Creato da: enaai il 02/11/2012
Cosa c'è nella prossima ora come nella proxima centauri: I misteri che la morte lascia come tali.Perchè si vive nel nostro modo e Dio è un fatto democratico?.

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la tentazione, prima parte

Post n°19 pubblicato il 09 Marzo 2014 da enaai
Foto di enaai

non ho sonno e mi è venuto in mente la più grande motivazione da me avuta a fare...era estate, agosto. Solo in casa dormivo nudo la porta finestra spalancata; il caldo umido soffocante e senza tregua non permetteva al sonno di riempirti completamente. All'improvviso mi destai senza motivo apparente: era da fuori il motivo, venivano grida, pianti, lamenti, singulti. Ne capii la natura e ad una prima reazione di fastidio passai ad una curiosità che divenne presto coinvolgimento. Anche perché non furono secondi, attimi, ma una successione quasi senza fine. Ogni vocale ripetuta all'infinito, alta nella notte deserta, nitida nel suo trascinarsi in aspirazioni soffi ondulazioni di tono. Ogni sentimento veniva evocato: sorpresa, commozione, ammirazione, incitamento, con cicli ora trattenuti ora lasciati sfogare nel modo più libero. Dopo mezz'ora ininterrotta, svanito ogni senso del sonno e del disagio, volevo solo più entrare in quel canto femminile senza fine. Andai in terrazza proprio mentre tutto scese di tono fino a diventare silenzio. Dall'altra parte della strada una portafinestra aperta, luce accesa indicava dove volgere lo sguardo. Non c'erano dubbi si erano di nuovo levate le voci intrattenibili. La quasi dirimpetto la portafinestra era aperta davvero il giusto per riflettere col suo vetro un letto. Lui era sopra e si muoveva come se facesse flessioni sulle braccia. Il corpo s'alzava ed abbassava a ritmo deciso ma disteso e lungo. Ad ogni mossa le vocali riempivano l'esterno, dal pianto al godimento alla liberazione. Talora di gola, di petto, o rauche di forza e tonalità inverosimili. Vergognoso rientrai in camera, turbato, eccitato e rancoroso di invidia e gelosia. Ma fu un attimo, ripresi posto sulla ringhiera mentre di nuovo tutto cessava dopo un lunghissimo sospiro emerso dalle viscere in modo gutturale. Pensavo ad una sosta o la fine. Rimasi male. lui era disteso sulla schiena, lei di traverso aveva il viso a 30 cm dal membro in perfetta condizione, che lei fissava con una concentrazione palpabile. Non era da poco quell'obelisco che si ergeva verso il soffitto e la mano di lei trovava piacere in quel viso quasi ingrugnito ad impugnarlo, piene il palmo e le dita che già procedevano con impegno e pure forza e velocità. Rimasi sgomento dalla intensità di quel viso fisso su quel membro che saltellava fuori veloce dalle sue dita....era troppo e mi sono ritirato in camera e poi cucina, ingloriosamente arrapato, chiudendo ante e avvolgibile. C'era del caffè, le sigarette ma prima un giro in bagno a far scorrere l'acqua tiepida per il caldo e poi infilare il capo sotto il getto.

Però non ci fu difesa, la voce riprese e facendo il giro del palazzo entrava dal lato dietro.
Altri 40 minuti, in tutto 1 ora e mezza. Tutto questo si ripropose senza varianti particolari e forse doppiato, dopo cena e di notte verso le tre, per una settimana. Poi non avvenne mai più nulla.
Ignorata prima, anzi mai notata, quella giovane continuò la sua vita di assenze di giorni e di ritorni brevi. forse hostess o del tipo....Ma spesso, nelle belle stagioni, la vedevo, mentre fumavo una sigaretta sulla sdraio al fresco, spogliarsi vestirsi, e chinarsi per non essere vista quando attraversava la finestra come mamma l'aveva fatta, ignara del puntino arrossato della sigaretta, celato dai gerani

 

 
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Quando l'eternità è troppa

Post n°18 pubblicato il 03 Marzo 2014 da enaai
Foto di enaai

Seguo la ballata in sol minore e dentro le vene mi scorre il tempo come se non ne avessi più.

Ma cosa ho di fronte che non sia tempo che passa e ti lascia il presentimento del vuoto non che lasci ma che troverai.

