra loro, brillante, spiritoso, elegante e decisamente privo di qualsiasi riferimento erotico. Finalmente, perché la fissazione di caricare ogni passo di questo ballo di significati sessuali ci è sempre sembrata esagerata.

     Abbiamo dato un'occhiata al calendario di settembre dell'Auditorium e abbiamo visto che, come per le tabelle del traffico nei periodi di vacanza, ci sono due giorni con il bollino nero (per noi), venerdì 21 e sabato 22: rispettivamente Giovanna Marini e Ludovico Einaudi.


     Fashion night out. 13 settembre, serata di celebrazione globale della moda organizzata da Vogue Italia. La giornata è stata piovosa ma, dalle otto in poi si gira benissimo per il centro di Roma con un'arietta fresca e neanche una goccia. Minigonne, hot pants, acconciature e trucchi che sembra la swinging London dei '60. La festa è davvero divertente. Caciarona, naturalmente, con i negozi su Via del Corso in competizione a colpi di dj e techno a tutto volume, ogni tanto anche con buona musica. Qualche gruppo dal vivo qua e là. Ottimo prosecco e tartine nel nuovo grande e bello spazio di Vuitton a piazza in Lucina, dove c'era il cinema Etoile.

     A proposito dei cambi di destinazione degli esercizi commerciali storici, vorremmo spezzare una lancia contro i piagnistei sul cappellaio che stava lì dall'ottocento, o sulla sala cinematografica venduta e poi snaturata. Proprio lo showroom Vuitton è un perfetto esempio di come riconvertire uno spazio che non serve più perché sono cambiati i tempi. Era un cinema, prima? Benissimo. Progettato da Marcello Piacentini? Meglio ancora, infatti la facciata era ed è rimasta bella. Solo che, adesso che la gente non esce più per andare a vedere un film, cosa facciamo, lo lasciamo ammuffire con le stimmate di museo? No, è bene che lo spazio continui a seguire la sua vocazione commerciale con le modifiche necessarie, tanto più se affidate a una buona mano, come in questo caso, e diventi un grande negozio, non importa di cosa. Dobbiamo anche ricordarci che, quando la bottega storica è stata aperta, forse due secoli fa, avrà di sicuro preso il posto di qualche predecessore, magari un laboratorio di parrucchini, che, almeno per anzianità, era più storico di lei. E' il normale avvicendarsi delle cose.

     Abbiamo parlato di grandi spazi che certo è facile rendere belli con grandi capitali. Ma durante la festa siamo anche capitati in ambienti senza nessuna attrattiva, impreziositi non dai quattrini, ma dalle idee. In un banale androne al Corso ci è molto piaciuta la presentazione di un kit di abiti mandrakiani, nel senso che si tratta di capi che, indossandoli alla rovescia o con l'aggiunta minima di una sciarpetta o di un laccio cambiano magicamente look e funzione. Insomma, da una scatoletta minuscola abbiamo visto fiorire addosso a una graziosa indossatrice un intero guardaroba. La nostra incompetenza nel ramo non ci permette di capirne i meccanismi, ma non ci impedisce di trovare il tutto intelligente, ingegnoso, e di gran gusto. Il merito a Lia Morandini, costumista e artefice di questa buona idea e della sua realizzazione. Su un tavolino lì vicino, in una cesta insieme a qualche bottiglia di vino, ci è apparso e ne abbiamo approfittato senza vergogna come piacevole alternativa artigianale alle tartine che ci avevano stufato, dell'eccellente pane casereccio preparato dall'amico attore Giovanni Vettorazzo, che conoscevamo come professionista del set ma non del forno. Il risultato? Gustoso.


 

                                        



 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Sul lungo termine siamo tutti morti

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

      10 settembre 2012

         SUL LUNGO TERMINE SIAMO TUTTI MORTI.


     E' settembre, meno male. Ricominciano gli eventi urbani. Troppo lunga, troppo calda, questa vacanza. Basta. In fondo siamo gente di città.


     Lunedì 3 settembre, Parco della Musica. Serata di presentazione dell'anno accademico del St Louis Music School, penalizzato perché all'ultimo momento l'organizzazione gli ha tolto di sotto il sedere la sala grande costringendoli a ripiegare sul teatro studio, molto più piccolo, e a lasciar fuori della porta un sacco di amici.

