Creato da veuve_cliquot il 10/01/2011

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"Non mi piace la via che conduce qui e là. Non bevo alla fonte verso cui tutti s'intruppano. Detesto ciò che é comune, popolare e senza regole" Callimaco

 

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GIOCO D'AZZARDO

Post n°121 pubblicato il 26 Marzo 2012 da veuve_cliquot

P. Cezanne: I giocatori di carte

Credo che a tutti stia capitando sempre più spesso di vedere, accendendo internet, pubblicità di poker online o messaggi pubblicitari di questi giochi sulla propria casella mail. Personalmente non ho mai amato giocare, nemmeno a tombola in famiglia a capodanno: odio perdere e non ho mai avuto molta fiducia in una particolare simpatia della fortuna nei miei riguardi. Eppure il gioco d’azzardo è la terza industria italiana con un fatturato di 61.4 miliardi, il 4% del nostro PIL e con un aumento della cifra di ben il 429% rispetto al 2000. I giochi che si accaparrano circa la metà degli introiti sono le slot machine e i videopoker.

Mentre una volta il gioco d’azzardo era un fenomeno che interessava una ristretta cerchia di persone, una élite facoltosa che scommetteva in luoghi esclusivi e inaccessibili (a chi non lo ha mai letto consiglierei di leggere “Il giocatore” di Dostoevskji, storia della passione incondizionata per il gioco d’azzardo, vissuta dallo stesso autore), adesso l’azzardo coinvolge gente comune, di tutte le età e di ogni estrazione sociale e cultura, di entrambi i sessi che da soli o in compagnia scommettono e giocano come, dove, quando e quanto vogliono. Secondo un’indagine del sole24ore, ogni italiano spende annualmente in giochi d’azzardo 980 euro all’anno. Considerando i bambini e chi non gioca abbiamo quindi giocatori che rischiano somme molto elevate.

Ormai quello che una volta era considerato esclusivamente un gioco, un modo per socializzare e divertirsi, sta diventando per una certa percentuale di persone una vera e propria dipendenza. Siamo abituati ad associare la dipendenze alle droghe, all’alcol, alle sigarette, invece sono sempre più diffuse le dipendenze senza sostanza, fra cui rientra quella del gioco d’azzardo: circa il 20% di giocatori sono ormai diventati giocatori patologici cioè persone che alla dimensione ludica del gioco hanno sostituito la dimensione compulsiva giocando senza limiti, indebitandosi, mettendo a rischio lavoro e famiglia con gravissimi costi economici, sociali, familiari e lavorativi. E queste persone hanno trovato nella liberalizzazione del gioco on line un aumento dell’offerta per coltivare la loro patologia.

Quello che preoccupa maggiormente le associazioni che si occupano di dipendenze è però l’aumento dei giovani che sono coinvolti nel gioco d’azzardo: si parla di cifre che si aggirano intorno al 47% dei giovani che frequentano le scuole superiori. I motivi di questo aumento nei giovani sono da ricercare nella facile reperibilità e accessibilità che si ha tramite internet, nella pubblicità pressante e massiccia in tutti i siti web, nella comodità di giocare direttamente da casa propria.

Il gioco d’azzardo patologico (GAP) è stato riconosciuto dall’OMS come patologia già dal 1980, ma questo non è stato mai recepito dall’Italia. E come l’Italia potrebbe recepire un’indicazione di patologia quando da esso riceve un introito? Lo stato italiano vieta tutte le forme di azzardo che non ha autorizzato. Peccato che ne abbia autorizzate moltissime e allarga le concessioni ogni volta che deve far cassa: praticamente a ogni finanziaria introduce uno o più giochi, magari mascherandoli dietro il profilo etico dell’aiuto ai terremotati dell’Abruzzo a cui, in realtà, non è mai arrivato nemmeno un euro. E mentre per gli altri prodotti a rischio dipendenza come le sigarette o l’alcol ci sono precisi limiti per la pubblicità o anche il loro divieto, al contrario, nessuna legge o divieto c’è verso il gioco d’azzardo.

L’ultimo dato che riportano le statistiche è che in questo periodo di crisi, le puntate ai giochi d’azzardo sono aumentate. Razionalmente ci si aspetterebbe che si riducessero, invece, più c’è crisi, più si azzarda al gioco, sperando che la sorte porti una vincita che faccia cambiare la nostra vita. E’ la speranza nella fortuna quando ormai ci restano ben poche altre cose in cui sperare, una speranza assolutamente irrazionale, senza nessun fondamento se non quello di arricchire altri e non il giocatore.

Penso sarebbe utile che il problema del gioco d’azzardo venisse trattato nelle scuole e nelle famiglie come per l’alcol o la droga: qualsiasi dipendenza che allontana l’essere umano dalla propria natura portandolo subdolamente a dover dipendere da qualche cosa, a togliergli la libertà di agire coscientemente e razionalmente è da combattere. E non mi si dica che questo toglie la libertà dell’agire personale: se si deve barattare la libertà con una dipendenza, con tutte le conseguenze che ne possono derivare, probabilmente anche certe libertà hanno un limite.

 

 
Rispondi al commento:
angiolhgt
angiolhgt il 27/03/12 alle 10:21 via WEB
Al casinò ci vanno solo più i nostalgici di una imprecisata belle epoque o chi deve riciclare denaro sporco o in nero, quella che ormai é consuetudine quotidiana è vedere gente che grattepperde (li vendono anche alle casse dei supermercati!)o appollaiata davanti ad una slotmachine; si spaccia droga adrenalinica sin dentro casa col web. Anche le tv di stato e non, la inoculano nella gente, altro che fare prevenzione nelle scuole e fare campagne di sensibilizzazione!Il mezzo di comunicazione più potente fa pedagogia al contrario!.Ormai spogliato della sua aura romantica, il gioco diventa atto compulsivo, facile, senza nemmeno più la tensione dell' attesa del risultato. La compulsività ruchiede e si alimenta con intervalli di attesa brevissimi, gesti seriali ripetitivi spengono nei volti anche quella piccola emozione messianica : uomini resi macchine davanti a macchine: mi ricordano quelli della catena di montaggio di "Tempi moderni". Le modalità fanno parte della patoogia e il fenomeno di massa si estende: qualcuno, compreso lo stato vince sempre.
 
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