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Un blog creato da robertoeusebio il 04/01/2010

BLOG ROBERTO EUSEBIO

CAMPIONE E PROFESSIONISTA FITNESS, PERSONAL TRAINER LOMBARDIA

 
 

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RASSODARE IL PETTO ??...SVILUPPARE AL MASSIMO !! DI ROBERTO EUSEBIO CAMPIONE DI FITNESS

L’allenamento dei pettorali

(di Roberto Eusebio campione nazionale assoluto di body fitness)

 

In questa occasione parlerò della mia esperienza sull’allenamento dei pettorali, muscoli eccezionalmente affascinanti e ricordo a tal proposito con piacere le emozioni che provavo quando guardavo posare Arnold, in particolare nella posa del più muscoloso rimanevo incantato!

Sono i muscoli più indicativi o perlomeno più rilevanti ed eccitanti da allenare per il neofita culturista .

Mi capita ancora spesso che ragazzi alle prime armi insistano più del dovuto con l’allenamento di questo muscolo, peraltro considerato da molti il più simbolico e virile muscolo maschile: il petto.

Questo muscolo riveste la sezione superiore della cassa toracica e svolge una funzione antagonista rispetto ai muscoli dorsali.

 E’ importante ricordare che i pettorali, i dorsali, i lombari e gli addominali sono definiti anche muscoli posturali, per questo è fondamentale che siano sviluppati in modo proporzionale da non creare scompensi alla struttura scheletrica; quindi è sbagliato concentrarsi sul lavoro di questo muscolo e trascurare il resto.

Il muscolo GRANDE PETTORALE si divide in tre parti : la parte clavicolare, la parte sternocostale e la parte addominale.

La parte clavicolare ha origine dalla metà mediale del margine anteriore della clavicola;

la parte sternocostale ha origine dalla fascia sternale e dalle cartilagini della 2^- 6^ costa;

la parte addominale si inserisce nella porzione più superiore dell’omero rispetto le altre due.

Sul tubercolo maggiore, protuberanza dell’omero, le tre parti si inseriscono incrociandosi.

Il muscolo grande pettorale è molto robusto e forte. Esso ha forma quadrangolare a braccio pendente lungo il corpo, mentre è a forma triangolare a braccio alzato. Il muscolo abbassa con forza e velocità verso in avanti il braccio,

inoltre determina l’adduzione del braccio (avvicinamento al corpo rispetto al piano sagittale) e lo intraruota.

Infine tale muscolo collabora nell’azione di inspirazione dilatando il torace se l’arto è fisso.

Infatti ci capita di vedere l’atleta stanco che puntando le mani ai fianchi immobilizza le braccia, per utilizzare questi muscoli quali respiratori ausiliari.

A seconda della suddivisione tra fibre che formano le tre parti fondamentali del grande pettorale possiamo distinguere tre modalità diverse di come eseguire l’esercizio rispettando angolazioni precise.

Per esempio se vogliamo sviluppare la parte superiore del gran pettorale dobbiamo sollecitare maggiormente il lavoro della parte clavicolare, quindi eseguiremo esercizi di base o esercizi complementari tenendo il busto inclinato a 30°/45°/60° max in modo che la traiettoria della forza nei confronti del busto abbia tale angolazione poiché angolazioni superiori sposterebbero il lavoro più a carico del deltoide clavicolare (detto anche deltoide anteriore) e non sul muscolo in questione.Al contrario se vogliamo sviluppare la parte addominale quindi la fascia inferiore del petto si eseguirà l’esercizio con il busto declinato e infine per lavorare in modo centrale il petto basterà eseguire l’esercizio con il bustocompletamente orizzontale o verticale, l’importante è che la traiettoria della forza esercitata sul muscolo quindi le posizioni delle braccia siano perpendicolari rispetto al busto; ad esempio con panca piana (bench press) o pectoral machine, chest press (ecc…)

Fig. 1- Roberto Eusebioin allenamento.

Per quanto riguarda l’allenamento personalmente col passare degli anni mi sono reso conto che i migliori benefici la migliore congestione l’ho ottenuta lavorando con i manubri piuttosto che con macchine o bilancieri ed ora vi spiego il motivo.

