tuttiscrittori
A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
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IL LIBRO DEI BAMBINI di Antonia Byatt
Einaudi, 2010 pp.700, € 25,00 Da quanto abbiamo potuto apprendere, si tratta di soldi ben spesi per 700 pagine che trasudano letteratura, sentimento, ricerca e personaggi estremamente credibili e solidi. Citiamo, tra i passaggi intelligentemente rilevati nella recensione di E. Villari, quello che ci sembra meglio rappresentare lo spessore dell'opera. Gi uomini erano fango. / Erano dita mozzate, moncherini sanguinanti tra / spuntoni spogli che un tempo furono alberi. E il sangue / affiorava dove il piede affondava. Marciavano impotenti / su volti in agonia, cadendo alla cieca / su uomini ridotti a zolle / di carne e legno e metallo. Nulla restava. In questi versi del giovane Julian Cain... la mattanza dei campi di battaglia di Thiepval è giustapposta all'immagine dei boschi incantati di Alice nel paese delle meraviglie, dove pure si duella e combatte - scrive Julian - ma dove "nessuna creatura si fa davvero male." Non vediamo l'ora di comprarlo
"...è un esempio brillante di come una ricostruzione storica possa diventare efficacemente arte narrativa."
"...è insieme una straordinaria riflessione sull'arte e sulle sue implicazioni etiche e un magnifico affresco dell'Inghilterra tra il 1895 e il 1919, condotto attraverso l'intreccio delle storie di quattro famiglie..."
(da L'INDICE di febbraio 2011 il libro del mese, Enrica Villari)
ALBERGO A ORE (HERBERT PAGANI) PERF. EDITH PIAF
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ARTE & DINTORNI
mostra evento di Costantino Giovine presso Il trittico - Roma Piazza dei satiri - inaugurazione sabato 26 febbraio alle 18.30
YOU'LL FOLLOW ME DOWN - LABORATORIO CONCORSO
Il presidente della giuria, Luigi Bernardi, ci comunica che
The winner is Paolo Zaffaina
La motivazione:
Statale 61 è un bel racconto giocato su molteplici livelli, tutti resi con stile adeguato.
I continui cambi di prospettiva, fino allo scioglimento finale, ne fanno un testo godibile ed estremamente accattivante.
Un bel saggio di scrittura al servizio di un'ottima idea.
adesso rileggiamolo iniseme >>>clicca qui
Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (E. Salgari)
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Nell'autunno del 1888 il quartiere Whitechapel di Londra fu scosso da una serie di delitti perpetrati ai danni di alcune prostitute. Cinque sono i casi di omicidio attribuiti alla figura di Jack lo squartatore ma, con ogni probabilità, almeno altri quattro sono da attribuire a un altro misterioso assassino. ...ecco un racconto che svela il mistero dei misteri SWALLOW INN
Martha Mckenzie girò la testa sul cuscino, l'uomo sopra di lei trovò lo spazio per appiccicarle le labbra al collo. Martha rabbrividiva al solletico provocato dalla sua bava che lenta colava sulle spalle. Decise di partire per uno dei suoi viaggi. Immaginò la collina di Watton-at-Stone nella periferia londinese. Nella realtà, c'era stata solo due volte e prima di restare orfana. Ricordava i grandi alberi secolari che come torri percorrevano la circonferenza del piccolo promontorio. Sentiva vivo l'odore legnoso della fattoria che ... ...ecco cosa ti consiglia di ascoltare BobSaintClair durante la lettura |
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BOCCONCINI DI SCRITTURA - 3
Terzo bocconcino caldo caldo. Da sbocconcellare in pochi minuti. Questa volta parliamo un po' del punto di vista del narratore. Prima persona? Terza persona onnisciente o quasi? (entra)
LA VETRATA
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Si, Martha non ebbe dubbi, era sangue.
Prezzini lasciò il sacco ai piedi del bancone e tirò fuori dai pantaloni il coltello con cui era uscito. Anche questo era completamente imbrattato di rosso.
Martha perse l'uomo dalla visuale, sentiva scorrere l'acqua nel lavabo del bancone, poi avvertì aprire e sbattere il cassettone posto sotto il distributore della birra.
Il coltellaccio è tornato pulito al suo posto, immaginò.
............
Si è fatta ora... Tutti a leggere Swallow Inn, forzaaa! Nic.
Sul lavoro di lettura e rilettura e correzione e ricorrezione... ci vuole pazienza e costanza! solo i più forti possono resistere :) ma ne vale la pena!
Hai detto bene Alessandro N.: inventare è affascinante e meraviglioso! quando riesci a dar vita a personaggi che prima non esistevano, a creare storie che prima di allora erano soltanto un imbroglio di fili e pensieri... è una magia!
Grazie a voi, Omonimi Alessandri !! Nic.
Ti elenco di seguito i miei dubbi sul tuo testo, tanto per darci una mano a vicenda: è più facile che sia io a sbagliarmi...
- invece di "... Martha rabbrividiva..." avrei usato "... Martha rabbrividì..."
