Tyki's Fantasy

La Leggenda del Dragone

 

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CAPITOLO XXXIX - Flashback p. II

Post n°43 pubblicato il 17 Agosto 2008 da Tyki_Mikk
 

Vicino a una fontanella parzialmente distrutta Ander notò una graziosa ragazza che faceva il bucato. Il giovane le si diresse incontro con sicurezza e decisione, convinto di aver adocchiato un meraviglioso fiore in mezzo a tanta rovina e disperazione. I due compagni si fermarono a osservarlo dalla distanza con indifferenza. Ormai si conoscevano troppo bene per ignorare abitudini e manie dei colleghi. Malgrado ciò Vash non poté fare a meno di sospirare seccato.
"Beh, se non altro quell'idiota non è l'effemminato che sembra!" scoppiò a ridere Jax in modo fastidioso: "Dopotutto un uomo non può vivere senza una donna ogni tanto, dico bene?!"
L'altro gli lanciò un'occhiata di rimprovero, disgustato dal modo di fare del caposquadra, sempre pronto a prendersi tutto quello che voleva con la forza.
"Per una volta ti consiglio di seguire l'esempio di quell'incapace di Steiner, cercati una donna... è un buon modo per sfogarsi e distrarsi!" continuò Jax: "Naturalmente questo significa che dovrai dimenticarti di Heathys... lei è mia!"
Non riuscendo a resistere alla provocazione, Vash digrignò i denti e incrociò lo sguardo furente con quello del caposquadra. Questo sembrava farsi beffe di lui ridendogli in faccia.
"Per te Heathys non è altro che un trofeo, non è così?!!" esplose Vash livido: "Tu non la meriti... non illuderti, non avrai mai il suo cuore!!"
A quelle parole l'altro si fece improvvisamente cupo in volto. Sulla sua fronte si vedevano ora chiaramente le forme delle vene, che pulsavano selvaggiamente a indicare tutta la sua collera. I due si affrontarono immobili e in silenzio per un lungo momento. Infine Jax riprese il controllo e rispose.
"Non m'importa niente di come la pensi, se vuoi saperlo!" concluse Jax: "Ma ti ricordo che a vincere è sempre il più forte! E chi vince può prendersi quello che vuole!"
Solo per una frazione di secondo Vash pensò di venire alle mani, ma il sangue freddo alla fine ebbe la meglio. Era meglio evitare ogni genere di conflitto all'interno della squadra, non avrebbe portato benefici a nessuno.

"Posso esserle d'aiuto signorina?" domandò cortesemente Ander, giunto alle spalle della ragazza.
Questa balzò in piedi sorpresa e vedendolo sussultò spaventata. Il giovane guerriero la studiò con un gentile sorriso, compiaciuto di aver visto giusto. Era di un paio d'anni più giovane di lui, con un bel visino e dei lunghi capelli castani chiari. Ma la ragazza non pareva altrettanto felice di quell'incontro e fece qualche passo indietro.
"Co-cosa vuoi da me?!" domandò presa dal panico: "Non ho fatto niente...!!"
"Ehi, che ti prende... volevo solo aiutarti!"
"Non ti avvicinare!!" strillò istintivamente, raccogliendo la cesta dei panni lavati: "Per piacere, lasciami in pace!!"
Sentendola gridare, un vecchio accorse sul posto più in fretta che poté, stringendo con entrambe le mani il proprio bastone davanti a sé. La ragazza si riparò alle sue spalle, tremante di paura.
"Non osare mettere le tue luride mani su mia nipote, maledetto figlio di una cagna!!" lo minacciò l'anziano: "Voi bastardi feoriani vi siete già portati via la vita di suo padre, quand'è che ci lascierete in pace?!!"
Sopraffatto dagli avvenimenti, Ander non seppe proferir parola. Era stato frainteso, ma non aveva modo di dimostrarlo. Insitere non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, in fondo per la gente comune lui non era che un soldato come tanti altri. Anzi, se fosse stato riconosciuto come guerriero Deathforce la sua reputazione sarebbe scesa ulteriormente.
"Mi dispiace, è colpa mia." disse semplicemente abbassando leggermente il capo: "Tolgo subito il disturbo."
Ander si allontanò tranquillamente nella direzione dalla quale era venuto, mentre il vecchio e sua nipote lo osservavano meravigliati. L'uomo si accorse quasi subito di aver giudicato male quel giovane, ma per qualche motivo non pensò affatto di ritornare sui suoi passi.
Però Ander aveva capito tutto.
Non era stato difficile notare che tra il bucato della ragazza ci fosse circa una dozzina di camicie da uomo. E com'era ben noto, non c'erano molti uomini in città. Considerando poi che suo padre era morto e che il nonno non avrebbe potuto usarne così tante e in così poco tempo, la soluzione del caso era sin troppo facile. Si spiegava così persino l'eccessivo timore della ragazza e l'ostilità del vecchio.
Eppure Ander non se la sentiva di tradirli. Se avesse detto al suo caposquadra o ai feoriani che quei due avevano dei legami con i ribelli, sarebbero certamente andati incontro a torture e violenze. D'altra parte, se avessero scoperto dove si nascondevano i ribelli, avrebbero potuto mettere fine alla guerra. Ma il giovane guerriero non avrebbe mai potuto mettere in pericolo la vita di una fanciulla, neanche per compiere il proprio dovere di soldato. Forse sbagliava, ma il suo cuore era deciso.

Un uomo sessantenne era il padrone della locanda, di cui da lungo tempo i soldati feoriani si servivano gratuitamente. Era un tipo dal carattere forte e fiero, ma ormai rassegnato al suo ingrato compito di ospitare i nemici della sua vecchia patria. Quando giunsero i tre guerrieri Deathforce, egli li accolse senza alcun segno di gentilezza, ma neppure di ostilità.
Il sergente Bannegaard sedeva a un tavolo del piano terra, dove finiva di bere una bottiglia di vino in compagnia di due subordinati. Invitò i tre a sedersi e dopo aver ordinato un'altra bottiglia per loro, li salutò per andare a letto, seguito dai due soldati.
Fuori ormai era buio pesto e nella sala rimanevano solo i tre giovani e il vecchio locandiere. Nessuno di loro però aveva il desiderio di mettersi a bere. Jax e Vash evitarono di incrociare i loro sguardi, mentre Ander se ne rimase più silenzioso del solito, combattuto da tormenti che gli altri due ignoravano.
"La nostra missione avrà fine solo quando i ribelli verranno annientati, non è così?" chiese a voce bassa e preoccupata.
"Che perspicacia! Ci sei arrivato da solo?" lo punzecchiò il caposquadra con il solito disprezzo.
"Parlo seriamente!" lo rimproverò Ander: "Quindi se avessimo la possibilità di scoprire il nascondiglio dei ribelli, in breve potremmo mettere fine a tutto, restituire la pace a questa città e tornarcene a casa..."
"Se facessimo una cosa del genere verremmo sicuramente ricompensati!" aggiunse Jax, come se il compagno avesse dimenticato la parte più importante: "Questa situazione va avanti da un anno, riesci a immaginare che valore avrebbe un tale merito?!"
"Sarebbe la fine di Waldberg."
I tre giovani si voltarono sorpresi verso il vecchio locandiere che asciugava i boccali dietro al bancone. Li aveva ascoltati attentamente e ora si intrometteva nella conversazione.
"I ribelli combattono per questa città." proseguì l'uomo: "Quello che vogliono è la nostra indipendenza, ma non hanno una forza sufficiente per poterci liberare da Feor. Così continuano a tormentare il nemico con agguati e sabotaggi, nella speranza che Feor decida di gettare la spugna e ritirarsi."
"Poveri illusi, questo non accadrà mai!" lo sbeffeggiò Jax.
"Può darsi..." affermò il locandiere: "Ma è l'unica speranza che abbiamo per un futuro migliore. Anzi, sotto il giogo imperiale per noi non ci sarebbe affatto futuro. Non riusciremmo a sopravvivere alla tirannia di Feor."
"Attento a come parli, vecchio! Stai rischiando..." gli intimò il caposquadra.
"Perché dici così?" domandò Ander: "Credi davvero che sarebbe così grave per Waldberg sottostare all'Impero?"
L'anziano locandiere lo squadrò con comprensione e un po' di tristezza negli occhi stanchi.
"Questa è una città piccola e povera. Per secoli ha vivacchiato pensando solo al proprio sostentamento. Ma non l'abbiamo mai fatto pesare a nessuno, siamo sempre stati gente pacifica." dopo qualche colpo di tosse, riprese a parlare: "La storia insegna che ogni volta in cui Walberg fu conquistata da un invasore, per gli abitanti di questa città seguì un periodo nero, fatto di miseria e sofferenza."
"Ma questa volta potrebbe andare diversamente. Feor è uno stato potente, potrebbe far rifiorire la vostra città..." cercò di convincersi Ander.
L'uomo rise sommessamente, senza voler offendere il suo interlocutore. Il suo volto si fece quindi cupo e grave.
"Non si è mai visto un invasore che si preoccupasse del bene del popolo soggiogato. Le terre di conquista sono sempre state considerate fonte di risorse da sfruttare." fece una pausa: "E comunque ormai sarebbe troppo tardi... Tutti gli uomini più giovani e virili di questa città fanno parte delle forze ribelli. Se decidessero di arrendersi, non riceverebbero alcun perdono e nessuna compassione dai feoriani. Sarebbero anzi esposti alla loro vendetta... nel peggiore dei casi potrebbero persino essere tutti condannati a morte! A quel punto per Waldberg sarebbe davvero la fine."
I tre giovani rimasero a fissare il vecchio, Ander assunse un'espressione malinconica. L'uomo sembrava aver finito di parlare e si concentrava nuovamente sul suo lavoro."Perché ci ha detto tutto ciò?" chiese Vash incuriosito: "Si rende conto che noi siamo il nemico?"
Il locandiere si fermò un'altra volta e alzò lo sguardo su di lui.
"Voi ragazzi siete della Deathforce, dico bene?"
L'altro annuì, appena percettibile. Era una domanda retorica, il loro stemma era ben visibile e noto.
"Immagino che non siate feoriani..." suppose il vecchio: "Di dove siete originari, se posso chiedervelo?"
"Fatti gli affari tuoi!" rispose Jax con ostilità.
"Io sono un cavaliere di Eyrie, mentre lui proviene da qualche luogo remoto del North Range." spiegò Ander indicando il suo caposquadra.
"Non amo parlare di me... ma se ci tieni tanto a saperlo, sono nato dalle parti di Tyrs." disse Vash.
"Tyrs?! Intendi dire che sei originario delle Lostlands?!" esclamò sorpreso il locandiere: "Incredibile..."
"E' così... ma sei libero di non credermi."
"Mi sono rotto, me ne vado a dormire!" si spazientì Jax, svuotando il bicchiere con un sorso: "Non fate tardi, o vi sveglierò prendendovi a calci!"
I compagni lo osservarono mentre saliva le scale, sparendo infine al piano superiore. Nella sala scese il silenzio.
"C'è qualcosa che ti turba, Ander?" gli chiese l'amico a bassa voce, in modo da non essere udito dal vecchio: "Perché ti interessava sapere del nascondiglio dei ribelli? Hai scoperto qualcosa?"
Il cavaliere di Eyrie fu scosso da quella domanda e si ritrovò ancora una volta a dover decidere se parlare o meno. Ma si sarebbe confidato con un amico o avrebbe rivelato la sua scoperta a un collega, tradendo così gli abitanti di Waldberg? Se avesse deciso di parlarne, come avrebbe reagito Vash?