 

 
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oggi, in questi giorni

Post n°16 pubblicato il 31 Gennaio 2014 da enaai
Foto di enaai

La Costituzione attraverso i suoi principi fondamentali e quelli universali( diritti dell'uomo) non potrebbe consentire leggi elettorali di qualsiasi tipo incentrate sulla delega a persone. Non esiste nessuna legge elettorale che soddisfi le leggi di più alto valore di qualsiasi costituzione che le riporti. Solo il proporzionale totale, sic et simpliciter apparentemente può andar bene. Ma ogni risultato sarebbe sconvolto dalle forze varie che sono nell' establishment. Nei fatti l'italia non ha quasi mai avuto un Pres. del Cons., un governo che sia stato minimamente memorabile. Attualmente i tre maggiori leader sono per l'evidenza delle cose i mano adatti in termini assoluti, a governare e favorire una legislatura, quindi leggi e norme e attività, affidabile nei risultati e in un positivo progresso della gente tutta.L'elettore dovrebbe votare non persone, nessuno assicura un buon governo, spesso, anzi mai, neppure un buona riuscita dei temi della propria campagna elettorale. Sono invece da votare, nel senso di dare rilievo, indicare priorità e tempi di esecuzione, i propri problemi, esigenze, necessità, ambizioni, sogni e punti di vista sul come affrontarli e risolverli, ecc. Da ciò il programma del governo esce dai numeri delle preferenze sulle cose attese. Allora trovare le persone diventa secondario e non possono nemmeno perdere tempo a mettersi d'accordo su cosa fare e quando farlo. In questo modo diventano veri servitori dello Stato perché, per legge, alla prima cosa non fatta, fatta fuori tempo, in contrasto con quanto indicato, e la corte costituzionale deve vigilare, " fuori "..anche per referendum in quanto su ogni legge si può intervenire  con tale strumento.

 
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ciao

Post n°15 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da enaai
Foto di enaai

Fermi sul bordo estremo del sistema solare assisteremmo ad un trionfo di stelle nitidamente stagliate su un orizzonte che non esiste più, ma privi di qualsiasi luce o chiarore intorno a noi. Senza sole, senza luna guarderemmo smarriti sia il nero che ci avvolge che i milioni di punti luminosi, senza corpo e, in assenza d'aria, anche senza brillìo, sparsi ogni dove: avanti, dietro, di fianco, sul capo, sotto i piedi. E, ovunque voltati, come al centro di una sfera nera, un salto nel buio e nel vuoto smisurato. Coscienti che, oltre il nostro mondo già irriconoscibile, occorre fare un balzo immane, oltre duecentomila volte più grande della distanza fra Terra e Sole, oltre tremila volte superiore al viaggio già compiuto, per trovare un altro mondo, probabilmente deserto, inanimato e inabitabile, senza incontrare nulla e nessuno lungo la strada.

Forse questa prospettiva ci metterebbe a disagio o, meglio, ci spronerebbe a scartare l'idea di saltellare di stella in stella alla ricerca di qualcosa che forse non c'è.

Di diverso dai vari punti luminosi delle stelle, ben visibile, si scorge un lungo batuffolo bianco: dev'essere Andromeda. Tanto vale balzare direttamente su un'altra Galassia e darle un'occhiata da vicino, come si faceva dalla terra per la Via Lattea.

In verità questo sistema onirico e virtuale di viaggiare finisce per essere, non solo sembrare, una chimera stilizzata, una serie di puri spostamenti compiuti indossando un casco per creare elementi di realtà virtuale di pessima qualità, incapaci di  arricchimenti, A pensarci bene danno l'impressione di esser fatti, se realizzati, per non consentirci neppure di poter poi dire " io c'ero, io ci sono andato ". Nulla di sbagliato a pensare così ma essi hanno il pregio dell'impostazione e metodologia geografica. Prendere un atlante, fermarsi su ogni tavola, analizzare ciò che vi è stampato, dimensione delle aree piane, delle catene montuose, dei deserti, dei fiumi, delle coste, la posizione delle singole nazioni o popoli, le isole, i loro raggruppamenti e la loro disposizione. Il raffronto fra tavole di scala diversa, da quella che mostra tutto il globo, o i continenti, o alcuni stati confinanti, fino a quelle limitate ad una provincia, ad una zona montuosa con indicati solo incerti e possibili sentieri è un segno di enorme curiosità ed essa s'accompagna allo studio facile, perché godibile. Uno sente le cose entrare in sé non come dati, nomi ma come comprensione culturale che fa capire anche gli intrecci con la storia e dati e nomi vengono da soli e con il motivo per cui sono esistiti e accaduti.

La geografia dell'universo può essere approcciata in modo analogo. Non è una ricerca di mondi alieni, di incontri ravvicinati, di filosofia o antropologia, di sublimi tecnologie. E' un percorso sulle orme dell'infinito e dell'eterno, una via personale per comprendere, al di là delle molte e dibattute teorie della Scienza, il disegno intimo originario, cogliere il dubbio o la conferma di sintesi con la propria fantasia, aiutato in ciò dalla meccanica dell'universo che, attraverso le sue costruzioni ed i suoi movimenti, può essere intuita guardando con occhio nuovo gli atlanti astronomici. Adagiandovi lo sguardo come su una lente, un obiettivo, un prisma di cristallo che filtri immagini, suoni, echi e i silenzi del mondo e li faccia fluire nei nostri sensi in magica sintonia con le nostre emozioni. Come visti con gli occhi del poeta.