- anch'io, come Alessandro F., preferisco i dialoghi diretti virgolettati e in alcuni passaggi, quando la persona che parla rimane la stessa, eviterei i ritorni a capo
- non metterei la virgola direttamente tra il soggetto e il verbo ("... la Succube, era un demone...", "...Questa, collegava la periferia...")
- invece di "...vicino la porta d'entrata..." userei "...vicino alla porta d'entrata..."
- invece di "...sei l'unica puttana... che sa leggere..." metterei "...sei l'unica puttana... che sappia leggere..."
- invece di "... prima ancora che Martha riuscì a riaversi..." metterei "... prima ancora che Martha fosse riuscita a riaversi..."
- il poliziotto dice "... Mi pare di capire che non è molto interessato alla cosa...": io scriverei "... Mi pare di capire che non sia molto interessato alla cosa..."
Mi raccomando, non fraintendermi: non volevo fare le pulci al tuo racconto! Sono io che, leggendo il tuo testo, mi rendo conto di non essere per niente sicuro sul piano inclinato e sdrucciolevole della grammatica italiana! Ancora complimenti, veramente sinceri. Ciao ;-) Gianpaolo
"Non hai veramente capito qualcosa fino a che non sei in grado di spiegarla a tua nonna" Albert Einsten
Nel suo ultimo libro On Writing Stephen King si cimenta nel dare oculati consigli agli aspiranti scrittori, dall'alto della fama e dell'esperienza di chi regolarmente sforna un libro nuovo ogni anno, battendo ogni record di pubblicazioni. Le sue indicazioni oltre che chiare, risultano molto utili per chi si cimenta con la scrittura, gialla e non.
Nella prefazione di questo suo libro onestamente King afferma che "in genere i romanzieri non capiscono molto di quel che fanno, non sanno perchè funziona quando va bene, e per contro non sanno perchè non funziona quando va male." E' abbastanza vero, nel senso che scrivere è una sorta di alchimia, che si produce in determinate condizioni, e che non sempre si è in grado di replicare con i medesimi risultati ogni volta che lo si voglia, ma in ogni caso i consigli qui riprodotti risultano a volte davvero illuminanti, forse perchè come sosteneva Einsten "non hai capito veramente una cosa fino a che non sei in grado di spiegarla a tua nonna", ed il pregio di questo piccolo corso di scrittura sta proprio nella semplicità di comunicazione e nelle esemplificazioni che rendono questo testo un manuale davvero prezioso.Edito dalla Sperling & Kupfer, On Writing è un testo che non dovrebbe mancare negli scaffali di ogni aspirante scrittore.
Uno dei primi consigli che King ci fornisce è quello di non presentare compiutamente il personaggio vizi e virtù comprese, ma di far filtrare le sue caratteristiche attraverso un dialogo ben costruito che ce ne sveli a poco le fattezze.
Da qui scaturisce l'importanza del dialogo che deve assolutamente essere reale, senza suonare artificioso ed artefatto, alcuni dei migliori autori sono caduti su questa specialità, magari senza che il lettore medio se ne avvedesse, ed hanno sempre limitato al minimo i loro dialoghi proprio perchè "deboli" su questa particolare branca della scrittura. Si calcola per esempio che Lovecraft, autore davvero geniale per quanto riguarda la narrazione del macabro, dedicò dei milioni di parole che scrisse, solamente cinquemila alla stesura dei dialoghi, ma anche questa è un'arte, scrivere un romanzo riducendo i dialoghi diretti al minimo indispensabile.
Secondo King i dialoghi artefatti, ampollosi, privi di vita e artificiali, sono indici di una scarsa socialità dell'autore, e della sua poca abitudine ai contatti interpersonali, infatti uno dei consigli che ci fornisce è quello di tacere e di ascoltare: i dialoghi carpiti alla realtà, ovunque noi siamo, sul treno, sulla metropolitana, al bar, in ufficio, sono esempi perfetti di quel che dovremmo poi riprodurre su carta.
Si distinguono infatti i soggetti predisposti alla riproduzione di un buon dialogo tra coloro che sanno ascoltare, cogliendo accenti, ritmi, slang, inflessioni, pause e interezioni dalla realtà, e che riescono a rendere un dialogo vivo e frizzante, e coloro che non sono avvezzi ad ascoltare, e che continueranno a riprodurre dialoghi che pur funzionando sembreranno scritti in una lingua straniera, stentati, artefatti, costruiti, in una parola falsi.
Un altro errore in cui si cade facilmente nella riproduzione della lingua parlata è viceversa l'ampollosità, la ridondanza, le infarciture morali, il ricorso a frasi fatte e clichè strabusati, si corre insomma il rischio di presentare invece di un dialogo brillante, una pomposa retorica, fino al punto che spesso si ha l'impressione di assistere a un soliloquio piuttosto che un colloquio, in poche parole l'autore si lascia prendere la mano e scrive in un linguaggio da film, esagerando i toni e calcando le parole, ottenendo un effetto sgradevolissimo ed altisonante.
Un buon dialogo deve essere come una partita di tennis, un botta e risposta, e ci deve dare in poche righe l'idea precisa di una situazione, i caratteri dei personaggi, la loro collocazione, il loro ambiente, perfino le loro idee politiche, o le loro inclinazioni.
