Creato da patty1_mah1 il 12/06/2006

guardando le stelle

sognare....

 

Messaggi del 24/01/2017

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Post n°1330 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

Immagine correlata

Brindo a me! A ciò che sono, a ciò che non diventerò mai.
Brindo al mio essere disponibile e generosa, brindo ai mie pregi,

 ma soprattutto ai miei difetti.
Non rinnego nulla del mio essere, nemmeno ciò che di me
non amo. Io brindo a me! Una donna come tante,
nulla di eccezionale. Brindo alla mia vita che comunque vada

è mia e solo mia

 
 
 

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Post n°1329 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

Immagine correlata

Dammi la tua mano…
Vedi?
Adesso tutto pesa la metà…
(Leo Delibes)

 
 
 

Vorrei urlare e sfogare quello che ho taciuto finora

Post n°1328 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

 

A volte vorremmo correre come lupi e raggiungere

 la montagna più alta per ululare alla luna quello

che abbiamo taciuto, nascosto e mai detto ad

alta voce.

 Forse succederà prima del previsto, quando l’indecisione,

 le apparenze e la

paura

dell’opinione

altrui saranno solo una nebbia da cui

scappare.

Viviamo in una cultura che punta a reprimere

le emozioni, lo sappiamo tutti. Quando un

bambino

compie cinque anni, inizia a sviluppare certi

 meccanismi di repressione: trattiene le lacrime,

si guarda bene dal dire certe parole e abbassa

 il viso, soddisfacendo, così, quei dettami ormai

abituali del mondo degli adulti, “non piangere”,

 “non parlare”,

“non esprimerti”. 

Metà della popolazione mondiale ha qualcosa
da dire, ma sta in silenzio.
L’altra metà non ha nulla da dire, ma
non smette di parlare.
 
Robert Lee Frost

Apprendere fin da piccoli la cultura delle

 “emozioni prigioniere” ha ovviamente delle

conseguenze. Si arriva all’età adulta come schiavi

del silenzio e delle verità nascoste.

 Spesso il bambino che impara a nascondere

le emozioni finisce per trovare altri canali

 attraverso

cui esprimere ciò che nasconde, da cui spesso

emergono costante aggressività, rabbia e sfida. 

 Sigmund Freud diceva che la mente è come un
 iceberg. Solamente la settima parte emerge
dall’acqua, il resto rimane nascosto, immerso
in un universo gelato dove conserviamo le
emozioni represse e le parole riservate
 al silenzio per paura delle conseguenze
 nell’ambito
 della sfera pubblica.

Vi invitiamo a riflettere sull’argomento.

 Siamo funamboli su un filo instabile 

Di sicuro in diverse occasioni quando ci hanno

chiesto:

 “È successo qualcosa? Hai una brutta cera”,

abbiamo risposto frettolosamente: “No, no.

Sto bene. Va tutto bene”. Con questa frase

battiamo

in ritirata per tempo ricorrendo ad un

formalismo comune che tutti mettono in pratica,

quello delle

false apparenze. Perché a nessuno importa che

 i nostri pezzi si sorreggano su un filo instabile,

perché capiamo che il dolore emotivo è privato.

Il vero problema, però, dipende spesso dalla

nostra incapacità di sfogarci davanti alle persone

che per noi sono davvero importanti.

Non lo facciamo perché siamo convinti che

“esibire” il dolore, il fastidio o i timori significhi

perdere il nostro potere personale.

In qualche modo, rivelare al partner o ad un

familiare che non siamo felici, per via di

determinate circostanze o per un fatto in

particolare, ci fa sviluppare una sorta di

“codipendenza”. Vale a dire, ci sentiamo più

responsabili di come reagiscono gli altri di fronte

 ad un fatto concreto che non delle circostanze

in cui ci troviamo.

