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CAPITOLO XXVII

Post n°30 pubblicato il 15 Maggio 2008 da Tyki_Mikk
 

Il canyon di Yuwa era davvero molto vasto. Il ponte che attraversarono sembrava interminabile e la vista verso il basso avrebbe fatto venire le vertigini a chiunque, o almeno così pensava Diana. Ma era decisamente più solido e sicuro di quelli trovati nella miniera di mithril e raggiunsero l’altra sponda senza alcuna difficoltà. Un uomo armato di lancia, probabilmente una guardia, li osservò incuriosito mentre si avvicinavano. Quando gli passarono abbastanza vicino, rivolse loro un cordiale saluto, pregandoli gentilmente di fermarsi.
"Scusate, stranieri, ma prima di farvi passare, vorrei sapere chi siete e a quale scopo venite. Mi dispiace per la scortesia, siamo in un brutto momento."
Vash annuì comprensivo e rispose che dovevano incontrare il loro capo per una questione importante quanto urgente. Usò un modo di parlare un po’ strano, ma che risultò efficace e convincente con la guardia. Questa acconsentì alla loro richiesta e chiamò a sé un compagno più giovane, perché gli facesse da guida. Quel ragazzo non aveva un gran bell’aspetto, pensò Sarah. Per tutto il tempo in cui li guidò, fu perseguitato da continui colpi di tosse. Aveva gli occhi semichiusi con tanto di occhiaie e chiari sintomi di febbre.
La ragazza di Greenville osservava una a una le persone che incontrava nella città, tutte dalla carnagione rossiccia e dai capelli neri. Scesero lungo delle scale scolpite nella roccia, passando quindi per gli stretti corridoi tra una casa e l’altra. La loro giovane guida indicò in lontananza un’abitazione leggermente isolata dalle altre, raggiungibile risalendo una lunga scalinata senza passamano, sotto la quale si precipitava nel vuoto. Era la casa del Grande Capo.
Una volta entrati, furono invitati a sedersi a terra, come era in uso lì. Di fronte a loro, al centro di un piccolo gruppo di uomini armati sedeva un vecchio dal copricapo piumato.
"Benvenuti, stranieri!" esordì questo: "Volevate incontrarmi… ebbene ditemi pure quel che dovete, sono tutto orecchi."
"Grande Capo, purtroppo portiamo cattive notizie!" esclamò il cacciatore, senza farselo ripetere una seconda volta: "Veniamo da Tunsea. Sappiamo che un esercito feoriano è in marcia verso Kawadi, siamo qui per avvertirvi del pericolo!"
I muscolosi guerrieri dal torso nudo e dipinto sussultarono per la sorpresa, mentre l’anziano capo assunse un volto corrucciato, sul quale comparvero ulteriori rughe.
"Questa non ci voleva proprio…" lamentò: "In questo momento non siamo in grado di difenderci. Quattro abitanti su cinque in questa città hanno contratto una misteriosa malattia debilitante, in alcuni casi persino mortale."
I giovani viaggiatori si guardarono perplessi.
"Non è possibile, dovreste prepararvi a combattere…" obiettò Diana.
"Siete stati colpiti da un’epidemia?" chiese invece Sarah.
"È una domanda che ci siamo posti… ma i sintomi sembrano piuttosto di avvelenamento…" rispose il vecchio.
"È chiaro!" intervenne con decisione Vash: "Sono stati sicuramente i feoriani! Devono aver avvelenato il fiume Ywein di proposito!"
"Ma certo! L’Ywein, o come lo chiamate voi, Yuwa, ha la sua sorgente tra i monti del Karadan, in territorio di Feor!" proseguì Ander: "L’esercito feoriano sta sicuramente seguendo il suo corso per raggiungere Kawadi!"
I guerrieri iniziarono a discutere tra loro animatamente, mentre il vecchio capo abbassò gli occhi e rimase immobile, come a meditare. Quasi a imitarlo, lo stesso fece il cacciatore.
"Vash, anche in condizioni normali questa gente sarebbe stata troppo poca per affrontare Feor!" lo avvertì Ander a bassa voce: "Ridotti così, non c’è modo in cui possano opporsi all’Impero!"
"Ti sbagli…" rispose tranquillamente l’altro: "Loro conoscono bene il territorio. E da queste parti non è cosa da poco."
Il Grande Capo fece un gesto e gli uomini che sedevano attorno a lui si placarono subito dopo. Fissò negli occhi ognuno di loro, quindi espresse la sua decisione.
"A mali estremi, estremi rimedi…" disse, preannunciando un provvedimento drastico: "Sin dai tempi remoti il nostro popolo ha goduto di una straordinaria difesa naturale. C’è un punto in particolare lungo il canyon di Yuwa che è indispensabile attraversare per raggiungere Kawadi."
Persino i suoi uomini lo guardarono in assoluto silenzio, aspettando che si spiegasse meglio.
"Avete presente il ponte che avete attraversato per entrare in città? Ce n’è uno molto simile sulla via dei feoriani, noi lo chiamiamo il Ponte delle Aquile." proseguì il vecchio: "Da quelle parti il fiume è profondo e impetuoso, impossibile da attraversare. Non c’è modo di costeggiarlo e le ripide pareti rocciose impediscono persino la scalata. L’unico modo per passare e proseguire verso Kawadi è il ponte stesso."
"Grande Capo, non vorrà mica…" esclamò qualcuno incredulo.
"Non abbiamo molte alternative." lo interruppe lui: "Manderò immediatamente qualcuno a distruggere il ponte."
Subito si scatenarono mormorii di disapprovazione, pur sempre con tutto il rispetto che i guerrieri avevano per il loro capo. Il ponte in questione era la via principale, attraverso la quale Kawadi e la regione di Yuwa stessa, potevano mantenere ancora qualche rapporto con gli altri popoli. Le alternative non erano molto invitanti, come ormai sapevano bene pure i quattro giovani viaggiatori.
"Chiedo scusa, ma non penso che ciò sia sufficiente a risolvere tutto." si intromise Vash: "Magari ci vorrà più tempo, ma presto o tardi l’esercito di Feor troverà un’altra via… In più rimane ancora il problema principale. La gente di Kawadi beve l’acqua del fiume?"
"Purtroppo non possiamo farne a meno. Queste terre sono molto aride…" rispose uno dei guerrieri.
"Come pensavo." constatò il cacciatore: "Se distruggerete il ponte, i feoriani potranno comunque continuare ad avvelenarvi, senza che possiate più farci nulla."
Il Grande Capo si rabbuiò in volto. Fece una smorfia addolorata, come se sentisse su di sé la sofferenza di tutto il suo popolo.
"Ma non è questo il punto." continuò il giovane: "Al pari vostro, anche l’esercito nemico non può fare a meno dell’acqua del fiume. Ciò significa che non viene avvelenato alla sorgente, sul Karadan. È l’esercito ad avere con sé il veleno!" fece una pausa, per assicurarsi di avere l’attenzione di tutti: "Quindi…prima di distruggere il ponte, dovremmo disfarci del veleno!"
I guerrieri strabuzzarono gli occhi, forse per ammirazione, o forse perché ritenevano l’idea impraticabile. Ed effettivamente un azione simile non sarebbe stata solamente azzardata, ma pressoche impossibile. Avrebbe richiesto l’infiltrazione tra i ranghi del nemico.
Ma il dettaglio che attirò l’attenzione del vecchio capo fu un altro.
"Dovremmo?" ripeté chiedendo un chiarimento.
"Certo, non vorrete agire senza di me?" dichiarò Vash.
Sul suo volto comparve una specie di ghigno eccitato.

