Vertigine

Suicida a 14 anni

 Sdraiarsi lungo la ferrovia, con il corpo sulla massicciata e la testa sul binario in attesa che un treno la stacchi di netto e la scaraventi a brandelli chissà dove. L'attesa che diventa consapevolezza, che sopisce il tormento. Tormento. Ma cosa può tormentare così tanto un ragazzo di appena 14 anni da spingerlo al suicidio? A quel gesto estremo che non è il lampo improvviso di un momento, ma l'azione studiata, perfino annunciata con un biglietto. Deve aver vagato, dopo scuola, alla ricerca non del coraggio ma della via d'uscita da quella decisione che deve essergli sembrata la migliore, anzi l'unica. E' salito sul treno e ha raggiunto quella piccola stazione, a un settantina di chilometri da casa, per mettere fine alla sua troppo breve esistenza. Mentre la famiglia lo cercava e si disperava per quell'annuncio di morte chiuso in poche righe, mentre i carabinieri mettevano in campo ogni mezzo umano e tecnologico per arrivare prima dell'irreparabile, mentre i compagni di scuola pregavano e piangevano, lui aspettava che passasse il treno della morte. Poi lo strazio si è compiuto. Di notte. Solo all'alba la scoperta. E col dolore, gli interrogativi: perché? Cosa volevi che ti mancava? Cosa cercavi che non hai trovato? Cosa non ti abbiamo saputo dare? Quali segnali non abbiamo saputo interpretare?
Il vuoto è insopportabile, il cuore si spegne, gli occhi non vedono più i colori, le orecchie percepiscono solo brusii di sottofondo. Non esiste più niente. Niente ha più un senso. E fa male non trovare le parole per fare coraggio a quella mamma che è per me un'amica. Sono una vigliacca. E un'incapace. Il silenzio ha un valore?