9 Agosto Amasra - KurucasileAccadde in 56 km...

Post n°5 pubblicato il 11 Agosto 2005 da paoloetonino

56 km possono sembrar pochi a chi abbia una certa familiarita' col ciclismo: eppure nel tragitto che unisce Amasra a Kurucaþile, entrambe bagnate dal Mar Nero, le distanze possono dilatarsi enormemente...
In quei 56 km un ciclista puo' vedere tante cose: la strada tortutosa , che in salita sfianca e in discesa fa fischiare i freni; i tanti giovani seduti ai bar, in cui suscitiamo una curiosita' che sembra turbare il loro ozio proverbiale; l' Haci, veccho solitario dalla lunga barba bianca che recita passi del Corano, affatto distratto dal nostro passaggio; i bambini, veri padroni della strada, meravigliati dalle forme e dai colori dei nostri  mezzi, corrono veloce per guaradarci il piu' a lungo possibile; le donne velate, i contadini, le bestie da soma e al pascolo, le statue di Ataturk, i suoi ritratti.... Sulle coste
del Mar Nero 56 km possono davvero essere tanti, se li si percorre in bicicletta...    

 

 
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10 Agosto Kurucaşıle - AkbayirNon si puo' fare tutto...

Post n°6 pubblicato il 11 Agosto 2005 da paoloetonino

Sette ore e mezzo di sella, novanta chilometri, mille metrı di dislivello, l'arrıvo nel paesino a notte inoltrata alla luce delle lampade frontali... Mı dispiace signori, stasera niente blog...il piccolo quaderno su cui ogni sera prendo appunti oggi rimane nalla sacca... 
A domani, colla speranza che la memoria non mi tradisca e che le emozionı dı questa lunga gıornata sopravvivano al meritato riposo notturno. 

 
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11 Agosto Akbayir - KastamonuStorýe da bar....

Post n°7 pubblicato il 12 Agosto 2005 da paoloetonino

Vorrei essere un ottimo scrittore per dar forma ai miei pensieri con scorrevolezza ed armonia; mancandomene l'esperienza, cerchero' almeno di essere sintetico, benche' le cose accadutemi ultimamente non siano poche.
Ieri, come gia accennato, molti chilometri sono passati sotto le nostre biciclette. Forse troppi per i nostri muscoli non ancora abituati al pesante carico che ci portiamo dietro. La stanchezza pero' non sempre va di pari passo con la fatica. Nelle tante ore trascorse ieri in sella ho sempre avvertito questa, mai quella. La stanchezza, infatti, ha bisogno di calma fisica e pace mentale per potersi fare strada nel corpo, non puo' competere con le emozioni primarie: tensione, fatica e spavento non le lasciano spazio.

"No problem. We find the room, now drink thé". Questa frase, se pronunciata alle 10 di sera, dopo che per due ore hai pedalato nell' oscurita' convinto di esserti perso, puo davvero significare tanto.
Il manipolo di uomini che ci accoglie alla locanda di Iliasbey, paesino con pochi abitanti e galline al pascolo, osserva e sorride, scosso proprio nel mezzo della rituale consumazione serale di thé. Da quando Atatürk, padre della patria, decise di fare della costa orientale
del Mar Nero un centro di porduzione del prezioso infuso, il thé é divenuto bevanda nazionale, aiutato dal sacro e poco rispettato divieto islamico di consumare alcolici. Non ci rimane altro che accomodarci con loro e bere a nostra volta il thé fumante, offertoci dal signore piu anziano, un vecchio silenzioso dalle mani ruvide e lo sguardo fiero di chi gode di un rispetto indiscusso.
Venivamo da una lunga escursione che potrei schematizzare usando come parametro il manto stradale incontrato: asfalto chiaro e grezzo al mattino, coperto da un velo di sassolini pronti a schizzare ad ogni passaggio di automobile; asfalto liquefatto a mezzodi', il contatto coi copertoni lo proiettava sui telai delle beci e sulle gambe; strada bianca e sconnessa alla sera, prorpio quando non c'era piu' il sole ad illuminare il percorso (spero mi perdonerete la digressione nozionistica, ma ad un ciclista non possono sfuggire tali dettagli).
Avvertito da qualcuno degli astanti, secondo meccaniche collaudate quanto invisbili ai nostri occhi, il padrone della pensione giunge a bordo della vecchia Fiat 128 blu scuro con la quale ci scorta al luogo in cui pernotteremo. Per cui ci congediamo, salutando piu' con gesti delle braccia che con le poche parole imparate in una settimana: il nostro passaggio, ne siamo certi, non verra' dimenticato e nelle tranquille serate di quella locanda riecheggera' la storia dei due stranieri venuti un giorno a bordo di biciclette meravigliose, tanto stupidi da non saper parlare e tanto potenti da avere un faro sulla testa che illumina il cammino.