Sarebbero partiti il giorno seguente. Nel frattempo il Grande Capo inviò degli esploratori a seguire i movimenti del nemico. In fondo non si conosceva ancora la loro posizione. Quando il cacciatore insistette per unirsi al gruppo dei sabotatori, finì per coinvolgervi involontariamente anche i tre compagni. Il loro patto ormai era chiaro. Nessuno di loro voleva più essere lasciato indietro.
Vash rimase a studiare i dettagli con il vecchio e i suoi fidati guerrieri. Le ragazze si incamminarono assieme verso il fiume. Si scambiarono i loro dubbi e i timori in vista di un’altra missione che si preannunciava molto pericolosa. Alla fine si accorsero che ignoravano a cosa andassero incontro.
Vicino al fiume Ander incontrò una graziosa ragazza locale che trasportava una pesante anfora di terracotta. Il cavaliere non poté resistere e si fece avanti.
"Non posso permettere a una fanciulla di portare un tale peso!" esclamò con indignazione, prendendole l’anfora dalle mani.
La ragazza sorrise e ringraziò gentilmente e si aggiustò la lunga treccia di capelli corvini. Il cavaliere si presentò con galanteria e iniziò a conversare piacevolmente con lei. Ben presto si allontanarono assieme, scomparendo nel labirinto di case. Diana osservò la scena sdegnata.
"Quel tipo ci prova con tutte le donne carine che incontra?!"
"Ma dai… la sta solo aiutando!" disse Sarah: "Cosa ti prende? Non sarai mica gelosa?"
"Figurati! È solo che mi imbarazza avere a che fare con lui!" si difese l’altra: "Non ci facciamo una bella figura…! E poi mi infastidisce il modo in cui prende in giro le ragazze!"
"Perché dici così? A me sembra che Ander sia una persona gentile, un vero cavaliere…"
"Sei un’ingenua!" l’ammonì l’amica: "Sono proprio le ragazze come te che si lasciano sedurre facilmente da lui! Non hai capito a cosa mira?!"
Sarah sorrise imbarazzata, in fondo non le interessava molto. Quelli erano affari di Ander. Dopotutto la ragazza che corteggiava, era in grado di rifiutarlo, se lo avesse voluto.
Improvvisamente udirono dell’agitazione alle loro spalle e le ragazze si voltarono allarmate. Qualcuno era collassato a terra e la poca gente presente si raccolse tutt’attorno. Sarah accorse sul posto, seguita dall’amica. A terra era finito il ragazzo che aveva fatto precedentemente loro da guida. Sembrava svenuto e aveva il respiro affannoso. Un uomo lo raccolse e lo portò di peso in una delle case. Le ragazze lo seguirono preoccupate. La giovane guida venne adagiata su di un letto, ma l’unico tipo di cura che seppero offrirgli le donne presenti era un panno umido posato sulla fronte.
Sarah si fece coraggio e si propose di curarlo con la propria magia. Posò le mani sul petto del malato e richiamò il potere della luce. Sentì scorrere il flusso magico attraverso le sue dita, una forte luce bianca le ricoprirono un’altra volta. Rimase diversi minuti a tentare di curarlo, ma non ci fu alcun segno di miglioramento.
"È tutto inutile." la dissuase una voce famigliare: "Non è la tecnica giusta per questa situazione."
Le ragazze spostarono lo sguardo verso l’entrata dell’abitazione, dove stava mettendo piede la persona che aveva appena parlato.
"Signora maestra!" esclamò Sarah sconcertata.
La donna sciamano si avvicinò con lentezza al letto tra lo stupore generale dei presenti.
"Avanti, lascia fare a me." disse con un sorriso affettuoso.

