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Nazionalismi di ritorno

Post n°127 pubblicato il 10 Dicembre 2011 da ventus68

Dato per scontato che Sarkozy non è Napoleone, forse riuscirà ad ottenere quel che Napoleone non si era mai sognato: lo strangolamento del leone britannico. E gli italiani? noi siamo, oggi, colonia franco-tedesca con un viceré che, solo nominalmente, è italiano. Sembrerà strano, brutto, o quel che volete voi, ma l’Italia di Berlusconi era, come l’Italia di Mussolini, un paese indipendente (lasciamo perdere le considerazioni morali che, già diceva Niccolò valgono quel che valgono). Oggi, però, ci ritroviamo nella stessa situazione del 1945 senza, aver perso nessuna guerra e senza nessun De Gasperi alla guida del paese. Siamo addirittura messi peggio che nel ’45. Di conseguenza la politica estera italiana, oggi praticamente inesistente, si appiattirà, di necessità, su quella delle banche franco-tedesche. E quindi? E quindi noi piccoli europei continueremo a litigare tra noi, come se Sarkozy fosse Napoleone, Cameron Wellington e la Merkel Bismark (in pratica stiamo giocando ai soldatini). Noi italiani, per fortuna, non dobbiamo far finta di essere nessuno, siamo quel che siamo sempre stati dal Seicento in poi, campo di battaglia di appetiti stranieri. Evviva la sincerità delle maschere italiche! È, forse, tutto questo, anche un ritorno dei nazionalismi, francesi, tedeschi e inglesi (noi italiani, ribadiamolo, siamo esterofili per vocazione). Ognuno sogna, sogna un impero perduto, napoleonico o britannico cambia poco, sogna un impero (la politica purtroppo è spesso generata da sogni ma meglio direi incubi piuttosto che da percorsi razionali) in un mondo dove un grande impero, forse due, stanno già per ingoiarci: Russia e Cina. Gli americani, è vero, difendono le loro posizioni sul vecchio continente, ma con sempre minor convinzione e forza. Cinesi e russi, al contrario, sono sempre più interessati a noi, come colonia o sotto-colonie dei loro imperi. Lo ripeto, per noi italiani non cambia nulla e forse i russi valgono, per noi quanto i francesi e i tedeschi. Quando si nasce Arlecchino, esser servidor de du paron o tre è un destino inevitabile. Ma gli inglesi che, attualmente, godono di tutti i vantaggi di un mercato comune senza pagare i sacrifici dell’euro, cosa faranno quando saranno cacciati fuori dall’Europa e, per esempio, perderanno il mercato italiano (sostituiti da francesi e tedeschi) nell’esportazioni di carne e latte? Diventeranno colonia americana? Altra soluzione, francamente, non la vedo. E magari fosse finita qui, fatti fuori gli scomodi euroscettici di Londra, ma chi crede, davvero, che anche francesi e tedeschi, magari sul suolo italiano, non finiranno anche loro per scannarsi? Purtroppo l’Europa ci sarebbe anche, manca solo da inventare gli europei.

 
 
 

Democrazia o repubblica?

Post n°126 pubblicato il 21 Novembre 2011 da ventus68

Partirei da una lezioncina semplice, semplice di filologia. Democrazia e repubblica non sono sinonimi. La prima parola deriva dal greco e significa potere del popolo, non del laos, popolo in armi, ma del demos, della gente comune, in pace (e se permettete i greci, gente precisa, vedevano tra i due popoli, uno in armi, uno no, una certa differenza). Repubblica, al contrario, è parola latina e deriva da res publica, ovvero cosa di tutti, ovvero Stato. Lo Stato di tutti può anche essere una democrazia, ma può anche non esserlo. In effetti i romani, in tutta la loro storia, sono passati dalla monarchia, all’oligarchia senatoria, alla tirannide o impero. Ma di democrazia vera neanche l’ombra. E tutto questo cosa ce ne impippa potranno dire i più? semplicemente, oggi, in Italia, con il governo Monti possiamo, al massimo, avere una repubblica, nel senso latino del termine, ma non certo una democrazia. Berlusconi, esecrato demagogo, sempre la radice demos, popolo notate bene, nel bene, ma soprattutto nel male, è stato espressione di un voto democratico. Monti no. Come Cicerone o Cincinnato (questi paragoni li ho letti nel Corriere della Sera) salverà lo stato, ma non certo democraticamente. Del resto, notate bene, nel momento in cui, il Corriere della Sera, paragona Monti a Cincinnato, se la Storia non è un’opinione, lo paragona ad un dittatore. Sicuramente, in questo paragone, il Corriere della Sera fa affidamento sullo scarso studio, odierno, della Storia romana. Comunque Cincinnato sarà anche stato un buon dittatore, ma l’aggettivo non è che muti di molto il significato del sostantivo. Si dice, certo, che Cincinnato, eseguito il suo compito lasciò, spontaneamente, il potere per andare a coltivare il suo campicello. Ma siamo sicuri, come lo è il Corriere, che Monti farà lo stesso?