Come abbiamo analizzato il movimento ci siamo resi conto che questo muscolo ha anche una funzione di adduttore. Con i manubri durante le distensioni su panca a qualsiasi grado di inclinazione ( vedi fig.1) nella fase di estensione nella quale ilbraccio si trovateso, ci accorgiamo che avviciniamo i due manubri, cosa che non avviene con il bilanciere, ove la posizione delle mani rimane ferma, quindi con i manubri nella fase finale dell’esercizio l’adduzione e la contrazione è massima. In fisica il lavoro è determinato da forza per spostamento, dove per forza si intende il carico sollevato e per spostamento si intende la massima escursione del movimento compiuto durante l’esecuzione dell’esrcizio. Questiparametri sono direttamente proporzionali al lavoro, quindi più è alto lo spostamento più lavoro avrò sul muscolo.

 

Congestionare al massimo i pettorali con i manubri richiede un certo grado di esperienza. Per principiante consiglio di iniziare ad educare la percezione

neuro- muscolare del pettorale con esercizi dove non è richiesta perticolare concentrazione all’equilibrio o alla tecnica , in scarico della colonna vertebrale per esempio le Chest Press e le Pectoral.

Infine con i manubri la traiettoria della forza che segue l’articolazione è esattamente la nostra naturale ovvero quella dell’articolazione stessa. Per questo motivo se l’ atleta avanzato utilizza carichi elevati il rischio di avere traumi con i manubri è minore.

 

Sostengo inoltre che, malgrado i manubri siano eccezionali per la congestione muscolare, abbiano purtroppo alcune limitazioni. Infatti per lo sviluppo della massa muscolare è necessario seguire dei programmi di forza in quanto l’ipertrofia muscolare è direttamente proporzionale alla forza.

Eseguire dei programmi di forza con i manubri risulterebbe alquanto difficile per maneggiarli, alzarli eposizionarli per eseguire delle seriecon carichi massimi.

 

Quindi i miei allenamenti per i pettorali iniziano quasi sempre con i Bench Press detti anche distensioni su panca con tutte le sue varie inclinazioni.

Ricordiamo che il Bench Press è un esercizio di base pluri-articolare, infatti coinvolge sia l’articolazione della spalla che quella del gomito, quindi per avere la massima congestione sul pettorale dobbiamo eseguire l’esercizio in modoscrupolosamente corretto.

Sono molti quelli che vedo durante l’allenamento nelle distensioni su panca che commettono l’errore nell’estensione di sollevare in avanti la spalla, forse pensando di avere più forza per ultimare l’esercizio, ma in realtà creano un’atteggiamento cifotico delle spalle che non fa altro che rilasciare il muscolo caricando il lavoro alla spalla e non più al pettorale.

La spalla in è un muscolo nettamente più piccolo del pettorale quindi il risultato è che faranno più fatica a migliorare la forza rispetto a coloro che rimangono con una postura corretta.

Questo di seguito è l’indicazione corretta di come eseguire l’esecizio:

 

  • sdraiati sulla panca dobbiamo mantenere il petto in fuori unire le due scapole e mantenere tale posizione per tutta la durate del movimento. Importante mantenere la spalla ben appoggiata alla panca senza sollevarla per nessun motivo. In questo modo risulta impossibile estendere completamente l’articolazione del gomito e la congestione del pettorale è assicurata al massimo.
  • Per assumere la posizione corretta delle braccia l’omero deve essere perfettamente parallelo al terreno formando un angolo di 90° con il gomito .
  • L’impugnatura troppo stretta sposta il lavoro sulle braccia in particolar modo a carico dei tricipiti.
  • La fasenegativa deve essere sempre eseguita in modo lento e controllato , qualunque sia il carico di lavoro; mentre, nella fase concentrica o positiva, utilizzando forza elastica, esprimo la massima potenza.

Ritengo sia un ottimo esercizio di base.

personalmente eseguo quattro o cinque serie da cinque o sei ripetizioni con un minuto e trenta di recupero tra una seriel’altra.