E' la prima conoscenza di cui non solo esser certi, per quanto possibile, ma con cui avere complicità mentale. E' patrimonio da indagare immaginando e ancora fraternizzare avendo dimestichezza continua con gli spazi, i corpi, le dimensioni, i tempi e le distanze che sono cosi spaventosamente lontani dalla nostra esperienza umana.

Con questi pensieri, sul confine del nostro mondo, ci prende l'ansia del mistero cosmico, la seduzione dell'infinito, del tempo e dello spazio e del loro inizio, se mai ci fu per loro.

Nella mente si fanno strada nomi e immagini di una sequenza progressiva sempre più lontana, sempre più vicina ai limiti del noto. Andromeda, il primo pensiero, è ormai solo un riflesso di tentazione. I due milioni di anni luce, che ci separano da essa, il facile guado di un ruscello, mentre in noi sentiamo ineludibile il richiamo dell'ignoto, per dargli un volto e una certezza, come e più di Colombo o dei Vichinghi di fronte all'oceano senza segni di orizzonti diversi dal suo fondersi con il cielo.

Andromeda fa solo parte di un nucleo locale di galassie, assieme alla Via Lattea ed altre, allora visualizziamo il complesso che riunisce molti nuclei, poi ancora il sistema che ingloba tanti complessi e formiamo con la mente la fuggevole visione di miliardi di stelle ammassate in spirali, in ovali, in cerchi concentrici, e poi tramutarsi in decine di macchie chiare sospese in un nulla, senza soluzione, di nero assoluto. Ma, come seguendo la scia di un frattale impazzito, non c'è fine apparente al susseguirsi di sovrapposizioni divoranti lo spazio e gli oggetti siderali che continuano ad aggregarsi, fuggire e sparire ai nostri fianchi. Il pensiero, rallentato da una istintiva curiosità pone sempre più spesso obiettivi e punti intermedi di sosta fugace.

Ormai siamo in zone quasi sconosciute, porzioni di cielo che i nostri telescopi ottici e le grandi antenne radio, spesso collegati fra loro per aumentarne la potenza di definizione, la capacità di scandagliare un universo che sta ritornando bambino, cercano in ogni modo di perforarlo in profondità, di fissarlo agli albori del tempo, della luce, dell'energia e della materia.. Ma, al di là del ritrovamento di un corpo non registrato, di una supernova casuale, di un red-shift mostruoso, la loro frustrazione è grande, nessuna generazione è ancora nata, destinata a studiare più direttamente le uniche cose che danno la risposta per tutte le risposte.

Per quanto ogni tanto si fermi, la nostra mente viaggia a velocità insostenibili per la luce. Abbiamo già incontrato buchi neri che inghiottono materia smisuratamente allungata dalla forza incomprimibile di gravità che il buco ha in sé ed alimenta di continuo, e alla quale bastano, dentro l'orizzonte degli eventi, pochi metri per enormi incrementi di forza. Ma a noi non riesce di vedere inghiottito nulla. Mano a mano che la materia o gli oggetti si avvicinano all'orizzonte degli eventi la luce incandescente che prima emettevano si fa più pigra lenta. Giunta all'orizzonte degli eventi, linea immaginaria oltre la quale più nulla può riuscire, anche la luce si arrende e nel punto di equilibrio si ferma. Chiaramente viene trascinata dentro con l'oggetto che emanava tale luce, ma questa visione, questa informazione non ci viene data, la luce non riesce a tornare dalla nostra parte e mentre è già piombata all'interno, rimane a esclusivo, eterno godimento di quell'osservatore esterno, una sua forma virtuale, un ectoplasma impalpabile.

Abbiamo osservato, relativamente vicini, immense stelle rosse, forse grandi 1.000,2.000,3,000 volte il sole giungere al termine della loro esistenza fiammeggiante ed esplodere fino ad occupare milioni di km di spazio per poi rapidamente collassare e in un attimo di giorni ammucchiarsi su se stesso e sparire nel nulla di un buco che forse con la sua materia iper concentrata o si è dissolta in una forma di energia che non abbisogna di spazio, o ha bucato lo spazio stesso, finendo chissà dove. Abbiamo visto galassie espellere enormi quantità di materiale in continua reazione termonucleare, provocando protuberanze falliche lunghe decine di migliaia di anni luce.

Ogni tanto, da non molto, un'altra sensazione sconosciuta. Nel ventesimo e ventunesimo secolo l'entropia aveva fatto marce trionfali inondando sulla Terra ogni luogo ed essere vivente. Non è una cosa fisica, reale è solo l'acuirsi di un paradosso inviso agli uomini normali. Mentre tutti pensano che il progresso porti conoscenze, sapere, progressi in tutti i campi, innovazioni utili, migliori forme sociali, persino una progressiva ridistribuzione delle risorse e attraverso le varie forme di integrazione o globalizzazioni economiche, culturali, sociali un ordine mondiale regolato con razionalità ed efficienza, l'entropia sale inesorabile annulla i vecchie e nuove modalità di accettazione, uso, archivio, trattamento delle stesse i singoli bit nascono disorganizzati e seguono percorsi diversi privilegiando il caos dello sviluppo frattale. Per i sensibili è come avvertire una cappa osmotica, invisibile, di crescente smog.

