Proxima

il filo che che cuce tra loro i princìpi di indeterminazione ed il 2° della termodinamica.


La bella strada panoramica correva diritta su un crinale delle Langhe. Il sole del mezzogiorno inondava i fianchi delle colline coperte di filari. Le erte e sconnesse stradine che dal fondovalle salivano alla strada, erano polverose scie bianche e rossastre. Un contadino affamato arrancava, le dita strette sui comandi, col suo trattore nel tratto più ripido di una di esse. In cima il viottolo deviava un po' a destra per allinearsi alla panoramica e agevolarne l'ingresso. Il motore sbuffava e riempiva le valli deserte e le orecchie dell'uomo. Ormai era in cima, a pochi metri dalla strada senza scosse. La ruota sinistra morse il dente d'asfalto e attutì il sibilo lacerante di un lampo e un impercettibile clic. La fame stringeva e l'uomo chiese l'ultimo sforzo al vecchio motore. Cento metri dopo vide una paletta alzarsi e accostò. Il milite gli chiese i documenti, poi cominciò a fare domande e a dirgli delle cose che stentava a capire. Solo alla fine, sbalordito e incredulo, cominciò a farsi un'idea di quel che gli veniva detto. Cercò di protestare, tentò, in ogni modo, di ragionare e convincere l'altro che qualcosa non quadrava. La sua voce era diventata pastosa, le sillabe distorte e ingoiate dal vento leggero che scollinava. Soprattutto inutili quando il secondo militare, fino allora silenzioso, intervenne e imperturbabile gli mise davanti la foto scattata dall'autovelox che era stato posto cento metri prima. Allibito il contadino si vide al volante del suo trattore e sotto una inequivocabile scritta" velocità 360,692 kmh."Senza quasi rendersene conto allungò la mano per prendere il verbale che restò a lungo fra le dita ripiegate, chiuse e strette fino a renderle dolenti e rattrappite. . Nelle ore che seguirono rimase seduto sulla sedia di cucina, i gomiti appoggiati al tavolo e le palme delle mani inchiodate sulle guance. Era come folgorato da un pugno allo stomaco ed aveva i pensieri che colavano letteralmente assieme alle lacrime lungo le guance, sostando pochi istanti fra le rughe meno profonde e fermandosi più a lungo in quelle ben scavate dalla fatica, dal tempo e dal suo umore che, mai uniforme ma sempre indeciso tra il triste ed il melanconico che lo lasciava col sonno difficile, l'imprecazione sempre a fior di labbra e il continuo incolpare se stesso, le sue ingenuità, il suo non essere adatto alla vita oltre le strade bianche, oltre le viti disposte in file ordinate, oltre la piccola piazza del paese vicino su cui s'affacciava la panca vecchia di secoli del bar sulla quale talvolta la domenica si fermava a guardare quel poco che gli passava dinanzi e che gli apriva gli occhi, curioso, per gustare quel piccolo mondo a cui sorrideva a bocca aperta coccolando le cose che sentiva dentro, simili ai fiori che coltivava, ai filari con tanti grappoli di promettente uva. Capì che non sarebbe mai uscito da solo da questa mazzata e decise che doveva affrontare il mondo esterno facendosi aiutare da qualcuno che ad esso appartenesse. Entrò nel bar, si fece dare le pagine gialle e andando a naso, e attratto solo dalla simpatia che i particolari, come risuonava il cognome, cosa gli ricordava il nome, piuttosto che ad altro, perchè altro non c'era che potesse dirgli qualcosa scelse l'avvocato. Quando ebbe l'appuntamento andò pieno di speranza e di attese positive. Si era sempre fidato di tutti e di ognuno riusciva a pensare, a priori che erano delle persone in gamba. Non aveva nulla da chiedere all'avvocato a cui non pose domande che non gli venivano ma raccontò semplicemente quello che era successo nei pochi minuti prima dell'ora di pranzo di quel giorno. Non conosceva le procedure, non sapeva cosa occorresse fare, pensava solo che era impossibile che proprio lui avesse potuto incappare in quella faccenda incomprensibile, era uno di quelli che quando si accostano alla legge e a chi la tratta, pensa sempre che avrà giustizia. Così infatti pensano tutti i semplici, i buoni, gli innocenti. Non pensano alle leggi, ai codici. Ma alla cosa più semplice, la ragione e il torto o l'errore in buona fede, cose che non sono difficili da capire. Chiunque nella propria semplicità e umiltà può sbagliare sull'individuazione di quelle tre parole, con le quali, se non c'è stata malizia, si giunge sempre ad una soluzione fatta di cenni d'assenso sfumati dal riserbo, al massimo con frettolose, quasi ritrose, strette di mano, mezzi sorrisi tra imbarazzo e soddisfazione e tante scuse o forme di amichevole comprensione. Ma l'avvocato non la vedeva così. Voleva tanto ed era un penalista ma non glielo disse convinto che a lui poco cambiasse non comprendendo l'eventuale differenza. Fece quindi la sua parte, un lungo sproloquio animato e teatrale nei termini e nei toni, e lasciandogli poco spazio per chiedere eventuali spiegazioni. In effetti l'avvocato fece le cose in grande. Non si limitò a dirgli del ricorso ma gli fece intendere che gli avrebbe fatto ottenere il pieno riconoscimento delle sue giuste rivendicazioni e l'ammissione completa che quanto gli era successo era frutto di un macroscopico errore ed una miopia incredibile da parte di coloro che sbagliando gli avevano elevato la multa e di chi non aveva nemmeno preso in considerazione le sue giuste rimostranze. Il contadino avvertì però un qualcosa di sfumato che non gli andava ed ebbe n'inattesa reazione d'orgoglio " Avvocato io la seguo ma solo se lei non nutre alcuna riserva, anche minima, su di me e su quanto è successo. Se sospetta che io quel giorno possa aver bevuto...". " Ma cosa le viene in mente,- lo interruppe l'avvocato- certo che le credo, si fidi di me che diamo una lezione a tutti" Il Giudice di pace. a cui era s venne passata la pratica di ricorso, lunga e infarcita di motivazioni giuridiche ma, per la verità, molto scarsa di cose concrete e di buon senso, non ebbe però esitazioni a richiederne subito l‘archiviazione, viste le prove fotografiche, il rapporto della pattuglia e il parere del P.M.. Nella motivazione il Giudice annotò anche, sinteticamente, che il sanzionato era poco credibile se, nell'ammettere di provenire da una strada laterale, contemporaneamente conveniva pure, in modo implicito ma evidente, che, entrando sulla provinciale alla velocità rilevata dall'autovelox sulla, non gli sarebbe stato possibile non solo rispettare lo stop, ma neppure evitare una gravissima collisione con eventuali veicoli circolanti all'altezza dell'incrocio sulla panoramica. Il contadino, patente e trattore sequestrati, una multa colossale da pagare, venne informato su questo dal legale che gli comunicò pure di stare già preparando opposizione alla archiviazione, un ricorso che avrebbe smontato le motivazioni del Giudice e che quindi l'aspettava in studio per la firma dello stesso. Pochi giorni dopo il Giudice confermò il rigetto del ricorso e l'archiviazione di tutto. Motivazione: il ricorrente nella occasione era in evidente stato di ebbrezza in quanto solo una persona in quelle condizioni poteva andare ai 360 orari su un trattore malandato e vantarsene con tanto di fotografie pubblicitarie.