Successivamente passo ai manubri con tre o quattro serie eripetizioni da otto o dieci riducendo il recupero a un minuto.

Infine come esercizio complementare o di isolamento( cioè che coinvolge l’uso di un unica articolazione che è quella della spalla) eseguo tre o quattro serie di croci su panca da dieci o dodici ripetizioni.

Alterno questo esercizio facendolo ai cavi, dove la tensione sul muscolo è costante per tutta la durata del

movimento .

Un esempio pratico di una delle mie tabelle di allenamento per i pettorali :

ESERCIZIOSERIERIP.REC.

DISTENSIONI SU PANCA PIANA CON BIL.45/61,30’

DISTENSIONI SU PANCA 45° CON MAN.3/48/101’

CROCI SU PANCA 45°3/410/121’

PARALLELE (facoltativa)una ad esaurimento

Per un buon risultato per l’ipertrofia muscolareè di fondamentale importanza esaurire il glicogeno muscolare (scorta di zuccheri all’interno del muscolo sfruttabile come energia) nel più breve tempo possibile, con questa routine vi assicuro un ottimo risultato e soprattutto è garantito che per almeno 4/5 giorni sentirete il vostro petto aver lavorato !

  

Roberto

 
 
 

ALLENARE LE GAMBE - LO SQUAT... "UN CREDO" DI ROBERTO EUSEBIO PROFESISIONISTA FITNESS

Foto di robertoeusebio

IL DIO SQUAT NON PERDONA”

(LA RELIGIONE DELLO SQUAT)

DI ROBERTO EUSEBIO CAMPIONE NAZIONALE ASSOLUTO DI BODY FITNESS

 HTTP://WWW.ROBERTOEUSEBIO.IT

 

Alzi la mano chi non si è mai presentato con un inquietante senso di ansia all’appuntamento più temuto della settimana. Chi pratica il body building da un po’ di tempo e con un minimo di serietà e determinazione ha già capito di cosa sto parlando: sto parlando dell’allenamento delle gambe.

Sì, perché se nelle altre sedute di allenamento abbiamo cantato vittoria su bicipiti e pettorali, tricipiti e quant’altro guardandoci allo specchio una, dieci, cento volte con soddisfazione adesso tocca alle gambe,e con le gambe non si scherza più: quel giorno è puntualmente arrivato.

Spesso e volentieri si osservano atleti che hanno sviluppato efficacemente i muscoli della parte superiore del corpo ma che presentano un’ipertrofia insufficiente a livello degli arti inferiori, assumendo nel complesso una poco invidiabile forma che io scherzosamente chiamo “a cono gelato”. Sono certo che non è questo quello che vogliamo. Quello che vogliamo è scolpire gambe forti e voluminose a 360 gradi polpacci inclusi, diciamocelo pure senza ipocrisie. Senza saperlo abbiamo fatto un primo importante passo: stabilire un target, un obiettivo da raggiungere. Io amo molto lavorare per obiettivi.

 

Che ci piaccia o no, le gambe sono costituite da fasci muscolari talmente imponenti da richiedere sempre carichi molto elevati per arrivare a “volumizzarsi” in maniera soddisfacente. Quindi scordiamoci le nostre “faticose” seriette da dieci alla pressa orizzontale o il curl per i femorali con 30 chili di peso. Ipertrofizzareper bene i muscoli degli arti inferiori richiede carico, carico e ancora carico. Fino al limite della sopportazione ma sempre ben lontani dalla soglia dell’infortunio. In fondo allenare le gambe è quasi una metafora della vita: conoscereper quanto è possibile se stessi e i propri limiti e attendere con pazienza i risultati dei nostri sforzi.

A livello psicologico vedo che la pazienza è spessissimo una pianta che pochi amano coltivare; tutti vorrebbero un corpo da rivista facilmente e subito. Ammetto anch’io di essere stato più volte affetto dal virus dell’impazienza, nel corso di mesi e anni di allenamenti, ma occorre ricordare che nella pratica del body building non esiste nulla di facile e di immediato, e questo perché il corpo considera un lusso l’incremento di massa muscolare che in seguito dovrà nutrire e ossigenare. Non a caso una Ferrari paga molte più tasse di un’utilitaria, quindi se è una Ferrari che vogliamo, prepariamoci a lavorare duramente.