Lungo il viaggio si avvertiva la decrescente presenza dell'entropia perché si andava forte, cosi tanto da essere molto più veloci della luce. Eravamo tornati e di molto indietro nel tempo e l'entropia era appena bambina.

L'ordine di gran lunga prevalente era di tipo geometrico ma limitato a sfere, ellissi, spirali, senza spigoli altre figure non si formano. L'aggregazione della materia seguiva un ordine circolare, sia nei corpi singoli che in quelli complessi, secondo i princìpi di una sola legge fisica prevalente che prevedeva la forza di gravità. I fenomeni visibili sulle stelle erano reazioni di trasformazione di idrogeno in elio attraverso un processo di fissione termonucleare che dava agli astri vita stabile e controllata. Per miliardi di anni.

Nello spazio intergalattico nessun rumore, nessun movimento imprevisto veniva da alcuna parte. Era la pace architettonica e monumentale assoluta.

Eravamo anche andati in direzione dell'origine dell'universo quanto bastava per anticipare la fine delle stelle senza combustibile, il loro collasso, l'esplosione di nove, supernovae e stelle di neutroni, buchi neri.

Il regno della vita inanimata, prive di qualsiasi loro legge ma sotto la perfezione di leggi superiori non manipolabili, non usate in modo iniquo o per tornaconto personale. Del resto non vi era gerarchia e neppure volontà di competizione per vincere e per soppraffare.

 

 
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mezzo viaggio all'aperto del mondo

Post n°14 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da enaai
Foto di enaai

 

Il sole passa sul cielo e attraversa le stelle che non si vedono. Di notte la luna manda la sua luce ovattata e dietro, immobili, gli astri lontani fanno ala al suo pigro incedere. Quando non ci sono quei due grandi corpi, le stelle sono fitte, quasi più vicine, ed è ora di osservarle. Ma sono ugualmente così lontane che non esiste mezzo, ancora, per definirle direttamente. Si va avanti per vie indirette e come per loro anche le altre entità dello spazio vengono studiate attraverso indizi, teorie, supposizioni. Solo i grandi agglomerati, come gli ammassi stellari e le galassie ed anche i quasar, sono ben visibili nel loro aspetto generale tanto da poter essere suddivisi in tipologie diverse. La visione diretta a volte è deludente per le nuvole, il vapore, lo smog, o la presenza di luci. La fortuna di trovare, a volte per caso, un punto particolare sul meridiano di Evora, in Portogallo, è grande. Lì, se tutto è rimasto uguale al 1970, alzare gli occhi è come lasciarsi sopraffare da un'incredibile visione a cui seguono un meraviglioso stupore che, ad occhio nudo, porta alle vertigini, alla commozione, ad una distensione spirituale mista ad uno stato di eccitazione vibrante ma sottomessa al senso dell'immensità che immane. Si è come sospesi in aria sotto una volta di seta luccicante che rischiara, con milioni di bagliori dorati e bianchi, una volta che s'indovina essere straordinariamente buia, per un contrasto che ha del magico e, fra noi ed essa, l'aria tersa e gli zampilli di luce che, a gruppi, si trovano tanto vicini fra loro da disegnare le grandiose, sinuose braccia della via Lattea e, nel contempo, stare a noi vicini come nuvole.

Al confine opposto della grandezza si trova il microcosmo. L'atomo è il riferimento principe di questo particolare mondo. Con gli strumenti attuali è possibile dare una buona occhiata al suo complesso, ma a quel punto ci si ferma. Si sa che l'atomo non è il più piccolo componente della materia, infatti gli elettroni che girano a lui intorno non sono raggiungibili, ancora, da nessun sistema visivo. Il nucleo, a sua volta, è formato da elementi minori, di dimensione, o meglio entità, assimilabile agli elettroni. Sono i vari quark, a cui gli scienziati si sono concessi di dare nomi curiosi, in base ai minimi elementi che avevano a disposizione, per differenziarli uno dall'altro.

La realtà fisica disponibile ad una conoscenza umana è confinata, seppur molto vasta, per la percezione che c'è consentito d'avere, e purtroppo sono sufficienti minime variabili dei fattori di grandezza per sottrarla ad una osservazione esaustiva.

Verso i limiti l'uomo ha sempre avuto difficoltà. Li sposta quotidianamente più in là ma non è mai riuscito, non riesce, a raggiungerli.