Al mattino seguente giunsero in città centinaia di soldati, tutti in assetto da guerra. Alla loro testa c'era il Cavaliere Nero stesso, in groppa al suo destriero, Schwarz. Vedendoli arrivare, gli abitanti furono subito presi dal panico e iniziarono a fuggire in ogni direzione. I giovani guerrieri Deathforce guardarono la scena impietriti, senza comprendere cosa stesse accadendo e perché. Il sergente Bannegaard si avvicinò ai tre con un'espressione molto seria, seguito dalla sua squadra.
"Che cosa significa tutto ciò?!" domandò Jax con impazienza.
"Abbiamo ricevuto nuovi ordini dalla capitale. L'Imperatore ha concesso al capitano Blake di usare ogni mezzo possibile pur di mettere fine al problema dei ribelli subito. Sembra anzi che sia stato esortato a usare il pugno di ferro..."
A quelle parole Vash si ricordò immediatamente dell'uomo che era stato seduto vicino a lui durante il viaggio per Waldberg sul grosso mezzo del L.I.R.S. Era un messaggero proveniente da Feor City, lo stesso che era entrato nella tenda di Blake dopo di loro. Sicuramente anche lo stesso che aveva portato quegli ordini.
"Cosa...?! Cosa vorrebbe dire?!" si allarmò Ander: "Che intenzioni ha...?!"
Ma il sergente non ebbe il coraggio di rispondere.
"Santo cielo!! Il capitano non vorrà mica prendersela con la popolazione inerme?!"

 
 
 

CAPITOLO XL - Flashback parte III

Post n°44 pubblicato il 01 Settembre 2008 da Tyki_Mikk
 

"Finalmente, dopo una lunga, inutile attesa, mi è stata concessa libertà totale di agire!" ruggì il Capitano di Feor: "Posso usare qualsiasi metodo io desideri, pur di ottenere una rapida e completa vittoria! Uomini, è giunto il momento di scatenarci e farla pagare a chi ci ha preso in giro per tutto questo tempo!!"
Un boato di consenso si sollevò alle spalle del Cavaliere Nero, dove le sue truppe alzavano le loro armi al cielo, pronti a sfogare la loro frustrazione, accumulatasi dopo un anno di fastidiose schermaglie con i ribelli. Fuori di sé, Ander afferrò le spalle del sergente.
"Per tutti i beoni di Londalk!" esclamò il cavaliere sconvolto: "Non può... Non può usare violenza su gente innocente! Ci sono vecchi, donne e bambini!!"
Nonostante Ander lo scuotesse, Bannegaard mantenne la compostezza, senza cercare di protestare. Infine Vash afferrò l'amico per un braccio e lo tirò a sé, liberando il sergente feoriano dalla sua presa.
"Quali sono le intenzioni del capitano?" domandò Jax esprimendo un tono d'indifferenza: "Vuole usare la forza per farsi dire dove si trova la base segreta dei ribelli?"
"E' chiaro..." annuì il sottufficiale feoriano: "E finché non sarà soddisfatto c'è il rischio che rada al suolo questa città."
A quelle parole Ander si irrigidì. L'unico modo per fermare Blake sarebbe stato fornirgli le informazioni che desiderava. E molto probabilmente lui conosceva un modo per ottenerle. Ma per farlo avrebbe dovuto tradire la ragazza della fontana e suo nonno.
<<Non potrei mai...!>> pensò tra sé: <<Ma se non lo faccio molta gente soffrirà e rischierà la vita...! Cosa devo fare?!>>
Doveva decidere in fretta. Il Capitano di Feor ormai si accingeva a sguinzagliare i suoi uomini per le vie della città. Ander cercò gli occhi dell'amico, ma Vash gli restituì uno sguardo rassegnato. Il messaggio era chiaro: per loro non c'era più nulla da fare, non vi era alcun modo di intervenire per cambiare il corso degli eventi. Non potevano certo opporsi agli ordini di Blake, il quale a sua volta eseguiva il volere dell'Imperatore stesso.
Poi però Jax iniziò ad avanzare con passo lento ma sicuro in direzione del Cavaliere Nero e della sua orda. I due colleghi rimasero a osservarlo muti e immobili per la sorpresa. Era una reazione imprevista, ignoravano completamente cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Il caposquadra Deathforce attirò l'attenzione del capitano, che si bloccò proprio quando stava per dare il segnale del via al saccheggio.
"Che diavolo vuoi, bamboccio?!" lo interrogò seccato, ma fissandolo incuriosito.
"Forse ho la chiave..." rispose Jax, mantenendo la calma nonostante l'ennesima offesa ricevuta: "...per scoprire il nascondiglio dei ribelli."
Blake, che in quel momento non portava il suo elmo, rimase suo malgrado con la bocca semiaperta per l'incredulità, come ipnotizzato dalle parole del biondo e prestante guerriero.
"Ho notato delle persone molto sospette..." proseguì questo, voltandosi e lanciando una rapida occhiata indecifrabile ad Ander.
"Fammi strada!!" ordinò immediatamente il capitano.