Personalmente, in palestra non amo cimentarmi su un gran numero di esercizi diversi; la mia parola d’ordine è sempre stata “semplificare”, privilegiando i grandi esercizi multiarticolari a discapito dell’uso di macchine o esercizi di isolamento. Forse questo è un retaggio di quando mi allenavo quindici anni fa, in tempi in cui esisteva solo il rozzo “body building” e non si parlava ancora di “fitness” e altre raffinatezze. Non ho comunque nulla in contrario all’uso delle macchine a carico guidato, alle quali possiamo sempre tornare o far ricorso al termine dei mesi di routine dure basate su esercizi vecchio stile, il principale dei quali è sicuramente lo squat libero.

Considero lo squat libero il re di tutti gli esercizi multiarticolari, quasi una sorta di divinità che elargisce premi o punizioni a seconda di come ci si avvicina.

Per questo la mia non è una semplice seduta settimanale di squat ma una liturgia quasi sacra alla quale non nascondo di recarmi ogni volta con una certa paura. Con lo squat non ci sono mezzi termini; quella sensazione che si prova staccando il bilanciere dagli appoggi è irripetibile: ci sembra di avere un metro cubo di calcestruzzo che grava sui trapezi. Ebbene, è a quel punto che occorre andare avanti. L’impalpabile soglia, lo stargate, è lì: chi si spaventa e torna indietro otterrà i risultati che merita: mediocri. Chi ha coraggio e prosegue sarà premiato dal dio-squat. Vediamo allora come strutturare una seduta di allenamento delle gambe che sia veramente produttiva e non dispersiva:

 

  • Iniziamo lo squat solo dopo almeno sei mesi di irrobustimento delle gambe effettuato con altri esercizi meno complessi e più specialistici come Leg Extension, pressa obliqua, affondi ecc. Attenzione perché paradossalmente proprio gli esercizi che sembrano innocui possono riservare brutte sorprese. In particolare manteniamo la parte bassa della schiena incollata allo schienale della pressa obliqua: eviteremo di giocarci la parte bassa della colonna vertebrale. Non facciamoci ingannare dalla traiettoria guidata delle macchine da palestra e dal senso di sicurezza che sembrano trasmettere.
  • Lavoriamo tantissimo sui lombari, senza necessariamente appesantirci con dischi da dieci chili tenuti al petto: bastano quattro serie del tipo 20-20-15-15 ma eseguite con costanza almeno una-due volte a settimana. E’ la costanza ciò che conta. Non iperestendiamo il busto, non sfruttiamo i rimbalzi, non affrettiamo questo utile esercizio per premura e voglia di terminare. Forse i lombari non saranno belli da vedere, ma sono e restano muscoli indispensabili. Non trascuriamo neppure gli addominali. Il nostro scopo finale è erigere una cintura di sostegno che renda la schiena un “tronco” robusto in grado di resistere al peso del bilanciere. Il lavoro sui lombari non andrebbe mai riposto nel cassetto ma proseguito anche al termine dei mesi preparativi.

 

  • Spesso ho letto meraviglie riguardo a un altro grande esercizio multiarticolare: lo stacco da terra a gambe piegate (deadlift, il peso morto). L’ho provato per mesi e ho constatato che per quanto ci si possa impegnare in un’esecuzione corretta, la meccanica è talmente sfavorevole che prima o poi si comprometterà la schiena a tutti i livelli. Secondo me il gioco non vale la candela, anche perché lo stacco richiede veramente molto peso per diventare produttivo, e a quel punto è diventato anche troppo pericoloso. In mancanza di una trapbar, o bilanciere quadrato, che dovrebbe permettere di fare lo stacco in sicurezza ma che probabilmente non avremo mai, lasciamo quindi eseguire questo esercizio ai praticanti del powerlift che, bontà loro, lo eseguono in versione completa.