Anche il presente ha le sue dimensioni, come tutti i presenti che si sono susseguiti nel tempo. Una di queste riguarda la posizione dell'uomo. A grandi linee il posto che occupa l'individuo uomo può essere associato a quello geografico, ma questa è una coincidenza, anche se non occasionale.

Quando si pensa alle differenze fra gli uomini si hanno dei riferimenti storici non indifferenti relativi soprattutto alla razza, per il colore della pelle o altro, e alla religione. Sono stati così importanti che ancor oggi sono ben presenti seppure in modo diverso. I pregiudizi razziali rimangono prevalentemente a livello individuale o di gruppi legati a vecchie ideologie o tradizioni. Anche se i fenomeni di migrazione, mettendo repentinamente a contatto culture e modi di vivere così differenziati, non consentono immediati confronti e integrazioni amichevoli, nella sostanza l'abitudine al cosmopolitismo tende a ridurne gli effetti e la forza a quelli inerziali. Fanno, hanno fatto di recente, maggior danno le differenze di etnia all'interno di un popolo.

La religione vede invece una contrapposizione importante fra civiltà e culture diverse. Il superamento del problema non potrà avvenire fino a quando le posizioni radicali avranno appigli per esistere, ma soprattutto per fare presa su larghi strati della popolazione.

Queste diversità, tanto inconsistenti al punto da poterle considerare fittizie, hanno avuto un grande rilievo nella storia ma hanno cominciato a manifestarsi in modo esteso ed importante, con rilievo planetario, in epoca abbastanza recente. Una ha circa mille anni alle sue spalle, l'altra la metà scarsa.

In realtà è banale, e il suo esatto contrario contemporaneamente, ridurre a termini come pelle, razza, religione l'intera questione. Il colore della pelle è un effetto naturale della evoluzione dell'uomo, altrettanto sono le caratteristiche somatiche delle varie razze, e la religione è la cosa che accomuna di più gli uomini fra di loro, fin dalle epoche remote. In definitiva essa è un modo universale per dare una giustificazione, un motivo alla vita, alla morte, agli ostacoli, alle difficoltà, pericoli, momenti di crisi che un individuo o una comunità affronta in ogni istante della parabole della propria esistenza..

Ognuno dei termini, e pure ciò che rappresentano, non ha alcunchè di minaccioso, di pericoloso, d'ostile in sé. Però messi assieme vogliono dire un territorio, condizioni ambientali, risorse naturali a disposizione, isolamento o possibilità di conoscere e frequentare altri simili, il clima, una tendenza indotta da questi fattori a privilegiare certi comportamenti, avviare abitudini, e quindi socializzare in un certo modo fino ad arrivare ad una propria identità ovviamente diversa, tanto o poco, dalle altre. I tre termini, che isolatamente presi non mostrano aggressività intrinseca e sono semplici aspetti fisiologici congiunti fra loro, esprimono l'intero universo di una serie di persone che si sono sviluppate e sono cresciute assieme. Di fatto rappresentano a tutto tondo la cultura, la tradizione, gli usi e costumi, la civiltà, progredita o meno non importa, di una serie piccola o grande di individui. E dietro a tutto il concetto d'appartenenza, d'identificazione, di comunanza fisica, spirituale e d'interessi.

Viene da pensare a questo punto che l'uso isolato dei tre termini come causa scatenante lotte, conflitti, confronti ad ogni livello di competizione, ostilità, odio sia stato prevalentemente strumentale e forse anche manovrato per altri fini. Senza una motivazione nascosta, da soli non avrebbero funzionato come prevalente, quasi costante, casus belli.

Allora dobbiamo identificare il reale motivo che ne ha oscurato il volto neutro per affidare loro un ruolo tanto negativo e drammatico nella storia umana.

La nostra Terra può essere presa come un naturale punto centrale, con i suoi dodicimila km di diametro, e dimensione media fra il grande e il piccolo dell'universo in cui si trova. Esattamente come 500cc sono la cilindrata equidistante fra un motorino ed una super moto, o la taglia 44 per un abito femminile.

Si è scelta la Terra facendo dei rapidissimi confronti su e giù fra le grandezze a cui si può pensare, ma essa è assolutamente arbitraria e senza fondamento, come del resto qualsiasi altro oggetto o dimensione che ci venisse in mente.

Quindi è solo un modo, necessario, per avere in mente un riferimento a cui possiamo pensare con cognizione e con l'immaginazione o la memoria visiva che può proiettare la sua forma, la sua immagine, collegandola ad un oceano, oppure ad un continente od uno Stato.