Attribuire maggiore valore alla possibile reazione

altrui che non al problema di base ci spinge a

lasciare

 le cose così come sono. Siamo rimasti in silenzio

per tanto tempo, dunque resistere ancora un po’

non fa differenza. Normalizziamo la sofferenza

come chi assume un semplice analgesico per una

ferita traumatica o come chi offre acqua a chi sta annegando.

Non è la cosa più conveniente da fare.

Nessuno è un eterno funambolo che cammina

sulle sue corde instabili, perché prima o poi

quelle

 corde si spezzeranno e la caduta sarà inevitabile. Logicamente,

più in alto si è arrivati seguendo

questa dinamica, più forte sarà l’urto e anche

 le sue conseguenze.

Siamo ciò che abbiamo taciuto, ma meritiamo

di essere liberi

Questo dato è curioso e vale la pena ricordarlo:

quando qualcosa non ci piace, ci ferisce

o ci dà

fastidio, come una parola di disprezzo,

il cervello

impiega

appena 100 millisecondi per reagire

 emotivamente.

Poi, in soli 600 millisecondi,

registra quell’emozione nella corteccia

cerebrale.

A volte non basta dire la verità: conviene mostrare la causa della falsità.
 
Aristotele

 Quando diremo a noi stessi: “Non mi tocca quello che ho sentito, continuerò a

comportarmi come se non me ne importasse”, sarà ormai tardi, perché i nostri meccanismi cerebrali hanno già codificato quell’impatto emotivo. Cercare di registrarlo in altro modo significa ingannare noi stessi, sprecare energia inutilmente e perdere risorse che dovremmo investire in altre strategie.

Ci hanno insegnato a lungo che mostrare

le nostre

 vere emozioni non è un bene, che chi dice

la verità è aggressivo e che sarà sempre meglio

una piccola bugia che un’amara verità detta

ad alta voce. Non è vero. Si può essere assertivi

senza essere aggressivi. C’è di più,

sarebbe bene cominciare a cambiare

la classica idea che oppone l’emozione

 alla ragione, perché è comunque

sbagliata.

Permetterci di provare a pieno i

sentimenti

spesso

 ci aiuta a capire quali sono i nostri

 bisogni.

Fa luce su molti vuoti di pensiero che spesso

riempiamo di false idee: “Se resisto ancora

un po’,

le cose possono migliorare”, “Di sicuro non

pensava davvero quello che ha detto, meglio

se mi comporto come se niente fosse”.

 Capire, ascoltare e sentire completamente

 le nostre emozioni è una necessità vitale da

soddisfare ogni giorno.

Dobbiamo imparare l’arte dell’assertività,

quel sano esercizio “io sento, io merito”.

Dobbiamo ululare alla luna, alla notte e al

giorno tutto ciò che siamo, che meritiamo e che

 valiamo. Basta dare importanza e priorità alle

emozioni degli altri. È il momento di vivere senza

paura.

La mente è meravigliosa

http://www.nonguardarlo.com/wp-content/uploads/2017/01/Lobo-aullando.jpg

 
 
 

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Post n°1327 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

 
 
 

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Post n°1326 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

L'immagine può contenere: una o più persone e sMS

 
 
 

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Post n°1325 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

CONSIGLIO

C'è chi dice che farlo immobili fortifica la colonna vertebrale

A pancia in sotto stimola la circolazione del sangue

Sulla schiena è più piacevole,

Farlo da soli è da egoisti

Farlo in gruppo può essere divertente

Farlo nella vasca è molto digestivo

Farlo in auto può essere pericoloso...

Farlo spesso sviluppa l'immaginazione

Farlo in tre arricchisce la conoscenza

Farlo in ginocchio è doloroso

Si può fare sul tavolo

Sulla credenza

prima o dopo mangiato

Sul letto o su un'amaca

spogliati o vestiti

sull'erba o su un tappeto

con la musica o in silenzio

sotto le lenzuola o nell'armadio

farlo, farlo è sempre un atto d'amore.

Poco importa l'età

la razza

le opinioni

o il sesso

poco importa la posizione...

Leggere!