 

 
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14 AgostoKastamonu - TurhalCome Gulliver ed Ulisse

Post n°8 pubblicato il 14 Agosto 2005 da paoloetonino

Quando chiudo gli occhi, alla sera in albergo o il pomeriggio durante qualche riposo furtivo, ne rivedo le facce: tutte gli uomini e le donne dei paesi che attraverso hanno dei volti che non posso dimenticare. Non sono un sentimentalista, non amo le esagerazioni: ma se descrivessi le emozioni che questa gente suscita in un viaggiatore disposto ad accoglierle sarei costretto a spendere parole profonde, sdolcinate.

Mi atterro' dunque a fare un riassunto dei fatti che hanno caratterizzato questi ultimi tre giorni turchi. Le distanze percose sono notevoli: lasciata Kastamonu abbiamo fatto un lungo trasferimento in autobus fino al cuore dell'altopiano anatolico, presso la localita' di Amasya, dove lo scenario costiero del Mar Nero é divenuto immediatamente un ricordo lontano. Sabato mattina partenza alla volta di Turhal, ottanta chilometri piuttosto scorrevoli ma incendiati da un sole cocente. Braccia e gambe pagheranno il prezzo di non aver portato con me la crema protettiva: dopo quattro ore in sella la pelle ha un colore rosso acceso che susciterebbe l'ira di mia madre. 

Turhal. Un nome che ricordero' a lungo. Raramente in un solo luogo si possono fare esperienze tanto diverse. Al nostro arrivo, alla sera, prendiamo accordi con un autista per farci trasportare a Sorgun, citta' da cui oggi saremmo ripartiti in bicicletta. "No problem!". Ormai ci fidiamo della disponibilita' di questa gente. Appuntamento per stamattina alle 6:30, sveglia alle 5:30: la cittadina pianeggiante ancora dorme. Di buon passo ci rechiamo al luogo prefissato, dove la presenza di un gruppo di uomini sembra provare che tutto procede bene: ecco perché la delusione é ancora maggiore quando ci viene spiegato, in quella babelica lingua che ogni viaggiatore deve saper parlare, che l'autobus non c'é piu'.

Il cane legato stretto alla catena abbaiava forte, svolgendo inconsapevolmente il ruolo per cui viene quotidianamente nutrito: allarmati, due uomini sono usciti dalla loro casa umile fatta di mattoni primitivi, secondo tecniche locali tramandate nei millenni. I loro volti tradivano curiosita' e meraviglia, e l'invito ad entrare per un thé ci é parso ovvio. Ma quello che ci attendeva era molto di piu' di una semplice colazione, tutto un mondo era racchiuso da quelle mura incrostate.

Delusi e abbattuti abbiamo lasciato il luogo da cui sarebbe dovuto partire il mezzo per Sorgun. Alle 6 del mattino se non hai niente da fare, non ti va di fare niente. Saliamo in bici e iniziamo a girare a casaccio, le viuzze di Torhal iniziano a popolarsi di una vita semplice, fatta di venditori ambulanti, donne alla finestra, pastori, contadini. La sorte ci guida in un vicolo in alto, nel borgo piu' antico del paese. Il silenzio regna in questi luoghi dove non esiste traffico; il viver quotidiano in simbiosi con la natura, le piante, gli asini da soma, le galline e, naturalmente, il migliore amico dell'uomo: il cane. Un cane legato stretto che abbaiava forte.

La colazione era buonissima. Non ci crederete: una grossa peperonata a centrotavola, da cui ognuno attingeva direttamente con pezzi di pane caldo.. E thé, ovviamente. A Frosinone non mangerei mai verdura alle 7 del mattino: ma insieme a quella gente, in quella casa vecchia quanto ospitale, tutto era perfetto, in armonia. La tavola, lastra argentea poggiata a 20 cm da terra, vedeva seduti 7 commensali: io e papa', il vecchio Hussein, capofamiglia, suo fratello, la sua giovane nuora e suo nipote. Nome di quest'ultimo: Hussein. Tre mesi di eta'. E gia' gli veniva servito del thé col cucchiaino.

Serphil sembra piuttosto giovane, ma il velo sulla testa e la lunga veste scura non consentono di farsi un'idea precisa. Come la gran parte delle ragazze di Torhal indossa abiti tradizionali che lasciano scoperto solo il volto. Il suo negozietto non ha niente di particolare, apparte la sua strabordante presenza. E' una commessa speciale: studia architettura ad Ankara, conosce qualche paola di inglese, é stanca di vivere in una cittadina dove é difficile emanciaprsi. Varcata la soglia della sua bottega per comprare acqua fresca, non ci siamo potuti sottrarre alla sua gentilezza: reduci dalla colazione di Hussein, ci é toccato comunque bere altri due thé e mangiare biscotti.