Waldberg non era molto grande, era solo una cittadina e perdipiù mezza vuota. Per questo motivo fu relativamente facile risalire ai ricercati, che vennero rintracciati e catturati già nel primo pomeriggio, nonostante la pressoché completa mancanza di collaborazione degli abitanti. Blake pranzò con tutta calma e bevve parecchio vino, quindi si diresse nella casa in cui erano stati portati i due sospetti per l'interrogatorio.
Si trattava di una grossa abitazione abbandonata, una delle molte a Waldberg. Era in rovina e sembrava pericolante, circondata da detriti e pezzi di travi di legno marcio, un luogo adatto per portare avanti un interrogatorio segreto. Il Capitano di Feor avrebbe voluto piombare sui ribelli inaspettatamente, non voleva far trapelare nulla di quello che fosse accaduto lì dentro.
L'interno della casa era buio e sgradevole, il pavimento in legno era pieno di buchi più o meno grandi. La parte in fondo all'ampia sala del piano terra era impraticabile a causa di un crollo. Quando anche i tre guerrieri Deathforce entrarono, trovarono ad attendere una ventina di soldati feoriani, tra cui Bannegaard e Blake stesso. Il capitano si stava disfando dell'ingombrante armatura con l'aiuto di due dei suoi uomini. Al centro della sala due figure minute sedevano legate alle sedie. Ander rabbrividì, quando riconobbe la ragazza del giorno precedente assieme a suo nonno. Il volto della giovane era stravolto dal panico.
"Che cosa significa?!" chiese Ander al suo caposquadra, mantenendo la voce bassa.
Jax lo fissò scocciato.
"Tu non ti eri accorto di nulla, eh?" domandò a sua volta: "Ieri quella femmina stava lavando degli abiti maschili, stracciati e sporchi. Alcuni di essi erano macchiati di sangue." vedendolo deglutire sconcertato, il caposquadra ghignò con un senso di superiorità: "Sei proprio un buono a nulla, non capisco proprio come tu abbia fatto a entrare nella Deathforce!"
"Credi che il vecchio abbia dei legami con i ribelli?" intervenne Vash.
"Non è evidente?!"
"Ma questo non significa che sappia dove si trovi la loro base!!" si infuriò il cavaliere di Eyrie: "Per colpa tua ora due persone rischiano di essere torturate..."
"Calmati, Ander!" lo redarguì l'amico: "Ti rendi conto che in questo modo Jax ha evitato la distruzione della città?"
Questo era vero, ma entrambi sapevano che il loro caposquadra non avrebbe mai agito per scopi così nobili. Jax mirava senza dubbio a far bella figura per compiere al meglio il suo dovere. La sua promozione a Campione Deathforce era nell'aria da tempo, quasi certamente sarebbe giunta alla fine di quella missione.
I Campioni Deathforce erano pochissimi e mai quantità fissa, come invece erano i Maestri. Si trattava di guerrieri estremamente capaci, il meglio di un gruppo già di per sé sceltissimo. Venivano eletti solo dall'unanimità dei Maestri e per proposta del Gran Maestro. Potevano essere esperti nell'uso delle armi più svariate, anzi era altamente improbabile che coesistessero due Campioni nell'uso della stessa arma.
Jax bramava questa promozione per ambizione personale, ma soprattutto per dimostrare a Vash, ormai suo storico rivale dello spadone, chi dei due fosse davvero il migliore. Infatti dal primo momento in cui si incontrarono, tra i due emerse subito una forte rivalità. In realtà Vash tendeva spesso a ignorare l'altro, ma le fastidiose e continue provocazioni di Jax finivano sempre per riaccendere l'ostilità. Solo le dure leggi dell'Accademia Deathforce avevano più volte evitato che i due si eliminassero definitivamente.
Con il tempo tra loro nacque una specie di tolleranza, poi però le cose degenerarono nuovamante. Ciò accadde quando nella loro vita entrò una ragazza. Jax non era sicuro di amare Heatys quanto l'amava Vash, ma per una mera questione di orgoglio non era disposto a farsi sconfiggere dal suo rivale nemmeno in questo campo. La ragazza era così divenuta un pretesto per riaccendere i vecchi attriti. E Jax era convinto che a spuntarla sarebbe stato quello che tra loro si sarebbe dimostrato il migliore.
"Sarà meglio per loro se il nonnetto decide di parlare subito!" esclamò il caposquadra con cattiveria, ma anche sincera convinzione.
Blake fece un cenno e uno dei sottoufficali si avvicinò al vecchio con un espressione dura sul volto.
"Se risponderai alle nostre domande in maniera soddisfacente, non accadrà nulla né a te, né a tua nipote. Potreste anche avere la fortuna di ritornare a casa vostra come se niente fosse." spiegò il feoriano: "Sappiamo per certo che hai dei contatti con i ribelli, confermi?"
L'uomo sgranò gli occhi per il terrore, come se si fosse appena avverato il peggiore dei suoi incubi. Abbassò il capo e sembrò quasi che si sarebbe messo a piangere, ma stava solo prendendo tempo. Aveva addosso gli occhi di tutti i presenti, che attendevano in silenzio, ma con impazienza.
"E' inutile sperare di cavartela, ti conviene dire la verità!"
"Confermo... ma sono loro a venire da me..."
"E cosa vogliono da te?" lo incalzò il feoriano.
"Chiedono informazioni... e a volte ci portano i loro panni sporchi da lavare..."
"Tutto qui?! Non prendono cibo o altro?!"
Il vecchio scosse la testa.
"Siamo poveri, non possediamo nulla che interessi loro."
Il sottoufficiale rifletté per un attimo. L'anziano prigioniero lo fissava intimorito.
"Immagino che ti chiedano di noi... è così?!" proseguì l'interrogatorio: "Sai se ci sono altri tuoi concittadini ad aiutarli?!"
"Sì, credo di sì... ma non so chi siano!"
I ribelli potevano sicuramente contare su un ampio supporto all'interno della città, questo era chiaro anche ai loro nemici. E quel vecchio non era sicuramente il più valido e utile dei loro collaboratori.
"Già, me lo immaginavo... ma per ora non importa..."
"Ravendahl, taglia corto e vieni al dunque!" ordinò Blake seccato.
"Sì signore!" rispose questo, voltandosi nouvamente verso il prigioniero: "Sei mai stato nella base dei ribelli?"
Era la domanda che tutti attendevano e il vecchio ebbe cura di negare subito.
"E adesso dirai pure che non sai dove si trovi?!"
"E' così, lo giuro!!" rispose l'anziano.
"Menti!!" gridò Ravendahl: "Dicci immediatamente dove si trova!!"
"Non lo so!! Dico la verità!!"
Il sottoufficiale ebbe un attimo di esitazione pensando a come agire, ma il Cavaliere Nero si precipitò livido di rabbia verso il prigioniero, lo afferrò con una mano e con l'altra gli sferro un forte pugno al volto. Il vecchio gemette dal dolore, la bocca gli si riempì di sangue.
"Nonno!!!" strillò la ragazza iniziando a piagnucolare: "Vi prego, non fategli del male!!"
"Non sono dell'umore giusto, perciò vedi di non farmi perdere tempo!!" esplose di rabbia il capitano: "Adesso parla, dimmi dov'è il nascondiglio di quei vigliacchi, o ti prometto che i tuoi ultimi minuti di vita saranno i peggiori che tu possa immaginare!!"
Detto questo, Blake iniziò a pestare selvaggiamente il vecchio, mentre la nipote lo implorava tra strazianti lacrime di fermarsi. Entrambi continuavano a sostenere di non conoscere il luogo in cui si celavano i ribelli.
I tre guerrieri Deathforce erano ormai convinti che fosse così, ma nessuno tra i presenti aveva il diritto di fermare il capitano feoriano.
"Signore, se continuà così, rischia di uccidere il prigioniero!" intervenne il sergente Bannegaard: "A quel punto non le risponderà di certo!"
Le sue parole infastidirono il Cavaliere Nero, che però comprese la validità del consiglio e decise di fermarsi. Doveva trovare un altro modo per costringere il vecchio a sputare il rospo. Questi era steso a terra, coperto di lividi e sangue, gemente dal dolore. Durante il pestaggio era caduto e la sedia sulla quale era seduto e legato, era finita in frantumi a causa dei duri colpi del capitano feoriano. La giovane nipote piangeva disperatamente, sconvolta per la violenza alla quale era sottoposto il nonno.
Blake la studiò pensieroso. Si meravigliò di non aver pensato prima a lei. Dopotutto aveva il punto debole del suo prigioniero proprio davanti agli occhi.
"Uomini... prendete la ragazza!" ordinò con ritrovata lucidità: "Divertitevi pure con lei quanto vi pare... sarebbe un peccato torturare o uccidere subito una femmina così giovane e bella."
Udendo queste parole il vecchio si riprese subito.
"Lasciatela, maledizione!!" iniziò a gridare fuori di sé: "Lei non centra niente!! Prendetevela con me!!"
"Sei ancora in tempo per salvarla, nonno!" si spazientì il Cavaliere Nero: "Avanti, sbrigati e dimmi dove si trova questo dannato nascondiglio!"
Il vecchio ripeté ancora una volta di non saperlo, lo fece con voce straziante, piena di sofferenza e pena per la nipote, che intanto strillava e piangeva. I soldati presenti all'interno della casa erano rudi e privi di ogni scrupolo, gli uomini più validi ed esperti del capitano Blake. Quattro di loro tenevano la ragazza immobile e iniziarono strapparle i vestiti di dosso come lupi famelici. Nessuno tra loro aveva esitazioni o vergogna per ciò che intendevano fare.
"Bastardi, come potete....!!" esplose l'ira del cavaliere di Eyrie: "Fermi, levatele le mani di dosso o vi ammazzo tutti!!"
Questa volta dovettero trattenerlo entrambi i compagni. Ander era su tutte le furie e tentò di lanciarsi sui feoriani. Gli altri due dovettero faticare per fermarlo.
"Sei impazzito?!!" ruggì Jax livido: "Non ti permetterò di rovinare tutto per una mocciosa, idiota che non sei altro!!"
I soldati erano troppo preoccupati a saziare i loro desideri per accorgersi di quello che stava accadendo alle loro spalle. Le grida rabbiose dei Guerrieri Deathforce erano coperte da quelle supplicanti e terrorizzate della giovane fanciulla.
"Vash, non possiamo permettere una cosa simile!!" esclamò Ander guardandolo incredulo: "Almeno tu... dimmi che sei d'accordo!!"
"No... non possiamo farci niente!" rispose lui combattuto: "E' nostro dovere obbedire agli ordini, non possiamo intrometterci!" fece una pausa nel tentativo di recuperare il sangue freddo: "Sii ragionevole, Ander! Pensa alle conseguenze del gesto che vorresti fare...! Condanneresti te e noi!"
Scorgendo gli animi eccitati dei tre giovani guerrieri, Blake si avvicinò a loro divertito.
"Cosa vi prende, lattanti?! Vorreste partecipare alla festa?!" esplose in una fragorosa risata: "Accomodatevi pure, approfittatene! Fate della signorina quel che vi pare, ma mettetevi in fila!"
"Con chi credi di avere a che fare?!" reagì sdegnato il caposquadra, dimenticando ogni convenevole verso un superiore: "Non mi abbasserò certo a contendermi un pezzo di carne con quei luridi animali dei tuoi uomini!"
Il vecchio era ancora steso sul pavimento, immobilizzato dal sergente Ravendahl. La sofferenza che provava alla vista delle violenze subite dalla nipote era straziante. In confronto a essa, ogni botta subita in precedenza era insignificante.
Ormai nessuno badava più a lui, era chiaro a tutti che non sapesse dove fosse la base ribelle. Ma il Capitano di Feor era troppo frustrato da quell'ennesimo buco nell'acqua per lasciar semplicemente perdere. Sin dall'inizio, in fondo non pensò affatto di risparmiare i due prigionieri, nemmeno in caso di collaborazione. Questo era il suo metodo di lavoro.
"Non è più il caso di rimanere qui, Jax." consigliò Vash, disgustato dalle nefandezze che si compivano davanti a loro.
L'altro annuì senza parole e si diresse verso l'uscita della casa, trascinandosi dietro Ander con la forza. Il cavaliere di Eyrie non riusciva a darsi pace e tentava invano di liberarsi dalla morsa dei compagni. Le strilla e i pianti della ragazza sembravano scuoterlo nel profondo. Le lacrime gli scesero sul viso, come a voler lavare la colpa di non esser intervenuto in aiuto della fanciulla. La voce di lei lo perseguitò ben oltre le mura della casa dell'interrogatorio.

Jax sicuramente non avrebbe mai pensato di provarci, ma nemmeno Vash riuscì a trovare le parole da rivolgere ad Ander in quel momento. Non sapeva se consolarlo o incoraggiarlo, se dargli torto o ragione. Neanche lui infatti era convinto di aver agito nel modo giusto.
Come al solito aveva pensato a svolgere il suo dovere, comportandosi secondo le istruzioni ricevute, al fine di portare a termine la missione al meglio. Ma non era la prima volta che Vash veniva assalito da dubbi riguardanti il suo compito. Obbedire agli ordini e fare la cosa giusta non erano sempre lo stesso. Tutto dipendeva dai punti di vista.
Ognuno di loro aveva alle spalle già molte missioni e quasi tutte erano state portate a termine con successo. Eppure quella era la prima volta che si trovavano assieme tutti e tre, poiché le squadre venivano scelte e composte di volta in volta, secondo le esigenze. La composizione di quel trio aveva fatto riflettere non poco Vash. Nell'accademia era noto a tutti che lui e Jax fossero incompatibili, sia per il loro rapporto che per le loro caratteristiche. Ma che gli venisse aggiunto Ander era davvero sorprendente. Anche lui infatti usava combattere con un'arma pesante da corpo a corpo, la lancia da guerra. Di solito le squadre Deathforce erano equilibrate, sensate, appropriate alle circostanze. Ma per quella eccezionale missione in guerra era stata scelta una vera e propria squadra d'assalto.
"Che cos'è tutto questo chiasso?!" si infastidì Jax: "Cosa succede lì fuori?!"
Erano seduti a un tavolo della locanda nella quale avevano passato la notte, quando all'interno piombò uno degli uomini del sergente Bannegaard. Era allarmato e nervoso.
"Ehi, voi!!" esclamò senza perdere tempo: "Cosa fate qui?! Siamo sotto attacco!!"
I tre giovani lo fissarono esitanti.
"Non avete capito?! L'esercito ribelle al completo sta attaccando Waldberg!!"