 

Inizio la seduta di squat dopo aver eseguito quattro serie da dieci alla Leg extension con carico leggero allo scopo di pre-congestionare i quadricipiti. Nelle pause tra una serie e l’altra mi impongo di non mettermi a chiacchierare ma eseguo esercizi di stretching di femorali, quadricipiti e polpacci.

I polpacci hanno già lavorato per primi al Calf da seduto (4 serie da 10-12 ripetizioni) e al Calf in piedi (2 serie da 30-50 ripetizioni). Nei calf ricerco la massima escursione articolare possibile, anche quando sembra di scivolare da un dirupo e i polpacci si incendiano di dolore. Per tutti i muscoli, ma più che mai per i polpacci, vale il concetto della predisposizione genetica: in poche parole, se ne abbiamo pochi di base sarà molto più dura vederli crescere. Quindi non aspettiamoci progressi immediati per i polpacci; forse l’atteggiamento migliore è non aspettarsi troppo da questo distretto muscolare difficilissimo da sviluppare. Qualunque risultato sarà poi benvenuto.

 

Eccoci allora allo squat libero: eseguo una prima serie da 15-20 ripetizioni per riscaldamento e per prendere confidenza con la meccanica dell’esercizio. Uso il 60% del carico previsto nell’ultima serie. Non richiedo assistenza e indosso la cintura lombare, non tanto stretta da impedire il respiro ma neanche tanto larga da essere utile solo a “far scena”. Eseguo questa prima serie in accosciata completa approfittando del carico ancora ridotto. Scendo cioè più in basso possibile con i glutei per stimolare anche questo distretto, che ha un’utile funzione di sostegno e che comunque il lavoro preparativo fatto nei mesi precedenti alla pressa obliqua dovrebbe già aver sviluppato.

Nella seconda serie impiego l’80% del carico previsto per l’ultima serie: richiedo gentilmente assistenza fidata, se possibile. Chi assiste non dovrebbe stare dietro incrociando le braccia e guardando altrove ma deve sfiorarci alla cintola seguendo il movimento, facendoci insomma sentire che “c’è” e che possiamo fidarci concentrandoci solo sulla spinta. Durante l’esercizio non sono ammesse battute di spirito; potrebbe sembrare una sciocchezza, ma quando si lavora con un quintale sulla schiena è meglio non ridere, pena la deconcentrazione e l’infortunio: quando avremo riposto il carico potremo ridere quanto vogliamo, se ne avremo l’animo.

La respirazione dev’essere impeccabile: inspirare in piedi e trattenere quando si scende, mantenendo la schiena rigida come un pezzo di marmo. Ci si concentra sul movimento di spinta, che io eseguo in questa serie tenendo le gambe molto ravvicinate, quasi unite, per stimolare la crescita del vasto laterale, il settore più esterno del quadricipite. Eseguo ripetizioni fino all’incapacità e mi concedo due minuti di recupero. Fine della seconda serie.

 

La terza e la quarta serie sono quelle di carico vero e proprio: impiego rispettivamente l’87% e il 100% del carico che sono in quel determinato periodo in grado di sopportare. Carichi eccessivi sono annunciati da inquietanti segnali di solito a livello dei settori alti della schiena; si tratta di campanelli d’allarme che occorre ascoltare attentamente. Solo mostrando umiltà e obbedienza il dio-squat dispenserà doni: il peso dev’essere sempre calibrato bene con aggiunte di pochi chili alla volta in fase di progresso; aggiunte di dieci chili sono poco tollerate; aggiunte di venti chili per parte, come ho visto fare, sono improponibili. Non dimentichiamoci mai della virtù della pazienza e mettiamo da parte gli esibizionismi.