Con in testa i 12.000 km, andiamo verso le stelle, proseguiamo oltre il dominio del Sole fino a giungere fuori della Via Lattea e puntiamo su Andromeda, anche perché la conosciamo, ha un nome bello e rievocativo, la possiamo anche scorgere ad occhio nudo come un vaghissimo biancore, lungo forse un mezzo metro apparente, se la notte è senza luna e assolutamente buia. Giunti nei pressi di questa gigantesca galassia facciamo una sosta e parcheggiamo il nostro pensiero, o meglio la nostra immaginazione, in uno dei bracci periferici, perché è giunto il momento di fare il primo punto della situazione sul concetto di grandezza che potremmo avere dopo esserci allontanati di molto dalla terra ed aver acquisito una percezione più diretta dello spazio esterno al luogo da noi abitato.

Ricordiamo come prima cosa che il nostro viaggio è avvenuto con la vista guidata dalla mente. Abbiamo corso quindi ad una velocità quasi infinitamente superiore a quella della luce; il pensiero infatti ha forse un momento iniziale di inerzia in quanto il cervello deve elaborare l'informazione relativa al punto di arrivo, forse un decimo o poco più di secondo, ma nel momento in cui è scattata la sinapsi fra i neuroni interessati il viaggio è concluso. Abbiamo di fatto stabilito una specie di record assoluto di velocità virtuale, superiore di gran lunga a qualsiasi performance della più avanzata tecnologia informatica relativa a calcoli o telecomunicazioni, specie tenuto conto della lunghezza enorme percorsa.

Se stabiliamo un parallelo con la luce, massima velocità reale, possiamo concludere che in caso di competizione sul percorso terra, o Via Lattea-Andromeda, fra i due sistemi di viaggiare noi, o meglio il pensiero di ciascuno di noi, anche un po' lento di riflessi, vincerebbe con il tempo massimo impiegato di circa un secondo e la luce arriverebbe staccatissima, con un ritardo di due milioni di anni luce.

Per comprendere bene l'enormità del vantaggio con cui abbiamo tagliato il traguardo diciamo in anteprima che mentre noi ci fermavamo in Andromeda, la luce stava appena passando accanto alla Luna, ma vediamo di dare un significato più umanamente comprensibile, tipo quanto sia grande in campo di calcio, alla dimensione dell'anno luce.

Un raggio luminoso percorre circa 300.000 km al secondo. Poiché la Terra, con un dimetro di 12.000 km sviluppa una circonferenza di 40.000, in un secondo il raggio farebbe, 300.000 diviso 40.000, sette volte e mezza il giro della terra. Allo stesso modo un segnale luminoso in partenza dalla Terra impiega, dal momento in cui il faro emette il segnale al momento in cui esso tocca la superficie della luna, un secondo e due decimi, infatti il nostro satellite dista 360.000 km, e noi vedremmo la parte di luna illuminata dal segnale un secondo e due decimi moltiplicato due, vale a dire due secondi e quattro centesimi dopo l'accensione del faro. Giusto il tempo necessario perché quella piccola parte della luna rischiarata in modo aggiuntivo dal segnale inviato, rimandi ai nostri occhi questa luce nuova che le è arrivata. Dobbiamo quindi attendere il giro completo, andata e ritorno per avere l'informazione della modifica, seppur impercettibile, a cui è stato soggetto il nostro satellite all'arrivo del segnale luminoso.

In realtà la cosa potrebbe essere vista diversamente. Se il fascio di luce inviato fosse enormemente potente e, a differenza di quelli ruotanti o fissi, inviati nel cielo dalle discoteche, che si perdono nel nulla dopo pochi chilometri, potesse essere seguito ad occhi nudi nel suo impressionante volo verso la luna, dovremmo accorgerci del momento esatto in cui colpisce il suolo selenico, che avviene in un secondo e due decimi E allora diventa legittima la domanda che mette in dubbio il precedente discorso sull'andata e ritorno. La domanda è giusta ma sono due cose diverse. Quella che vediamo arrivare a destinazione è la luce di partenza senza informazioni aggiuntive fino al momento dell'impatto. E' l'impatto a produrre il cambiamento perché è luce che fa vivere le cose per l'esterno. Solo in quel momento la luce agisce anche per noi, mentre ha già avuto il suo effetto sulle cose illuminate, ma per recapitarci ciò che ha inquadrato e di cui ha preso la forma deve rifare il viaggio di ritorno. Esattamente come in una telefonata una voce chiede, arriva all'orecchio dell'altro, questi risponde e la risposta fa a ritroso il percorso su filo od onda della domanda e arriva al primo orecchio.

La luce serve a poco se illuminando non da corpo a qualcosa che altrimenti ci rimarrebbe sconosciuto per sempre.

Questo è il motivo per cui la luce è la madre di tutti i sistemi di informazione, anzi è l'informazione.