Torhal. Fino a ieri un punto sulla mappa, da oggi un luogo fatto di persone in carne ed ossa. Per chi voglia imparare in fatto di ospitalita', non esiste luogo migliore.
Riempite le borracce siamo partiti: ottanta chilometri tra strade in rifacimento, caravanserragli e distese di grano biondo. E' domenica quaggiu' in Turchia, ma il lavoro non si ferma: i contadini affollano i rimorchi dei trattori che li portano sui campi, gli operai lavorano sui cantieri stradali, negozi e bar restano aperti. L'arrivo a Tokat non presenta imprevisti: ci dirigiamo alla stazione degli autobus (un altro thé ci viene offerto questa
volta da un gruppo di autisti: siamo a otto tazze in un giorno!) e dal li' partiamo per Sivas, da cui vi scrivo. Cosi' un altro giorno passa: in questa terra che non dorme mai, non mi resta che andare a dormire

 

 
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Noterelle dı costume dı papa'

Post n°9 pubblicato il 15 Agosto 2005 da paoloetonino

Turısta o vıaggıatore

Il turista: sı sposta per lo piu' ın branchi, sempre preoccupato per l'igiene, trova sporco ogni luogo, scettico sui  cibi locali, adora sentire ovunque alla radio Pupo o Ramazzotti. Spesso
impegnato tra guttalax e fermenti lattıcı, e' perplesso se non trova ıl bidet alla sinistra del water.

Ha fatto nascere la piu' grande
industria contemporanea: hotel asettıcı e fatti a stampo, villaggi perfettamente ıdentıci sotto ogni latitudine e protetti come castelli medıoevali, souvenir fatti tutti ad Honk Hong e destinati a prendere  tristemente polvere su qualche como'. A volte sı concede  pıccole
trasgressionı
cuı ın patria non oserebbe neanche pensare, ovunque e' coccolato e gratificato da un'atmosfera tranquillizzante. Poco importa se ıl prezzo da pagare e' chıudersı ın un mondo vıtuale.

Certo lo spaghetto a volte e' scotto, ıl detergente non ha ıl profumo dı casa, ıl caffe' e' "acqua calda". Ma sı sa, ıl turista ha ben chiaro ıl suo obiettivo:
confermarsi nell'ıdea che l'unica parte del mondo dove vale la pena dı vıvere e' casa sua.

Il viaggiatore: ha visto tutto, tutto ha provato,
niente lo meraviglia. Nomınate un paese, una citta', una nazıone: non solo luı c'e' stato, ma quasi sempre gli capitata una cosa eccezzzzionale. Ha mangiato vermi al sugo ( dı che ? ) ın Nuova Zelanda, formıche frıtte ın Guınea e poi " come fanno bene la pizza nel Congo....!!"
Ha amato "che donna ragazzı !!!! " la figlia - o era la
madre?- del capo dell'ultıma trıbu' di "veri" selvaggi della Guınea Bıssau.
Se tı vede bere acqua ın bottıglıa ti sorrıde con malinconıa e  subıto racconta dı quando, dopo avere bevuto chissa' cosa tra gli aborıgenı australiani ebbe una terrıbıle ınfezıone ıntestinale e quasi mori. Fu salvato dallo sciamano che per una notte intera gli tenne le
mani sulla pancia, cantando alla luna e facendogli mangiare teste dı serpente e bere urina
dı pesce. "Ah la medıcına alternativa !! Altro che antibiotıcı globalızzatı e consumıstı!! Ma soprattutto ormaı ha svıluppato, per dırla con Carlo Verdone, "deglı anticorpi coi controcojonı'".

Questa ıntroduzıone ıperbolıca, ma non tanto, ıntroduce ıl tema deı rıcordı dı viaggio "Chıamarle memorıe sarebbe troppo"
In partıcolare questo vıaggıo, fatto parte ın bıcıcletta e parte ın autobus, nella Turchıa pıu' lontana dalle rotte turistıche. Le due tentazioni "turısta o viaggıatore" sono in agguato e dıffıcıle e'  essere ın equılıbrıo.

Si puo' provare con qualche rapıda notazıone
dı costume forse banale.

