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Fiabe alla lavagna

Post n°2059 pubblicato il 14 Maggio 2015 da vi_di

C’era una volta in un Paese vicino vicino un tale che si chiamava Matteo; tutti però lo chiamavano Presidente perché aveva detto ad un altro tizio di stare sereno.
In quel Paese non solo gli scolari ma anche i Presidenti venivano promossi o bocciati con una cosa che si chiamava ‘voto’, solo che questo voto si dava ogni 5 anni, più o meno.
Succedeva così che chi era stato promosso credeva di essere il re e in quei 5 anni si comportava come un sovrano autentico.
Il nostro Matteo, vuoi perché il suo nome deriva dalla parola matto, vuoi perché appunto si sentiva un re, a un certo momento cominciò a fare proclami come gli imperatori dell'antica Roma.
- Il PIL cresce! - esclamava entusiasticamente.
Quelli intorno a lui si guardavano meravigliati e, sommessamente, bisbigliavano tra loro: ‘ Cresce? Ma se è appena allo zero virgola qualche briciola...'
- Assumiamo 100.000 persone nella scuola!- esclamava Matteo. E quelli intorno sempre bisbigliando si dicevano:’ Centomila? Ma come, l’estate scorsa aveva detto 150.000. Degli altri che ne ha fatto?
Matteo, che li aveva sentiti, prontamente rispose:
- Facciamo un concorso per altri 60.000. Prima però mettiamo la parola fine alle graduatorie!
I 425.000 tra iscritti in Graduatoria di istituto, nuovi abilitati TFA, personale con titoli di servizio, abilitandi PA e diplomati magistrali furono visti afferrare armi da taglio e uscire di notte per accoltellarsi a vicenda, così da rimanere in soli 60.000.
Intanto Matteo ancora solennizzava:
- Daremo circa 4 miliardi all’edilizia scolastica!
La maestra che era rimasta ferita da uno dei millanta solai caduti guardò la sua scuola e pianse: sapeva bene che con 4 miliardi da dividere per tutte le scuole di quel Paese, a lei sarebbe toccato solo prima o poi un altro pezzo di intonaco sulla testa.
Meno male però che in quel momento Matteo la rincuorò:
- Dono anche 500 euro a testa per andare a teatro, andare a sentire la musica, andare a fare attività culturali!
Stavolta fu il prof della scuola media a piangere: tra ore di lezione su più scuole distanti tra loro, correzione dei compiti di tante classi, POF, PON, interclasse, collegi, commissioni, programmazioni, progettazioni e le 50 nuove ore di formazione che Matteo aveva proclamato qualche giorno prima, sapeva che mai la sera avrebbe avuto la forza di andare a teatro, e addio 500 euro…
- Attuiamo l’autonomia- rincarò Matteo-; noi non comandiamo più, comandate voi nelle scuole!
- Evviva!- urlò una maestrina di scuola dell’infanzia che non era mai riuscita nemmeno a farsi ascoltare dai suoi 30 marmocchi di 3 anni – Adesso anche io potrò decidere!
- Un attimino – intervenne Matteo – devo essermi spiegato male: comanderete voi nel senso che il vostro Dirigente sarà libero di scegliere cosa far fare e a chi farlo fare.
- Ma come… – sussurrò disperata la maestrina - … a me il Dirigente già ora non consente nemmeno di rispondere, mi dà sulla voce, interviene anche su come devo tenere i banchi e su cosa devo tenere nell’armadio…
- E non vi sta mai bene niente! - esclamò Matteo che cominciava a spazientirsi.
Prese una lavagna, dei gessetti e scrisse: 'Io voglio una scuola umanista'.
In quel preciso istante il cielo fu prima squarciato da un lampo, poi un tuono poderoso fece tremare Matteo e quelli che ancora stavano sereni. Dallo squarcio uscì una mano che impugnava un gessetto rosso; si allungò fino alla lavagna di Matteo, sottolineò 3 volte la parola 'umanista' e sotto scrisse: ‘La società è umanistica, aggettivo qualificativo. Umanista è sostantivo. Orecchie d'asino e in castigo dietro la lavagna!'’.
Come era apparsa, la mano sparì. E, come nella storia dei vestiti del re, la gente finalmente si accorse che Matteo era nudo.
Fu così che, quando fu il momento di mettere la crocetta su ‘promosso’ o ‘bocciato’ tutti seppero dove metterla.

 

E' una fiaba, ogni riferimento a fatti e persone è casuale.
 
 
 
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