Ora io non conosco molto le simpatie agrarie di Monti, anche se sono ben sicuro che il potere che amministra, più che per se stesso, lo amministra per conto terzi, ma di certo io un banchiere a coltivare rape e broccoli, pur con tutto il rispetto che ho delle opinioni del Corriere della Sera, non ce lo vedo. Probabilmente, come senese, sono poco fantasioso. Mi si dirà, ma Monti è un professore. Aggiungo io, da senese, anche i professori che hanno mandato in bancarotta l’Università di Siena erano professori. Ma questo non gli ha impedito di fare regali a destra a manca, a contrada e non contrada, per anni ed anni. Essere professori è certo una buona cosa, ma non è certo sinonimo di santità. E allora? E allora mi direte, quali le conclusioni? Le conclusioni sono presto dette. Abbiamo un viceré spagnolo, chiamiamolo così anche se italiano, che ci governa per conto della Francia e della Germania. Al nostro premier, anzi ex premier Berlusconi, non gli è parso il vero di lasciare la patata bollente della crisi nelle mani di un “tecnico” salvo poi, alle prossime elezioni, ripresentarsi con la solita faccia tosta, dicendo: “vedete, non mi hanno lasciato governare!” La nostra opposizione è già divisa, prima ancora di vincere le elezioni, figuriamoci dopo. A questo punto, certo, forse hanno ragione i più, anche a sinistra che a me, monarchico, mi dicono (e scusate se mi scompiscio, direbbe Totò) che la democrazia non è sempre una buona cosa. Figuriamoci, tutto mi aspettavo, tranne che, da monarchico, dover difendere, proprio io, la democrazia. Ovvero non difendo il sistema in sé. Ma se si sceglie di vivere in un sistema vi si vive, coerentemente, fino a quando non si decide di cambiarlo. Democrazia va bene, monarchia pure, ma mezza democrazia e mezza no, no che non vanno bene.

 

 

 
 
 

l'immensa melassa ovvero panta rei

Post n°125 pubblicato il 12 Novembre 2011 da ventus68

Sul sito di “la Repubblica” un gruppo di celebro-latenti si fa fotografare davanti all’orologio che segna le ore 11, del giorno 11, del mese di novembre e via discorrendo. Sarà una sorta di pitagorismo di ritorno? A me, devo dire, il giorno 11/11/ 2011 non ha fatto alcun effetto. Tutti questi uno dal sapore vagamente fallico mi eccitano ben poco. Rimanendo in tema Melissa ed Elisabetta si sono fatte fotografare in abiti succinti, non mi ricordo dove, forse dalle parti di Los Angeles, mettendo in mostra tutte le loro “potenzialità” di giovani e promettenti attrici. Ma Berlusconi non aveva già dato le dimissioni? Va buo, per par condicio, altrove, sempre in America, credo, qualcun altro ha fotografato le rughe di Demi Moore. Lo scoop credo che sia che anche i vip, con il passare degli anni, invecchiano. Nestikazzibus cum controfiocchibus direbbero gli antichi.  Tutto questo pubblicato, con massima enfasi, naturalmente, su giornali seri che pretendono anche di trattare, a tempo perso, tra una ruga e un’altra, tra uno scoscio di minigonna e un altro anche di politica. Facile moralismo da nonnetto catoniano in pensione? Forse, ma sapere, dall’autorevole fonte “Corriere della Sera” che Brigit Bardot ha bisogno di un uomo può ispirarmi a rivedere qualche film di Fellini (Amarcord in particolare), ma non mi induce più di tanto a fidarmi della serietà di chi parla di “spread” “totoministri” e via discorrendo. Sempre le solite parole, oltretutto, spalmate a raffica su tutti i quotidiani nazionali. Ma che dico le stesse parole, le stesse frasi, gli stessi pensieri o, meglio, non pensieri, come i proverbi della nonna: “è partito il totoministri!” “spasmodica attesa per le sorti dell’Italia” “In Francia hanno scoperto che anche Sarkozy è un bischero”. Beh veramente questa ultima non l’ho letta in nessun giornale e, infatti, è l’unica originale. Tutto questo per dire, semplicemente, che panta rei, come una immensa melassa e noi ci siamo finiti, inesorabilmente, dentro.