Le ultime due serie dunque: richiedono ovviamente assistenza fidata e tutta la determinazione che siamo in grado di tirare fuori. Tutta vuol dire tutta. Non ho ripetizioni prefissate, conduco l’esercizio fino all’incapacità: del resto staccare un bilanciere di oltre un quintale dagli appoggi non è uno scherzo, quindi tanto vale andare fino in fondo finchè si può. Mantengo le gambe larghe quanto le spalle e i piedi leggermente divaricati. Non eseguo l’accosciata completa perché il carico non lo consentirebbe; non ascoltiamo incitamenti e sirene in quella direzione: sotto il bilanciere ci siamo noi e dobbiamo uscirne incolumi. Finita l’ultima ripetizione, aspetto ad allentare la tensione finchè il bilanciere non è al sicuro sul rack; alcuni incidenti possono intervenire proprio in questa fase, in cui il carico è massimo ma ci si comincia a rilassare. Posiamo il bilanciere delicatamente per evitare di alleggerire bruscamente la colonna vertebrale e facciamo un bilancio di quello che abbiamo portato a casa: abbiamo eseguito un importante esercizio multiarticolare diversificando il movimento in tre parti: accosciata completa, gambe unite e infine due fasi di carico a gambe divaricate per l’ipertrofia. Tranne la prima, tutte le serie le abbiamo condotte ad esaurimento.

Un ultimo consiglio: se faccio squat davanti ad uno specchio, io preferisco oscurarlo; questo perchè durante l’esecuzione dovremmo guardare sempre in alto e mai davanti a noi: guardare avanti distrae e porta ad abbassare in successione lo sguardo, la testa e infine la schiena con tutte le conseguenze immaginabili.

 

L’allenamento delle gambe prosegue con cinque serie al Leg Curl anch’esse condotte ad esaurimento, le prime quattro a carico crescente come in precedenza, la quinta all’80% del carico massimo. Il senso di vittoria dato dalla seduta precedente di squat dovrebbe infondere coraggio e permettere di allenare a fondo anche questo distretto muscolare, che contribuirà ad arrotondare la parte posteriore delle gambe, spesso trascurata perché poco visibile. Anche il curl dei femorali richiede carichi elevati, quindi diamoci dentro ma non tanto da giocarci i tendini posteriori del ginocchio. Lo stretching tra una serie e l’altra non è un optional ma un dovere. E quando siamo distesi al curl guardiamo avanti senza voltare la testa: si rischia facilmente il torcicollo.

 

La giornata più dura e più temuta termina con le quattro serie alla panca per i lombari di cui dicevamo: 20-20-15-15 senza necessariamente appesantirci e senza fretta. Se abbiamo a disposizione un combinato parallele-sbarra possiamo appenderci alla sbarra distendendo i piedi verso il basso, per decomprimere le vertebre sulle quali abbiamo fatto gravare il bilanciere.

Consiglio di eseguire questa routine per non più di quattro-sei mesi, localizzandola nel periodo autunnale-invernale. Possiamo poi passare a macchine a carico guidato per far riposare la schiena ed evitare per quanto è possibile fastidi futuri.

 

La nostra seduta “vecchio stile” termina qui, ma un allenamento serio dovrebbe proseguire a casa, e in particolare a tavola, assumendo proteine da carni bianche in quantità adeguata per nutrire e premiare il nostro corpo.

Nei due giorni successivi ci ritroveremo con le gambe toniche, arrotondate e doloranti, e ci riprometteremo che la prossima volta faremo di più, se il dio-squat ce lo permetterà.

Nell’attesa cerchiamo di avere un po’ di pietà per quello specchio ormai stufo di vederci in posa, e rilassiamoci: prima di un altro tranquillo workout di paura ci resta ancoraun po’ di tempo !

Buon allenamento. 

 
 
 

CALMARE LA FAME DA STRESS, LA FAME NERVOSA, DI ROBERTO EUSEBIO PROFESSIONISTA FITNESS

 

La fame nervosa

di Roberto Eusebio campione e professionista fitness

 

  

http://www.robertoeusebio.it

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Che cos’è la fame nervosa e perché ci prende?

 

Le cause possono essere di natura biologica e/o psicologica

Cause biologiche

“Mangiare” pur non avendo fame è un’alterazione del meccanismo di controllo da parte dell’ipotalamo. Ci sono delle sentinelle nel cervello che avvertono il corpo quando il livello di zuccheri è troppo basso (diminuzione della glicemia – ipoglicemia) e inducono come risposta il bisogno di cibo e le azioni per procurarselo. Forse alla base dell’ obesità, dei disturbi alimentari in generale e in particolare della fame nervosa c’è proprio un mal funzionamento di questi meccanismi.