Ulteriore riflessione è da porsi sul punto che il dialogo è in realtà solo una riproduzione della vita quotidiana, e solo una certa idea della vita, quella che noi abbiamo, se decidiamo di far parlare un musicista, o un attore hollywoodiano, lo faremo parlare come noi riteniamo che parli, e se riproduciamo un mondo che non ci appartiene, è sempre come noi riteniamo che sia, non come esso è veramente, per cui in ogni modo nella scrittura, qualcosa di artefatto c'è sempre, l'importante è che il tutto suoni convincente, e che funzioni.
Per ottenere che il nostro dialogo abbia le risonanze e il realismo che noi desideriamo, bisogna che il personaggio parli liberamente così come ci si aspetta che faccia, in breve saprete come esprimervi se conoscete bene il vostro personaggio, per cui iniziate a riprodurre realtà di cui siete consapevoli, che vi sono vicine, il resto verrà con l'esperienza, perchè, come dice King, in un libro si deve dire la verità su come la gente parla e si comporta attraverso lo strumento di una storia inventata. E' una specie di patto con il lettore: è una storia finta, ma deve sembrare vera, il trucco è tutto qui.
Ci sono poi come in tutte le discipline artistiche, i talenti veramente ispirati, e quelli che invece apprendono le abilità con l'esperienza, c'è l'arte di chi sa mettere a frutto la sua immaginazione creativa con splendidi risultati, e c'è la disciplina di chi acquisisce questo dono dopo anni di esperienza, come un'abilità, ma non v'è dubbio alcuno: è un'arte che si può imparare.
Naturalmente ci sono circostanze in cui essere veritieri, o riprodurre troppo fedelmente certi slang, o linguaggi, caratteristici di un determinato ambiente, attirerà le ire della critica, e della cosiddetta società benpensante, ma come dice giustamente King, se narrate di storie appartenenti alla classe lavoratrice, di fabbriche, di ghetti, di metropoli, di contadini, di operai, non è auspicabile che il vostro personaggio parli come un professore universitario, perchè non sarebbe veritiero, nè giustificabile.
Quanto alla critica, come diceva Oscar Wilde, non esistono libri buoni o libri cattivi, esistono solo libri scritti bene o scritti male, e infatti il solo scopo del vostro lavoro è che tutto sia orecchiabile, e che suoni come veritiero e possibile, potete raccontare quel che volete e con le parole che volete, purchè siate convincenti ed abbiate in pugno il lettore.
Per inciso, riguardo la critica, si calcola che così come ci sono più lettori che scrittori, alla stessa stregua tra gli uomini di penna ci sono più critici che autori, il mondo letterario è popolatissimo di aspiranti censori, che sotto sotto mirano tutti alla stessa cosa: " vogliono che vediate il mondo come lo vedono loro... o che almeno teniate la bocca chiusa su quello che vedete voi e che se ne discosta".
Il consiglio di King è: " Il vero interrogativo non ha niente a che vedere con il sacro e il profano che mettete in bocca ai personaggi della vostra storia; il solo interrogativo è come suona sulla pagina e all'orecchio. Se volete che suoni sincero, dovete parlare in prima persona. Ancora più importante, dovete chiudere la bocca ed ascoltare gli altri."
(di Sabina Marchesi, pubblicato il 29/10/2004)
...spero che torni utile, gianfranco
P.S. appena troverò il dialogo di esempio lo metterò qua in un post - ovviamente il discorso su come si scive un buon dialogo non si esaurisce con queste poche righe vergate da Stephen King.
Altri invece calcano sull'aspetto realistico e ogni parlata ne rispecchia in pieno la proprietà linguistica, dall'inizio alla fine: sono le prime pagine che chiariscono al lettore la strada scelta dallo scrittore, il resto viene di conseguenza.
Ecco perché, secondo me, si nota un poliziotto che sbaglia un congiuntivo, alla fine di un racconto in cui prostitute, magnacci e pervertiti hanno sempre parlato correttamente. Che dite?
Ciao :-) Gianpaolo
Si nota la tua ricerca di luoghi e personaggi, il tuo aver studiato a fondo la storia di Jack lo squartatore, e di aver sfruttato l’alone di mistero che ancora circonda la vicenda per l’ottimo racconto che hai scritto.
Leggendolo riuscivo a vedere i luoghi, riuscivo a sentire i personaggi, a percepire i loro disagi per una vita non semplice. Ed è cresciuta sempre di più la voglia di arrivare in fondo per conoscerne il finale, come un buon libro giallo.
E ti dirò di più, dopo averlo letto sono andato a cercare su internet le vie, i mercati, l’ambiente descritto, proprio come faccio sempre con i libri che mi piacciono per viverli più a fondo..
E la critica che ti è stata fatta sul modo di far parlare i personaggi non la trovo appropriata, per il tempo, per il luogo, e per la caratura dei personaggi stessi, senza cultura e perlopiù analfabeti. Penso cioè che un modo di parlare più forbito, li avrebbe snaturati rendendoli inverosimili… :))