Creato da ti_presento_un_Amico il 22/12/2008

ti presento un Amico

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. (Gv 15,13)

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AREA PERSONALE

 

 

Musica sacra su Internet nel sito della Santa Sede

Post n°12 pubblicato il 07 Marzo 2009 da ti_presento_un_Amico
 
Foto di ti_presento_un_Amico

La Santa Sede ha pubblicato su Internet , in una sezione speciale, dei meravigliosi inni liturgici eseguiti dalla Cappella Musicale "Sistina", il più antico coro che da secoli interpreta tutte le parti musicali nelle celebrazioni liturgiche del Vescovo di Roma.

La pagina web offre anche brani interpretati dal Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, istituzione accademica e scientifica eretta dalla Santa Sede.

Sono straordinari, assolutamente da non perdere.

Inni della Cappella Musicale Sistina

Inni del Pontificio Istituto di Musica Sacra

 
 
 

ETERNITA' IN PILLOLE

Post n°11 pubblicato il 04 Marzo 2009 da ti_presento_un_Amico
 
Foto di ti_presento_un_Amico

Eternità in pillole:
si consiglia l'uso prolungato,
è un farmaco che può
produrre effetti desiderabili.....

 

 
Le nubi passano, il cielo resta! (anonimo)

Io non credo in Dio: sarebbe troppo poco, io gli voglio bene! (anonimo)

Sta in pace con ogni uomo per essere sicuro quando preghi. (Isaia di Gaza)

Non pensare che basti il rinnovamento della vita una volta per tutte. Continuamente, ogni giorno bisogna rinnovare la stessa novità. (Origene)

Ogni padre di famiglia si senta impegnato ad amare i suoi con affetto veramente paterno. Per amore di Cristo e della vita eterna, educhi tutti quelli di casa sua, li consigli, li esorti, li corregga con benevolenza ed autorità. (S. Agostino)

Se conserverai la Parola di Dio non c'è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. (S. Bernardo)

Uno dei principali segni che abbiamo che ci manifesti di essere legati e discepoli di Cristo è se noi rendiamo bene per male. (S. Caterina da Siena)

La ragione prima di ogni turbamento con il fratello la si trova nel fatto che nessuno incolpa se stesso. (S. Doroteo)

Più si fa buio intorno a noi e più dobbiamo aprire il nostro cuore alla luce che viene dall'alto. (S. Edith Stein)

Qualunque tempo faccia fuori, dentro di te è sempre tempo di amare Dio. (S. Francesco di Sales)

Il diavolo ci spinge in pensieri di disperazione per recidere la speranza in Dio, l'ancora sicura, il fondamento della nostra vita, la guida nella strada che porta al cielo. (San Giovanni Crisostomo)

Grida incessantemente affinchè il nome del Signore Gesù scendendo nelle profondità del cuore, umilii il drago che ne occupa i pascoli, salvi e vivifichi l'anima. (S. Giovanni Crisostomo)

E' mansueto chi sa sopportare il prossimo e se stesso (S. Giovanni Della Croce)

Non vi è Regina che più obblighi alla resa il Re del cielo quanto l’umiltà. (S. Teresa d’Avila)

Il ruolo dell'uomo su questa terra è di collaborare con Dio nell'Opera di creazione e non quello di volersi sostituire a Lui ad ogni costo! (San Ciriaco)

La grazia di Dio non è in te fino a quando non perdoni. (B. Teresa di Calcutta)

Una persona triste è come un giocattolo nelle mani del demonio: può fare di lei quello che vuole. Se volete che la vostra castità sia casta, coltivate la gioia. (B. Teresa Di Calcutta)

 
 
 

BUONA QUARESIMA A TUTTI

Post n°9 pubblicato il 24 Febbraio 2009 da ti_presento_un_Amico
 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

PER LA QUARESIMA 2009

"Gesù, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame"
(Mt 4,2)

Cari fratelli e sorelle!

