Un blog creato da tuttiscrittori il 07/10/2007

tuttiscrittori

A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)

 
 
 
 
 
 

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ARTE & DINTORNI

mostra evento di Costantino Giovine presso Il trittico - Roma Piazza dei satiri - inaugurazione sabato 26 febbraio alle 18.30

locandina

 

 

 
 
 
 
 
 
 

YOU'LL FOLLOW ME DOWN - LABORATORIO CONCORSO

Il presidente della giuria, Luigi Bernardi, ci comunica che

   The winner is Paolo Zaffaina

La motivazione:

Statale 61 è un bel racconto giocato su molteplici livelli, tutti resi con stile adeguato.
I continui cambi di prospettiva, fino allo scioglimento finale, ne fanno un testo godibile ed estremamente accattivante.
Un bel saggio di scrittura al servizio di un'ottima idea.

adesso rileggiamolo iniseme >>>clicca qui

Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (E. Salgari) 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Messaggi del 18/10/2007

 

COME ERAVAMO  di elliy

Post n°7 pubblicato il 18 Ottobre 2007 da tuttiscrittori
 

Natale 1988                                      

- Ma quando si mangia? quando si mangia? Maria! – camminava piano, rasente il muro dell’ingresso, avanti e indietro, sfiorando le foto incorniciate di tutti i nipoti. C’era anche la mia, di quando ero bambina.

La radio sul frigorifero era accesa, col volume bassissimo: “Yasser Arafat, in visita ufficiale a Roma viene ricevuto dal Papa - Stati Uniti e Gran Bretagna accusano la Libia come responsabile dell'attentato di Lockerbie in Scozia, 270 morti – Dopo più di otto anni volge al termine la sanguinosa guerra tra Iran e Iraq, si contano almeno un milione e mezzo di morti”.

Alzava gli occhi piccoli verso i nuovi venuti e:

– Quando si mangia? è già tardi stasera…

- Aspetta papà, tra poco, stai buono – cercava di rassicurarlo, la zia.

Le persone si avvicinavano intanto, mormoravano qualcosa, si chinavano su di lui con sguardi mesti e gesti misurati, un bacio sulla guancia destra, poi a sinistra e andavano di là, in camera da letto.

- Vieni papà, c’è la fettina – era stanca, ma gli aveva apparecchiato la tavola, per lui soltanto, con un tovagliolo e un piatto di carta.

E lui si era seduto, tenendosi forte al  tavolo per non cadere pesante sulla sedia. Aveva tagliato la carne a pezzi grandi, poi aveva preso una larga fetta di pane e aveva cominciato a mangiare.

Le persone continuavano a passare davanti alla porta della cucina e andavano tutte di là, sostavano un po’, poi ritornavano indietro. Mormoravano; ogni tanto dal corridoio qualche voce più forte. Un bambino gridava, dal pianerottolo.

Il nonno si era versato un po’ di vino rosso, inclinando la bottiglia, che a sollevarla pesava un po’ troppo. Era buono il vino, e quello rosso allungava la vita.

Sulla porta si era affacciato un prete.

- Buon appetito Antonio.

Lui aveva ingoiato, poi sorriso e alzato il bicchiere:

- Eh, la vita... – scolato il vino.

Poi si era alzato, si era affacciato sul corridoio, ma non era andato in camera, no. Lì era pieno di donne sedute, avevano messo le sedie intorno al letto.

Mi era passato accanto, senza vedermi nemmeno, e si era infilato nello sgabuzzino, lasciando la porta socchiusa.

Potevo vederlo frugare, spostare una scatola, cercare qualcosa.

Qualche minuto, poi era uscito con un pacchetto tra le mani, e un sorriso. Aveva richiuso con calma la porta e si era incamminato lungo il corridoio, diretto nella grande sala.

Intorno ancora persone che andavano e venivano, sostavano appoggiate al muro, lo guardavano in modo strano, sorridevano meste:

- Certo è sempre un dolore - anche a questa età – non si è mai preparati – non ci sono parole – ma voi come state bene – siete ancora un giovanotto – bisogna reagire – non ci sono parole… parole.