Leggere è un piacere...

un vero piacere!

... e peggio per chi aveva immaginato un altro finale…

BUONA LETTURA

 
 
 

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Post n°1324 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

Ecco il segreto dell'empatia, quella capacità di "sentire l'altro", di cui tutti noi, seppure a diverso titolo siamo dotati per natura.

L'empatia è ciò che permette agli uomini di riconoscersi a vicenda dal semplice incontro di uno sguardo, di percepire i bisogni dell'altro come altrettanto importanti quanto i propri, entrando in contatto con il suo mondo interiore e le sue emozioni.

E se pensiamo a quanto contano le emozioni nel processo comunicativo possiamo ben capire perché l'empatia sia ritenuta una dote fondamentale per chi vuole essere un buon comunicatore, ma più in generale per chi vuole vivere felicemente qualsiasi tipo di rapporto (di coppia, di amicizia, di lavoro).

L'uomo è per natura un animale sociale; pertanto non può vivere senza relazionarsi con gli altri, ma, come suggerisce il racconto di Schopenhauer, il segreto sta nel trovare la giusta distanza che ci permette di percepire le emozioni dell'altro senza identificarci con esse.

Alcune persone pensano che il modo migliore per stare vicino a chi amano sia provare le stesse emozioni a tal punto da vivere quasi in simbiosi e se l'altro soffre si sentono quasi in dovere di soffrire esattamente come lui. La vera empatia non richiede un simile sacrificio, che spesso è anche controproducente.

Lo sanno bene tutti coloro che svolgono professioni d'aiuto, medici, infermieri, psicologi per i quali è importante possedere una buona dose di empatia. Se questi si facessero completamente carico delle problematiche degli altri non riuscirebbero ad essere loro d'aiuto perché sarebbe come pretendere di salvare chi è caduto nelle sabbie mobili gettandosi a pesce dentro di esse.

La vera empatia può essere dunque riassunta nella formula "vicini, ma non troppo".dalweb

 
 
 

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Post n°1323 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da patty1_mah

La cosa più bella del mondo.

Un celebre pittore, che aveva reallzzato vari lavori di grande bellezza, si convinse, un giorno, che ancora gli mancava di dipingere la sua opera prima.

Si incamminò alla ricerca di una ispirazione o di un modello, e un giorno in una strada polverosa, incontrò un anziano sacerdote che gli chiese dove era diretto.

"Non so", rispose il pittore. "Voglio dipingere la cosa più bella del mondo. Forse lei può indicarmi dove posso trovarla."

"È molto semplice" disse il sacerdote. "In qualsiasi chiesa o nella fede puoi trovare quello che cerchi. La fede è la più bella cosa del mondo."

Il pittore proseguì il suo viaggio.

Più tardi, domandò ad una giovane sposa se sapeva quale fosse la cosa più bella del mondo.

"L’amore" rispose la donna. "L’amore fa diventare ricchi i poveri, cura le ferite, fa diventare molto il poco. Senza amore, non c’è bellezza."

Il pittore continuò ancora la sua ricerca.

Un soldato esausto incrociò la sua strada e quando il pittore gli pose la stessa domanda, rispose:

"La Pace è la più bella cosa del mondo. La guerra è la cosa più brutta. Dove si trova la pace, è sicuro che si troverà anche la bellezza".

FEDE, AMORE E PACE

Come potrei dipingerle? Pensò tristemente l’artista.

Scuotendo la testa scoraggiato, riprese la direzione di casa.

Entrando nella sua casa, vide la cosa più bella del mondo:

Negli occhi dei figli c’era la FEDE.

L’ AMORE brillava nel sorriso della sua sposa.

E qui, nel suo focolare, c’era la PACE di cui gli aveva parlato il soldato.

Il pittore realizzò così il quadro

"LA COSA PIÙ

BELLA DEL MONDO".

E, una volta terminato, lo chiamò

"LA CASA".

(Goodwin)

 
 
 

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