una manciata di more

contaminarsi


alla luce abbacinante innevata godo di un fatuo manipolo di pirati, mi pare d'essere catapultata stavolta senza droghe d'anima o corpo in una dimensione in cui i tori son padroni, senza corride inutili. ove il loro nodoso oscillare tra un estremo e l'altro consolano empi scellerati equivoci. cui prodest? senza dubbio passando per primordiali umori a me certamente e a te, te che sei vitalità indiscriminata e indiscriminante. poi s'anche fosse il contrario ora me ne fotterei che non mi pare più peccato, e mai m'è parso. se c'è da impugnare l'arma siano forme interne o forme esterne sono qui, pronta in ogni angolo di corpo teso. non mi basta parlarne e scriverne ve lo confesso. questo girotondo d'andare e venire e offendere e difendere e diversificare è un gioco che si fa criterio d'espansione e ingloba le menti disposte alla solidità di un sistema (che nome stupido, errato) differente: un non sistema per l'appunto. costituentesi di mani che si incrociano, sguardi che si baciano, spiriti guaritori che purificano, arcani volanti che scopano per creare contaminazione. spargendo il seme di un viaggio che non può arrestarsi per costituzione, per essenza e non per mera parvenza.