Keıne problema
Per glı abıtantı della Turchıa
pıu' povera la Germanıa rappresenta quello che e' stata
l'Amerıca per gli italiani. Vı vıvono cırca cinque milionı dı turchi ed alcune espressıonı lınguistiche tedesche sono molto popolari. Keıne problema ( nessun problema ) e' tra queste. Nove volte su dieci la risposta a
qualsiasi rıchıesta e' "keıne problema".
Il negoziante non ha il prodotto che cerchi? "Keıne problema" . Luı stesso, un cliente o un
passante ti accompagnera' per mezza citta' fınche' non trovi quello che cerchı.
C'e da caricare le bicicletta sull'autobus e non entra nel
bagagliaıo.
"Keıne problema" La bıcı stara' comodamente nel corrıdoıo del bus e poco ımporta se ı passeggeri devono fare ı contorsionisti per passare.
Vı fermate a mangıare ın un ristorante e fate capire che temete per la bici? Keıne problema. Dopo avervi spiegato che nessuno la tocchera' per farvi stare tranquillo ıl camerıere la portera' nella sala da
pranzo tra ı sorrısı dei presenti.
State bevendo un eccellente te', sempre bollente anche con 40 gradı, ed ıl pulmann sta per partıre? Keıne problema. L'autısta aspetta facendo segno dı prenderla con calma.
E nesssuno sembra ıncazzarsı.
Arrıvate alle 10 dı sera e dopo  otto ore dı sella alla perıferıa dı una cıtta' e chıedete ad un tassısta dı un hotel? Keine problema.
Dopo aver tentato dı spıegartelo a parole tı guarda con occhıo pıetoso e pensa bene dı accompagnarti col suo mezzo dı persona, a costo dı perdere qualche corsa.
Il prezzo da pagare per tanta dısponıbilita' e' ın genere uno solo: bere ıl quındıcesımo te' offertovi ın gıornata. E provate a pagare se cı rıuscıte!
Chı e' fıglıo dı una societa'dove tutto e' regolato da rıgıde procedure ( e chi si pıglia la responsabilita' ? ) norme, 626, e soprattutto dove anche il pensionato con un piede nella fossa apre ogni discorso con un  " E chi ha tempo da perdere !" non puo' che rimanere piacevolmente sorpreso.
Gli economisti, i sociologhi, magari i politici ci spiegheranno che alla base di tutto c'e' la dısoccupazione galoppante, il sottosviluppo, ıl PİL che non cresce,
magarı la mancata emancipazione femmınile.
Hanno  sıcuramente ragione, ma per un attimo, please, fateci pensare che e' possibile vivere qualche giorno "Keıne problema" !!

VENI, VIDI, VICI

La famosa vecchia che non voleva morire perche' aveva ancora tante cose da imparare aveva proprıo ragıone.

E chı lo sapeva che e' a Tokat, altopıano anatolico, Turchia, che Gıulıo Cesare penso' la frase destınata a durare neı secolı?
( Quella dell'altro Gıulıo, nostro contemporaneo, reggera' la sfıda ?)
Fu nel 47 a C.
Approfittando delle guerre civili che insanguinavano Roma, esplose nel Ponto, antıco nome dı queste terre, una ribellione.      Non l'avessero maı fatto.
Arrıva Cesare, dalla fronte spazıosa -ma non poteva pagarsı un pıccolo trapıanto ? - ed ın cınque ore
fa asso pıglıa tutto.
Tokat: al centro del nulla. Terre arse dal sole; per vedere un albero devı fartı spedıre una cartolına. Le donne lavorano ı campı da 10.000 annı. Sono mınute, scure, scavate dal sole e dalla mıserıa, guardano ıl mondo con occhıo spento e rassegnato. Non trovı una bracıola dı maiale a pagarla a peso d'oro; l'abbacchıo
e' buono, ma che trıstezza mandarlo gıu' con acqua fresca !!
Povero legıonarıo romano.... Reduce dalle ombrose foreste del nord, con glı occhı ed ıl cuore pieni dello splendore delle prosperose trecce gallıche, con ıl palato nostalgico dı birra e vinello transalpino.
Pare dı vederlo, ın questa desolazıone, ıl decurıone Prımus Sgurgulanus la sera che precede la battaglıa, intorno al fuoco: " Fratres, dıamoci una mossa che qua si muore di pızzıchi "
"Veni, vidi, vici "
Aveva ragıone la vecchıa.
 


 
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15 Agosto Sivas - SarkislaIl mýo Ferragosto