 
 
 

CAPITOLO XLI - Flashback parte IV

Post n°45 pubblicato il 05 Settembre 2008 da Tyki_Mikk
 

"Siamo nei guai!" esordì Bannegaard appena fu raggiunto dai tre guerrieri: "Il grosso delle truppe del capitano si trova nella zona della grande piazza centrale, i ribelli sono riusciti a isolarci da loro!"
Vash e Ander si guardarono ancora increduli, sino ad allora sembrava impossibile che i loro nemici potessero esporsi fino a questo punto.
"Il capitano Blake e la sua guardia personale sono stati circondati! Ha con sé meno di una dozzina di uomini, non resisteranno a lungo!" spiegò il sergente seriamente preoccupato: "Di questo passo verrà ucciso o catturato! A quel punto tutta la campagna andrebbe incontro a un fallimento! Cosa possiamo fare?!"
"Ma è ovvio!" rispose Jax con decisione: "Andiamo a salvare quell'idiota di Blake!"
"Starai scherzando, spero... siamo troppo pochi!" protestò il sottoufficiale feoriano: "Ci saranno almeno cinquanta ribelli ad assediarlo attorno alla casa dell'interrogatorio! Come credi di sbaragliarli?! O pensi forse di riuscire a crearti un varco tra di loro?!"
"Dimmi la verità, sergente..." si voltò l'altro a fissarlo negli occhi: "...non hai mai visto qualcuno della Deathforce all'opera, dico bene?!"

Il Cavaliere Nero osservava nervosamente la situazione all'esterno dell'abitazione nella quale ora si trovava assediato. I suoi uomini combattevano all'entrata, di fronte a lui, nel disperato tentativo di fermare il nemico. Se i ribelli fossero riusciti a entrare, sarebbe stata la fine.
Ancora una volta dovevano avere ricevuto una soffiata su quella ghiotta opportunità di colpire l'esercito imperiale nel vivo. Ma questa volta la situazione era davvero critica. Il Capitano di Feor era in trappola, nettamente sovrastato numericamente e senza via di fuga. E il resto delle sue truppe erano state bloccate tra i vicoli di Waldberg dalle restanti centinaia di ribelli. Finalmente la guerra sembrava avvicinarsi al suo esito finale.
Per quanto fosse forte e agguerrito, Blake non sarebbe mai riuscito a sconfiggere cinquanta uomini. Due soldati della sua guardia personale erano già caduti, altrettanti erano stati feriti. Il sergente Ravendahl e i superstiti ormai lottavano solo per allungare le loro vite di qualche altro minuto.
Poi però videro qualcosa di davvero incredibile. Quello che riconobbero subito come il giovane caposquadra Deathforce sbucò da una via correndo direttamente contro lo schieramento nemico. Sembrava il gesto folle di un esaltato che andava incontro alla morte.
Ma in realtà Jax non aveva alcuna intenzione di morire. Egli si aspettava solo un po' di movimento e divertimento. Estrasse da dietro la schiena un grosso spadone e si gettò a capofitto nel mezzo dei nemici. Sorpresi, questi non riuscirono a colpirlo con le armi da lunga distanza e si prepararono a ingaggiare un corpo a corpo.
Quella che ne seguì fu una carneficina. Jax vibrava fendenti in ogni direzione, muovendosi rapidamente da un avversario all'altro. I suoi colpi erano di una violenza inaudita, non si preoccupava di superare le difese altrui, poiché le spezzava con la lama della sua pesante spada. I ribelli iniziarono a cadere uno dopo l'altro, i loro corpi venivano squarciati assieme a protezioni e armi. Molti ebbero l'impressione di trovarsi tra le fauci di una belva feroce e assetata di sangue. Coperto del liquido rosso che ovunque schizzava su di lui, Jax era ormai in preda al delirio. Gridava e rideva come se si stesse divertendo con il suo hobby preferito.
Quando anche Vash e Ander lo raggiunsero, circa una diecina di uomini era già stesa a terra immobile e in un lago di sangue. I due guerrieri si unirono subito allo scontro per dare il loro contributo e poco dopo accorsero anche gli uomini di Bannegaard, guidati dal loro sergente.
Comprendendo che quella sarebbe stata la sua unica possibilità di salvezza, Blake invitò i suoi uomini a seguirlo, mentre iniziò a farsi largo tra le linee nemiche. Il suo pesante mazzafrusto roteò minaccioso, facendo a pezzi tutto ciò che colpiva.
Con il passare dei minuti i ribelli constatarono che la situazione gli stava sfuggendo dal controllo, ma non mostrarono alcun segno di resa o rassegnazione. Iniziarono anzi a combattere ancor più strenuamente, ben consci che quella era un'occasione irripetibile per conquistare una vittoria definitiva. Lo scontro si fece così ancora più cruento, nessuno pensava minimamente a fuggire, ma solo a uccidere fino all'ultimo avversario. Gli uomini caddero da una parte e dall'altra, però i feoriani potevano contare su tre guerrieri straordinari. Jax travolgeva chiunque come un toro scatenato, le sue energie parevano inesauribili.
Alla fine, quando il loro vantaggio numerico era divenuto ormai insignificante, i ribelli desistettero e si ritirarono a malincuore. Dalla parte opposta, gli unici sopravvissuti oltre ai tre Guerrieri Deathforce erano il capitano e i due sergenti. Erano troppo stremati e pochi per pensare d'inseguire il nemico.
Il caposquadra Dethforce era completamente zuppo di sangue, ma la cosa sbalorditiva era che non aveva nemmeno un graffio. Soddisfatto, Jax esplose in una fragorosa risata. Persino il Cavaliere Nero lo osservava con prudente distacco.

Entro sera tutto era ritornato alla normalità. Quel giorno si era svolto uno scontro particolarmente aspro ed entrambi gli schieramenti avevano subito importanti perdite. Ma a parità di condizioni chi vi aveva rimesso maggiormente erano stati sicuramente i ribelli. Il Capitano di Feor era convinto che essi dovevano trovarsi in una pessima condizione psicologica, oltre che fisicamente provati. Sarebbe stato il momento giusto per infliggere loro il colpo di grazia e si rammaricò di non esser riuscito a fare nemmeno un prigioniero da cui poter scoprire il tanto agognato nascondiglio. Alla fine era ritornato al punto di partenza e questo lo rese di umore terribile.
Dopo essersi lavato e tolto così lo sgradevole odore del sangue, Jax lasciò la locanda e se ne andò per i fatti suoi. Ogni occasione era buona per prendere le distanze dai due compagni che detestava ricambiato. Ander recuperò due bottiglie di vino e raggiunse Vash allo stesso tavolo della sera precedente.
"Mi dispiace..." sussurrò a un certo punto: "Lo so di aver sbagliato e di aver rischiato di compromettere la nostra missione... forse anche la nostra carriera!"
"Quando hai scelto di fare parte di questo mondo, hai accettato di piegarti a determinate condizioni." non si fece impietosire l'altro: "Deathforce non significa giustizia e nemmeno eroismo... Noi dobbiamo fare quello che ci viene ordinato, non ci è data alcuna scelta. Se ci dicessero di uccidere degli innocenti, questo è ciò che dovremmo fare."
"E a te va bene così?!" si scaldò il cavaliere di Eyrie: "Anche se ti dicessero di uccidere la tua famiglia?!"
"E' un discorso che non ha presa su di me, lo sai." rispose Vash: "Io non ho alcun famigliare..."
"Questo non è del tutto esatto...!" obiettò Ander.
"Ti riferisci a quella persona?" si rabbuiò il compagno: "Per me non conta più nulla..."
"Allora mettiamola in questo modo: uccideresti Heathys se ti venisse ordinato esplicitamente?" domandò dopo una breve riflessione: "D'altronde non è neppure un'ipotesi cosi assurda... Se lei decidesse di lasciare la Deathforce, saresti costretto a farlo, no?"
"Ti sbagli..." lo corresse Vash: "Probabilmente non passa giorno in cui lei non pensi ad andarsene, ma la sua situazione è diversa da quella di chiunque altro." fece una breve pausa, quindi riprese: "Heathys non ha mai voluto entrare nell'accademia, è stata costretta a farlo. La sua permanenza le è stata imposta con la forza, i Maestri non volevano farsi sfuggire le sue capacità per nessuna ragione al mondo..."
Ander annuì comprensivo. Non conosceva quella ragazza quanto il compagno, ma non era del tutto ignaro di tutto ciò che la riguardava.
"Di conseguenza non sarebbe tanto strano se lei volesse scappare..." proseguì Vash: "Il suo non sarebbe comunque un tradimento. Nel suo caso la Deathforce cercherebbe di riprendersela senza torcerle un capello. E' troppo importante."
"Già... e lo è anche per te." sorrise maliziosamente Ander: "Non potrebbe essere altrimenti, quella ragazza è davvero un angelo... E' incredibile che faccia parte della Deathforce!"
L'altro lo fissò con aria interrogativa.
"Cos'è un angelo?" chiese infine.
"Caspita, sei davvero ignorante quando si parla di religione, sai?!" si sorprese il cavaliere: "Mah, ti basti sapere che sono i guardiani di Sol, gli esecutori del suo volere... esseri estremamente puri e candidi, composti dalla luce più intensa, quella solare... Questo vale secondo la dottrina di Eyrie, ma credo che sia lo stesso per ogni culto di Sol."
"E cosa centra?"
"Sei senza speranza, tu..." sospirò il biondo guerriero: "E' solo un modo di dire, significa che Heathys è molto graziosa e dolce, ok?!"
Tra i due scese un lungo silenzio. Mentre stappavano la seconda bottiglia, fuori era sceso il buio più totale. Ander tornò a pensare ai propri problemi, finendo per deprimersi nuovamente.
"Non sono sicuro di voler continuare in questo modo." dichiarò infine: "Ci sono abominii che non riesco proprio a sopportare, tantomeno a commettere... In fondo ho anch'io dei principii e un patto morale da rispettare... sono un cavaliere di Eyrie!"