All'inizio della Quaresima, che costituisce un cammino di più intenso allenamento spirituale, la Liturgia ci ripropone tre pratiche penitenziali molto care alla tradizione biblica e cristiana - la preghiera, l'elemosina, il digiuno - per disporci a celebrare meglio la Pasqua e a fare così esperienza della potenza di Dio che, come ascolteremo nella Veglia pasquale, "sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l'odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace" (Preconio pasquale). Nel consueto mio Messaggio quaresimale, vorrei soffermarmi quest'anno a riflettere in particolare sul valore e sul senso del digiuno. La Quaresima infatti richiama alla mente i quaranta giorni di digiuno vissuti dal Signore nel deserto prima di intraprendere la sua missione pubblica. Leggiamo nel Vangelo: "Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame" (Mt 4,1-2). Come Mosè prima di ricevere le Tavole della Legge (cfr Es 34,28), come Elia prima di incontrare il Signore sul monte Oreb (cfr 1 Re 19,8), così Gesù pregando e digiunando si preparò alla sua missione, il cui inizio fu un duro scontro con il tentatore.

Possiamo domandarci quale valore e quale senso abbia per noi cristiani il privarci di un qualcosa che sarebbe in se stesso buono e utile per il nostro sostentamento. Le Sacre Scritture e tutta la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per questo nella storia della salvezza ricorre più volte l'invito a digiunare. Già nelle prime pagine della Sacra Scrittura il Signore comanda all'uomo di astenersi dal consumare il frutto proibito: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire" (Gn 2,16-17). Commentando l'ingiunzione divina, san Basilio osserva che "il digiuno è stato ordinato in Paradiso", e "il primo comando in tal senso è stato dato ad Adamo". Egli pertanto conclude: "Il 'non devi mangiare' è, dunque, la legge del digiuno e dell'astinenza" (cfr Sermo de jejunio: PG 31, 163, 98). Poiché tutti siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze, il digiuno ci viene offerto come un mezzo per riannodare l'amicizia con il Signore. Così fece Esdra prima del viaggio di ritorno dall'esilio alla Terra Promessa, invitando il popolo riunito a digiunare "per umiliarci - disse - davanti al nostro Dio" (8,21). L'Onnipotente ascoltò la loro preghiera e assicurò il suo favore e la sua protezione. Altrettanto fecero gli abitanti di Ninive che, sensibili all'appello di Giona al pentimento, proclamarono, quale testimonianza della loro sincerità, un digiuno dicendo: "Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!" (3,9). Anche allora Dio vide le loro opere e li risparmiò.

Nel Nuovo Testamento, Gesù pone in luce la ragione profonda del digiuno, stigmatizzando l'atteggiamento dei farisei, i quali osservavano con scrupolo le prescrizioni imposte dalla legge, ma il loro cuore era lontano da Dio. Il vero digiuno, ripete anche altrove il divino Maestro, è piuttosto compiere la volontà del Padre celeste, il quale "vede nel segreto, e ti ricompenserà" (Mt 6,18). Egli stesso ne dà l'esempio rispondendo a satana, al termine dei 40 giorni passati nel deserto, che "non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). Il vero digiuno è dunque finalizzato a mangiare il "vero cibo", che è fare la volontà del Padre (cfr Gv 4,34). Se pertanto Adamo disobbedì al comando del Signore "di non mangiare del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male", con il digiuno il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua bontà e misericordia.

Troviamo la pratica del digiuno molto presente nella prima comunità cristiana (cfr At 13,3; 14,22; 27,21; 2 Cor 6,5). Anche i Padri della Chiesa parlano della forza del digiuno, capace di tenere a freno il peccato, reprimere le bramosie del "vecchio Adamo", ed aprire nel cuore del credente la strada a Dio. Il digiuno è inoltre una pratica ricorrente e raccomandata dai santi di ogni epoca. Scrive san Pietro Crisologo: "Il digiuno è l'anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno, perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica" (Sermo 43: PL 52, 320. 332).

Ai nostri giorni, la pratica del digiuno pare aver perso un po' della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dalla ricerca del benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo. Digiunare giova certamente al benessere fisico, ma per i credenti è in primo luogo una "terapia" per curare tutto ciò che impedisce loro di conformare se stessi alla volontà di Dio. Nella Costituzione apostolica Pænitemini del 1966, il Servo di Dio Paolo VI ravvisava la necessità di collocare il digiuno nel contesto della chiamata di ogni cristiano a "non più vivere per se stesso, ma per colui che lo amò e diede se stesso per lui, e ... anche a vivere per i fratelli" (cfr Cap. I). La Quaresima potrebbe essere un'occasione opportuna per riprendere le norme contenute nella citata Costituzione apostolica, valorizzando il significato autentico e perenne di quest'antica pratica penitenziale, che può aiutarci a mortificare il nostro egoismo e ad aprire il cuore all'amore di Dio e del prossimo, primo e sommo comandamento della nuova Legge e compendio di tutto il Vangelo (cfr Mt 22,34-40).