 
 
 

Psicopatologia del turista fiorentino

Post n°124 pubblicato il 04 Ottobre 2011 da ventus68

Firenze, diceva Dante, ha le mura inargentate o qualcosa di simile. Ma dal tempo di Dante di acqua sotto Ponte Vecchio ne è passata e, oramai, Firenze le mura, inargentate o meno, non ce l’ha più. In compenso ha i viali: inargentati pure essi? Ai posteri l’ardua sentenza, di sicuro pieni di smog e di traffico inargentato.

Comunque di turisti ve ne sono a bizzeffe, crisi o non crisi, euro o non euro, Grecia sì, Grecia no. I turisti sono di tutte le razze, di tutte le nazionalità, di tutte le culture possibili ed immaginabili, differentissimi tra di loro, accomunati da un solo fattore comune: una psicosi collettiva che li coglie appena sbarcano, si fa per dire, sull’Arno.

Non so se è il clima, come questo ottobre particolarmente afoso, non so se è la vicinanza della follia italica, ma qualsiasi turista, appena sbarca a Firenze, nel migliore dei casi, anche se prima era un rinomato banchiere londinese, si trasforma in un barbone vaniloquente senza fissa dimora.

Ovviamente la follia varia da civiltà a civiltà e si manifesta in forme tra loro assai diverse. I cinesi, per esempio, hanno la sindrome della falange macedone. Marciano per le piccolissime vie di Firenze in squadroni della morte ordinatissimi. Qualsiasi persona trovino sul loro percorso o la travolgono o finisce per ritrovarsi con loro all’aeroporto internazionale di Pechino. I cinesi non ammettono che qualcuno, fosse pure una vecchina o un bambino, possa intralciare loro la strada. La sindrome, forse, della lunga marcia, immagino io. Poi hanno questa brutta abitudine di fotografare i nativi, cioè noi, come fossimo indiani in riserva. Mia moglie dice, ma lascia perdere, io dico: “che cavolo! Io mica vado a Pechino a fotografarli, che c…zo ci farei con la fotografia del signor Wong o della signora Wong e figli? Che ci fanno con le mie foto? A cosa gli servono?” Misteri della psicopatologia orientale. I russi sono simili ai cinesi, ma marciano meno compatti, di solito trovata una stradina, piccola beninteso, vi si accampano e non si spostano più, né più né meno di un branco di pecore. Puoi camminarci sopra, ma non si muovono. In questo, diciamocelo, sono di gran lunga inferiori ai cinesi come combattività. Quelli che mi stanno, però, sul c…lo sono i francesi. Sarà un odio a pelle, ma li odio con tutte le mie forze. Quando camminano per il centro di Firenze occupano sempre, come Napoleone, il centro della strada e parlano ad alta voce per far sentire che sono francesi, che loro parlano francese e che ci fanno un grande onore ad essere qui a Firenze tra le nostre casupole e catapecchie rinascimentali. Se fossi il sindaco proibirei almeno a tutti i parigini di varcare la frontiera. Bloccateli al Brennero! Gli americani sono in parte simili ai francesi, ma meno rileccati. Loro per far capire che sono una razza padrona urlano, anche se chiedono dove si trova il giornalaio. Il tono di voce medio di un americano, quando è in salotto da solo e parla con la moglie è di poco inferiore a quello di Pavarotti quando cantava l’Aida. Se hai dei vicini di casa americani non puoi non notarli, ti tocca sentire tutte le loro conversazioni, anche perché loro, anche in pieno dicembre, stanno con le finestre aperte. Oltretutto hanno anche la pietosa convinzione che, essendo noi italiani, dei poveri selvaggi, nessuno di noi riuscirà a decifrare la loro misteriosissima lingua, l’inglese. Quando ormai, a Firenze l’inglese, per necessità, lo sanno anche i lampredottai del mercato centrale.