Era entrato nella stanza senza accendere la luce. Distratto. Io dietro di lui, senza farmi  vedere. Chiusa la porta. Dalla finestra la luce gialla di un lampione si rifletteva sulle vetrine e sugli specchi dei mobili antichi, odorosi dei giorni della mia infanzia. Lo avevo visto chinarsi sul tavolo basso, buttare a terra la carta e sistemare con cura la giostrina, prima di accendere le candeline.

Era sprofondato in poltrona, cercava riparo: si era appoggiato alla spalliera, aveva allungato un po’ le gambe, socchiuso gli occhi. Avrei voluto avvicinarmi e sfiorarlo, accarezzargli i capelli bianchi e radi, un bacio sulla fronte, abbracciarmelo stretto stretto. Ma rimanevo immobile, attaccata al muro, dietro di lui.

Gli angeli dorati avevano iniziato a girare intorno alla stanza e li avevo riconosciuti subito.

Oh, li ricordavo bene. Li accendeva sempre la nonna, quando veniva Natale e tutti insieme eravamo lì pronti per scartare i regali... “No, niente regali senza il sorriso degli angeli”, diceva. E andava a prendere la giostrina.

Era un regalo del nonno, lo raccontava sempre. Gliel’aveva comprata a Venezia, quella volta del grande viaggio, che non poterono ripetere più.

- Maria non ti arrabbiare... – sentivo il nonno che bisbigliava, mentre le ombre si rincorrevano intorno a me... forse dormiva? Sognava?

– Avremo un altro bambino?...-  E’ tutto a posto, va tutto bene...

E poi:

- Non te ne andare...  Maria, non te ne andare…

Erano sussurri, ma riconoscevo anche lacrime.. . o quelle erano soltanto le mie?

Ad un tratto:

- Papà ma che fai qui? – la voce stanca, tirata, di mamma. Aveva spalancato la porta, acceso  la luce.

- E tu? – mi guardava con gli occhi arrossati, ma non mi aveva detto niente altro. Era più preoccupata per lui, che non si era mosso, ancora incantato dentro il suo mondo:

- Papà, mi senti?  Papà papà!!!

Lui si era scosso. Gli angeli erano fermi. Le candeline bruciate.

- Che ora è?

- Andiamo papà, vieni a dormire.

Lui si era alzato e l’aveva seguita piano, appoggiandosi al mobile, alla porta. La casa era silenziosa, finalmente. Tutti via.

Passando davanti alla camera da letto non vide più le  persone e nemmeno le sedie. Davanti alla porta aveva girato la testa e guardato dentro: da lì si vedeva soltanto uno spicchio di letto e i suoi piedi con le scarpe blu, le sue caviglie legate col foulard giallo, le gambe magre, un pezzo di gonna scura.

- Vieni papà che domani ci alziamo presto.

- E che dobbiamo fare?

- Papà domani alle nove c’è il funerale.

- E allora, quando si mangia? E Maria?

Io ero rimasta a lungo appoggiata al muro, accanto alla mia foto bambina,  concentrata su quel ricordo felice, mentre mi asciugavo gli occhi, fissi sulla schiena un po’ curva di mia madre, appoggiata coi gomiti sul tavolino.

Come due mesi dopo, per salutare anche il nonno.

La radio sul frigorifero era accesa, col volume bassissimo: “Salman Rushdie sotto scorta, l'āyatollāh Khomeini ha confermato la condanna a morte nei confronti dello scrittore - Alla 39° edizione del Festival di Sanremo vincono Fausto Leali e Anna Oxa con Ti lascerò”.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Terzo bocconcino caldo caldo. Da sbocconcellare in pochi minuti. Questa volta parliamo un po' del punto di vista del narratore. Prima persona? Terza persona onnisciente o quasi? (entra)

 

 
 
 
 
 
 
 

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