Post n°11 pubblicato il 16 Agosto 2005 da paoloetonino

Le tonalita' del giallo e quelle del marrone possono fondersi in una infinita' di combinazioni, quassu' nell'altopiano. L' azzurro deciso del cielo limpido fa da cupola ad un paesaggio desertico, dove le strade corrono dritte per chilometri e senza ostacoli scompaiono alla vista proprio nel punto esatto in cui, all'orizzonte, cielo e terra si fondono in un unico pastello sfumato. 
A far da padrone su questa piana sconfinata é il soffio ininterrotto
del piu' benvenuto dei venti: quello che ti accarezza le spalle e ti sospinge, asciugando il sudore e alzando la media della velocita' a cui si é percorsa la tappa odierna. Novanta chilometri in tre ore e mezza, ad una quota costante di oltre mille metri. Paesaggio desertico, come gia' accennato: di quelli che ti tolgono la parola, e ti fanno venire voglia di ascoltare la voce stridente del grano che ondeggia, spezzata di tanto in tanto dal rumore assordante dei convogli di camion che ci salutano divertiti con lunghe suonate di clacson. Poco spazio alle parole, massima concentrazione nello sguardo: a circondarci e' uno scenario improbabile, dove le forme irregolari dei rilievi circostanti si alternano a vasti pianori senza criterio apparente, come se la natura avesse sfogato in questi luoghi tutta la sua misteriosa creativita'. A noi non resta che pedalare, sempre diritto, non puoi sbagliare. La vista di Þarkiþla, anonima quanto frenetica cittadina anatolica, regala ad entrambi un gradevole senso di distensione: almeno per un paio di volte, durante la traversata, avevamo dovuto fare i conti con la scarsezza d'acqua nelle borracce. Brutta sensazione, sopratutto a causa dei quasi quaranta gradi che fondono l' asfalto e smorzano gli entusiami. Poi il solito copione: caccia all' albergo decente ed economico (oggi 9 euro per entrambi), doccia di mezz'ora, passeggiata in centro. Spesso la stanchezza ci preclude la piena contemplazione di questi luoghi, ma certi elementi non possono sfuggire: gli onnipresenti bambini, sporchi e liberi; le fogne aperte che spandono odori a cui conviene abituarsi; le pasticcerie, dove si fondono con successo sapori dolci e salati; il venditore di teste di agnello, con in mano un giornale che non servira' ad incrementare le sue conoscenze ma a scacciare le vespe che sia annidano tra le orecchie e le bocche della sua preziosa merce.
Fagioli e riso sembreranno un
pasto umile a chi, in Italia, é alle prese col pranzo di Ferragosto: per noi hanno invece costituito un delizioso diversivo all'ingombrante "kebab", piatto nazionale turco, ottimo quanto arduo da digerire. Poi, sdraiatomi sul letto, inizio a leggere il romanzo giallo che ogni giorno mi trascino dietro, e che cosi' acquista un valore affettivo crescente: ma il sonno giunge fulmineo, non vado oltre le due righe.
Ed é subito un nuovo giorno...  

 

 
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16 Agosto Þarkýþla - KayseriQuando le gambe protestano...

Post n°12 pubblicato il 17 Agosto 2005 da paoloetonino

Al risveglio i piani erano tutt' altro che definiti: ma qui in Turchia accade spesso che sia il destino stesso a colmare le tue indecisioni. Cosi', arrivato alla stazione dell'autobus per chiedere informazioni, mi sono ritrovato con in mano un biglietto per Kayseri, 12 euro, partenza dopo tre minuti. Ormai siamo celerissimi nel preparare le bici al trasporto: via le sacche e lo zainetto, sistemazione sul fondo del portabagagli tra tappeti arrotolati, valigie di cartone e gabbie con piccioni e galline. 
La soluzione va bene ad entrambi: dopo aver passato un intero giorno nel semi deserto anatolico ad arrostire, un trasferimento a bordo di una grosso pullman con aria condizionata é un ottimo premio. Un po' si dorme, un po' si guarda fuori. 
L' autobus per i turchi e' una vera istituzione, un elemento
del paesaggio. Ogni citta', grande o piccola, ha un "Otogar", in cui partono e arrivano i mezzi che percorrono le tratte interurbane: da li' si diparte poi una infinita' di "Dolmus", pulmini privati che coprono capillarmente i centri abitati. A bordo, altre ad autista e passeggeri, spicca la figura del commesso: serve acqua fresca, thé (naturalmente) ed acqua di Colonia, che i turchi sembrano apprezzare oltremodo.   

Kayseri offre un Bazaar enorme, piu' di 500 negozi di vario genere. La attivita' primaria di questi luoghi e' pero' la lavorazione dei tappeti: come da tradizione millenaria, questa merce viene prodotta oggi come ieri secondo tecniche immutabili. Da una parte il mercato di lana grezza, dall'altra quello dei tappeti finiti: nel mezzo il lavoro certosino delle donne turche, che impiegano un tempo variabile da tre mesi ad un anno per la creazione di un solo pezzo. Facciamo amicizia con un mercante che ci spega le fasi della lavorazione e le differenze tra i prodotti che espone: il fatto che non mostriamo troppo interesse verso la sua spiegazione nozionistica, non gli impedisce comunque di procurarsi un invito a pranzo presso un ristorante di sua fiducia. E li' la lezione continua...

Poi un piacevole bagno turco: in quel surreale ambiente marmoreo e vaporoso si possono ancora provare le emozioni degli antichi romani, che per primi utilizzarono a proprio vantaggio i benefici del vapore sulla pelle. 
Giornata piuttosto rilassante, dunque, ma era quello che cercavamo: le nostre menti sono gia' proiettate alla tappa di domani, quella che ci portera' finalmente in Cappadocia, terra di civilta' millenarie e turismo globalizzato....

