Creato da uomo_ambiente il 17/01/2007
L' Uomo al centro del sistema ambiente
 

per ora le marmotte alto atesine sono salve!

 

La Cina continua a violare i Diritti umani, a devastare l' Ambiente, ad applicare la pena di morte, a pianificare un genocidio culturale e ad occupare militarmente il Tibet.

La bandiera olimpica e' stata ammainata...

NON DOBBIAMO AMMAINARE LA BANDIERA DEL TIBET!

 

RINGRAZIAMO TUTTI I SOTTOSCRITTORI DELLA NOSTRA PETIZIONE

 CON LA LORO FIRMA HANNO CONTRIBUITO A SALVARE I COLIBRI' DEL PARCO TROPICALE DI MIRAMARE...

PER IL MOMENTO

 - CON UN MODESTO E PARZIALE FINANZIAMENTO MINISTERIALE -

L' EMERGENZA E' STATA SUPERATA!

Ambiente eè Vita FVG

 

L' Ambiente non e' una identita' astratta, ma una realta' palpitante e viva che l' Uomo deve amare, proteggere e fruire responsabilmente 

(Nino Sospiri) 

www.ambientevita.it

 
 

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FREE TIBET

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Anche se prosegue la distruzione... neppure i cinesi riusciranno ad abbattere le piu' alte montagne del mondo, trono degli dei tibetani, che circondano il paese. E percio' anche i futuro, i tibetani piu' devoti, attraversando gli alti passi, potranno dire: "Gli dei vinceranno".

Heinrich Harrer - Autore di "Sette anni nel Tibet"


 

Prima dell’occupazione cinese, il Tibet era, dal punto di vista ecologico, un territorio equilibrato e stabile perché la conservazione dell’ambiente era parte essenziale della vita quotidiana dei suoi abitanti. I Tibetani vivevano in armonia con la natura grazie alla loro fede nella religione buddista che asserisce l’interdipendenza di tutti gli elementi esistenti sulla terra, siano essi viventi o non viventi. Questa credenza era ulteriormente rafforzata dalla stretta osservanza di una norma che potremmo definire di "autoregolamentazione". Una norma comune a tutti i buddisti tibetani, in base alla quale l’ambiente deve essere sfruttato solo per soddisfare le proprie necessità e non per pura cupidigia. Dopo l’occupazione del Tibet, l’attitudine amichevole e armoniosa dei tibetani nei confronti della natura fu brutalmente soppiantata dalla visione consumistica e materialista dell’ideologia comunista cinese. All’invasione fecero seguito devastanti distruzioni ambientali. Le politiche economiche cinesi  causarono la deforestazione, il depauperamento dei pascoli, lo sfruttamento incontrollato delle risorse minerarie, l’estinzione della fauna selvatica, l’inquinamento da scorie nucleari, l’erosione del suolo e le frane. Oggi lo stato dell’ambiente in Tibet è altamente critico e le conseguenze di questo degrado saranno avvertite ben oltre i suoi confini.

 

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Post N° 623

Post n°623 pubblicato il 25 Agosto 2008 da uomo_ambiente

Conferenza sul clima: niente certezze ma soldi subito

È iniziata il 21 agosto ad Accra, Ghana, e durerà una settimana, l’ennesima Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, preliminare al summit delle Nazioni Unite in agenda a dicembre del 2009 a Copenhagen.

I lavori della conferenza, alla quale partecipano oltre 1.000 delegati, sono stati aperti dal responsabile delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Yvo de Boer: “Quando la casa brucia – ha detto tra l’altro de Boer, citando un proverbio ghaniano – non si può perdere tempo a discutere: il tempo stringe, i negoziati per un nuovo trattato devono accelerare”. Altrettanto convinto della necessità di affrettare il passo si è detto anche il presidente del Ghana, John Kufuor, che ha colto l’occasione per osservare: “I cambiamenti del clima rendono lo sviluppo più difficile e molto più costoso”.