"I genitori e i fratelli di quella povera ragazza si sono tutti ammalati a causa del veleno che si trova nell’acqua." spiegò Ander commosso: "Poverina, ho dovuto fare del mio meglio per consolarla…"
Si interruppe vedendo l’espressione scandalizzata di Diana.
"Ma che idea ti sei fatta! Non hai capito…"
Era ormai scesa la sera e si erano riuniti tutti e quattro nella casa che gli era stata gentilmente offerta per passare la notte. L’interno era molto semplice. L’arredamento, decisamente spartano, comprendeva alcuni tappeti colorati e qualche pelliccia destinata a fare da coperta durante le fredde notti di Yuwa. Al centro c’era il focolare, attorno al quale si erano raccolti per cenare.
"È stata una vera fortuna che la signora maestra alla fine abbia deciso di seguirci, no?" cambiò argomento Sarah: "Io sono in grado di guarire le ferite, ma non potevo fare niente per disturbi come l’avvelenamento… Ma ora potrà prendersi cura lei dei malati!"
"Già…" affermò Vash: "Questa gente adesso è in buone mani."
"Peccato solo che non ho il tempo di apprendere quest’altra tecnica magica…" proseguì la ragazza di Greenville con rammarico: "Ho potuto solo osservarla…"
"È un buon inizio!" la rinfrancò il cavaliere: "Il resto lo imparerai provando da te."
Sarah annuì con sincera convinzione. D’altronde era la stessa cosa che le aveva detto pure la sua maestra. La sua magia alla fine dipendeva solo da lei.

Nella tarda mattinata del giorno seguente uno degli esploratori fece ritorno in città. I quattro ospiti si diressero nuovamente nella casa del Grande Capo, dove ascoltarono assieme agli altri le novità riguardanti il pericolo incombente.
L’esercito imperiale era costituito da forze alquanto inferiori a quelle che avevano attaccato Tunsea Town. Dalle descrizioni avute, Vash intuì che era composto esclusivamente da unità leggere come fanteria e balestrieri, senza alcun supporto di macchinari d’assedio o cavalleria. In questo modo i feoriani potevano avanzare più velocemente. E infatti erano ormai giunti molto vicini al Ponte delle Aquile.
"Il loro capo sembrava impaziente di combattere, non ho dubbi sul fatto che abbiano intenzioni ostili." spiegò l’esploratore: "Con lui viaggiano due uomini e una donna, che mi sono apparsi molto temuti ed evitati dagli altri soldati."
A quelle parole il cacciatore si irrigidì e a nessuno dei presenti sfuggì la sua reazione. Vedendolo, anche Ander impallidì all’improvviso.
"Non penserai…" fece per dire il cavaliere.
"Puoi descrivermi quei tre con maggiori dettagli?" chiese Vash trattenendo a stento l’impazienza.
"Certo…" rispose sorpreso l’esploratore: "Indossavano abiti tra loro simili, con tanto di protezioni metalliche. Ognuno di loro portava con sé un’arma differente e mi era parso subito chiaro che fossero guerrieri esperti…"
"Sì, ma non avevano uno stemma? Qualcosa sul petto…?" insistette il cacciatore.
"Ah, è vero! Incise sulle protezioni, all’altezza del petto c’erano le lettere D e F."
Vash rimase immobile e muto. Aveva gli occhi sgranati.
"Merda!" esclamò Ander con una smorfia indescrivibile: "Scusate… ho perso il controllo!"
"Bisogna partire subito, o sarà troppo tardi per fermarli al Ponte delle Aquile." prese la parola il vecchio capo: "Sceglierò alcuni dei miei uomini migliori, almeno tra quelli disponibili."

 
 
 
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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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