Facciamo gli stessi calcoli con il sole che dista da noi, mediamente, 149 milioni di km ossia è più lontano della luna di circa 413 volte. Sia che facciamo 413 moltiplicato 1,2 secondi che 149.000.000 diviso 300.000 avremo 496 secondi, decimo più o decimo meno. Dividiamo 496 per 60 e avremo 8 minuti e 26 secondi, tempo che impiega la nostra stella a farci arrivare i suoi benefici raggi o a riceverne eventuali da noi, in partenza dalla Terra. E' da precisare che si parla sempre di tempi medi nell'arco dell'anno in quanto la Terra descrive attorno al sole un giro di forma ovale, quindi i due corpi non sono mai alla stessa distanza che dipende puntualmente dalla posizione della terra sull'ovale, o ellisse, variante di decine di milioni di km tra il punto più vicino, perielio, e quello più lontano, afelio, e conseguenti allontanamenti o avvicinamenti nell'intero corso del giro di rivoluzione, lungo un anno in termini di tempo e oltre un miliardo di km in distanza percorsa.

E' sufficiente una rapida parentesi per calcolare che la Terra vola nello spazio ad uno velocità oscillante attorno ad una media superiore a 2.500.000 di km al giorno e 110.000 km ora.

Queste poche ed aride cifre sono molto impersonali e praticamente prive di emotività, al massimo possono suscitare, in persone non particolarmente interessate, un rapido commento d'improvvisato stupore, ai fatalisti un'alzata di spalle, ai pragmatici un gesto di veloce declassamento e cestinazione.

In realtà la Terra pencola sul bordo di un orrido immenso che ci darebbe brividi di vertigine se potessimo immaginarci come posti su di una terrazza sospesa in un vuoto sterminato, a picco su di un baratro centocinquanta milioni di volte più profondo del Salto Angel, la cascata più alta della terra. E vedere correre questa terrazza come un treno impazzito senza macchinisti, sui binari invisibili di un anello immaginario, e divorare senza soste, di continuo, per ogni anno che passa, oltre un miliardo di km alla folle velocità di cento quindicimila km all'ora.

Fortunatamente nessuna di queste sensazioni ci sfiora, abbiamo i nostri piedi saldamente appoggiati sul suolo fermo e compatto e non ci accorgiamo di nulla. Del resto ci sono le leggi della fisica che pensano a tutto, e nulla è più affidabile e incorruttibile di esse.

Nonostante tutte queste considerazioni e cifre che, se ben ponderate con un minimo di conti e raffronti, desterebbero sicuramente qualche impressione, è anche vero che parliamo di piccolezze. Il Sole dall'apparente grandezza assimilabile a quella della Luna, misura effettivamente un milione e trecentomila km di diametro. Se un immaginario gigante, un Golia o un Polifemo dello spazio, gli desse un calcio per divertimento, come a volte si fa con un barattolo di latta, il Sole rotolerebbe in pochi secondi fino a noi arrostendoci per poi schiacciare quel poco che resta sotto il suo enorme peso.

Fatte le debite proporzioni si comporterebbe come un pallone da calcio che percorre per ogni giro su se stesso quasi un metro. Un calcio ben assestato, anche se non molto potente, basterebbe ampiamente a farlo rotolare sull'erba di un campo da gioco per 36 o 37 volte, a percorrere quindi altrettanti metri, circa un terzo del campo stesso, in meno di cinque o sei secondi.

Il Sole, se facesse un giro completo su se stesso, percorrerebbe oltre 4 milioni di km, gli basterebbero appunto 36 giravolte per venire a darci la mano.

Per fortuna fra tutti gli UFO avvistati non c'è neppure l'ombra di un essere simile.

Viceversa la sua presenza darebbe tutta un'altra prospettiva ai viaggi interstellari, anche se è lecito pensare che ingegneri, architetti ed arredatori dovrebbero lavorare parecchio per il confort dei primi istanti d'ogni viaggio.

Fortunatamente noi abbiamo un mezzo per viaggiare assolutamente comodo e ancor più rapido, anche se impigrendoci in queste futili quisquiglie siamo ancora praticamente al palo.

Per portarci un po' avanti con il lavoro andiamo direttamente ai limiti del sistema solare, alla periferia estrema del piccolo villaggio in orbita solare che è come il nostro comune di residenza, e del quale fortunatamente noi abitiamo tutta la via più bella, la via centrale, la invidiata Via Roma

Lasciati dietro di noi Sole, Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e l'ex pianeta Plutone, ci affacciamo alla più vasta estensione di vuoto che finora abbiamo visto, sia pure alla luce della fantasia.