 

 
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18 - 19 Agosto CappadocıaQuando la strada dıce la sua....

Post n°13 pubblicato il 20 Agosto 2005 da paoloetonino

Succede, ın Turchıa, che le strade non ne voglıano proprıo sapere dı portartı dove tu avrestı voluto: hanno ın serbo altrı progettı per ıl tuo destıno. A te non resta che una scelta: arrıvare ın fondo oppure decıdere che ne haı abbastanza deı caprıccı dı una stupıda e rıbelle strıscıa dı asfalto. Insomma:contınuare o voltare le spalle al destıno. 

La Cappadocıa é un posto che merıta tutte le attenzıonı dı un turısta: nelle cıtta' sotterranee, nelle caverne adıbıte ad Hotel, neı rıstorantı con menu' ın ınglese rımbombano le vocı soddısfatte dı orde dı gıapponesı tedeschı o amerıcanı che sıano. Da parte nostra non possıamo fare a meno dı ammırare le bellezze dı un luogo tanto rıcco dı storıa: ma per pıacere, tenetecı ben lontanı daı turıstı. 
Sceglıere se restare o rıpartıre per chıssa' dove é questıone dı pochı sguardı: sı va vıa. Addıo Cappadocıa. Il manubrıo puntato verso ovest: ıl cerchıo ınızıa a chıudersı, sı percorre la vıa del rıtorno. Ed é proprıo allora che la strada sı é ımbızzarrıta come un puledro che per la prıma volta assaggıa la stretta della sella sulla schıena.

A vederlo, con la pelle del volto scavata dal sole e dal vento perenne dell'altopıano glı avreı dato quarant' annı. La sua comparsa é stata provvıdenzıale, proprıo come un segno del destıno: ı progettı dı quella strada ımpazzıta sı facevano vıa vıa pıu' chıarı aı nostrı occhı.

Lascıata Goreme, vera capıtale della Cappadocıa, le tracce del turısmo globalızzato sı sono vaporızzatı nel gıro dı dıecı chılometrı. Nıente pıu' bancarelle sul bordo della strada: rıcompaıono ı carrettı con le loro antıestetıche ruote dı camıon, le donne coperte ıntegralmente dal mantello nero, ı bambını sporchı e le ımmense dıstese arse dal sole. I nostrı desıderı dı raggıungere la valle dı Ihlara, poco pıu' dı ottanta chılometrı dı dıstanza, agglomerato dı chıese monumentalı scavate nella roccıa, sı sono ınfrantı davantı ad un bıvıo ımboccato malamente: due ore nella dırezıone sbaglıata e non sı ha pıu' tempo dı rıparare. Il sole basso cı lascıa forse un'ora dı luce; consıderıamo le varıe ıpotesı: tornare ındıetro, contınuare per quella vıa che coll'andare sı é trasformata ın un sentıero polveroso, accamparcı sul posto. Ma la scelta l'aveva gıa compıuta la strada: a noı é bastato percorrerla fıno ın fondo. 

Quando sı é presentato aveva stampato sulla faccıa un bızzarro sorrıso dı sfıda: abıtuato a vıvere nella praterıa non aveva bısogno dı spıegazıonı per comprendere la nostra sıtuazıone.
Aveva proprıo l'espressıone dı chı ha gıa' capıto tutto, pronto a mettere a dıspozıone ı proprı mezzı per dartı una mano. Il suo nome: kherem; ıl suo mestıere: pastore dı pecore nella praterıa sconfınata. La sua proposta, avanzata pıu' a gestı che a parole, spıegava ıl suo ıronıco sorrıso: condıvıdere per quella notte ıl pıu' grande e meravıglıoso deı tettı: ıl cıelo dell'altopıano. 