La fedele pratica del digiuno contribuisce inoltre a conferire unità alla persona, corpo ed anima, aiutandola ad evitare il peccato e a crescere nell'intimità con il Signore. Sant'Agostino, che ben conosceva le proprie inclinazioni negative e le definiva "nodo tortuoso e aggrovigliato" (Confessioni, II, 10.18), nel suo trattato L'utilità del digiuno, scriveva: "Mi dò certo un supplizio, ma perché Egli mi perdoni; da me stesso mi castigo perché Egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi, per arrivare al diletto della sua dolcezza" (Sermo 400, 3, 3: PL 40, 708). Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita un'interiore disposizione ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della sua parola di salvezza. Con il digiuno e la preghiera permettiamo a Lui di venire a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio.

Al tempo stesso, il digiuno ci aiuta a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Nella sua Prima Lettera san Giovanni ammonisce: "Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l'amore di Dio?" (3,17). Digiunare volontariamente ci aiuta a coltivare lo stile del Buon Samaritano, che si china e va in soccorso del fratello sofferente (cfr Enc. Deus caritas est, 15). Scegliendo liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo. Proprio per mantenere vivo questo atteggiamento di accoglienza e di attenzione verso i fratelli, incoraggio le parrocchie ed ogni altra comunità ad intensificare in Quaresima la pratica del digiuno personale e comunitario, coltivando altresì l'ascolto della Parola di Dio, la preghiera e l'elemosina. Questo è stato, sin dall'inizio, lo stile della comunità cristiana, nella quale venivano fatte speciali collette (cfr 2 Cor 8-9; Rm 15, 25-27), e i fedeli erano invitati a dare ai poveri quanto, grazie al digiuno, era stato messo da parte (cfr Didascalia Ap., V, 20,18). Anche oggi tale pratica va riscoperta ed incoraggiata, soprattutto durante il tempo liturgico quaresimale.

Da quanto ho detto emerge con grande chiarezza che il digiuno rappresenta una pratica ascetica importante, un'arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. Privarsi volontariamente del piacere del cibo e di altri beni materiali, aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d'origine, i cui effetti negativi investono l'intera personalità umana. Opportunamente esorta un antico inno liturgico quaresimale: "Utamur ergo parcius, / verbis, cibis et potibus, / somno, iocis et arctius / perstemus in custodia - Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo con maggior attenzione vigilanti".

Cari fratelli e sorelle, a ben vedere il digiuno ha come sua ultima finalità di aiutare ciascuno di noi, come scriveva il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, a fare di sé dono totale a Dio (cfr Enc. Veritatis splendor, 21). La Quaresima sia pertanto valorizzata in ogni famiglia e in ogni comunità cristiana per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che nutre l'anima aprendola all'amore di Dio e del prossimo. Penso in particolare ad un maggior impegno nella preghiera, nella lectio divina, nel ricorso al Sacramento della Riconciliazione e nell'attiva partecipazione all'Eucaristia, soprattutto alla Santa Messa domenicale. Con questa interiore disposizione entriamo nel clima penitenziale della Quaresima. Ci accompagni la Beata Vergine Maria, Causa nostrae laetitiae, e ci sostenga nello sforzo di liberare il nostro cuore dalla schiavitù del peccato per renderlo sempre più "tabernacolo vivente di Dio". Con questo augurio, mentre assicuro la mia preghiera perché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra un proficuo itinerario quaresimale, imparto di cuore a tutti la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 11 Dicembre 2008

BENEDICTUS PP. XVI

 
 
 

Perchè il Cristianesimo e l'esoterismo sono inconciliabili

Post n°8 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da ti_presento_un_Amico
 

Rispondo ad una persona che mi ha chiesto per quale ragione Cristianesimo ed esoterismo sono inconciliabili.

