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14 AgostoKastamonu - TurhalCome Gulliver ed Ulisse

Post n°8 pubblicato il 14 Agosto 2005 da paoloetonino

Quando chiudo gli occhi, alla sera in albergo o il pomeriggio durante qualche riposo furtivo, ne rivedo le facce: tutte gli uomini e le donne dei paesi che attraverso hanno dei volti che non posso dimenticare. Non sono un sentimentalista, non amo le esagerazioni: ma se descrivessi le emozioni che questa gente suscita in un viaggiatore disposto ad accoglierle sarei costretto a spendere parole profonde, sdolcinate.

Mi atterro' dunque a fare un riassunto dei fatti che hanno caratterizzato questi ultimi tre giorni turchi. Le distanze percose sono notevoli: lasciata Kastamonu abbiamo fatto un lungo trasferimento in autobus fino al cuore dell'altopiano anatolico, presso la localita' di Amasya, dove lo scenario costiero del Mar Nero é divenuto immediatamente un ricordo lontano. Sabato mattina partenza alla volta di Turhal, ottanta chilometri piuttosto scorrevoli ma incendiati da un sole cocente. Braccia e gambe pagheranno il prezzo di non aver portato con me la crema protettiva: dopo quattro ore in sella la pelle ha un colore rosso acceso che susciterebbe l'ira di mia madre. 

Turhal. Un nome che ricordero' a lungo. Raramente in un solo luogo si possono fare esperienze tanto diverse. Al nostro arrivo, alla sera, prendiamo accordi con un autista per farci trasportare a Sorgun, citta' da cui oggi saremmo ripartiti in bicicletta. "No problem!". Ormai ci fidiamo della disponibilita' di questa gente. Appuntamento per stamattina alle 6:30, sveglia alle 5:30: la cittadina pianeggiante ancora dorme. Di buon passo ci rechiamo al luogo prefissato, dove la presenza di un gruppo di uomini sembra provare che tutto procede bene: ecco perché la delusione é ancora maggiore quando ci viene spiegato, in quella babelica lingua che ogni viaggiatore deve saper parlare, che l'autobus non c'é piu'.

Il cane legato stretto alla catena abbaiava forte, svolgendo inconsapevolmente il ruolo per cui viene quotidianamente nutrito: allarmati, due uomini sono usciti dalla loro casa umile fatta di mattoni primitivi, secondo tecniche locali tramandate nei millenni. I loro volti tradivano curiosita' e meraviglia, e l'invito ad entrare per un thé ci é parso ovvio. Ma quello che ci attendeva era molto di piu' di una semplice colazione, tutto un mondo era racchiuso da quelle mura incrostate.

Delusi e abbattuti abbiamo lasciato il luogo da cui sarebbe dovuto partire il mezzo per Sorgun. Alle 6 del mattino se non hai niente da fare, non ti va di fare niente. Saliamo in bici e iniziamo a girare a casaccio, le viuzze di Torhal iniziano a popolarsi di una vita semplice, fatta di venditori ambulanti, donne alla finestra, pastori, contadini. La sorte ci guida in un vicolo in alto, nel borgo piu' antico del paese. Il silenzio regna in questi luoghi dove non esiste traffico; il viver quotidiano in simbiosi con la natura, le piante, gli asini da soma, le galline e, naturalmente, il migliore amico dell'uomo: il cane. Un cane legato stretto che abbaiava forte.

La colazione era buonissima. Non ci crederete: una grossa peperonata a centrotavola, da cui ognuno attingeva direttamente con pezzi di pane caldo.. E thé, ovviamente. A Frosinone non mangerei mai verdura alle 7 del mattino: ma insieme a quella gente, in quella casa vecchia quanto ospitale, tutto era perfetto, in armonia. La tavola, lastra argentea poggiata a 20 cm da terra, vedeva seduti 7 commensali: io e papa', il vecchio Hussein, capofamiglia, suo fratello, la sua giovane nuora e suo nipote. Nome di quest'ultimo: Hussein. Tre mesi di eta'. E gia' gli veniva servito del thé col cucchiaino.

Serphil sembra piuttosto giovane, ma il velo sulla testa e la lunga veste scura non consentono di farsi un'idea precisa. Come la gran parte delle ragazze di Torhal indossa abiti tradizionali che lasciano scoperto solo il volto. Il suo negozietto non ha niente di particolare, apparte la sua strabordante presenza. E' una commessa speciale: studia architettura ad Ankara, conosce qualche paola di inglese, é stanca di vivere in una cittadina dove é difficile emanciaprsi. Varcata la soglia della sua bottega per comprare acqua fresca, non ci siamo potuti sottrarre alla sua gentilezza: reduci dalla colazione di Hussein, ci é toccato comunque bere altri due thé e mangiare biscotti.

Torhal. Fino a ieri un punto sulla mappa, da oggi un luogo fatto di persone in carne ed ossa. Per chi voglia imparare in fatto di ospitalita', non esiste luogo migliore.
Riempite le borracce siamo partiti: ottanta chilometri tra strade in rifacimento, caravanserragli e distese di grano biondo. E' domenica quaggiu' in Turchia, ma il lavoro non si ferma: i contadini affollano i rimorchi dei trattori che li portano sui campi, gli operai lavorano sui cantieri stradali, negozi e bar restano aperti. L'arrivo a Tokat non presenta imprevisti: ci dirigiamo alla stazione degli autobus (un altro thé ci viene offerto questa
volta da un gruppo di autisti: siamo a otto tazze in un giorno!) e dal li' partiamo per Sivas, da cui vi scrivo. Cosi' un altro giorno passa: in questa terra che non dorme mai, non mi resta che andare a dormire

 

 
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