     Cominciamo dalla fine. Ottimo il concerto della big band della scuola, con begli arrangiamenti e due ospiti super, la vocalista Maria Pia De Vito e Rosario Giuliani al sax. Però, se riandiamo all'inizio, siamo obbligati a segnalare: troppo lunghi, ripetitivi e talvolta superflui i discorsi di presentazione. Chiaro, ma non abbastanza conciso il presidente Mastruzzi. Forse in questi casi invece di improvvisare, con le inevitabili ripetizioni in agguato, sarebbe più saggio mettersi lì due giorni prima, buttare giù su un foglietto i punti principali, tagliare e ancora tagliare quello che comunque risulta sempre di troppo; e poi leggere. Alcuni degli altri che hanno parlato ci hanno confermato nella nostra convinzione che molti musicisti dovrebbero aprire bocca solo per infilarci lo strumento. E poi, lasciatecelo ripetere per la millesima volta: tutto ciò che avviene in scena, anche e soprattutto quello che può sembrare scontato e facile, ha bisogno di una regia. Compresa la presentazione di una scuola di musica.


     Saltiamo un giorno. Mercoledì 5, seconda serata dell'11 Contest al Teatro Lo Spazio. Un festivalino musicale sorprendente. Nel senso che, come già successo in passato, anche questa sera brodetto di concorrenti banali: un pianista-macedonia di Allevi ed Einaudi mescolati male; un cantante imbalsamato che non muove un muscolo, con un pezzo da lui ritenuto audace su un rapporto omosessuale fra due pedine degli scacchi; e la solita cantautrice etno-folk-pizzica. In mezzo a questi è spuntato un cantantino timido, buffo, sessualmente ambiguo che si è presentato con una canzone interessante, e soprattutto abbinata a un piccolo, anche se solo abbozzato, show originale e di istintivo buon gusto. La serata l'ha vinta. Merita di vincere il festival. Secondo noi ne sentiremo parlare. Ricordare il nome: Marco Baldini.


     Torniamo a martedì 4. Serata pregnante della settimana. Ecco dove si aggancia il nostro titolo. Un inaspettatamente garbato e a suo agio Carlo Molfese ha tenuto la scena per un paio d'ore con sicuri tempi teatrali e arguto dialogo con il pubblico al Teatro Belli nel suo spettacolo "Le memorie di un impresario". E' un titolo che non ha bisogno di spiegazioni. Molfese, che è davvero un impresario oltre che un attore giusto, ha raccontato la sua più fantasmagorica invenzione: il Teatro Tenda di Piazza Mancini, che dal 1976 per una decina di anni è stato dove si andava a vedere le cose più nuove, intelligenti, speciali, mentre per le strade di Roma terroristi e polizia si sparavano addosso, e non pochi ci rimettevano la pelle. Durante la chiacchierata di Molfese (classe 1934), passavano filmati di spettacoli, prime, pubblico, attori. Con alcune eccezioni, tutti morti. E' normale, il tempo passa. De Filippo, Gassman, Troisi, Carmelo Bene, Fellini, Modugno, Mario Scaccia, Nicolini. Musiche di Nino Rota e Fiorenzo Carpi, anche loro andati.

     Assolutamente normale, lo ripetiamo. Ammettere che la morte c'è e chiamarla con il suo vero doloroso nome ci sembra giusto. Quello che ci toglie la fiducia nell'intelligenza equilibrata dei nostri simili (e parliamo di artisti che dovrebbero comunque essere fuori del conformismo) è il linguaggio infantile, a volte bamboleggiante che spunta sulla lingua di molti quando si parla di questo argomento. "E' mancata" (a cosa?). "E' scomparso" (dove?). "E' andato a dirigere l'orchestra degli angeli"... "Guardatela, è là che canta sulla terza nuvola a sinistra"... "Da lassù ci ascolta e ci protegge"... e via con queste baggianate da bambini spauriti.

     Come ogni volta che si sfiora l'argomento, è spuntata la dichiarazione di Monicelli "Solo gli stronzi muoiono". Farà anche ridere, però, intanto, niente ci sembra più implacabile e giusto della battuta (ma anche filosofica verità) di Maynard Keynes, che noi abbiamo scelto come nostro titolo: "Sul lungo termine siamo tutti morti".



                                         

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Il miracolo dell'ostia fritta

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

     3 settembre 2012

     IL MIRACOLO DELL'OSTIA FRITTA


     C'è a Roma, ai piedi del Palatino, la chiesa di S. Anastasia. Qui, appoggiate alle pareti, stanno otto bellissime colonne romane di scavo; sette di un bel marmo color miele con screziature bruno violette. L'ottava è di un elegantissimo grigio striato di bianco, magnifica.

