Proxima

ciao


Fermi sul bordo estremo del sistema solare assisteremmo ad un trionfo di stelle nitidamente stagliate su un orizzonte che non esiste più, ma privi di qualsiasi luce o chiarore intorno a noi. Senza sole, senza luna guarderemmo smarriti sia il nero che ci avvolge che i milioni di punti luminosi, senza corpo e, in assenza d'aria, anche senza brillìo, sparsi ogni dove: avanti, dietro, di fianco, sul capo, sotto i piedi. E, ovunque voltati, come al centro di una sfera nera, un salto nel buio e nel vuoto smisurato. Coscienti che, oltre il nostro mondo già irriconoscibile, occorre fare un balzo immane, oltre duecentomila volte più grande della distanza fra Terra e Sole, oltre tremila volte superiore al viaggio già compiuto, per trovare un altro mondo, probabilmente deserto, inanimato e inabitabile, senza incontrare nulla e nessuno lungo la strada.Forse questa prospettiva ci metterebbe a disagio o, meglio, ci spronerebbe a scartare l'idea di saltellare di stella in stella alla ricerca di qualcosa che forse non c'è.Di diverso dai vari punti luminosi delle stelle, ben visibile, si scorge un lungo batuffolo bianco: dev'essere Andromeda. Tanto vale balzare direttamente su un'altra Galassia e darle un'occhiata da vicino, come si faceva dalla terra per la Via Lattea.In verità questo sistema onirico e virtuale di viaggiare finisce per essere, non solo sembrare, una chimera stilizzata, una serie di puri spostamenti compiuti indossando un casco per creare elementi di realtà virtuale di pessima qualità, incapaci di  arricchimenti, A pensarci bene danno l'impressione di esser fatti, se realizzati, per non consentirci neppure di poter poi dire " io c'ero, io ci sono andato ". Nulla di sbagliato a pensare così ma essi hanno il pregio dell'impostazione e metodologia geografica. Prendere un atlante, fermarsi su ogni tavola, analizzare ciò che vi è stampato, dimensione delle aree piane, delle catene montuose, dei deserti, dei fiumi, delle coste, la posizione delle singole nazioni o popoli, le isole, i loro raggruppamenti e la loro disposizione. Il raffronto fra tavole di scala diversa, da quella che mostra tutto il globo, o i continenti, o alcuni stati confinanti, fino a quelle limitate ad una provincia, ad una zona montuosa con indicati solo incerti e possibili sentieri è un segno di enorme curiosità ed essa s'accompagna allo studio facile, perché godibile. Uno sente le cose entrare in sé non come dati, nomi ma come comprensione culturale che fa capire anche gli intrecci con la storia e dati e nomi vengono da soli e con il motivo per cui sono esistiti e accaduti.La geografia dell'universo può essere approcciata in modo analogo. Non è una ricerca di mondi alieni, di incontri ravvicinati, di filosofia o antropologia, di sublimi tecnologie. E' un percorso sulle orme dell'infinito e dell'eterno, una via personale per comprendere, al di là delle molte e dibattute teorie della Scienza, il disegno intimo originario, cogliere il dubbio o la conferma di sintesi con la propria fantasia, aiutato in ciò dalla meccanica dell'universo che, attraverso le sue costruzioni ed i suoi movimenti, può essere intuita guardando con occhio nuovo gli atlanti astronomici. Adagiandovi lo sguardo come su una lente, un obiettivo, un prisma di cristallo che filtri immagini, suoni, echi e i silenzi del mondo e li faccia fluire nei nostri sensi in magica sintonia con le nostre emozioni. Come visti con gli occhi del poeta.E' la prima conoscenza di cui non solo esser certi, per quanto possibile, ma con cui avere complicità mentale. E' patrimonio da indagare immaginando e ancora fraternizzare avendo dimestichezza continua con gli spazi, i corpi, le dimensioni, i tempi e le distanze che sono cosi spaventosamente lontani dalla nostra esperienza umana. Con questi pensieri, sul confine del nostro mondo, ci prende l'ansia del mistero cosmico, la seduzione dell'infinito, del tempo e dello spazio e del loro inizio, se mai ci fu per loro.Nella mente si fanno strada nomi e immagini di una sequenza progressiva sempre più lontana, sempre più vicina ai limiti del noto. Andromeda, il primo pensiero, è ormai solo un riflesso di tentazione. I due milioni di anni luce, che ci separano da essa, il facile guado di un ruscello, mentre in noi sentiamo ineludibile il richiamo dell'ignoto, per dargli un volto e una certezza, come e più di Colombo o dei Vichinghi di fronte all'oceano senza segni di orizzonti diversi dal suo fondersi con il cielo.Andromeda fa solo parte di un nucleo locale di galassie, assieme alla Via Lattea ed altre, allora visualizziamo il complesso che riunisce molti nuclei, poi ancora il sistema che ingloba tanti complessi e formiamo con la mente la fuggevole visione di miliardi di stelle ammassate in spirali, in ovali, in cerchi concentrici, e poi tramutarsi in decine di macchie chiare sospese in un nulla, senza soluzione, di nero assoluto. Ma, come seguendo la scia di un frattale impazzito, non c'è fine