 
 
 

La maledizione di Napoleone

Post n°123 pubblicato il 25 Settembre 2011 da ventus68

Innanzitutto si chiamava Nabulione, era corso, di antiche e, per certi versi nobiliari, origini toscane. Nabulione Buonaparte, da piccolo immigrato corso fece gli unici studi che la sua posizione gli consentiva, quelli militare. Oh a lui piaceva fare il soldato, come molti meridionali (so che quel che dico sembrerà assurdo ma è così) amava l’ordine e la disciplina più di un prussiano. Nato e cresciuto in un ambiente disordinato e anarchico, capì il valore dell’organizzazione e della efficienza di uno Stato. La Francia deve molto a questo intrattabile corso, almeno da questo punto di vista. È altrettanto ovvio che in Italia non avrebbe mai potuto far carriera.

Era anche un buon oratore, ma non amava molto parlare, come tutti gli isolani e, come tutti gli isolani detestava il mare. Il suo grande amore, forse più che la Francia fu l’esercito francese dove era nato e cresciuto, dove avrebbe voluto morire, probabilmente.

Non fece molte storie per conquistare il potere, semplicemente un giorno, con i suoi soldati entrò in parlamento, lo sciolse e instaurò prima una dittatura, poi un impero. Anche in questo fece scuola.

Amava le divise, ma lui almeno era stato soldato per davvero, al contrario di molti altri che soldati mai lo furono veramente e, perciò, girarono tutta la vita in divisa, Mussolini, per esempio.

E siamo infatti venuti a Mussolini. Mussolini, come Nabulione, si credeva infallibile, peccato che neanche Nabulione lo fosse. Dico questo perché sto leggendo i diari di Ciano, dai quali emerge un Italia fascista deprimente, primo perché non poteva essere altrimenti con una popolazione agraria e semi-analfabeta che non sapeva neanche dove fosse Roma e che, quindi, Mussolini o Re o parlamento faceva lo stesso. In secondo luogo la dittatura, approssimativa come tutte le cose italiane, fu quel che fu e cadde soltanto a causa dell’alleanza con Hitler. E qui torna Nabulione, entrambi Mussolini ed Hitler si credevano Nabulioni, senza esserlo, senza avere la capacità di comandare non dico un esercito ma neanche una pattuglia di lupetti. La maledizione dell’Italia non fu, infatti, tanto la dittatura, quanto una dittatura napoleonica, ma senza Nabulione. Che l’Italia degli anni venti fosse preparata ad una democrazia europea di stampo anglosassone era una pura e semplice favola. Al sud l’unico effetto della democrazia fu quello di mandare in parlamento decine e decine di mafiosi. E non a caso i mafiosi erano tutti antifascisti. Nel centro nord, chi rimaneva? I mezzadri? Mio nonno era mezzadro e non era mai stato neanche a Siena più di una decina di volte nella sua vita. Che poteva votare di preciso? Al sud i contadini votavano solo perché portati a votare dai capibastone, ma al centro nord, mancava anche questa minima “spinta” democratica. Alcuni contadini erano comunisti, ma nel senso che interpretavano il comunismo come ridistribuzione delle terre ai poveri, i quali ne sarebbero, però, divenuti proprietari a tutti gli effetti. Un comunismo diciamo atipico. Si cambia un padrone con dieci padroncini: sarà forse più egualitario ma non è certo comunismo. Avrebbe potuto salvare l’Italia solo un forte potere monarchico, ma purtroppo il re fu il primo a soccombere nella perdita di tutte le libertà effettive. Mussolini non amava casa Savoia, ma sapeva che non poteva abolirla senza ferire lo spirito risorgimentale di molti, troppi italiani. Mussolini non amava neanche la Chiesa, ma per lo stesso motivo dovette venirci a patti e, in questo sì, fu veramente napoleonico. Strana dittatura la nostra, instaurata da un socialista mezzo anarchico, in un paese senza libertà, con un re troppo debole e un parlamento di persone anche capaci, purché non elette con i voti dei mafiosi, ma del tutto lontane dalla vera realtà italiana. Mussolini certo, alla fine cadde, ma cadde solo per motivi esterni alla politica italiana. Intrappolato in un alleanza capestro con la Germania (che non amava al pari del re e della chiesa, ma che non poteva dominare) fu travolto nel collasso collettivo dell’Europa. Tutto finì con piazzale Loreto. Oggi molti lo invocano, disgraziati, che ignorano che piazzale Loreto fu l’ultimo? atto di un Italia fascista. Che lo abbiamo perpetrato i partigiani non cambia nulla nella sostanza, quelle impiccagioni erano tipiche dei nazisti e dei fascisti. Non è che un linciaggio diventa civile solo perché si lincia Mussolini. Da questa Italia nasce l’Italia moderna. Non poteva che nascere male.

 

 
 
 

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