Con questo post non intendo fare una “caccia alle streghe” nè intendo esprimere un giudizio sulle convinzioni e/o sulle scelte di vita di nessuno.

Mi limito a rispondere ad una domanda.

 

L'esoterismo è la tendenza a escludere chi non sia iniziato o non faccia parte della scuola dalla conoscenza di certe pratiche rituali o di certe verità.

Si intende, in altre parole, tutto ciò che è conosciuto da una ristretta cerchia di persone e non può essere svelato pubblicamente. Esoterismo è qualcosa di misterioso, di segreto, di occulto; è un linguaggio conosciuto solo da pochi eletti, cioè dagli “iniziati”. Ovvero coloro che sono stati ammessi alla conoscenza di qualche culto o di qualche magia particolare, come gli astrologi, i cartomanti, i stregoni e i maghi di ogni genere.

In genere gli iniziati esercitano un grande potere nei confronti degli altri. E questi altri spesso, sono persone che cercano risposte immediate ai propri interrogativi o la soluzione ai propri problemi.

Esiste una stretta relazione (anche se non sempre immediatamente percettibile) tra l'esoterismo ed il satanismo, il quale punta a rovesciare e distruggere i valori della civiltà cristiana e punta a creare confusione per costruire una specie di società al contrario in cui il bene diventa male e il male diventa il bene. Quest’idea è rappresentata anche attraverso i segni caratteristici dei satanisti e i loro rituali. Non a caso, uno dei simboli utilizzati dai seguaci del diavolo è la croce rovesciata, che sta a significare il capovolgimento dei valori del cristianesimo.

L'esoterismo, in ognuna delle sue forme diverse, costituisce sempre una violazione del primo Comandamento (“Non avrai altri dèi di fronte a me”).

Riporto, di seguito, alcuni brevi articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica che ne spiega i motivi in modo esauriente:

 

“Non avrai altri dèi di fronte a me”

2110 Il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori dell'Unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la superstizione e l'irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche modo, un eccesso perverso della religione; l'irreligione è un vizio opposto, per difetto, alla virtù della religione.

La superstizione

2111 La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un'importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione [Cf ⇒ Mt 23,16-22 ].

L'idolatria

2112 Il primo comandamento condanna il politeismo. Esige dall'uomo di non credere in altri dèi che Dio, di non venerare altre divinità che l'Unico. La Scrittura costantemente richiama a questo rifiuto degli idoli che sono “argento e oro, opera delle mani dell'uomo”, i quali “hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono...”. Questi idoli vani rendono l'uomo vano: “Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida” ( ⇒ Sal 115,4-5; ⇒ Sal 115,8 ) [Cf ⇒ Is 44,9-20; ⇒ Ger 10,1-16; 2112 ⇒ Dn 14,1-30; ⇒ Bar 6; ⇒ Sap 13,1-15; ⇒ Sap 13,19 ]. Dio, al contrario, è il “Dio vivente” (⇒ Gs 3,10; ⇒ Sal 42,3; 2112 ecc.), che fa vivere e interviene nella storia.

2113 L'idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. “Non potete servire a Dio e a mammona”, dice Gesù ( ⇒ Mt 6,24 ). Numerosi martiri sono morti per non adorare “la Bestia”, [Cf ⇒ Ap 13-14 ] rifiutando perfino di simularne il culto. L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina [Cf ⇒ Gal 5,20; ⇒ Ef 5,5 ].

2114 La vita umana si unifica nell'adorazione dell'Unico. Il comandamento di adorare il solo Signore semplifica l'uomo e lo salva da una dispersione senza limiti. L'idolatria è una perversione del senso religioso innato nell'uomo. L'idolatra è colui che “riferisce la sua indistruttibile nozione di Dio a chicchessia anziché a Dio” [Origene, Contra Celsum, 2, 40].

Divinazione e magia

2115 Dio può rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia nelle mani della Provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo. L'imprevidenza può costituire una mancanza di responsabilità.

2116 Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che “svelino” l'avvenire [Cf ⇒ Dt 18,10; ⇒ Ger 29,8 ]. La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.

2117 Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo - fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui.

L'irreligione

2118 Il primo comandamento di Dio condanna i principali peccati di irreligione: l'azione di tentare Dio, con parole o atti, il sacrilegio e la simonia.