Non sbaglieremmo nel dire che nessuno sappia esattamente dove finisce il regno del Sole; può essere calcolabile la sua residua attrazione gravitazionale e può essere che vada oltre il punto dove siamo giunti, ma è impossibile sapere su chi agisca ancora, se e su quali asteroidi, comete, massi e altra materia che giri in orbite allungate, con tempi di molti e molti millenni per compiere una rivoluzione completa. Fatti la cui conoscenza e ricordo sono persi nella notte dei tempi, se avvenuti e osservati da antichissimi occhi, o rinascenti creature di un possibile futuro. Di certo si trovano oltre i 10 miliardi di km dal Sole. Chissà se in quei pressi la nostra stella esaurisce lentamente i suoi poteri o d'improvviso, su questo immenso vuoto nero, punteggiato solo da stelle comunque lontane, non viene bruscamente interrotta da masse occulte o sostituita dal peso della spirale dove siamo posti o direttamente esercita il suo dominio la immensa potenza d'attrazione del sovraffollato centro galattico. Comunque sia, al di là abita un'altra stella, proprio di fronte a noi, casualmente grande come il Sole, che eserciterà come lui le stesse forze per dieci miliardi di km. Ma non è per nulla scontato che incontriamo nel raggiungerla un'analoga teoria di pianeti, anche se sembrerebbe verosimile che la materia, inizialmente sbriciolata in spazi giganteschi, trovi puntualmente siti diversi di aggregazione e finisca per creare distinti corpi compatti secondo lo schema del nostro sistema solare: stella, pianeti, satelliti, asteroidi e massi vaganti, comete. In ogni caso se dove ci siamo fermati, non è il punto esatto ove il Sole pianta una barricata immaginaria, sarà appena più in là. Ma la cosa non ha alcuna incidenza tanto è vasto, in ogni direzione, salvo quella verso di noi, questo primo spazio interstellare che troviamo per via.

Una cosa appare certa, difficilmente vi si trovano corpi anche di piccole dimensioni in quanto il processo di addensamento che prelude alla formazione delle varie forme massive è da tempo terminato e tutta la materia visibile si è raggruppata all'interno dei sistemi solari, in dipendenza e collegamento con essi.

Ma cerchiamo di fare delle valutazioni su questo ponte sospeso sul nulla e apparentemente interminabile.

Per il momento siamo arrivati, forse, alla fine del nostro sistema solare. Siamo a circa 10 miliardi di km dalla partenza e ci siamo arrivati con una semplice concentrazione mentale e rudimenti di geografia dello spazio in un paio di decimi di secondo. Non occorre aspettare la luce che è partita con noi in quanto sarebbe in grave ritardo e non ci direbbe nulla che aggiunga che già non sappiamo: avremmo anche a disposizione quella partita prima, raggiunta e superata lungo il viaggio, ma quello che essa ha visto l'abbiamo contemporaneamente visto anche noi. Anzi ci sta sfilando accanto continuamente: in realtà approfitta solo della pausa che ci siamo concessi, per ripassare davanti ma è luce vecchia e molto, molto fioca, praticamente inutile.

Del resto noi per arrivare ai confini del dominio solare abbiamo impiegato solo i due decimi necessari a focalizzare nella mente l'obiettivo, raggiunto poi istantaneamente; la luce, invece ha percorso i 10 miliardi di km al solito ritmo di 300.000 impiegando ben 33.333 secondi pari a nove ore e un quarto. Un'eternità rispetto a noi.

Terminate tali considerazioni, mettiamo un po' in agitazione i nostri intelletti e, curiosi di giungere quanto prima a vedere se ci sono pianeti attorno ad un'altra stella, puntiamo su Proxima o Alpha Centauri.

Quasi tutti sanno che la prima porta tale nome in quanto considerata la più vicina a noi, salvo poi sapere, in base a calcoli più accurati, che tale specie di privilegio spetta alla seconda. Possiamo comunque considerare ambedue come i nostri vicini di casa, e come tali, andiamo a conoscerli e a presentarci.

Senza l'éscamotage del viaggio col pensiero, la cosa non sarebbe molto facile. Sono astri che stazionano ad almeno 3,2 anni luce di distanza. Si intuisce subito che un viaggio di tale portata sarebbe imbarazzante da organizzare per qualsiasi Tour Operator anche per quelli che già oggi sarebbero in grado di prepararlo per la luna. Diamo un'occhiata al significato reale di anno luce, così capiremo i motivi dell'attuale inadeguatezza di qualsiasi Compagnia di viaggi.

Un anno 365 giorni, ogni giorno 24 ore, ogni ora 3.600 secondi.

Nei dodici mesi ci sono quindi ( 3.600 x 24 x 365 ) trentun milioni, cinquecento trentasei mila secondi. La luce correndo per un anno intero ai soliti 300.000 km/sec, percorrerà in tutto 9.460.800.000.000 km, e dalla terra alla vicina Alpha Centauri, dopo tre anni e due mesi abbondanti, 30.274.560.000.000 km.

Se al Sole sono sufficienti meno di 40 giri su se stesso per giungere fino alla Terra, per andare a trovare i suoi vicini deve faticare assai di più e rotolarsi quasi dieci milioni di volte. Difficile immaginare un sia pur gigantesco Golia galattico capace di un calcio così potente! Neppure un calciatore; equivarrebbe a pensare che sarebbe in grado di spedire un pallone dal Comunale di Torino fino allo stadio di Los Angeles, con un solo tiro.

 

 
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