Creato da vanille_noire il 27/06/2014

Venti da Nord Est

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« SenzaRiverbero »

Il piano inclinato

Post n°51 pubblicato il 12 Aprile 2016 da vanille_noire

Ogni tanto capitava, ritornava.

Era come trovarsi alla fine di un piano inclinato, il pensiero rotolava prima piano per prendere a poco a poco velocità e arrivare puntuale, dirompente a destinazione.

Me lo ricordo, la prima volta. Era successo sulle scale mobili nel centro commerciale. Era arrivato così, "il pensiero", senza chiedere il permesso e "zac!" un pugno allo stomaco ben assestato, sufficiente per ritrovarmi persa, con gli occhi lucidi e in equilibrio su gradini ai quali piaceva cambiare.

Ma anche stamattina.

Sono la prima in attesa che la saracinesca dell'ufficio postale si alzi. Pochi istanti e non mi accorgo che si può entrare: la testa altrove, rapita, ma il posto dove mi trovo in quei momenti non lo saprei spiegare.

Un'ottantenne alle mie spalle, che evidentemente ha molta più fretta e lucidità di me, mi "spiega" che hanno aperto.

Mi scuso, ringrazio e mi avvio allo sportello, ma non prima di essermi sfiorata con i polpastrelli gli angoli degli occhi. Faccio finta di soffiarmi il naso e mi chiedo il motivo di come e perchè certe presenze non avvisino il loro arrivo con almeno qualche minuto di anticipo. Mi ricompongo, penso di avere anche un aspetto normale e una voce ferma.

 

La sensazione che può provocare una mascherina sul viso: le gambe leggere e la vista che a poco a poco si perde nella nebbia, a raccontarsi, potrebbe sembrare anche una bella esperienza. Ma c'è che, un battito, forse sincrono con il mio, da giorni non c'è più.

Ora rimane un angelo accanto a me, in carne ed ossa. Proprio come devono essere gli angeli, per nulla eterei, ma terreni, reali che stringono mani estranee e accarezzano esistenze sconosciute. Non la conosco e nemmeno lei conosce me. Le vedo confusamente gli occhi, anche lei una mascherina, diversa dalla mia. Mi dice di non preoccuparmi, che andrà tutto bene.

Mi piace la sicurezza, il calore, la gratuità di quella vicinanza.

Eppure non penso di aver manifestato paura: sono nella foschia più totale, anche le paure e i pensieri lì fan presto a confondersi.

Da allora, quando me ne ricordo adotto anch'io quel comportamento.

Ho la tendenza ad usare spesso il "non preoccuparti" e a lungo andare uno ci prende mano, diventa esperto, ci crede e si rende credibile.

Quanto a quel piccolo dolore di molti anni fa, come già scritto, ogni tanto compare.

La sua forza sta nel fatto che non ne ho stemperato il ricordo condividendolo con alcuno, neanche con chi sarebbe stato giusto e doveroso farlo.

C'è una sorta di egoismo anche nel tenere per sè le cose che fanno male.

Questo, il mio piano inclinato.

 

 

 

 
 
 
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