Tra le prime dichiarazioni è da rimarcare inoltre quella di Kim Carstensen, direttore del Global Climate Initiative del WWF, secondo cui svolgere in uno stato africano la conferenza non è casuale considerato che l’Africa è “il continente più povero e anche quello più vulnerabile ai mutamenti climatici”.

In queste poche frasi c’è molto su cui riflettere. Innanzi tutto, la fretta: da anni ormai i protagonisti delle campagne contro le cause e le conseguenze della povertà insistono sull’urgenza di prendere delle decisioni. Che si tratti di AIDS, global warming, boom demografico o di altro ancora, si instilla l’idea che occorra fare in fretta, come se il problema in questione si fosse improvvisamente aggravato. Non è detto che sia così, a volte è vero il contrario e in certi casi non è nemmeno detto che il problema sussista realmente nei termini indicati, ma dare la sensazione che il tempo stia per scadere contribuisce a far sì che molte persone siano disposte ad accettare le risoluzioni proposte senza indugi e soprattutto senza ragionarci troppo.

In secondo luogo, lo sviluppo reso molto più difficile e costoso dai cambiamenti climatici: il punto fondamentale è che nessuno ha ancora un’idea chiara di come e quanto varierà il clima nei prossimi anni e men che meno si sa come le eventuali variazioni incideranno sulla vita degli abitanti della Terra. Che gli effetti possano essere soltanto negativi, nel caso di un aumento della temperatura, è anche improbabile. Tuttavia non si parla d’altro e, prima di sapere che cosa è necessario fare per rimediare ad eventuali danni e prevenirli e quanto può costare, si chiedono fondi e risorse, a miliardi. Anche questa d’altra parte è una costante delle campagne contro la povertà: esigere finanziamenti dai paesi industrializzati, senza aver calcolato i costi effettivi delle iniziative da intraprendere e spesso senza neanche averne valutato l’effettiva efficacia.

Infine, l’Africa e la sua estrema vulnerabilità ai mutamenti climatici: l’affermazione è corretta, ma spesso chi la formula omette di spiegare che tanta vulnerabilità dipende unicamente dal fatto che in Africa mancano o non vengono correttamente e diffusamente utilizzati i più elementari strumenti tecnologici capaci di mitigare gli effetti negativi di condizioni ambientali critiche, di adattare la natura ai bisogni umani e di moltiplicarne le risorse. Nei paesi industrializzati, per fare un esempio tra i più semplici, l’umanità è ormai in grado di mantenere una temperatura costante nelle abitazioni e nei luoghi di studio e di lavoro e di proteggersi dagli sbalzi di temperatura quando si trova in luoghi aperti: la maggior parte degli africani non ha modo di farlo.

Peraltro se risultasse corretta la teoria secondo cui il fattore antropico è il maggior responsabile di un eventuale, catastrofico aumento della temperatura, l’umanità si troverebbe di fronte a una situazione senza via d’uscita. Infatti in questo caso il global warming dipenderebbe proprio dalla capacità acquisita dall’uomo di produrre incalcolabili, utilissime risorse, grazie a tecnologie che sempre più riducono la fatica e aumentano la resa del lavoro; di trasformare il pianeta in un habitat sicuro, al riparo dagli infiniti pericoli naturali, rendendo ad esempio l’acqua potabile e disponibile in casa in abbondanza, riscaldando gli ambienti e raffreddandoli a seconda delle stagioni, accumulando l’acqua piovana e utilizzandola al bisogno; e inoltre
di ricavare dalla natura e imparare a produrre sinteticamente medicinali e, sempre grazie all’inventiva, strumenti chirurgici sempre più efficaci e protesi che consentono di ovviare al decadimento fisico, dagli occhiali ai by-pass.

Per realizzare tutto ciò, sostengono i cosiddetti eco-catastrofisti, si consuma, si inquina e si alterano gli equilibri naturali mentre, per effetto delle attività che migliorano la qualità della vita, la popolazione umana, oltre a vivere più a lungo, si moltiplica, aumentando progressivamente il danno ambientale

fonte Anna Bono – SviPop


 
 
 
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