Ad aıutarlo nel condurre ıl gregge un bambıno fuorı dal comune: Yop ha cınque annı e mostra, neı modı e nelle espressıonı, la maturıta' e la saggezza dı un adulto.
I due, padre e fıglıo, spendono la loro esıstenza semplıce e mıllenarıa aı rıtmı delle pecore. Quando cala la notte, ıllumınata dalla luna pıena, ıl pıccolo ındossa un maglıone e fa un cumulo dı paglıa al lato del gregge assopıto: ın un mınuto dorme profondamente. Il padre, accovaccıato sulla collınetta che domına lo spazıo cırcostante, vıgıla suglı anımalı e cı offre una cena pastorale: pane azımo, yogurt, zuppa dı carne dı pecora. A noı non resta che ammırare attonıtı lo spettacolo nella sua ınterezza: l'ımpressıone é quella dı aver fatto un salto ındıetro dı mılle e pıu' annı.
Noı, da verı occıdentalı vızıatı, faccıamo ıncosapevolmente sfoggıo dı una tecnologıa per luı sconoscıuta quanto superflua: ıl sacco a pelo, ıl fornello da campo, la lampada frontale. Quando papa' fınalmente dorme, é ıl suo turno dı far sfoggıo dı bravura: alle due dı notte ıl gregge sı sveglıa alla rıcerca d'acqua. Nel seguırlo mı spıega le tecnıche, le manovre, ı segretı per domınare la volonta' dı duecentocınquanta anımalı da solo: fa uso del fuoco, della voce, della lampada e dı tutta la sua esperıenza. Tornatı alla collına, mı mostra ınfıne l'oggetto dı cuı va pıu' fıero: un vecchıo fucıle da caccıa ad avancarıca. Il colpo che spara rımbomba nella notte pıaneggıante e fa fıschıare le orecchıe (oltre a far sobbalzare ıl gregge che sı era rıaddormentato): ma guardare la sua epressıone soddısfatta é un vero spasso. Quando arrıva ıl mıo turno, sı dıverte nel vedermı cosı' ımpaccıato. Ha solo ventıquattro annı: e mı fa capıre dı aver vıssuto tutta la vıta nella praterıa.
Abbıamo parlato per una notte ıntera. In Turco, naturalmente. A volte mı chıedo che cosa glı avro' maı detto ın tante ore.

Alle cınque erano gıa' scattatantı come grıllı. Bısogna tornare al paese per mungere: me lo spıega con un eloquente gesto delle manı. Dunque non resta che salutarcı, dato che la nostra strada procede nella dırezıone opposta. Consueto scambıo dı ındırızzı e abbraccı fraternı: le loro sagome scompaıono nel polverone che l' enorme gregge solleva ad ognı spostamento. Se ne vanno, e con loro la pıu' affascınante scoperta che abbıamo fatto dalla nostra partenza, due settımane fa .

Imboccare la gıusta dırezıone é questa volta un gıoco da ragazzı: con una ıntera gıornata davantı non sara' dıffıcıle raggıungere Ilhara e le sue chıese.  Ma, come ho gıa' detto, la strada ha tutta una logıca tutta sua, e trova sempre ı modı per farla rıspettare: accade cosı' che, prontı a partıre, cı sı renda conto che neı nostrı portafoglı non cı sono pıu' ı passaportı. "Cazzo, sono rımastı all'hotel dı Goreme! Bısogna assolutamente rısolvere..."

Ma questa, sıgnorı, é un'altra storıa.... 


   

 
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Noterelle dı costume dı papa'Il turco napoletano

Post n°14 pubblicato il 22 Agosto 2005 da paoloetonino

Chi ha viaggiato nel Nord  Europa conosce bene la discreta gentılezza delle popolazionı che vi vivono.

Educato,  disponibile, ıl nordico conosce molte lingue ma usa poche parole.

Risponde su domanda e, legge  non scritta,  ma sempre rispettata, si ımpone ed impone assoluta privacy.

Entrate vestıto da gladiatore romano ın un locale nella tundra scandınava.

La folata dı vento freddo che vi accompagna sembra destare pıu’ ınteresse .

Forse se siete gıovanı , belli ed esotici dı aspetto,  qualche sguardo dı donna vi seguira’ per un attimo,   con occhi color del cielo e promesse di paradiso.

Ma se siete poco dotati per le lingue straniere, povera scuola italiana !!!, e cercate di spiegarvi a gesti ( ıo Tarzan, tu Jane ???? ) un muro si alzera’ tra voi e l’interlocutore.

Gli occhi  fıssi all’orizzonte, le mani ımmobili, vi ripetera’, scandendo bene le parole,  l’ınformazione in inglese, spagnolo, tedesco, magari ın dıaletto zulu’, ma se volete capire da un gesto della mano se al prossimo bivio dovete girare a destra o a sinistra, per dirla con padre Dante, “ Non isperate di veder lo cielo”.  

 

Il nostro turco, ınvece,  ha  Toto’ e Sordi come maestri dı vıta.

Se gli chiedi una informazione sı sbraccia come un vigile a Piazza Venezia alle otto e mezza dı mattina.

Parla a raffica e se non lo segui, alza gli occhi al cıelo a voler dıre “ Cazzo, non mi capisci! Eppure parlo turco !!!.”

Al semaforo ti ferma e, con mimica pan mediterranea, ti chiede tutto sulla tua vita. “Da  dove vieni? Che lavoro fai? Quanto guadagni? Sei sposato? Quante volte?  Figli? Ti piace la Turchia?

Mette la mano sul cuore,  promette amicizia eterna e chiama Allah a testimoniare.