Cause psicologiche

“Mangiare” pur non avendo fame, essere assaliti da un impulso irrefrenabile, da un atto compulsivo, presi da un raptus e ingozzarsi di qualsiasi cosa, per poi sentirsi in colpa subito dopo.

Si può avere la fame nervosa per noia, se ad esempio non sappiamo cosa fare, per ansia, per tristezza, scarsa autostima, solitudine.
La fame nervosa ci porta a sostituire l’affetto, la sicurezza o la gioia che non abbiamo con il cibo.
Pensiamo e riflettiamo alle prime fasi di vita, quando la madre offre la poppata al bimbo che piange, anche se la fame non è il vero motivo del pianto, creando nel bambino confusione tra lo stato di fame e lo stato di richiesta di affetto.

 

 

http://www.robertoeusenio.it

 

Combattere la fame nervosa

 

Prima fase:

Eliminare le cause.

Capire perchè si è tristi, cosa provoca in noi una certa ansia, perché ci si sente particolarmente soli. Interrogativi ai quali occorre dare una risposta per poter alleviare e diminuire gli episodi di fame nervosa.

 

Seconda fase:

L’esercizio fisico.

Praticare costantemente uno sport e/o praticare tecniche di rilassamento (traning autogeno, power yoga, pilates..) aiuta decisamente a calmare la fame nervosa.

 

Terza fase:

erbe e prodotti naturali

il citrus aurantium e la rodiola rosea riescono a controllare la fame nervosa.
Il tiglio, la melissa, l’angelica e la passiflora aiutano a calmare gli stati d’ansia.
Gli integratori a base di glucomannano, gomma guar, cellulosa e inulina invece, non venendo ben digeriti si gonfiano nello stomaco in presenza d’acqua e danno un senso di sazietà.

 

RICORDIAMOCI SEMPRE, CHE COMUNQUE LA MENTE COMANDA SUL CORPO..!!

 

Di Roberto Eusebio, campione nazionale assoluto di body fitness, professionista

http://www.robertoeusebio.it

 

 

 

 

 
 
 

LA STORIA DI EUSEBIO ROBERTO CAMPIONE E PROFESSIONISTA FITNESS, PERSONAL TRAINER LOMBARDIA

“Campioni si nasce?”

Non è vero!

La vera storia di Roberto Eusebio

 http://www.robertoeusebio.it

Avevo l’età di quindici anni quando il medico curante mi consigliava, anzi mi obbligava a frequentare una palestra (non esistevano ancora i centri fitness).

Pesavo 59 chili, per un altezza di un metro e ottanta centimetri; avevo un atteggiamento cifotico, con antiversione del bacino e cominciava ad accentuarsi una curva scoliotica della colonna: insomma quella tipologia di uomo definita “invertebrato”… Naturalmente sto scherzando, ma è vero che avevo problemi seri! Gli amici mi chiamavano smilzo!

Ero un ragazzo molto insicuro, introverso, non adoravo i giochi di squadra poiché debole strutturalmente e psicologicamente quindi molto fragile.

Ero molto introverso, studiavo, leggevo, guardavo la tv, questo era il massimo dell’attività fisica che facevo..

Guardando la tv, negli anni circa 1984 – 1985, cominciai apprezzare quei fisici che gli ambienti culturistici ci proponevano, come il grande atleta Lou Ferrigno, quest’uomo debole ma che quando lo facevano irritare d’incanto si trasformava nell’incredibile Hulk, invincibile, con quei muscoli nessuno poteva influire nel suo modo di essere, oppure il grande Arnold in Conan il Barbaro,con la sua possente forza muscolare contro le forze della natura, e cosi via con Ercole, interpretato da Steve Rees, e Stallone con Rambo, Rocky , ecc….

 

Malgrado questo non impazzivo per l’attività fisica da palestra, anzi era per me una fatica abnorme. Perchéavrei dovuto fare tale fatica?