Al mattino si scatenò l'inferno. Venne così il giorno che segnò per sempre la gloria di alcuni e la vergogna degli altri. Fiamme e fumo si levarono alti nel cielo, mentre si udivano le grida disperate della gente che fuggiva in ogni direzione. Waldberg fu saccheggiata e distrutta, gli abitanti vennero massacrati o dispersi, le donne stuprate, i bambini rapiti...
Il Capitano di Feor non aveva digerito le delusioni del giorno prima. Se non fosse riuscito a portare a termine l'incarico datogli dall'Imperatore in persona, la sua reputazione da condottiero e guerriero ne avrebbe risentito. E proprio questo era il peggiore dei suoi incubi. Quella notte non riuscì a prender sonno, ma al mattino aveva ormai deciso. Dopo aver dato l'ordine di cancellare per sempre Waldberg, se ne ritornò tranquillamente all'accampamento con i gli uomini della sua scorta personale. Il suo umore era ancora più nero che mai.
"Non ci credo... quel pazzo l'ha fatto per davvero!" commentò Jax meravigliato.
I tre guerrieri rimasero a osservare da posizione sicura, ai margini della foresta. Ander era caduto in ginocchio, oppresso da un senso d'impotenza e orrore.
"Maledetto infame!!" si infuriò: "Come ha potuto...?!! Perché?!!"
"Alla fine ha optato per la soluzione più semplice..." constatò il caposquadra: "Ma in ogni caso rimane un comportamento da vigliacchi, mi delude..."
Per tutto il tempo Vash era rimasto in silenzio, ma quando il cavaliere si voltò a guardarlo, si sentì gelare il sangue. Gli occhi dell'amico sembravano vitrei. Per un attimo credette di avere di fronte un cadavere ritto in piedi.
Poi però si accorse con grande stupore che il compagno era in realtà rimasto profondamente sconvolto da quella scena, sembrava aver subito un vero e proprio trauma. Il che lo meravigliò non poco. Nonostante fosse di un anno più giovane degli altri due, Vash gli era sempre sembrato un impavido, freddo come il ghiaccio al punto di apparire quasi insensibile. E invece ora iniziava a tremare di fronte a allo spettacolo di una città che veniva divorata dalle fiamme. Eppure nella loro seppur breve carriera, i giovani guerrieri avevano assistito a cose ben peggiori senza battere ciglio.
Infine, apparentemente ancora incosciente, Vash sussurrò qualcosa, una sola parola. Ander non fu certo di averla compresa bene, anche perché non aveva nessun senso in quella situazione, in quel contesto. Preoccupato, iniziò a scuotere il compagno per le spalle, affinché si riprendesse.
"Cosa c'è?" domandò infine Vash.
"C'è che dobbiamo fermarli!!" gridò il cavaliere di Eyrie.
"Cosa vorresti fare?!" lo derise istericamente il caposquadra: "Ormai è troppo tardi! I feoriani scorrazzano ovunque e Blake, che è l'unico che può richiamarli, se n'è andato! Non vorrai affrontarli tutti per le vie di una città che comunque tra poco sarà ridotta in cenere?! Arrenditi, è una causa persa!!"
"Non m'importa!!" tuonò l'altro: "Quel bastardo che si vanta di essere un capitano ci deve delle spiegazioni!!" sul suo volto si leggeva una forte determinazione: "Ora vado da lui... e se non trova una buona ragione per tutto questo... giuro che l'ammazzo!"
Senza aggiungere altro, Ander svanì nella foresta, lasciando gli altri due di stucco. Era infuriato come non l'avevano mai visto.
"Dannazione, non dirà sul serio?!" si chiese Jax a voce alta: "Non permetterò a quell'idiota di rovinarmi la missione!"
"Avanti, dobbiamo fermarlo prima che faccia qualcosa d'irreparabile!" lo spronò Vash: "Blake non è un tipo con cui si possa scherzare...!"

Ander era piuttosto veloce e sospinto dal furore della rabbia, in un primo momento riuscì a distanziare i compagni nella corsa. Vash e Jax lo inseguirono lungo il sentiero che già li aveva condotti a Waldberg dall'accampamento. Il caposquadra nel frattempo imprecava contro entrambi i colleghi. Il primo, secondo lui, era colpevole di averlo tradito, mentre l'altro di deluderlo nell'impegno. Infine iniziò a tirare in ballo la fortuna avversa e qualche bestemmia su divinità nelle quali non aveva mai creduto.
"Risparmia il fiato per correre!" gli consigliò Vash spazientito.
"Zitto!!" esclamò Jax livido: "Muovi il culo e prendi quel deficiente del tuo amico!!"
Finalmente il cavaliere iniziò ad accusare la fatica della lunga fuga e gli inseguitori incominciarono a guadagnare terreno. Vash in particolare, si avvicinava rapidamente, guidato dal desiderio di salvare il compagno dal commettere una pazzia che gli sarebbe certamente costata cara. Ander iniziò a sentire il suo fiato sul collo, ma non accennò a fermarsi, nemmeno alle parole dell'amico o alle intimazioni del caposquadra.
Vash dovette placcarlo in tuffo, afferrandolo alle gambe. Il fuggitivo finì col muso a terra, ma appena tentò di rimettersi in piedi, Jax gli fu addosso. Un pugno al volto lo fece stramazzare ancora al suolo.
"Hai proprio bisogno di una lezione, brutto stronzo!!" ruggì il caposquadra rifilandogli un calcio: "Adesso mi hai fatto incazzare sul serio!! Ne ho abbastanza di te!!" infierì con altri calci: "Se desideravi tanto morire, dovevi dirmelo subito!! Ci avrei pensato io!!"
"Adesso basta, Jax!" intervenne Vash allontanandolo da Ander.
"Levati, tu!!" continuò lui: "Lascia che lo ammazzi, sarà meglio per tutti!!"
Dopo aver sbraitato per alcuni minuti trattenuto a stento da Vash, il caposquadra tentò di venire nuovamente alle mani col cavaliere di Eyrie, che se ne stava ancora steso a terra.
"Ragazzi, smettetela!!" gridò infine Vash: "Cercate di ragionare lucidamente, maledizione! Non lasciate prendere il sopravvento ai vostri istinti animali!"
Jax tratteneva a stento la collera. Sferrò un pugno sul tronco di un albero per la frustrazione. Ander intanto piangeva nervosamente e in silenzio. Entrambi comunque provarono a calmarsi.
Proprio allora una freccia si piantò nel terreno, nello stretto spazio in mezzo a loro. I tre giovani estrassero istintivamente le loro armi, allarmati. Rivolsero immediatamente lo sguardo in direzione della macchia che li circondava, nel tentativo di scorgere qualche movimento.
"Non muovetevi!" intimò però una voce: "Siete circondati! Gettate subito le armi, o verrete innondati di frecce!"
Un agguato.
Preoccupati da ben altre cose, si erano scordati del pericolo che correvano vagando da soli per quei boschi. Ma adesso era troppo tardi, erano già finiti in trappola.

 
 
 

CAPITOLO XLII - Flashback parte V

Post n°46 pubblicato il 07 Ottobre 2008 da Tyki_Mikk
 

Vash lanciò un'occhiata al caposquadra. Era lui a dover decidere come reagire a quell'avvertimento. Ma Ander invece non attese ordini e lasciò cadere subito ai suoi piedi la pesante lancia da guerra. Sapeva già cosa avrebbe deciso Jax. Lui non si sarebbe mai potuto arrendere, neanche se agendo così avesse condotto tutti e tre alla morte.
"Che diavolo fai!!" esclamò il caposquadra, esasperato dall'ennesima insubordinazione del collega: "Dannato vigliacco!"
"Ha ragione..." cercò di convincerlo Vash: "Se opponiamo resistenza faremo una brutta fine. Siamo facili bersagli..."
"Ti ci metti anche tu?!"
"Non possiamo affrontarli in questa situazione, ci abbaterebbero come selvaggina!" insistette l'altro.
Jax esitò, guardandosi nervosamente attorno. Entro pochi istanti, una manciata di secondi, doveva decidere se arrendersi, forse la cosa che gli riusciva più difficile al mondo, o probabilmente morire.
"Allora fa come vuoi!" ruggì il caposquadra.
Anche lo spadone di Vash finì a terra. Dalla macchia uscirono allora alcuni uomini armati di arco, avvicinndosi ai tre con passo lento e prudente. Jax era tenuto sotto tiro con particolare attenzione, era l'unico ancora armato.
"Getta quell'arma, ragazzo!" lo avvertì una voce profonda, più di rimprovero che ostile: "Non vale la pena sacrificare la tua giovane vita per quell'Imperatore!"
L'uomo in questione era ancora immerso nel verde, il suo volto parzialmente celato dagli arbusti.
"Taci!!!" gridò Jax innervosito: "Come osi parlarmi in questo modo?! Tu non sai con chi hai a che fare!!"
Il giovane guerriero dalla chioma dorata si lanciò sui ribelli, puntando proprio sull'uomo che gli aveva parlato. Vash non ebbe il tempo di aprire bocca, rimase a osservare la scena impotente. Tra i ribelli si sollevarono grida allarmate e un freccia volò a colpire Jax al braccio sinistro, quello con cui impugnava lo spadone. Il giovane fermò lo slancio, la punta dell'arma cadde pesantemente a terra. Sul volto del Guerriero Deathforce comparve una smorfia di dolore e frustrazione.
"E' stata la tua testardaggine a costringermi a farlo..." proseguì la stessa voce: "Sii ragionevole! Desisti e avrai salva la vita!"
"Basta!!! Muori!!!"
Jax afferrò e sollevò lo spadone con l'altra mano, vibrandolo minacciosamente sopra alla testa e riprendendo il suo assalto. Era impossibile non rimanere impressionati dalla sua carica, simile per potenza e rapidità a quella di una terribile belva selvatica.
Un secondo e poi un terzo dardo sibilarono nell'aria. Il caposquadra si fermò un'altra volta. Era stato colpito alla spalla destra e al ventre. Quest'utima ferita lo fece barcollare e prima che potesse reagire, uno dei ribelli lo raggiunse da dietro. Questo colpì Il giovane alle spalle con il manico di una lunga picca, mandandolo al tappeto.
"Capo, sei sicuro di volerli risparmiare?!" domandò l'uomo, movendo la punta dell'arma verso Jax, ancora semicosciente.
La sagoma coperta dagli alberi annuì con calma e decisione. Ormai dalla boscaglia era uscita una dozzina di uomini, che si disposero attorno ai tre guerrieri.
"Legateli e bendateli... Li portiamo con noi."