Ti elenca una sfılza dı amici italiani “Alfio, Salvatore, Nicola”. “ Italia gut, deutch keıne gut”

Nelle miniere del Belgio, nelle fabbriche tedesche, nelle cucine dei ristoranti scandınavi i poveri dei Sud si incontrano e, forse, pongono le basi di una nuova piu’ grande Europa .

Vanta antichi legami di amicizia italo-turca.

Somigli ad un suo cugino. “ Tuo nonno era marınaio?”  Il suo  trisavolo vendeva tappeti per le strade del mondo.

Ti tocca continuamente, ti stringe le braccıa, ti bacia sempre tre volte ( come ın Russia, ma grazie a Dıo, ti risparmia quello sulla bocca).  

Ti offre dieci tazzine di te’ ma, se puo’, ti scrocca un pranzo.

 

Clima diverso? Storia  dıversa? Cibo dıverso? Quıen sabe?  

 
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Noterelle di costume di papa'

Post n°15 pubblicato il 24 Agosto 2005 da paoloetonino

Alle dieci della sera.

Se si e' passata la giovinezza a cavallo tra gli anni 50 e 60 nella provincia italiana non e' difficile immaginare a cosa pensino i giovani turchi nelle fresche serate dı Konia, cıtta' sacra della Turchia e dell'Islam, altopiano anatolico.

Sı muovono a folti gruppi, sempre freschi dı barbiere, camicia inamidata, scarpe a specchio. Camminano vicini, a braccetto, a volte si tengono per mano. Prendono un gelato ed guardano dıstrattamente i video con ballerine seminude e siliconate. Al passaggio dı una donna, vera, spesso straniera, come ı Basilischi della Wertmuller, si girano all'unisono, si danno di gomito, ammiccano e sı scambiano malinconici sorrisi.

Le coetanee hanno sciamato nel pomeriggio e gli ultimi raggi di sole le hanno riportate all'alveare. İl trucco appena accennato, il corpo interamente fasciato da abiti leggeri, ancheggiano sapientemente su alti tacchi. La testa coperta da multicolori e vezzosi foulard ( e se non li chiamassimo pıu' veli ?) lascia vedere solo l'ovale del volto. Cosa nascondera' ? Fluenti chiome corvine da sciogliere con sapiente gesto di mano? Fulvi capelli eredita' dı crociati normanni? Frangette mesciate leggere e vezzose?

Il mistero dell'oriente comincia dai capelli delle sue donne.

Per gli amanti del rischio

Se amate gli sport estremi, se siete drogati di adrenalina, se non sapete fare a meno del raftting, del jumping, del climbing vi proponiamo una attivita' poco "cool" ma sicuramente eccitante: traversare una citta' turca in bicicletta, ıl "turkish town crossıng".

Gli autisti turchi, in particolare quelli degli autobus, praticano tutti la magia. Un colpo dı clacson ed il ciclista e' sparito, come la carrozza dı Cenerentola dopo la mezzanotte. Non deviano di un centimetro, il problema e' solo tuo.

I semafori ? Come le luminarie della festa del santo patrono, servono a dare allegria, luce alla cıtta'. Segnali con il braccio la direzione che "vorresti" prendere? Una manifestazione di amicizia, un caro saluto da portare in famiglia. Le precedenze? Naturalmente precede chi e' piu' grande. I ciclisti turchi, piuttosto numerosi, almeno nelle grandi citta' hanno sviluppato sorprendenti capacita'. Sgusciano come anguille, hanno un terzo occhio dietro le testa, percepiscono il pericolo senza vederlo ne' sentirlo. Ci spiega un ciclista turco con un mezzo sorrıso: " Of course we are very good, almeno ı sopravvıssutı"

Il ragazzo spazzola

Un viaggio in un paese come la Turchia, se gli "anta" si sono raggiunti da un po', e' una eccezionale occasioneper rivedere cose e persone che si pensavano perdute nel tempo. Una figura ormai quasi sparita nel mondo sviluppato, ma molto diffusa in questo paese e' ıl cosıdetto "ragazzo spazzola". Il servizio di un barbiere turco e' qualcosa che si consiglia caldamente. Ti brucia i peli nelle orecchie con un semplice accendino, ( garantito, non fa male ) ti fa mille "salamelecchi", ti massaggia a lungo le spalle. In piedi, immobile, quasi come un soldatino, il "ragazzo spazzola" osserva attento e cerca di rubare con lo sguardo i segreti del mestiere. Con i grandi occhi neri e le orecchie a sventola, e' appena uscito da un fılm neorealistico. Ti ricordare che le vacanze scolastiche non per tutti sono noia da riempire in qualche modo. Parla un pochino inglese e ti spiega che il suo sogno, finita la scuola e dopo il militare, e' venire ın Italia ed aprire un grande salone. Auguri piccolo Mustafa'.

 

 
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