     Bene, soddisfatta la nostra fissazione architettonica, veniamo al vero scoop. Nella navata di destra c'è una gran bacheca che espone, raccontati in ordine cronologico, i più clamorosi miracoli transustanziali del passato.

     Per la Chiesa il miracolo eucaristico della transustanziazione, che si ripete a ogni celebrazione, è credere che nell'ostia e nel vino c'è la carne e il sangue di Cristo. Ovviamente è un fatto che non si può, anzi, che non ci si deve sforzare di dimostrare. Crederci e basta, se no sono guai.

     Si sa che quando ci si affaccia all'indimostrabile si scivola anche nel baraccone dell'ingenuo e del grottesco. Qui ci stiamo dentro in pieno. Naturalmente abbiamo scelto i casi più pittoreschi. Uno più esilarante dell'altro.


     Uno. Anno Domini 595. Miracolo di San Gregorio Magno. A messa, una donna di fede poco salda scoppia a ridere sonoramente (sottolineato nel testo) mentre si comunica. Scandalo in chiesa. Il papa blocca la funzione. A questo punto il pane dell'ostia diventa carne e si mette a sanguinare. La donna si pente, il papa si tranquillizza, e tutti tornano a casa felici e contenti.

     Due. Il miracolo dell'ostia fritta (non è un titolo nostro, sarebbe troppo facile. Sta scritto proprio così nella bacheca). Siamo nel nono secolo dopo Cristo. Una (badate bene) ebrea si intrufola in chiesa, ruba un'ostia, se la porta a casa, e per sfregio, dopo aver messo sul fuoco una bella padella di olio bollente, ce la butta dentro per cucinarla. Colpo di scena: l'ostia non solo non frigge, ma si mette a sanguinare inondando in poco tempo tutta la casa. Emozione al paesello. Viene convocato il vescovo, si organizza in quattro e quattr'otto una processione per espiare il sacrilegio, e il luogo del peccato è trasformato in chiesa. Della donna non si dice più niente; siamo un po' preoccupati per la sua sorte.

     Tre. Miracolo di San Pier Damiani, è il 1050, località sconosciuta. Una donna, cedendo a suggestioni abominevoli, per fare un maleficio a casa sua ruba un'ostia e la porta via nascosta sotto il vestito. (Qui bisogna stare molto attenti perché sotto un vestito femminile, specialmente in quell'epoca in cui non tutte portavano le mutande, ci possono essere dei punti molto rischiosi per un'ostia innocente). Un prete furbo se ne accorge, l'insegue, l'acchiappa e recupera l'ostia, la quale, questa volta chissà per quale capriccio si divide in due parti, una rimane di farina, l'altra si trasforma nella solita polpetta sanguinolenta.

     Quattro. Anno 1228, miracolo di Alatri. Una giovane suggestionata dal cattivo consiglio (continuiamo a riportare fedelmente le parole dei testi) di una malefica femmina, dopo aver ricevuto dal sacerdote il corpo sacratissimo di Cristo, lo trattiene in bocca fino al momento in cui lo può sputare fuori per nasconderlo in un panno. Qui ci tornano in mente le minacce del nostro insegnante di catechismo che ci preparava alla prima comunione e ci aveva proibito di toccare l'ostia coi denti per non rischiare di far male a Gesù. E ricordiamo anche la sensazione di angosciosa apnea quando questo tondino si appiccicava al palato, perché neanche con un dito lo si poteva spostare. Torniamo a noi. Dopo tre giorni la giovane suggestionata va ad aprire il panno e trova, ancora una volta, l'hamburger al sangue, a quanto pare sempre freschissimo. Immediata confessione e pentimento. Minaccia di punizioni efferate soprattutto per la femmina malefica a cui viene attribuito il ruolo di mandante. Però stavolta c'è il lieto fine. Dopo averle spaventate a morte, le autorità ecclesiastiche rimandano a casa le due con una ramanzina, e basta.


     Ci fermiamo qui, anche se ci sarebbe molto altro. Tutto vero. Piazza S. Anastasia al Circo Massimo, andate a vedere coi vostri occhi. Noi non vogliamo esagerare e cadere a nostra volta nel ridicolo. Ma ci teniamo a sottolineare due punti. Primo: tutti i miracoli cessano appena compaiono tecniche o apparecchi capaci di registrarne una testimonianza. Secondo, e qui stiamo messi molto peggio, le peccatrici, le dubbiose, le eretiche, le ladre sono tutte donne. Capito? La Chiesa non si smentisce. Il diavolo, c'è poco da fare, sta sempre sotto le sottane.



                                        

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963