Dovevano aver marciato per molte ore. Buona parte di strada la fecero in salita, che diveniva sempre più ripida. La loro cattura avvenne così inaspettatamente, che Vash non fece in tempo a pensare alle conseguenze della resa. Furono talmente presi dai loro dissidi interni, da finire facilmente nelle mani del nemico.
Adesso cosa ne sarebbe stato di loro?
Nella loro situazione non potevano avere molte speranze in cui confidare. Nessuno sarebbe venuto in loro soccorso, su questo non c'erano dubbi. Era lecito pensare che i ribelli li avrebbero portati nella loro base, che nessuno, a parte loro, sapeva dove si trovasse.
Se volevano togliersi dai guai, l'unico modo sarebbe stato con le proprie forze. Ma Vash non era affatto convinto di potercela fare. Jax era ferito, non sapeva quanto gravemente. Mentre lo stato d'animo di Ander era tormentato da dubbi e sensi di colpa. Forse in quel momento il cavaliere di Eyrie non sarebbe stato di grande aiuto. Se Vash avesse tentato la fuga, c'era il rischio che gli altri due non sarebbero stati pronti a seguirlo. Sarebbe stata una decisione eccessivamente azzardata.
Ma d'altra parte sarebbe potuta essere la loro ultima possibilità e questo pensiero non gli dava pace. A ogni passo che faceva, sentiva le speranze affievolirsi e le catene appesantirsi.
L'unico apetto rinfrancante in tutto ciò era la benda. Ovviamente la base dei ribelli era segreta e tale doveva rimanere. Ma il fatto che i tre prigionieri fossero stati bendati, oltre a una prudente precauzione, poteva significare che i loro nemici non intendessero giustiziarli, almeno per il momento. Ma era una magra consolazione e per giunta solo un'ipotesi.
Perché in fondo i ribelli, almeno in apparenza non avevano motivo per fare dei prigionieri. Vash poteva facilmente intuire che per la resistenza di Waldberg sarebbero state solo inutili bocche in più da sfamare. E poi Feor non si prestava quasi mai alle trattative, tantomeno coi ribelli. Non c'era modo di organizzare uno scambio di prigionieri o altro. Non vi era in ballo nulla che potesse costringere l'Impero a scendere a patti.
Interessato alla sorte propria e dei compagni, Vash si concentrò ad ascoltare i dialoghi degli uomini che li avevano catturati. Perlopiù si trattava di sporadici e brevi commenti di circostanza, oltre alle solite battute per tirare su il morale e all'allegro fischiettare di qualcuno. Ma a non molta distanza da lui si parlava anche di questioni ben più serie. Senza poter contare sulla vista, Vash sentì il proprio udito affinarsi. Riconobbe chiaramente la voce del capo ribelle.
"Faremmo meglio a sbarazzarci di loro..." commentò con tono profondo e cupo il suo interlocutore: "Non mi sento affatto tranquillo!"
"Non hai nulla di cui preoccuparti, sono disarmati, legati e bendati. Uno di loro è privo di conoscenza e comunque non riuscirebbe nemmeno a reggersi in piedi." rispose mestamente l'altro: "E poi sono solo dei ragazzi..."
"Sono comunque Guerrieri Deathforce, non devi sottovalutarli!"
Vash attese trepidante le parole successive, ma il capo sembrava confidarsi con molta calma.
"Lo eri anche tu, no? Da come ne parli non si direbbe..." ridacchiò bonariamente: "Ma Deathforce o meno, restano comunque sbarbatelli..."
"Io ti rispetto, Hermann. Ma ci sono alcune cose in te che proprio non riesco a capire..." borbottò: "Ne hai passate tante nella tua vita, eppure continui a essere un dannato idealista... Quando capirai che in guerra non vuol dire nulla essere quindicenne o cinquantenne? Ognuno pensa a uccidere e a non essere ucciso! E' l'unica cosa che conti davvero!"
"E' un mio difetto... sono fatto così." constatò lui con rassegnazione: "Probabilmente sono un folle a voler cambiare questo mondo marcio, in fondo lo so che è una causa persa. Ma è più forte di me... non riesco a sopportare la vista di migliaia di uomini sfruttati dagli interessi e dalle ambizioni di uno. Non posso accettare che la gente soffra e si immoli per quel tale." sospirò abbattuto: "Vorrei che almeno i più giovani, meno soggetti al cinismo e maggiormente plasmabili verso la tolleranza, aprissero gli occhi e capissero l'assurdità di tutto ciò..."
Quando finì di parlare, per un po' scese il silenzio.
"Bah!" esclamò infine l'ignoto interlocutore, in chiaro segno di disaccordo.

Solo quando furono portati nella cella, dove vennero pure incatenati, i ribelli tolsero loro le bende. Li avevano messi tutti e tre assieme, ma di lì a poco avrebbero scoperto che quella era l'unica cella disponibile. Scavato grossolanamente nella roccia, era uno spazio ristretto e tetro, come si addice a una prigione. Anche le pareti che si intravedevano oltre le sbarre metalliche erano rocciose.
Nonostante non potesse saperlo, Vash pensò che doveva essere già scesa la sera. Jax era disteso a terra febbricitante. I ribelli gli avevano pulito e fasciato le ferite, ma il caposquadra era in preda al delirio, in uno stato di semicoscienza. Ander sedeva muto e immobile, fissando il vuoto davanti a sé. Sembrava del tutto assente, un comportamente assolutamente inusuale per lui.
Vash sospirò e appoggiò la testa tra le proprie mani. Rimase così per un tempo che gli parve interminabile, cercando di riflettere, ma accorgendosi di essere troppo poco lucido. Infine si addormentò.
Si svegliò di soprassalto con il fragore del cancello metallico che si apriva. Un uomo entrò e si sedette proprio di fronte a loro, su una seggiola che si era portato dietro. La cella era molto buia e Vash non riuscì a scorgere il volto del visitatore, che doveva comunque avere tra i quaranta e cinquant'anni. Sembrava un tipo forte e carismatico.
Alle sue spalle, oltre le sbarre attendeva un altro uomo, più chiaramente visibile grazie alla luce di una torcia. Era grande e muscoloso, dai capelli corti e bruni. Aveva un volto severo, spigoloso, segnato da una cicatrice orizzontale che andava da zigomo a zigomo, attraversandogli il naso.
Vash provò a identificare l'uomo seduto come il capo dei ribelli e ne ebbe conferma quando questo iniziò a parlare. La sua voce tradiva però maggiore durezza e freddezza rispetto a quella che aveva udito precedentemente.
"Come sta il ferito?" domandò con impassibilità.
Vash si voltò a osservare Jax. Era ancora sudato, ma ora dormiva tranquillamente e il suo respiro era regolare. Non accadeva spesso di vederlo ridotto così, ma il caposquadra aveva una formidabile resistenza e una grande rapidità di recupero. Al mattino seguente sarebbe di certo stato sveglio e cosciente.
Il capo ribelle annuì realizzando la situazione.
"Ho saputo cos'è successo a Waldberg..." cambiò argomento.
La sua voce era molto bassa, colma di rabbia e sofferenza, trattenute a stento. Aveva scosso anche Ander, che finalmente iniziò a guardarsi attorno per davvero.
"Mi dispiace..." disse imbarazzato Vash.
"Sono solo parole..." lo interruppe l'uomo: "Risparmiale, non m'interessano."
Il cavaliere di Eyrie strinse i pugni con forza. Tremava e singhiozzava nervosamente, attirando su di sé l'attenzione.
"So che voi non centrate con quello che è successo. Mentre la città veniva distrutta vi trovavate nella foresta. Non possedete alcun bottino e le vostre armi oggi non sono state usate." sentenziò mantenendo un tono freddo: "Non avete nulla da giustificare... Spero solo che abbiate preso atto di quello che è accaduto. Lascio a voi il giudizio, credo che non servano altre parole..." affermò alzandosi dalla seggiola: "Dopo le ingenti perdite che abbiamo patito ieri... non mi aspettavo che potesse accadere questo!"
Vash ripensò al violento scontro del giorno precedente. Effettivamente i ribelli avevano lasciato sul campo molti compagni tra i caduti.
"Berger, andiamo!"
Il capo ribelle chiamo il suo braccio destro e fece per uscire, ma Vash lo richiamò.
"Aspetta! Cosa ne sarà di noi?!"
L'uomo muscoloso che attendeva fuori dalla cella lo fissò come se avesse voluto ucciderlo in quell'istante. Probabilmente chiunque tra i ribelli presenti nella base avrebbe voluto sfogare la propria rabbia e il dolore sui tre prigionieri.
"Non sono dell'umore adatto... Ne parleremo domani!" spiegò il capo, come se fosse superfluo dirlo: "Rispettate il mio lutto... Waldberg non esiste più!"

Quelle parole li avevano scossi fino alle viscere. Era difficile, terribile accettare la notizia della cancellazione di un'intera città. Un luogo che sino a quel mattino era stato pieno di persone, adesso sarebbe divenuto un cimitero disabitato. I due giovani non osarono immaginare quale fosse stato il destino degli abitanti.
"Come posso considerarmi degno figlio di mio padre?!" si chiese Ander in preda alla disperazione: "Non dovrei essere schierato dalla parte dell'oppressore! Maledizione!! Perché... perché mi è capitata una missione come questa?! Perché non sono stato mandato, come al solito, a eliminare una pericolosa creatura o una banda di fuorilegge?! Perché non sono stato scelto per fare da scorta, magari a qualche bella donna?!"
"Forse è così che doveva andare..." sussurrò l'altro: "Questa è una prova... non possiamo tirarci indietro se qualcosa non va, le vere difficoltà non vanno evitate. Presto o tardi bisognerà dimostrare di essere in grado di affrontare qualsiasi situazione..."
"E cosa dovremmo fare?!"
Vash rimase in silenzio. Non era in grado di dare una risposta. Non era più così sicuro che il loro dovere fosse semplicemente eseguire gli ordini. Quella missione li aveva messi entrambi in difficoltà. Sino a quel momento non si erano mai chiesti se quello che dovevano fare fosse giusto. Fino ad allora le loro missioni erano state molto differenti.