2121 La simonia [Cf ⇒ At 8,9-24 ] consiste nell'acquisto o nella vendita delle realtà spirituali. A Simone il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva all'opera negli Apostoli, Pietro risponde: “Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio” ( ⇒ At 8,20 ). Così si conformava alla parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” ( ⇒ Mt 10,8 ) [Cf ⇒ Is 55,1 ]. E' impossibile appropriarsi i beni spirituali e comportarsi nei loro confronti come un possessore o un padrone, dal momento che la loro sorgente è in Dio. Non si può che riceverli gratuitamente da lui.

Se hai bisogno di ulteriori chiarimenti contattami.

A presto, Gianpiero.

 
 
 

Più buio attorno a noi.

Post n°7 pubblicato il 07 Febbraio 2009 da ti_presento_un_Amico
 
Foto di ti_presento_un_Amico

Eluana ha cominciato il cam­mino forzato verso la morte perché iniquamente privata del cibo e dell’acqua. E se non avver­ranno fatti nuovi, questo appare il suo ingiusto destino. Benché or­mai molti riconoscano che per quanto in stato vegetativo persi­stente, la giovane donna non è at­taccata ad alcuna macchina, re­spira cioè liberamente. Per cui non c’è nessuna spina da stac­care' come si cerca di far credere, ma per vivere avrebbe bisogno ­come tutti - solo di essere ali­mentata, non potendo farlo da so­la. Resta però un’altra 'spina', de­stinata ad acutizzarsi nella nostra società. E non solo tra i credenti o dentro la medesima sensibilità culturale, ma in corrispondenza a una domanda che non può esse­re censurata: come è possibile far morire una persona in nome di u­na sentenza?

Come si può tollera­re che passi nella mentalità co­mune una pretesa nuova neces­sità, e cioè il diritto di morire, in­vece di sostenere e garantire, an­che nelle situazioni estreme, il di­ritto alla vita? Giacchè qui non si può che far riferimento all’euta­nasia, che 'è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo', come ha ricordato di recente Be­nedetto XVI, il quale ha aggiunto che 'la vera risposta non può es­sere infatti dare la morte, per quanto ’dolce’, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo uma­no' ( Angelus del 1° febbraio 2009). In verità, una domanda si affac­cia insistente alla coscienza: non dare più il cibo e l’acqua ad una persona, come si deve chiamare se non omicidio? Di fronte al dramma della vita debole o ferita, l’unica risposta ragionevole e u­mana che traduce lo struggi­mento interiore che tutti prende è quella delle Suore di Lecco.

Per quindici anni esse hanno accolto amorevolmente Eluana, veglian­dola giorno e notte ed esprimen­do fino alla fine il desiderio di ge­nerarla ancora ogni giorno con l’a­more. Così hanno mostrato, non a parole, come si reagisce all’im­prevedibilità del dolore e come si attesta l’indisponibilità della vita. Una luce si sta spegnendo, la lu­ce di una vita. E l’Italia è più buia. Un grande vuoto aleggia, desti­nato ad accrescersi nei giorni che seguiranno. E non solo perché E­luana non sarà più tra noi, ma perché la cultura egemone avrà ancora una volta negato la realtà, quella del limite, la realtà del do­lore che la ragione – pur cercan­do di alleviarlo – ha sempre con­siderato parte stessa della vita. La realtà della sofferenza che la fede non esalta in sé, ma che nella cro­ce di Cristo si illumina di signifi­cato e di valore. Si percepisce la sensazione che la fiducia reci­proca venga meno perché di fat­to è venuto meno quel favor vi­tae, che è da sempre alla base del­le relazioni interpersonali.

Una parola tuttavia di grave preoccu­pazione dobbiamo dirla circa la concatenazione di circostanze che vanno producendo un tale i­naccettabile esito. Questa vicenda dolorosa, che ve­de al centro una persona che tut­ti sentiamo affettuosamente 'no­stra', ci ha resi più insicuri. Non perdiamo l’occasione per riaffer­mare in modo più convinto e co­rale il sì alla vita; per fare, come società, un passo decisivo ed e­semplare sulla via di un umanesi­mo reale e non parolaio. Per que­sto non possiamo tacere.

+ Angelo Card. Bagnasco

 
 
 

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