Ho passato i primi tre anni di palestra, sorvegliato dai miei genitori checontrollavano se frequentassi realmente o se, come a scuola, bigiavo.

Non ho mai gradito essere obbligato a fare un qualcosa che non mi piaceva fare!

Quando i genitori si arresero al mio rifiutodi frequentare la palestra, proprio allora cominciai ad appassionarmi ad essa sul serio! Adiciannove anni circa la rivalutai: in fondo, tutto sommato, era anche piacevole, mi riferisco soprattutto alla presenza delle ragazze!

Avevo fatto tre anni senza vedere neanche un muscoletto che potesse motivarmi a continuare, avevo cambiato almeno cento schede di allenamento; allora cercai di analizzare il perché del mio fallimento.

I miei allenamenti erano basati sul sollevare pesi e non sul congestionare i muscoli; cosa vuol dire? Mi concentravo troppo a caricare e mi stancavo (come uno scaricatore di porto), invece la soluzione era molto più semplice: bastava poco carico per strizzare bene ogni distretto muscolare.

Sembravo un universitario del fitness: ad ogni singola ripetizione sembrava che pensassi a chissà cosa, in realtà collegavo solo il cervello a quello che stavo facendo.

In tre mesi “esplosi”: ottenni quello che non avevo mai ottenuto in anni, ma soprattutto cominciavo ad apprezzare quanto fosse importante conoscermi...

A vent’anni pesavo già 76 chili, una bestia di muscoli, ora gli amici mi definivano così.

Non seguivo più tabelle di allenamento, andavo ad istinto, ma cominciai ad iscrivermi a corsi per diventare istruttore:ormai ero davvero gasato!

Ora dovevo capire bene come si dovesse nutrire un atleta… ma di alimentazione parleremo nei prossimi articoli!

All’età di ventisei anni affrontai la prima gara: sembravo, mi disse il mio preparatore, “una patata grossa ma liscia liscia, senza un minimo di definizione”. Infatti non mi classificai, anzi non voglio neanche ricordarlo.

Oltre al fisico mancava anche l’armonia di esprimere sul palco le mie potenzialità.

Cosi mi rivolsi ad un famoso coreografo, nonché ballerino, di Padova, che mi definì “un pezzo di legno”! Eppure, più mi confrontavo con altri atleti e più mi rendevo conto che le mie potenzialità era eccezionali: giunture articolari piccole che enfatizzavano la rotondità muscolare, rapporto tra asse bisiliaco e asse bisacromiale perfetti, altezza nello standard, mancava solo un po’ di qualità muscolare che potevo ottenere solo con l’alimentazione; ma, ahimè, a me piaceva mangiare!

Servirono anni di sacrifici, ma, dopo la selezione all’Accademia Olimpia, dove partecipavano i migliori atleti italiani, mi classificai terzo su 120 atleti. Avevo passato un anno a prepararmi: non esistevano amici, serate in discoteca o altro; un anno dedicato a preparare la gara più ambita eimportante in Italia per gli atleti di altezza-peso. Vinsi il trofeo Accademia (con relativo ottimo montepremi). Ricordo che prima della gara la tensione era alle stelle: mai stato cosi nervoso in vita mia!

Come tutti sapete ce l’ho fatta: mi sono aggiudicato il titolo di CAMPIONE NAZIONALE ASSOLUTO. Eravamo 112 atleti, 22 nella mia categoria stravinta, e agli assoluti, cioè i primi di tutte le categorie arrivai primo, come highlander: ne rimarrà solo uno! Mi sentivo davvero un immortale: sensazione incredibile.

Rimasi a al vertice della mia carriera per un po’ di tempo, ma mantenere l’impegno agonistico significava rinunciare troppo alla vita privata, e decisi così di abbandonare il mondo dell’agonismo, rimanendo però nell’ambiente per trasmettere, ad altri atleti o non, tutte le mie esperienze.

Oggi mi alleno, mi piace stare in forma, mi piace vivere, mi piace il contatto con gli altri; insomma ragazzi… sono felice .

 

Ciao e alla prossima.

 
 
 
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