Al mattino seguente, o almeno così i guerrieri credettero che fosse, il capo ribelle e il suo braccio destro si ripresentarono nella cella. Come previsto, Jax si era già ripreso, anche se non riusciva praticamente a muoversi dalla sua posizione seduta.
"C'è una cosa di cui vorrei parlarvi..." esordì l'uomo, sedutosi sulla seggiola: "Ditemi, voi vi rendete conto di essere delle marionette?"
Vash e Ander si guardarono esitanti. Nemmeno Jax aprì bocca, a conferma che non aveva capito il senso della domanda.
"Tutto l'esercito imperiale... e non solo, è composto da marionette." proseguì lui: "E sapete chi è che muove i fili? L'Imperatore... Quel tale che porta sempre la maschera, sbucato da chissà dove, ha in pugno il destino di milioni di persone. E non parlo solamente dei suoi sudditi..."
I tre giovani erano troppo curiosi di sapere dove volesse arrivare il loro interlocutore per pensare d'interromperlo.
"Ieri avete visto con i vostri occhi a cosa porta la follia di quell'uomo, la sua superbia e la sua brama di potere... Io voglio credere che siate dei ragazzi in gamba... Pensate che sia giusto contribuire alle nefandezze di cui si sta macchiando Feor? Vorreste continuare a commettere questi crimini in nome dell'Imperatore?"
"Quello che dici non ha alcun senso per noi!" si intromise Jax: "Siamo Guerrieri Deathforce, non siamo direttamente legati a Feor..."
"E' così?" insistette il capo: "O è solo un'apparenza? Pensate che tutto si risolverà a Waldberg? Oh, no... dopo di questa verranno altre guerre! L'imperatore chiamerà anche voi alle armi, la Deathforce rimane comunque un'istituzione feoriana..."
"E con ciò?!" si infastidì il caposquadra: "Questo è il nostro lavoro!"
"Non siete obbligati a farlo... e in particolar modo se non credete che sia giusto..."
I dubbi che già tormentavano Vash e Ander riaffiorarono prorompenti.
"Mio figlio aveva circa la vostra età... quando a causa della povertà delle nostre terre, andò a cercare fortuna a Feor City. Ma a quanto pare non riuscì a trovare di meglio che arruolarsi nell'esercito imperiale, dove fu preso nonostante fosse di origine straniera. Questo accadde più di tre anni fa, in tempo di pace." raccontò, facendo quindi una breve pausa: "Poi il vecchio Padraigh III morì... era un buon uomo, pace all'anima sua! Dopo i disordini che seguirono il problema della successione, come sapete, salì al trono questo Cuchulainn V... che in breve dichiarò guerra a Waldberg, senza un valido pretesto e rivelando immediatamente la sua intenzione d'intraprendere una politica d'espansione."
"E suo figlio?" chiese Ander.
"Capite quale fosse la sua situazione? Era un soldato feoriano, avrebbe dovuto combattere... così un anno fa ritornò nella sua città natale da nemico, ma non se la sentì di dover affrontare e uccidere sul campo di battaglia i suoi parenti, gli amici d'infanzia, tutte le persone che conosceva da una vita!" le parole gli divenivano sempre più difficili da pronunciare: "Sapete bene cosa accade al soldato che si rifiuta di combattere..."
"Viene giustiziato!" concluse rudemente Jax.
Nel buio della cella rimase il silenzio, che si protrasse per qualche minuto. Dopo aver dato ai prigionieri il tempo per riflettere, il capo ribelle ricominciò a parlare.
"Non c'è onore nell'eseguire gli ordini altrui. Non vale la pena di rinuciare alla libertà di scelta per questo. Credo che una persona si faccia veramente onore quando decide di fare la cosa giusta, quando ne è fermamente convinta, perché è la sua scelta. Quando è pronto a difenderla a qualunque costo..." spiegò: "Perciò non dovreste sentirvi vincolati a questioni d'onore... Se vi rendete conto di stare dalla parte del torto, non perseverate... abbandonate chi vi sottomette e manovra... riguadagnate la libertà di decidere e agire!"
"Non so perché tu ci stia dicendo queste cose..." commentò Jax: "Ma è evidente che non la pensiamo allo stesso modo! E poi non sei nella posizione per affermare certe cose. In quanto capo sei il primo a dare ordini ai tuoi uomini!"
"Non fraintendere!" lo ammonì l'uomo: "Ogni persona presente in questa base si è unita alla resistenza di sua spontanea volontà. Non lo ha fatto per prendere un regolare stipendio, ma rinunciando a ogni avere. Non agisce per il bene di un altro, ma per le proprie convinzioni." chiarì con decisione: "Noi combattiamo per uno scopo comune, con gli stessi ideali e le stesse motivazioni. Lottiamo per le nostre famiglie, le nostre case, le nostre vite e la nostra libertà... lottiamo per la nostra patria..."
La sua voce era spezzata da un dolore invisibile, ma terribile. Un groppo in gola lo costrinse a interrompere il discorso, sembrava che potesse improvvisamente scoppiare a piangere, ma non lo fece. Si radrizzò con dignità e concluse l'ultima frase.
"...una patria che ora non esiste più!"

 
 
 

CAPITOLO XLIII - Flashback p. VI

Post n°47 pubblicato il 12 Ottobre 2008 da Tyki_Mikk
 

Il silezio venne interrotto dal suono di voci allarmate, che iniziarono a diffondersi in ogni direzione, rimbombando tra le pareti rocciose. Il capo ribelle e il tipo alle sue spalle si radrizzarono ad ascoltare senza nascondere il disagio e in breve una crescente preoccupazione. Qualcosa aveva disturbato la quiete della base, si udiva il rumore sempre più nitido di passi che si affrettavano nella loro direzione.
Infine apparve nel corridoio roccioso qualcuno, evidentemente uno dei ribelli.
"Hermann!!" chiamò immediatamente.
Il capo si alzò dalla seggiola e gli si diresse incontro.
"Cosa sta succedendo?"
"Mi spiace, purtroppo porto ancora brutte notizie!" rispose l'altro: "Le sentinelle dicono di aver avvistato soldati dell'esercito imperiale sulle pendici del Karadan! Stanno marciando a tappe forzate e sembra che siano in gran numero!"
"Maledizione!!" imprecò l'uomo muscoloso: "Non so come possa essere possibile, ma è ovvio che sono diretti qui!"
"In qualche modo devono aver scoperto dove si trova la nostra roccaforte..." commentò il nuovo arrivato: "O magari ci stiamo allarmando per niente! Forse stiamo fraintendendo! Se aspettiamo e restiamo a guardare..."
"No! Stanno venendo qui." lo interruppe il capo: "Non c'è altro motivo per cui debbano spingersi così lontano in questa direzione. Probabilmente entro sera saremo sotto assedio."
Hermann aveva assunto un'espressione mesta, sconfortata. I suoi subordinati lo osservavano con ansietà, mentre i tre prigionieri ascoltavano ogni parola in silenzio.
"Dovremmo prepararci, devi parlare agli uomini!" cercò di scuoterlo il suo braccio destro.
"E' tutto finito... ogni speranza è perduta." sussurrò lui: "Non abbiamo più nulla da difendere, nulla per cui combattere. Parlerò agli uomini... Dirò loro di fuggire da qui e di mettersi in salvo."
"Cosa stai dicendo?! Noi vogliamo vendetta!!" si scaldò l'altro incredulo: "Io, Harold Berger, ex Campione Deathforce, se sarà necessario sono pronto a combattere sino alla morte!!"
"Ha ragione, capo! Abbiamo perso ogni cosa, non abbiamo nessun luogo in cui andare!" si associò il messo: "Credo di esprimere il volere di tutti se dico di restare e combattere!"
I tre si fissarono negli occhi con nuova determinazione.
"Avanti, Hermann! Andiamo dagli altri!" esclamò Berger: "Hanno bisogno di un discorso che gli dia il coraggio per affrontare qualsiasi destino Sol abbia loro in serbo!"
Il capo dei ribelli annuì nonostante il suo volto mostrasse ancora un senso di cupa rassegnazione. Vash capiva che quegli uomini andavano consciamente incontro alla fine.
Dopo aver richiuso la cella, Hermann e Berger si affrettarono lungo il corridoio sino a sparire dalla vista. Il ribelle che era giunto a informarli fece per seguirli, ma si arrestò udendo qualcuno gemere dal dolore. Ander si voltò raggelato.
"Jax?!"
Il caposquadra era crollato a terra stringendosi le mani al ventre e agitandosi convulsamente. Sembrava in preda ad atroci sofferenze, i suoi lamenti erano agghiaccianti.
"Cosa succede al vostro compagno?!"
"E' ferito... credo che l'infezione stia peggiorando!" spiegò Vash agitato.
"Dannazione!!" urlò Jax patendo pene infernali: "Non voglio... morire in questo buco... in un modo così vegognoso!!"
Dopo qualche esitazione, il ribelle prese le chiavi ed entrò nella cella. Quindi si avvicinò con cautela al ferito.
"Tutto ciò che posso fare è medicare la ferita e cambiare il bendaggio... Fammi vedere!"
Ma nonostante dicesse così, il giovane prigioniero continuò a mostrargli la schiena, troppo preso da un dolore insopportabile.
"Fa presto!!" gridò.
L'uomo si abbassò, ma nello stesso istante Jax si girò di colpo, trovandoselo faccia a faccia. Il caposquadra Deathforce lo fissò con un ghigno malefico stampato sul viso.
"Gli ingenui come te non vivono a lungo in questo mondo!"
Le catene che legavano i polsi del biondo guerriero si avvolsero all'istante attorno al collo dell'altro, stringendosi a esso. I due compagni di cella rimasero a osservare esterrefatti, mentre l'uomo soffocava lentamente e lottando inutilmente. La morsa ferrea di Jax si allentò solo quando la vittima smise di muoversi e respirare.
"Tu... stai bene!" realizzò Ander ancora stupefatto: "Era tutta una finta!!"
"Ero credibile, eh?!" chiese con vanto il caposquadra, usando le chiavi per liberarsi: "Non posso certo aspettare incatenato in una prigione che quel bastardo di Blake venga a salvarmi! Questo è il momento di raccogliere più gloria possibile!"
"Cosa pensi di fare nelle tue condizioni?!" lo interrogò Vash.
"Innanzitutto devo ritrovare le armi..." rifletté lui a voce alta: "Poi andrò a caccia di quel Berger... se è un ex della Deathforce, significa che è un ricercato. Portando la sua testa al Gran Maestro, verrei di certo ricompensato adeguatamente!"
"Sei pazzo!!" si oppose il cavaliere di Eyrie: "Riesci a malapena a reggerti in piedi! Liberaci, che ce ne andiamo da qui!"
Jax gli lanciò uno sguardo torvo.
"Farei meglio a lasciarvi qui... ve lo meritereste!"

