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Post N° 127

Post n°127 pubblicato il 27 Agosto 2006 da Makataimeshekiakiak

Omosessuali nel mirino delle milizie

La strage silenziosa e legalizzata dei gay iracheni
Karar Oda aveva 38 anni, l’hanno ritrovato sul ciglio di una strada alla periferia di Baghdad, il corpo carbonizzato e orrendamente mutilato. Secondo i “teologi” della brigata Badr (il braccio armato dello Sciri, Consiglio supremo della rivoluzione islamica e principale partito sciita iracheno, che agisce sotto copertura del ministero dell’Interno n. d. r) era colpevole di omosessualità, un crimine contro natura ma nella fattispecie contro i sacri precetti dell’islam. Stessa sorte per il piccolo Hasoon al Hasani, che aveva appena 11 anni, sequestrato i primi di luglio davanti la casa dei suoi genitori da un gruppo di uomini vestiti con le uniformi da poliziotti. Hasoon era stato adescato alcuni mesi prima da una rete di sfruttatori che lo costringeva a prostituirsi per i quartieri più degradati della capitale, ma questa condizione non ha costituito certo un’attenuante per i miliziani di dio, i quali lo hanno ucciso con una pallottola in testa. Anche Ahmed Jhalil, 14 anni, era noto per prostituirsi, pratica assai diffusa tra i giovani iracheni che tentano i questo modo di aiutare le proprie famiglie; le milizie religiose lo hanno assassinato sulla porta di casa con un colpo di pistola. Miliziani fanatici ma anche, come abbiamo visto, uomini legati agli ambienti della polizia irachena sempre più infiltrata da elementi vicini al fondamentalismo islamico, come denunciano da anni le organizzazioni dei diritti umani presenti nel paese. Le tecniche per “stanare” i sospetti vanno dalla semplice perlustrazione delle strade a vere e proprie trappole informatiche, la più nota è la seguente: gli agenti del Badr contattano le vittime via internet, organizzano un appuntamento e poi arrestano i sospetti.

L’elenco è lunghissimo e sarebbe impossibile ricostruire la brutale sequenza di violenze nei confronti di gay lesbiche e transessuali che costella le cronache dell’Iraq occupato, quello che doveva aprire le porte al virtuoso gioco della democrazia e che, invece, è diventato il laboratorio a cielo aperto del terrorismo jihadista e dell’integralismo religioso. Se per le vittime delle autobombe o dei raid alleati c’è ancora chi spende qualche lacrima e qualche parola d’indignazione, quella dei gay è una strage silenziosa, che avviene a luci spente e con l’omertosa reticenza dei padrini occidentali. Infatti il Dipartimento di Stato americano, attento a non complicarsi ulteriormente la vita nel ginepraio iracheno, non ha mai fornito alcun rapporto su un fenomeno che sta conoscendo una crescita esponenziale.

Un’autentica caccia alle streghe, proclamata dalle autorità religiose e avallata dalla complicità, passiva ma soprattutto attiva dei nuovi poteri di Baghdad. Come scrive il britannico The Observer: «Il paese è in preda a un’escalation di virulenti attacchi nei confronti degli omosessuali, il tutto con la benedizione della legge irachena». Già, perché l’articolo 111 del nuovo codice penale nazionale parla chiaro: l’assassinio di un gay o di una lesbica è considerato un «delitto d’onore», un po’ come accadeva in Italia fino agli anni ’70, quando le mogli adulterine o presunte tali venivano massacrate dai propri mariti con il placet del vecchio codice di famiglia. Ma nell’Iraq del terzo millennio è anche peggio: i più fortunati, ossia coloro che alla fine del calvario non incontrano la morte, se la cavano con pestaggi, sevizie, rapimenti e quant’altro. «Le foto che abbiamo visto -prosegue The Observer, che è riuscito ad ottenere diverse immagini delle punizioni riservate agli “empi”- mostrano delle persone bendate, le mani legate dietro la schiena, i fucili puntati alle tempie in attesa di essere giustiziate. Altre foto mostrano dei cadaveri trascinati per le vie di Baghdad dopo la loro esecuzione». Il tutto tra l’indifferenza, se non il plauso della popolazione.

Se l’apparato giuridico fornisce confortevoli coperture a chi decide di “bonificare” il paese dalla minaccia omosessuale, molti leader religiosi spiegano con cura dei dettagli cosa bisogna fare per redimere i comportamenti anti-islamici. Molto edificante la fatwa emessa pochi mesi fa dal defunto ayatollah Abul Qassim Khoei, il quale ordinava alla comunità musulmana di giustiziare tutti gli omosessuali «con la spada» oppure di «bruciarli vivi», o al limite di «legare loro mani e piedi e di gettarli da una rupe».

Daniele Zaccaria da Liberazione del 9 agosto

PREFERISCO NON COMMENTARE! NON RIESCO A TROVARE LE PAROLE PER ESPRIMERE IL MIO DISGUSTO CHE PROVO NEL LEGGERE QUESTO ARTICOLO!

Inviato da: maryann53

 
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