apparente al susseguirsi di sovrapposizioni divoranti lo spazio e gli oggetti siderali che continuano ad aggregarsi, fuggire e sparire ai nostri fianchi. Il pensiero, rallentato da una istintiva curiosità pone sempre più spesso obiettivi e punti intermedi di sosta fugace.Ormai siamo in zone quasi sconosciute, porzioni di cielo che i nostri telescopi ottici e le grandi antenne radio, spesso collegati fra loro per aumentarne la potenza di definizione, la capacità di scandagliare un universo che sta ritornando bambino, cercano in ogni modo di perforarlo in profondità, di fissarlo agli albori del tempo, della luce, dell'energia e della materia.. Ma, al di là del ritrovamento di un corpo non registrato, di una supernova casuale, di un red-shift mostruoso, la loro frustrazione è grande, nessuna generazione è ancora nata, destinata a studiare più direttamente le uniche cose che danno la risposta per tutte le risposte.Per quanto ogni tanto si fermi, la nostra mente viaggia a velocità insostenibili per la luce. Abbiamo già incontrato buchi neri che inghiottono materia smisuratamente allungata dalla forza incomprimibile di gravità che il buco ha in sé ed alimenta di continuo, e alla quale bastano, dentro l'orizzonte degli eventi, pochi metri per enormi incrementi di forza. Ma a noi non riesce di vedere inghiottito nulla. Mano a mano che la materia o gli oggetti si avvicinano all'orizzonte degli eventi la luce incandescente che prima emettevano si fa più pigra lenta. Giunta all'orizzonte degli eventi, linea immaginaria oltre la quale più nulla può riuscire, anche la luce si arrende e nel punto di equilibrio si ferma. Chiaramente viene trascinata dentro con l'oggetto che emanava tale luce, ma questa visione, questa informazione non ci viene data, la luce non riesce a tornare dalla nostra parte e mentre è già piombata all'interno, rimane a esclusivo, eterno godimento di quell'osservatore esterno, una sua forma virtuale, un ectoplasma impalpabile.Abbiamo osservato, relativamente vicini, immense stelle rosse, forse grandi 1.000,2.000,3,000 volte il sole giungere al termine della loro esistenza fiammeggiante ed esplodere fino ad occupare milioni di km di spazio per poi rapidamente collassare e in un attimo di giorni ammucchiarsi su se stesso e sparire nel nulla di un buco che forse con la sua materia iper concentrata o si è dissolta in una forma di energia che non abbisogna di spazio, o ha bucato lo spazio stesso, finendo chissà dove. Abbiamo visto galassie espellere enormi quantità di materiale in continua reazione termonucleare, provocando protuberanze falliche lunghe decine di migliaia di anni luce. Ogni tanto, da non molto, un'altra sensazione sconosciuta. Nel ventesimo e ventunesimo secolo l'entropia aveva fatto marce trionfali inondando sulla Terra ogni luogo ed essere vivente. Non è una cosa fisica, reale è solo l'acuirsi di un paradosso inviso agli uomini normali. Mentre tutti pensano che il progresso porti conoscenze, sapere, progressi in tutti i campi, innovazioni utili, migliori forme sociali, persino una progressiva ridistribuzione delle risorse e attraverso le varie forme di integrazione o globalizzazioni economiche, culturali, sociali un ordine mondiale regolato con razionalità ed efficienza, l'entropia sale inesorabile annulla i vecchie e nuove modalità di accettazione, uso, archivio, trattamento delle stesse i singoli bit nascono disorganizzati e seguono percorsi diversi privilegiando il caos dello sviluppo frattale. Per i sensibili è come avvertire una cappa osmotica, invisibile, di crescente smog.Lungo il viaggio si avvertiva la decrescente presenza dell'entropia perché si andava forte, cosi tanto da essere molto più veloci della luce. Eravamo tornati e di molto indietro nel tempo e l'entropia era appena bambina.L'ordine di gran lunga prevalente era di tipo geometrico ma limitato a sfere, ellissi, spirali, senza spigoli altre figure non si formano. L'aggregazione della materia seguiva un ordine circolare, sia nei corpi singoli che in quelli complessi, secondo i princìpi di una sola legge fisica prevalente che prevedeva la forza di gravità. I fenomeni visibili sulle stelle erano reazioni di trasformazione di idrogeno in elio attraverso un processo di fissione termonucleare che dava agli astri vita stabile e controllata. Per miliardi di anni. Nello spazio intergalattico nessun rumore, nessun movimento imprevisto veniva da alcuna parte. Era la pace architettonica e monumentale assoluta.Eravamo anche andati in direzione dell'origine dell'universo quanto bastava per anticipare la fine delle stelle senza combustibile, il loro collasso, l'esplosione di nove, supernovae e stelle di neutroni, buchi neri.Il regno della vita inanimata, prive di qualsiasi loro legge ma sotto la perfezione di leggi superiori non manipolabili, non usate in modo iniquo o per tornaconto personale. Del resto non vi era gerarchia e neppure volontà di competizione per vincere e per soppraffare.