Le truppe feoriane raggiunsero puntualmente l'obbiettivo. Davanti a esse si innalzava l'utimo baluardo della resistenza di Waldberg. La roccaforte dei ribelli era una struttura impressionante, una specie di fortezza scavata nella montagna. I nemici dell'Impero si erano barricati in un vero e proprio bunker di roccia, pronti ad affrontare lo scontro finale.
L'esercito imperiale si schierava al gran completo, preparando la strategia stabilita dal loro condottiero. Il Capitano di Feor dava ordini e incoraggiamenti agli uomini, sempre seduto sulla propria cavalcatura. Molti soldati stavano assemblando alcune delle più terribili armi del L.I.R.S., bocche di fuoco simili a cannoni e bombarde.
Prima del tramonto partì l'attacco. Attenti a non bersagliare l'unico ponte di pietra che conduceva all'entrata del covo, gli assedianti iniziarono a flagellare le pareti rocciose della montagna con i tremendi colpi dei mortai. In breve il frastuono delle esplosioni divenne costante e insopportabile. Pezzo per pezzo, roccia per roccia, la montagna si sgretolava e sembrava quasi che d'un tratto potesse crollare sui ribelli, seppellendoli per sempre al suo interno. Ma con il passare dei minuti l'entusiasmo dei feoriani iniziò a scemare. Mentre le spigolose e sporgenti rocce esteriori franavano con relativa facilità, la vera, granitica corazza del Karadan, rimasta immutata da milioni di anni, veniva appena scalfita da quella che si vantava di essere più alta tecnologia dell'uomo.
Il Cavaliere Nero se ne accorse e appena i suoi cannoni aprirono un varco all'ingresso della base, diede l'ordine d'assalto ai suoi uomini. Costretti a ripararsi per non venir spazzati via, i ribelli non riuscirono nemmeno a rispondere al fuoco nemico, lasciandogli attraversare il ponte indisturbato. Alle porte si scatenò uno scontro cruento.

Movendosi furtivamente, appiattito alla parete rocciosa, Jax guardò attentamente davanti a sé, simile a una fiera che andava a caccia. La montagna aveva tremato a lungo, ma finalmente aveva smesso. L'esercito imperiale si era presentato in grande stile. In quel momento gli echi delle grida di battaglia inaugurarono il vero attacco. Il giovane guerriero capì che doveva sbrigarsi ad agire, o non avrebbe ottenuto nulla.
Ma i ribelli si erano raccolti assieme per affrontare l'assalto nemico, gli sarebbe stato impossibile scovare il traditore da solo. E per il momento non era riuscito a individuare né lui, né il capo della resistenza.
"Lascia perdere, Jax." sussurrò Vash, che gli stava alle spalle.
"Se restiamo qui, verremo travolti dalle nostre truppe!" aggiunse Ander: "Dovremmo attendere in un luogo sicuro finché non si saranno calmate le acque!"
"Non ci penso proprio!" rispose lui, pentendosi di averli liberati.
Dal punto in cui si trovavano, potevano vedere la grande sala sull'ingresso. I feoriani, rudi veterani del capitano Blake, lottavano ferocemente per farsi strada, ma anche i ribelli si difendevano con grande coraggio.
Poi Vash scorse il capo ribelle mentre combatteva in prima linea, in testa ai suoi uomini. Si era esposto di persona per dare l'esempio, o forse per morire in fretta. Infatti venne presto sopraffatto da più nemici che lo ferirono in modo serio. I compagni lo trascinarono immediatamente lontano dalla ressa, fino a scomparire dalla vista dei tre giovani.
"Seguiamolo!" decise Jax prontamente: "Forse il traditore si trova con lui... e anche se così non fosse, la testa del capo ribelle sarebbe comunque un ottimo trofeo da portare a Blake!"
Gli altri due non fecero in tempo a ribattere. Il caposquadra si lanciò all'inseguimento e i colleghi lo tallonarono a fatica. Nello stesso momento la linea di difesa dei ribelli crollò e i feoriani si riversarono all'interno del covo. In breve scorrazzarono ovunque, aggredendo i ribelli che scovavano e che si barricavano nelle singole stanze. La base della resistenza era molto più ampia e complessa di quello che si sarebbe potuto pensare, ma i soldati dell'esercito imperiale erano sufficienti a invadere ogni singolo spazio. Uno dopo l'altro vennero espugnati e i difensori furono sterminati senza pieta.
Jax nel frattempo correva lungo un interminabile cunicolo che scendeva nelle profondità della montagna. Non poteva essere certo di seguire la via giusta, ma continuò senza esitazioni e impugnando lo spadone, pronto a colpire. Le grida e la confusione della battaglia dietro di lui si affievolirono sempre di più.
Infine raggiunse una vasta sala di forma circolare, simile a un magazzino, dove trovò quattro ribelli. Jax fu loro addosso ancora prima che se ne accorgessero. Dopo averne abbattuti due, il biondo guerriero disarmò un terzo e lo afferrò per il collo. Nonostante la ferita al braccio sinistro, la sua mano sarebbe riuscita anche a spezzarglielo.
"Dove avete portato il vostro capo?! Parla!!" tuonò Jax.
"E' inutile! Non parlerò mai!" rispose lui: "A quest'ora sarà già lontano da qui!"
Il quarto uomo attaccò il Guerriero Deathforce, che rispose vibrando un fendente. Il braccio armato dell'aggressore cadde a terra amputato e il ribelle si gettò in ginocchio urlando disperatamente.
"Dov'è quel tale chiamato Berger?!" insistette il caposquadra spazientito: "Ti conviene sputare il rospo, o ti farò morire lentamente!"
L'altro guardava terrorizzato i compagni agonizzanti.
"N-non lo so... Te lo giuro!!"
Con un impulsivo scatto d'ira, Jax lo decapitò e decise d'interrogare il monco. Questo però aveva già perso molto sangue e non sembrava capire le sue parole. Il giovane guerriero lasciò cadere a terra il moribondo, quando venne raggiunto dai suoi subordinati.
"Dev'esserci qualche passaggio segreto, non c'è altra soluzione!" sentenziò il caposquadra.
Gli altri due si guardarono attorno, analizzando velocemente la situazione. Era un luogo piuttosto buio, pieno di celle simili a quelle in cui erano stati rinchiusi, ma in questo caso piene di provviste e altro. Ognuna di esse sarebbe potuta essere in realtà un altro corridoio, magari collegato all'esterno.
"Non lo troveremo mai..." constatò Ander: "Questo luogo è enorme!"
Aveva ragione e Jax dovette prenderne atto. Era pervaso dalla rabbia e iniziò a scalciare le casse vicine. Il coperchio di una di esse si rovesciò, lasciando intravedere il contenuto.
"Beh, se non altro abbiamo trovato il loro bottino!" approvò il cavaliere di Eyrie: "Pure questo è un buon successo!"

Nell'antro della montagna regnava ora un silenzio di morte. I corpi dei ribelli furono ammassati in tumuli che sarebbero stati bruciati. Altri furono gettati nel baratro al di là del ponte di pietra. I soldati si affannavano a trasportare casse, botti e ogni altro bene utile che ancora si trovava nella ormai ex base della resistenza di Waldberg.
Jax discuteva animatamente con il Capitano di Feor. Il suo scopo era convincere Blake dell'importante ruolo che la sua squadra Deathforce aveva avuto negli sviluppi degli ultimi giorni. Effettivamente avevano persino salvato la vita al Cavaliere Nero stesso.
Ma mentre il caposquadra pensava all'onore e alla carriera, Vash si scoprì riflettere su tutt'altre cose. Questa volta i corpi che venivano ammassati e inceneriti non erano quelli di banditi, ma di gente comune. Uomini che avevano avuto come unica colpa la ferrea volontà di difendere la loro terra. Gente disperata, sicuramente non peggiore dei soldati feoriani, dalla cui parte stava.
Il loro capo, Hermann, era divenuto subito il ricercato principale. Un distaccamento delle truppe fu immediatamente inviato a setacciare la zona. Ma Vash, ripensando alla scena in cui venne colpito, si convinse ancora una volta che Hermann non sarebbe andato lontano. Quella ferita gli sarebbe certamente stata fatale. Restava da capire se fosse stato ancora in vita quando i suoi uomini lo aiutarono a fuggire, o se avessero voluto portare in salvo almeno le sue spoglie. Forse non lo avrebbe mai saputo.
Nel giorno successivo l'esercito fece ritorno all'accampamento. I tre guerrieri dovettero attendere che si espletassero le ultime formalità, prima del rientro all'accademia. Per diversi motivi il loro stato d'animo non era dei migliori e ognuno rimase per i fatti propri, in silenzio.
Nella mente di Ander sarebbe rimasta indelebile l'immagine di Waldberg, che veniva divorata dalle fiamme. Da allora non erano più ritornati in città e non ne avrebbero più avuto l'occasione. Ma il cavaliere non ne avrebbe neanche avuto il coraggio. Ricordò che persino Vash era rimasto scioccato da quello spettacolo. L'espressione che aveva visto in lui, gli aveva fatto venire la pelle d'oca.
E poi aveva pronunciato quella parola. Ander non ne aveva compreso il senso, probabilmente il compagno aveva parlato senza accorgersene. Ma che si trattasse di una parola detta a caso o meno, il cavaliere non riusciva più a togliersela dalla testa. Forse perché non si trattava propriamente di una sciocchezza.
<Drago...> ripeté nei propri pensieri: <Perché mai avrà detto così?>

Alla fine, oltre ad aver sgominato alla radice i membri della resistenza, l'esercito imperiale aveva raso al suolo un'intera città. Waldberg non esisteva più e a questo punto il vero fine dell'espansionismo dell'Impero per Vash risultava del tutto incomprensibile. Quale senso aveva conquistare una terra deserta?
Quell'uomo, Hermann, aveva fatto dei ragionamenti simili ai suoi. Aveva profetizzato un terribile futuro di guerre e aveva puntato il dito sull'Imperatore, quale istigatore e propugnatore. Si era anche spinto oltre, giungendo a dire che come guerrieri, lui e gli altri, non erano altro che marionette nelle mani del padrone di Feor, praticamente suoi complici più o meno consapevoli.
Ma il capo ribelle aveva pure toccato un tasto fondamentale riguardo alla libertà di scelta. Vash si rendeva conto che l'aveva sacrificata per obbedire agli ordini, per eseguire il volere di altri, anche quando lui non fosse stato d'accordo o non avesse voluto farlo. Ma era un prezzo equo per quello che otteneva in cambio?
La missione di Waldberg aveva posto diversi dubbi e quesiti, ma in fondo tutti conducevano a un unico interrogativo. Mentre viaggiava sul mezzo del L.I.R.S., Vash non poteva fare a meno di pensare ad altro. I suoi occhi osservavano la foresta di Waldberg che scompariva a occidente assieme al tramonto.
Quella che lo tormentava era la stessa domanda che gli aveva insinuato Hermann.
<Sto facendo la cosa giusta?>
Meno di un mese dopo, Vash avrebbe deciso di lasciare la Deathforce.

 
 
 
 
 

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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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